numerocorrentehome../indice../risorse%20web

La disciplina delle attività culturali nella legislazione regionale: un "nuovo" bilancio [*]

di Claudia Tubertini

Sommario: 1. La riforma costituzionale del 2001 e le attività culturali: tra novità e conferme. - 2. Le principali linee di intervento del legislatore statale. - 3. La legislazione regionale. - 3.1. La prima fase: l'attuazione del d.lg. 112/1998. - 3.2. La legislazione regionale successiva alla riforma costituzionale. - 4. Osservazioni di sintesi.

1. La riforma costituzionale del 2001 e le attività culturali: tra novità e conferme

L'intervento delle regioni nel settore delle attività culturali si è sviluppato in modo incrementale negli anni, pur in assenza di una legislazione statale di cornice, con un investimento sempre maggiore sul piano progettuale, della promozione, della comunicazione e del sostegno alle diverse iniziative nascenti dal territorio.

Prima della modifica dell'art. 117 Cost. operata dalla riforma costituzionale del 2001, le competenze amministrative (e quindi, anche legislative, in forza dell'allora vigente principio del parallelismo) delle regioni in tema di "attività culturali" (cioè le attività "rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte", così come definite dall'art. 148, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112) avrebbero dovuto limitarsi alle sole attività di tipo promozionale previste dall'art. 153 del medesimo decreto (oggi abrogato, assieme allo stesso art. 148, dall'art. 184 del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42). In realtà, proprio in attuazione di tali disposizioni molte regioni hanno provveduto al riordino della propria legislazione di settore, ispirandosi a principi comuni quali l'affermazione del valore sociale ed economico dell'attività, l'approccio integrato alla materia e il ricorso a modalità di sostegno economico differenziate, tali da prevedere sia contributi finanziari sia incentivazioni sul piano economico e fiscale.

Seguendo tale linea di tendenza, la riforma costituzionale ha espressamente sancito l'art. 117, comma terzo, Cost., la materia della "promozione ed organizzazione di attività culturali" come materia di competenza concorrente regionale [1].

Per l'interpretazione di questa nuova competenza determinante è stato l'intervento chiarificatore della Corte costituzionale. Nelle sentenze n. 255 e 256/2004, la Corte ha in primo luogo sancito che la materia concernente la "promozione e organizzazione di attività culturali", affidata alla legislazione concorrente di Stato e regioni, ricomprende senza dubbio, nell'ambito delle più ampie attività culturali, anche le azioni di sostegno allo spettacolo.

Secondo la Corte, la collocazione dello spettacolo nella sfera delle competenze concorrenti non rappresenta una penalizzazione, ma, al contrario, accresce molto la responsabilità delle regioni, "dato che incide non solo su importanti e differenziati settori produttivi riconducibili alla cosiddetta industria culturale, ma anche su antiche e consolidate istituzioni culturali pubbliche o private operanti nel settore (come gli enti lirici e i teatri) con un forte impatto anche sugli stessi strumenti di elaborazione e di diffusione della cultura" (sentenza 255/2004).

Dalle pronunce della Corte si coglie dunque la molteplicità dei profili che le regioni possono disciplinare e l'ampia gamma degli strumenti di intervento a loro disposizione (finanziamento, vigilanza e controllo sugli enti, promozione e divulgazione delle iniziative, formazione professionale, etc.), anche se nel rispetto delle norme di principio statale [2].

Lo stesso percorso argomentativo è stato utilizzato dalla Corte in riferimento al settore delle attività cinematografiche, anch'esse nell'ambito della materia "promozione delle attività culturali" (sent. 285/2005). E' stato, così respinto, da un lato, il tentativo delle regioni di collocare la cinematografia nell'ambito delle proprie competenze esclusivo/residuali, ai sensi dell'art. 117, comma 4 Cost., dall'altro, la prospettiva suggerita da parte dello Stato di riconoscere in capo alle regioni soltanto una potestà normativa su attività culturali o connesse alla materia dello spettacolo "aventi mero rilievo regionale e locale".

Nella stessa sentenza la Corte ha tuttavia reputato il livello di governo regionale "strutturalmente inadeguato" a soddisfare lo svolgimento di tutte le complesse attività di regolazione e sostegno del settore cinematografico, tanto da legittimare un intervento dello Stato non solo in relazione alla determinazione dei principi fondamentali, ma anche teso ad avocare in sussidiarietà sia funzioni amministrative, sia l'esercizio di poteri di normazione secondaria per l'organizzazione e la disciplina delle stesse. Tuttavia, l'attrazione a livello statale delle funzioni amministrative nel settore delle attività cinematografiche deve rispettare modalità caratterizzate dalla leale collaborazione con le regioni. Concretamente, ciò presuppone il coinvolgimento delle regioni mediante ricorso a strumenti di concertazione ineludibile e paritaria fra organi statali e Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

Per quanto attiene, infine, il finanziamento degli istituti di cultura, con la sentenza n. 160/2005 la Corte ha invece dichiarato illegittima una disposizione contenuta nella legge finanziaria che abilitava lo Stato a provvedere direttamente all'erogazione di contributi ai predetti istituti per l'ampliamento della propria sede principale, ritenendola invasiva della potestà regionale in materia di attività culturali e incompatibile con l'autonomia finanziaria regionale sancita dall'art. 119 Cost.; tale norma costituzionale, infatti, vincola lo Stato a garantire che le regioni siano in grado di finanziare integralmente le proprie funzioni, nell'esercizio delle quali, poi, saranno le stesse regioni a disciplinare eventualmente i contributi agli istituti di cultura.

Molto importante - per gli evidenti riflessi in materia di promozione delle attività culturali - è la precisazione, già contenuta in precedenti pronunce e qui ribadita, ai sensi della quale la natura pubblica o privata dei destinatari finali dei finanziamenti non può incidere sulla validità del suddetto principio, in quanto in numerose materie di competenza regionale, "le politiche consistono appunto nella determinazione di incentivi economici ai diversi soggetti che vi operano e nella disciplina delle modalità per la loro erogazione" (cfr. sentenze n. 320/2004, 423/2004, 424/2004 e 51/2005).

