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Il decreto "Valore cultura"

Il rilancio dello spettacolo nelle scelte urgenti del decreto "Valore cultura"

di Carla Barbati

Sommario: 1. L'"urgente rilancio", ovvero ciò che si è potuto o voluto "fare". - 2 Le diverse sorti delle Fondazioni lirico-sinfoniche. - 3. Le "altre" misure per le "altre" forme di spettacolo: i benefici fiscali. - 4. Le "altre" misure di natura finanziaria. - 5. Le "piccole" semplificazioni. - 6. Una postilla per concludere.

The Revival of Cinema, Music and Other Live Performances in the Emergency Choices of Decree-Law "Valore cultura"
The Decree-Law (D.L.) No. 91 of 8 August 2013 amended and converted into Law 7 October 2013, No.212, so-called "Valore Cultura", is aimed at relaunching cinema, music and other live performances. The urgent character of the approval process probably explains why the true impact of the adopted measures on the promotion of these cultural sector expressions is questionable. Most of the provisions consist of minor financial or fiscal measures. There are no signs of any major reform able to respond to the needs and demands