Va precisato, tuttavia, come tale pronuncia non abbia inciso in alcun modo sul regime ordinario di finanziamento delle istituzioni culturali, che, ai sensi della legge 17 ottobre 1996, n. 534, permane organizzato e gestito a livello statale (dalla selezione ministeriale dei soggetti ammessi ai contributi all'erogazione delle somme da parte del medesimo ministero, ed infine, al controllo ministeriale sulla loro destinazione) [3].

2. Le principali linee di intervento del legislatore statale

Il settore del sostegno pubblico alle attività culturali si caratterizza, allo stato attuale, per la presenza di una riforma già approvata (il finanziamento del cinema), ma parzialmente corretta dalla Corte costituzionale ed ancora in attesa di un definitivo assestamento; e per un'altra riforma (quella del finanziamento dello spettacolo dal vivo), avviata proprio sulla spinta dei moniti della Corte costituzionale, ma dall'esito tuttora incerto.

Ci si riferisce, sotto il primo profilo, il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 (Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) che nel riformare, tra l'altro, i meccanismi di finanziamento al cinema ha conservato allo Stato un ruolo tutt'altro che marginale nella selezione delle iniziative e nella ripartizione dei finanziamenti.

Di centrale rilevanza nell'economia del d.lg. 28/2004 è senz'altro l'istituzione, presso il ministero per i Beni e le Attività culturali, del "Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche" (art. 12), destinato all'erogazione di contributi a favore di tutte le attività che concorrono alla messa a disposizione del pubblico del prodotto cinematografico e da cui discendono, a cascata, un complesso insieme di disposizioni sulle modalità di ripartizione ed erogazione da parte del ministero dei predetti contributi e numerosi rinvii a decreti ministeriali di attuazione.

Il fondo è desinato al finanziamento degli investimenti promossi dalle imprese cinematografiche per la produzione di opere filmiche (art. 12, comma 3, lett. a) ed alla corresponsione di contributi alle imprese di distribuzione ed esportazione (lett. b), agli esercenti ed ai proprietari di sale cinematografiche (lett. c), alle industrie tecniche cinematografiche per la realizzazione, la ristrutturazione, la trasformazione o l'adeguamento strutturale o tecnologico di teatri di posa, stabilimenti di sviluppo e stampa, sincronizzazione, post-produzione (lett. d), ed infine, al finanziamento di "ulteriori esigenze" del settore (comma 3, lett. e). Nel fondo confluiscono le risorse esistenti in fondi previsti da precedenti leggi, nonché la percentuale del Fondo unico dello spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163 riservata al cinema.

Come si è anticipato, l'impianto generale del provvedimento è stato avallato, sia pure con qualche correttivo volto ad inserire momenti concertativi, dalla Corte costituzionale. Vi è stato inoltre un importante riconoscimento del ruolo regionale per quanto attiene la distribuzione delle sale cinematografiche e le relative funzioni autorizzatorie.

In materia di spettacolo non si è invece ancora pervenuti ad una riforma organica del meccanismo di finanziamento fondato sul c.d. Fus (Fondo unico per lo spettacolo, legge 183/1985). Il progetto di legge "Disciplina dello spettacolo dal vivo", elaborato sulla base di numerosi e concorrenti progetti di iniziativa parlamentare e governativa e sul quale era stata svolta una complessa mediazione tra le parti interessate, non è infatti giunto ad approvazione.

In materia è intervenuto solo il decreto legge 18 febbraio 2003, n. 24, convertito nella legge 17 aprile 2003, n. 82, il quale ha stabilito che le aliquote di ripartizione annuale del Fondo unico per lo spettacolo siano determinate annualmente con decreti del ministro per i Beni e le Attività culturali "non aventi natura regolamentare". La transitorietà di questo meccanismo viene sottolineato dall'espressa limitazione della sua validità "sino alla emanazione della legge di definizione dei principi fondamentali di cui all'art. 117 comma 3 Cost., con la quale verranno fissati i criteri e gli ambiti di competenza dello Stato, delle regioni e delle autonomie locali in materia ed il conseguente trasferimento della quota del fondo unico per lo spettacolo riservata alle attività teatrali di prosa".

Al di là della revisione (attuata o ancora in itinere) dei meccanismi di finanziamento del settore, non si può non registrare come l'esercizio della potestà legislativa regionale in materia di attività culturali così come lo svolgimento delle relative funzioni amministrative siano state condizionate in questo periodo dai vincoli finanziari nei quali si sono trovate ad operare le autonomie territoriali, per effetto, da un lato, della progressiva contrazione dei finanziamenti indiretti, e, dall'altro, della mancata attuazione dell'autonomia finanziaria loro riconosciuta dal nuovo art. 119 Cost.

Diversa, invece, è stata invece la posizione della Corte costituzionale nei confronti del principio dell'autonomia di spesa delle regioni e degli enti locali, sancito anch'esso dal nuovo art. 119 Cost. In questo ambito, infatti, la Corte ha più volte evidenziato il carattere immediatamente precettivo dell'art. 119, censurando la riproposizione di meccanismi di finanza derivata imperniati su trasferimenti di risorse vincolate dal centro alla periferia.

Tuttavia, l'applicazione del principio di continuità e, con esso, la necessità di tutelare le aspettative dei destinatari finali dei finanziamenti è apparso in grado di condizionare l'esito finale di questo giudizio. Questa eccezione, in particolare, è stata applicata, nelle sentenze n. 255, e 256/2004, nelle quali la Corte è stata chiamata, tra l'altro, ad esaminare la compatibilità con l'art. 119 della disciplina attuale del finanziamento dello spettacolo dal vivo.

In relazione al finanziamento al cinema (sentenza 285/2005), la Corte ha giustificato la permanenza di una gestione accentrata da parte dello Stato di risorse finanziarie per la presenza di esigenze di carattere unitario e per l'inadeguatezza del livello regionale e infraregionale a realizzare le finalità sottese all'intervento.

Tutti questi elementi di contesto debbono pertanto essere presi in considerazione al fine di valutare la bontà della direzione intrapresa dai legislatori regionali nell'ultimo quinquennio, tenuto conto che nei settori nei quali l'intervento dei pubblici poteri è innanzitutto di tipo promozionale, come in tema di beni ed attività culturali, è la capacità finanziaria, sia di entrata che di spesa, a costituire il presupposto indispensabile per l'effettivo svolgimento di questo intervento.

3. La legislazione regionale

3.1. La prima fase: l'attuazione del d.lg. 112/1998

L'analisi della legislazione regionale in materia di spettacolo può prendere le mosse da una ricognizione dei contenuti più innovativi dettati dalle leggi regionali emanate dalle regioni in attuazione del d.lg. 112/1998.

Sotto questo profilo, si è anticipato come il contenuto del d.lg. 112/1998 non fosse tale da comportare, di per sé, un diretto effetto di ampliamento delle funzioni amministrative regionali né di quelle locali; e tuttavia, non è mancata, da parte di molte regioni, la consapevolezza della opportunità di esercitare la propria iniziativa legislativa, sfruttando l'implicito riconoscimento di potestà legislativa derivante dall'inserimento dello spettacolo nei settori oggetto di decentramento, e di procedere ad una revisione dell'assetto delle funzioni amministrative in applicazione del principio di sussidiarietà [4]. Per tale motivo, la legislazione regionale in questa materia appare particolarmente copiosa.

Come per i beni culturali, alcune regioni hanno peraltro operato la scelta di intervenire direttamente all'interno della legge regionale di attuazione del d.lg. 112/1998, altre, invece, hanno provveduto con separate leggi al riordino dell'intero settore dell'intervento regionale e locale di promozione delle attività culturali o delle singole tipologie di attività rientranti in tale ambito (spettacolo; cinema; manifestazioni; etc.), anticipando nella legge di attuazione del d.lg. 112/1998 solo alcune linee ed obiettivi [5].

Al primo modello è riconducibile la l.r. Puglia 11 dicembre 2000, n. 24, che riconosce a comuni e province, ciascuno in rappresentanza del rispettivo ambito territoriale di riferimento, il concorso alla programmazione regionale; l'attuazione dei piani regionali per la costruzione, il restauro, la ristrutturazione e l'adeguamento di strutture e spazi già adibiti o da adibire allo spettacolo; la partecipazione alla costituzione di soggetti stabili e la partecipazione, in forma diretta o convenzionata, alla loro gestione; la partecipazione, anche in forma associata, alla distribuzione della produzione teatrale e musicale sul territorio;la promozione della diffusione delle attività di spettacolo nelle scuole e il sostegno della cultura e della presenza dello spettacolo nelle Università; il concorso, per quanto di propria competenza, all'attività di osservatorio svolta dalla regione in materia di spettacolo.

Anche il Piemonte, con la l.r. 44/2000, modificata dalla l.r. 5/2001, è intervenuto in materia, attribuendo, in particolare, alle province una generale funzione di promozione delle attività espositive e delle arti visive dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte delle attività musicali, teatrali, di danza, cinematografiche, di rassegne e festival; dell'orientamento musicale e più in generale dell'educazione permanente. Sono inoltre state trasferite alle province le funzioni amministrative concernenti la programmazione degli interventi di interesse locale, in materia di attività culturali e spettacolo, secondo gli indirizzi generali definiti dalla regione. Tale programmazione è integrata nella programmazione generale della provincia ed è volta all'equilibrato sviluppo del territorio.

Parzialmente diversa appare l'impronta data al settore della legge della regione Lazio di attuazione del d.lg. 112/1998, (l.r. 6 agosto 1999, n. 14, artt. 173 e ss.), dove all'ente regionale sembrano essere tuttora riservate le principali funzioni del settore. Le province, infatti, esercitano le funzioni amministrative concernenti la partecipazione all'istituzione di residenze di spettacolo dal vivo nei modi stabiliti dalle convenzioni a tal fine stipulate con gli enti locali e con le compagnie teatrali, di danza e con gruppi musicali; coooperano, inoltre, con la regione ed i comuni nel garantire e ad incentivare il ruolo delle compagnie teatrali, di danza e delle istituzioni concertistico-orchestrali, e nel diffondere la cinematografia di qualità.

Il secondo modello (legge di riordino del settore successiva a quella di attuazione del d.lg. 112) è stato seguito dalla regione Toscana con la legge 11 agosto 1999, n. 50 ("Modificazioni alla l.r. 1 febbraio 1995, n. 14 'Disciplina degli atti e delle procedure della programmazione e degli interventi finanziari regionali nei settori delle attività e dei beni culturali"). Con tale intervento la regione ha inteso unificare sotto una medesima disciplina le procedure di finanziamento relative agli interventi previsti nel settore delle attività e dei beni culturali nonché gli interventi sugli immobili del patrimonio storico-artistico. L'unificazione avviene già in sede di programmazione, affidata ad un unico atto, il piano triennale di indirizzo, approvato dal Consiglio regionale con l'intervento determinante delle province. Esse, infatti, indicono apposite consultazioni con i comuni del rispettivo territorio e redigono un documento propositivo contenente i pareri espressi e le eventuali proposte in ordine ai contenuti del Piano di indirizzo. Sempre le province sono destinatarie dei finanziamenti destinati a soggetti pubblici e privati, relative ad interventi non aventi interesse regionale, e titolari delle relative funzioni amministrative di concessione, vigilanza e controllo. Tale disciplina è stata completata dalla l.r. 28 marzo 2000, n. 45 ("Norme in materia di promozione delle attività nel settore dello spettacolo in Toscana"). Sulla base del medesimo metodo della programmazione triennale, già utilizzato nella precedente legge, la regione promuove e sostiene mediante l'erogazione di contributi le attività prosa, musicali, di danza, le attività cinematografiche, audiovisive e multimediali.

Anche la regione Molise è intervenuta in un'unica soluzione a disciplinare l'intervento regionale e degli enti locali in materia di attività culturali, con la l.r. 12 gennaio 2000, n. 5 ("Nuove norme in materia di promozione culturale"). La funzione di programmazione è concentrata anche in tal caso sul piano triennale [6] e sui piani annuali regionali, mentre le funzioni amministrative relative alle iniziative non di preminente interesse regionale sono interamente delegate alle province ed ai comuni che vi provvedono nel rispetto della delibera triennale di promozione culturale e secondo i rispettivi programmi locali.

Appartiene a questo filone anche la legge regione Emilia-Romagna, la quale ha provveduto al riassetto delle funzioni in materia di spettacolo dapprima con gli artt. 211 e ss., l.r. 21 aprile 1999, n. 3 (legge generale di attuazione del d.lg. 112/1998), e successivamente ha disciplinato l'intero settore con la l.r. 5 luglio 1999, n. 13 ("Norme in materia di spettacolo") [7]. Anche tale legge aderisce al metodo della programmazione pluriennale degli interventi e della conseguente selezione delle iniziative da finanziare. In questo caso, il concorso delle autonomie locali alle funzioni di programmazione regionale avviene in via indiretta attraverso le indicazioni della Conferenza regione-autonomie locali (art. 7).

Alle province ed ai comuni, negli ambiti territoriali di propria competenza e in collaborazione con la regione, è riconosciuto il compito di promuovere la formazione del pubblico e l'attività di spettacolo, anche in relazione a finalità turistiche; la partecipazione, in forma diretta o convenzionata, con l'assunzione dei relativi oneri, alla costituzione e gestione di soggetti stabili; la partecipazione, anche in forma associata, alla distribuzione della produzione teatrale e musicale sul territorio; la promozione della diffusione delle attività di spettacolo nelle scuole, sostenendo la cultura e la presenza dello spettacolo nelle Università in accordo con le amministrazioni competenti.

In questo quadro si segnala la particolare scelta metodologica seguita dalla regione Abruzzo, la quale, subito dopo l'emanazione della legge di attuazione del d.lg. 112/1998, ha prodotto tre diverse discipline organiche, rispettivamente in materia di teatro di prosa (l.r. 11 febbraio 1999, n. 5), attività cinematografiche, audiovisive e multimediali (l.r. 3 novembre 1999, n. 98), e attività musicali (l.r. 22 febbraio 2000, n. 15). Da tali leggi emerge come la regione si sia voluta riservare un ruolo centrale in materia di sostegno alle attività cinematografiche, per il cui finanziamento ha conservato a livello regionale sia le funzioni di programmazione che di amministrazione attiva. Maggiore spazio è riconosciuto alle autonomie locali negli altri due settori. In particolare, in materia di teatro, è attribuito alle province lo svolgimento di funzioni di promozione e coordinamento in rapporto allo sviluppo delle attività teatrali sia produttive sia distributive operanti nel territorio di riferimento, assicurando propri apporti finanziari.

Al fine di assicurare certezza di contribuzione agli enti e alle associazioni e per consentire ad essi una programmazione anche di lungo periodo e la ottimizzazione delle risorse, la concessione dei finanziamenti è effettuata in base alla presentazione di progetti (da parte degli stessi enti destinatari dei finanziamenti) su base triennale.

3.2. La legislazione regionale successiva alla riforma costituzionale

La fase che si è aperta con l'entrata in vigore della riforma costituzionale non ha comportato una rinuncia da parte delle regioni all'esercizio del proprio potere legislativo in materia. Si può registrare, al massimo, una leggera flessione dell'iniziativa legislativa negli anni 2001-2002, probabilmente riconducibile alle iniziali incertezze interpretative risolte, come si è visto, solo più tardi dalla Corte costituzionale.

Seguendo tale direzione, l'iniziativa legislativa è stata esercitata non solo dalle regioni che non avevano provveduto nel periodo precedente ad un riordino della propria legislazione, ma anche dalle regioni che già si erano dotate di un sistema di programmazione organica degli interventi di finanziamento, che sono intervenute, in alcuni casi, ad integrare e completare il quadro normativo con ulteriori previsioni. Del resto, come si è visto, in assenza di un mutamento del quadro di riferimento nazionale (salva restando la riforma del sostegno al cinema, il cui impianto è stato confermato definitivamente nella sua legittimità costituzionale solo nel corso del 2005) sulle regioni è caduta interamente la responsabilità di ricercare tutti i possibili percorsi per garantire alle attività culturali un quadro di risorse adeguato, e per assicurare almeno la realizzazione dei progetti strategici per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Al primo gruppo appartiene la legge della regione Campania n. 7/2003 ("Disciplina organica degli interventi regionali di promozione culturale") che, sulla falsariga delle esperienze già percorse da altre regioni in attuazione del d.lg. 112/1998, disegna il sistema di programmazione ed erogazione di finanziamenti da parte della regione e delle province.

L'attività di promozione, di sostegno e valorizzazione culturale è svolta dalla regione sulla base degli indirizzi contenuti nel piano regionale triennale, che costituisce l'unico atto di programmazione indicato dalla stessa legge. Sulla base di tale piano, alle province è poi assegna una quota parte del Fuc (Fondo unico per la cultura) per il finanziamento delle iniziative non aventi rilievo regionale. La provincia, peraltro, è tenuta a ripartire i finanziamenti sulla base dei criteri indicati nel piano regionale (per la cui redazione non è espressamente previsto il loro concorso).

Regione e province provvedono, rispettivamente, all'istituzione e tenuta dell'albo delle istituzioni, associazioni e fondazioni che svolgono attività culturali di preminente interesse regionale e di quelle aventi un ambito di intervento più limitato, provvedendo ad erogare i relativi finanziamenti ed a svolgere le funzioni amministrative di vigilanza e controllo sulla loro corretta destinazione. L'intervento dei comuni (ed in ogni caso solo di quelli con popolazione superiore ai 5.000 abitanti) nell'esercizio di tali funzioni è invece previsto come meramente eventuale, in forza di una delega da parte delle province.

Un modello analogo è quello adottato dalla l.r. Liguria n. 34/2006 ("Disciplina degli interventi regionali di promozione dello spettacolo dal vivo"). Anche in questo caso, il fulcro della politica regionale in materia è costituito dal Piano triennale regionale (integrato dal programma operativo annuale degli interventi) che definisce le priorità, gli obiettivi, le modalità di effettuazione delle diverse tipologie d'intervento, i criteri per verificare l'attuazione delle attività esercitate mediante convenzioni ed accordi nonché i parametri per il riparto degli stanziamenti tra le province con riferimento alle esigenze culturali del territorio. La concentrazione di tutte le risorse finanziarie destinate dalla regione ai soggetti operanti in materia, mediante la costituzione del Fondo unico regionale, costituisce (accanto alla partecipazione diretta della regione a fondazioni ed istituzioni liriche e teatrali) la misura attraverso la quale viene assicurato il sostegno finanziario alle attività culturali [8].

Alle sole attività teatrali è invece dedicata la l.r. Calabria n. 3 del 2004 ("Norme per la programmazione e lo sviluppo regionale dell'attività teatrale), la quale, pur riconoscendo alle province ed ai comuni un generale ruolo di promozione, anche attraverso la partecipazione alla costituzione e gestione di soggetti stabili operanti nel settore teatrale ed alla distribuzione della produzione teatrale sul territorio, e di sostegno alla diffusione delle attività teatrali nelle scuole e dello spettacolo nelle Università in accordo con le amministrazioni competenti, accentra le procedure di erogazione dei finanziamenti a livello regionale. Quanto alla programmazione, è previsto un concorso delle province e dei Comuni alla elaborazione del programma triennale regionale nonché, l'individuazione, in accordo con la regione, del c.d. sistema delle residenze teatrali.

Anche la regione Umbria è intervenuta a completare il proprio quadro normativo in materia con l'approvazione della legge 5 luglio 2004, n. 9 ("Promozione della cultura musicale bandistica e corale"), seguita dalla legge 6 agosto 2004, n. 17 ("Norme in materia di spettacolo"). Anche in questo caso, la regione svolge un ruolo centrale di programmazione, svolto secondo il metodo del partenariato istituzionale e sociale, ed il ruolo di ente finanziatore. Particolarmente rilevante appare, in ogni caso, il novero delle funzioni attribuite alle province ed ai comuni, non limitato alla mera erogazione di contributi, o alla gestione delle attività di loro diretto interesse.

In materia di spettacolo, si prevede che le province promuovano e sostengano lo spettacolo di rilevanza locale e non professionistico nelle sue diverse espressioni, partecipando alla costituzione ed all'attività di soggetti stabili operanti nel settore, promuovendo la produzione, la distribuzione e la diffusione dello spettacolo attraverso la messa in rete dei piccoli teatri, ed infine promuovendo, anche in collaborazione con i comuni, la diffusione e lo sviluppo delle attività di spettacolo nelle scuole. Per il raggiungimento di tali finalità le province erogano i contributi a tal fine stanziati dalla regione.

Ai comuni, tra l'altro, sono riconosciute invece funzioni in materia di restauro, adeguamento funzionale delle sedi destinate ad attività di spettacolo, qualificazione delle attrezzature ed innovazione tecnologica, in funzione della valorizzazione del patrimonio storico e artistico dello spettacolo.

Per quanto concerne i finanziamenti oggetto della l.r. 9/2004 - destinati a ad incentivare la conoscenza e la pratica musicale, ad incentivare la realizzazione di attività di educazione e di corsi di formazione musicale di tipo bandistico e corale, a promuovere iniziative di formazione e di aggiornamento dei docenti dei corsi e dei maestri direttori di banda e di complessi corali, ed infine, a censire, recuperare e salvaguardare il patrimonio storico documentale e quello delle composizioni, anche attraverso progetti di catalogazione e conservazione, nonché a promuovere la produzione di nuovi repertori - la regione Umbria ha conferito interamente alle province le funzioni di concessione ed erogazione dei contributi.

Un intervento di particolare respiro, destinato al completamento ed al perfezionamento del riparto delle competenze già delineato in attuazione del d.lg. 112/1998, è quello effettuato dalla regione Puglia con la l.r. 29 aprile 2004, n. 6 ("Norme organiche in materia di spettacolo e norme di disciplina transitoria delle attività culturali"). Del resto, la Puglia si segnala come una delle poche regioni ad aver dedicato all'interno del proprio statuto particolare attenzione allo spettacolo, affermando non solo che "la regione promuove e sostiene la cultura, l'arte, la musica (...)", ma anche che "la regione riconosce nello spettacolo una componente essenziale della cultura e dell'identità regionale e ne promuove iniziative di produzione e divulgazione" (art. 12, commi 1 e 2).

In coerenza con le altre più avanzate esperienze regionali, ed in attuazione della sopra citata previsione statutaria, anche la Puglia ha disciplinato in modo organico il contenuto della propria programmazione regionale, assicurando a province e comuni il concorso al loro esercizio ed una rilevante serie di funzioni amministrative. L'attenzione al sistema delle autonomie è evidente anche nella scelta attinente alla composizione del nuovo organismo denominato Osservatorio regionale dello spettacolo, composto da cinque esperti di nomina regionale, di cui tre designati rispettivamente dall'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e dall'Unione delle province d'Italia (Upi) e dall'associazione di categoria maggiormente rappresentativa delle organizzazioni dello spettacolo [9].

L'articolazione delle competenze tra province e comuni ricalca, peraltro, quella già proposta nelle più avanzate leggi regionali precedenti (come, in particolare, quella emiliano romagnola). Alle province, in aggiunta, è specificamente assegnata la funzione di promozione ed indirizzo della formazione del personale artistico, tecnico e organizzativo del settore dello spettacolo, anche in collaborazione con le istituzioni universitarie.

Anche in Puglia, come in Campania, si prevede l'istituzione dell'Albo regionale dei soggetti che operano negli ambiti dello spettacolo, distinto per settori, in funzione di una valorizzazione delle energie e delle competenze presenti sul territorio.

Per la gestione degli interventi finanziari regionali la legge prevede l'istituzione del Fondo unico regionale per lo spettacolo (Furs), alimentato da una apposito stanziamento annuale regionale e da ulteriori risorse conferite alla regione da altre istituzioni o enti pubblici e privati. La medesima legge prevede, peraltro, un'automatica preferenza per i soggetti operanti nel settore già riconosciuti dal Ministero per i beni e le attività culturali.

Con la medesima legge la regione istituisce anche l'Apulia Film Commission, fondazione promossa e sostenuta dalla regione Puglia, dalle province e dai Comuni capoluogo (che ne possono essere soci fondatori) aperta all'adesione di altri enti locali, nonché delle Camere di commercio e degli organismi imprenditoriali e associativi, e destinata al sostegno dell'industria cinematografica.

Il fenomeno del sostegno pubblico o della pubblicizzazione delle Film commissions, peraltro, appare uno dei più innovativi filoni di intervento delle recenti politiche regionali in materia. Esse, infatti, nascono come forme private di sostegno e di incentivazione della cinematografia locale, attraverso un'attività di promozione del territorio in cui la stessa viene svolta; ma sempre più frequentemente sono divenute oggetto di una specifica disciplina e sostegno finanziario da parte delle regioni, anche se non sempre attuata attraverso lo strumento legislativo, come nel caso della Puglia.

L'attribuzione di compiti pubblici alle Film commissions appare evidente nelle regioni che hanno proceduto alla costituzione di film funds, di norma assegnati alle stesse commissioni [10] al fine di erogare, oltre ai classici servizi, anche contributi. In tal caso, dunque, le domande di accesso ai finanziamenti regionali passano attraverso tali organismi [11].

Molto più ampia ed articolata appare anche la l.r. 3 maggio 2006, n. 10 della Liguria ("Disciplina della diffusione dell'esercizio cinematografico, istituzione della Film Commission regionale e istituzione della mediateca regionale") la quale, evidentemente, ha potuto trarre ispirazione da molte esperienze già maturate in altre regioni (film commissions, film funds) e dettare una analitica disciplina delle competenze regionali in materia anche alla luce della riforma operata dal d.lg. 28/2004, così come letto (e parzialmente corretto) dalla sentenza n. 285/2005 della Corte costituzionale. Per tale motivo, all'interno della legge sono disciplinate le funzioni regionali facenti riferimento al cinema sia quale attività produttiva, sia quale attività culturale. Accanto alle disposizioni relative al sostegno alla produzione ed alla distribuzione ed all'esercizio nonché all'autorizzazione a quest'ultimo [12], si trova infatti la disciplina dell'intervento finanziario regionale a sostegno delle iniziative di particolare rilievo nell'ambito dell'attività cinematografica, dello spettacolo dal vivo e della cultura, attraverso l'erogazione di contributi a soggetti pubblici e privati per la realizzazione degli eventi nel territorio regionale e a soggetti pubblici per l'allestimento dei medesimi. Le relative funzioni amministrative risultano peraltro riservate al livello regionale.

Diverso l'approccio prescelto dalla regione veneto mediante l'istituzione del Centro di produzione Veneto, avente lo scopo di valorizzare, potenziare e sviluppare le attività cinematografiche, televisive, musicali e discografiche attraverso la realizzazione di prodotti e servizi legati al mondo dello spettacolo La legge regionale n. 39 del 2003 dispone peraltro che la partecipazione della regione alla società di gestione del centro debba avere carattere minoritario; è prevista la partecipazione di altri soggetti pubblici, ma senza alcuna particolare preferenza per le amministrazioni provinciali.

A completamento del quadro della più recente legislazione regionale, vanno segnalati gli orientamenti legislativi della regione Lombardia. Il sostegno alle attività di spettacolo, realizzato tradizionalmente dalla regione in forma integrata con gli interventi relativi ai beni culturali, e svolto attraverso i canali ordinari di concessione dei contributi sul bilancio regionale, è stato recentemente potenziato mediante il ricorso a nuove modalità di finanziamento. Si veda a tale proposito l'art. 4-bis della l.r. 35/1995 ("Interventi della regione Lombardia per la promozione, il coordinamento e lo sviluppo di sistemi integrati di beni e servizi culturali") aggiunto dall'art. 7, comma 13, lett. a), della l.r. 19/2004. Al fine di sostenere e promuovere la realizzazione di sistemi culturali integrati, anche con la valorizzazione di beni culturali e la produzione di spettacoli, tale articolo autorizza la giunta regionale ad intervenire attraverso l'istituzione di un fondo di rotazione per il sostegno ai soggetti che operano in campo culturale, la cui gestione è affidata a Finlombarda S.p.a., ed il concorso, attraverso Finlombarda S.p.a. e sue controllate, alla costituzione, sottoscrizione e gestione di fondi mobiliari che, direttamente o indirettamente, partecipino al capitale di rischio o al finanziamento di impresa di produzione, promozione e valorizzazione di beni, servizi e opere di interesse artistico e culturale.

Un intervento più specifico è invece quello a cui è destinata la l.r. Lombardia n. 10/2005 ("Promozione delle attività culturali di orientamento musicale di tipo bandistico e corale") volta, per l'appunto, a supportare (sulla falsariga di altre leggi regionali, come quella già citata dell'Umbria n. 9/2004, che si rivolge, tuttavia, ad un insieme più ampio di iniziative, ed altre ancora più risalenti [13]) la formazione musicale di tipo bandistico strumentale e corale, affidando lo svolgimento di corsi a complessi bandistici e gruppi corali, che si possono avvalere anche della collaborazione di associazioni rappresentanti bande e cori. Alle province è affidata l'istruttoria delle domande e l'erogazione dei contributi stanziati dalla regione per lo svolgimento dei corsi (disciplinati peraltro dalla stessa legge in modo particolarmente dettagliato), nonché il controllo sulla regolarità dei corsi e la loro rispondenza alle finalità della legge.

Alla promozione della cultura contemporanea è dedicata invece la legge della regione Toscana 18 febbraio 2005, n. 33 ("Interventi finalizzati alla promozione della cultura contemporanea in Toscana"), che completa ed integra la già copiosa produzione legislativa di tale regione in materia di attività culturali.

Oggetto della legge è la promozione ed il finanziamento delle attività culturali finalizzate alla conoscenza e alla promozione delle arti e dell'architettura contemporanee, allo sviluppo del confronto interculturale, e alla rilettura della storia culturale della Toscana dal punto di vista della contemporaneità. Un ruolo fondamentale è assegnato al piano regionale di indirizzo per la cultura contemporanea, sulla base del quale vengono elaborati, da parte degli enti locali e di soggetti pubblici e privati senza scopo di lucro, i c.d. progetti territoriali, destinatari dei relativi finanziamenti.

Successivamente all'entrata in vigore di tale legge, peraltro, la Toscana è intervenuta ulteriormente a riformare il proprio sistema di programmazione degli interventi in materia di beni ed attività culturali nella direzione di una sempre maggiore integrazione delle iniziative. A tal fine, la recente l.r. 27/2006 è intervenuta sulle leggi regionali sopra citate, procedendo all'unificazione delle procedure di programmazione e finanziamento degli interventi inerenti le proprie leggi in materia di musei, biblioteche, attività di sostegno all'educazione e formazione alla musica e al canto corale, spettacolo e cultura contemporanea. Ai sensi dell'art. 3, le province sono chiamate a partecipare alla definizione, attuazione, monitoraggio e verifica del nuovo piano integrato della cultura [14]; a svolgere attività di coordinamento e sostegno alla formazione dei progetti locali, in raccordo con la progettazione di livello regionale; a predisporre e gestire i progetti di propria competenza.

Si debbono menzionare, infine, alcuni importanti progetti di riforma in itinere, che mostrano la particolare attenzione dedicata dalle regioni al tema della programmazione dei propri interventi a sostegno delle attività culturali. In questa direzione si colloca il progetto di legge regionale abruzzese "Norme organiche in materia di spettacolo", ispirato agli obiettivi di semplificazione normativa [15], partecipazione di operatori del settore e cittadini alla stesura delle nuove norme, semplificazione delle procedure, la conoscenza del sistema attraverso la costituzione di un Osservatorio regionale, distinzione tra direzione politica e gestione amministrativa del settore. Lo stesso progetto si adegua al metodo, ormai largamente condiviso a livello regionale, della programmazione triennale delle attività e dell'istituzione di un Fondo unico regionale per lo spettacolo.

Anche la regione Campania ha discussione un progetto di legge regionale ("Disciplina degli interventi regionali di promozione dello spettacolo"), tra i cui contenuti si segnala, in particolare, l'attenzione dedicata alla programmazione triennale degli investimenti e degli interventi, ed il metodo concertativo prescelto per l'attuazione degli interventi programmati. Il progetto prevede, infatti, che per la realizzazione degli obiettivi del programma triennale la regione possa concludere accordi, in ambito provinciale o interprovinciale, con gli enti locali.

4. Osservazioni di sintesi

Nel complesso, la produzione legislativa regionale nel settore è stata piuttosto intensa nel periodo considerato, specie in raffronto al contiguo settore dei beni culturali, anche se permangono differenze di approccio tra le regioni. Lo dimostra, in primo luogo, il fatto che solo alcune regioni siano intervenute con una disciplina organica (anche perché già provviste in materia di leggi recenti), mentre altre hanno preferito applicare la strada degli interventi destinati alla promozione di specifiche attività culturali.

In un settore nel quale cruciale appare la capacità di individuazione preventiva degli obiettivi e di conseguente selezione delle iniziative e delle attività da finanziare, maggiormente apprezzabili sono, ovviamente, le leggi regionali che hanno dato maggiore spazio e maggiore ruolo alle funzioni programmatorie degli enti locali (in particolare, delle province), e, prima ancora, al loro concorso nella definizione degli obiettivi della programmazione regionale, non limitandolo alla mera erogazione dei finanziamenti, o al controllo sulla loro utilizzazione. In questa prospettiva, forse andrebbero riconsiderate le leggi che ancora organizzano l'erogazione dei contributi mediante la classificazione dei soggetti (con la tenuta degli albi regionali e sub-regionali) piuttosto che delle iniziative.

Altrettanto importante è il ruolo che gli enti locali possono svolgere in materia di promozione ed indirizzo della formazione del personale artistico, tecnico e organizzativo del settore dello spettacolo, anche in collaborazione con le istituzioni universitarie, ruolo citato in via episodica dalle leggi regionali.

Nel settore del sostegno alle attività cinematografiche, va rilevato come di norma le regioni abbiano conservato a sé, o attribuito alle film commissions, anche l'erogazione dei finanziamenti. Il ruolo degli enti locali, in questi casi, consiste generalmente nella loro eventuale partecipazione alla costituzione di questi organismi. Del resto, si è visto che in questo ambito la stessa Corte costituzionale ha riservato al livello centrale gran parte delle procedure di finanziamento, facendo leva su esigenze di carattere unitario, che possono valere, in proporzione, anche a livello regionale.

In conclusione, il legislatore regionale sembra in gran parte aver compreso che le attività culturali costituiscono un elemento centrale dello sviluppo dei territori, e che pertanto il compito della loro promozione non può non coinvolgere gli enti locali.

Una eventuale ulteriore redistribuzione delle competenze e dei ruoli, nella direzione di un più accentuato decentramento, andrebbe, in ogni caso, accompagnata da una verifica e/o un aggiornamento delle sedi e degli strumenti di concertazione tra regioni, province e comuni attualmente presenti nella legislazione regionale, tenuto conto che tali competenze dovranno necessariamente essere svolte in osservanza dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione.

Infine, è importante tener conto che molte delle funzioni sopra indicate presuppongono la disponibilità di adeguate risorse; qualsiasi processo di trasferimento di competenze dovrà quindi essere accompagnato da una rigorosa analisi delle risorse disponibili a livello regionale e di quelle attivabili grazie al concorso dei finanziamenti esterni, che conduca a quantificare l'entità delle risorse regionali trasferibili a livello locale e ad assicurarne l'effettiva erogazione. Senza questa operazione - particolarmente difficile nell'attuale periodo di contrazione finanziaria per tutti gli enti territoriali - qualsiasi riforma legislativa rischia di restare sulla carta.

Sotto questo profilo, appare particolarmente significativa la previsione, contenuta nella legge finanziaria per il 2007, che ha disposto uno stanziamento di venti milioni di euro (per ogni anno, fino al 2009) [16] per il cofinanziamento di iniziative culturali. In base all'accordo recentemente siglato tra il ministero per i Beni e le Attività culturali ed i rappresentanti di comuni, province e regioni saranno privilegiati i progetti fortemente innovativi, frutto di una collaborazione a rete tra le varie istituzioni del territorio e il governo centrale. L'accordo segna una svolta importante nei rapporti tra lo Stato e le autonomie, dopo anni di divisioni e conflittualità, derivate da una diversa interpretazione del nuovo Titolo V della Costituzione, ed apre nuove ed interessanti prospettive nel settore.

Note

[*] Il presente scritto trae spunto da una ricerca effettuata su incarico dell'Associazione Mecenate '90 dal titolo "Il decentramento di funzioni in materia di beni ed attività culturali nella legislazione regionale".

[1] Per una ricostruzione del filo conduttore tra le riforme degli anni '90 ed il Tiolo V, cfr. C. Barbati, Lo spettacolo: il difficile percorso delle riforme (dalla Costituzione del 1948 al "nuovo" Titolo V e "ritorno"), in Aedon, 1/2003; M.G. Arabia, Lo spettacolo, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Milano, 2003, Diritto amministrativo speciale, tomo II, 1613 ss.

[2] Sul punto mi sia consentito rinviare a C. Tubertini, La disciplina dello spettacolo dal vivo tra continuità e nuovo statuto delle autonomie, in Aedon, 3/2004.

[3] Su tali profili cfr. C. Tubertini, Promozione delle attività culturali e autonomia di spesa delle regioni: il rilievo delle "esigenze di carattere unitario, in Aedon, 3/2005.

[4] Cfr. C. Barbati e G. Piperata, L'evoluzione del quadro istituzionale e della legislazione statale e regionale nel decennio: obiettivi, scelte e risultati, in Rapporto sull'economia della cultura in Italia 1990-2000, Sez. II (Lo spettacolo dal vivo), Bologna.

[5] Cfr. G. Marchi, I beni e le attività culturali nelle scelte del legislatore regionale, in Aedon, 3/2000; G. Meloni, Le leggi regionali di attuazione del d.lg. 112 del 1998, in Giorn. dir. amm., n. 2, 2000, 121 ss.

[6] La Delib. C.R. 11 maggio 2004, n. 126 ha approvato il piano per il triennio 2004-2006.

[7] Tale intervento è stato poi completato con l'emanazione della l.r. 18/2000, nel quale è disciplinata la programmazione delle iniziative relative ai beni ed agli istituti culturali ed alle relative attività. L'art. 7 di tale legge prevede infatti che la Giunta regionale, acquisiti i pareri della Conferenza regione-autonomie locali e dell'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali, predisponga il programma poliennale degli interventi, tenendo conto, tra l'altro, delle proposte di valorizzazione dei beni culturali e di promozione delle relative attività formulate dalla Commissione per i beni e le attività culturali e degli interventi di promozione turistica e ambientale. Il programma poliennale è coordinato con i piani di sviluppo regionale nel campo delle infrastrutture della comunicazione e delle politiche formative ed educative.

[8] Si v. anche la quasi coeva l.r. n. 33/2006 ("Testo unico in materia di cultura") che completa il quadro normativo regionale in materia di beni ed attività culturali. Anch'essa adotta il metodo della programmazione triennale, articolata in un piano triennale regionale di valorizzazione culturale, ed in programmi annuali di attuazione, regionali e provinciali.

[9] Tale modello ha evidentemente ispirato anche la successiva l.r. Sardegna n. 18/2006 ("Disciplina delle attività di spettacolo in Sardegna") che, nell'istituire il Comitato regionale per le attività di spettacolo (che partecipa attivamente alla formulazione del documento triennale di programmazione regionale, adottato previa intesa con la Conferenza permanente regione-enti locali), ha previsto che di esso facciano parte, tra l'altro, tre rappresentanti designati dal Consiglio delle autonomie locali, di cui uno in rappresentanza delle province.

[10] Tra le disposizioni legislative cfr. ad es. l'art. 7, commi 77 e ss. della l.r. Friuli-Venezia Giulia n. 1/2003, la quale, al fine di potenziare le produzioni cinematografiche e televisive da realizzarsi nella regione, ha assegnato un finanziamento all'Associazione F.V.G. Film Commission per la costituzione di un fondo, denominato "Fondo regionale per l'audiovisivo", da destinare alle società di produzione.

[11] Cfr. A. Iunti, L'intervento delle regioni nel settore cinematografico, in Aedon, 1/2006.

[12] Tale materia costituisce oggetto anche della l.r. Toscana 27 dicembre 2004, n. 78 ("Disposizioni in materia di autorizzazione all'esercizio cinematografico").

[13] Si veda ad es. la l.r. Toscana 18 novembre 1994, n. 88 ("Norme per il sostegno delle attività di educazione e formazione alla musica e al canto corale") oggetto di modifiche (di non particolare rilievo) nel 2004 e quindi implicitamente confermata nell'impianto. L'ultima legge regionale in materia è invece la l.r. 15/2006 "Salvaguardia e promozione della cultura musicale, bandistica e corale della Basilicata".

[14] La prima bozza del programma è reperibile all'interno del sito internet dell'Uncem Toscana.

[15] Ai medesimi obiettivi si ispira il progetto di legge della giunta regionale Marche "Testo unico delle disposizioni legislative regionali in materia di beni e attività culturali".

[16] Cfr. art. 1, comma 1136, legge 2 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).



copyright 2007 by Società editrice il Mulino


inizio pagina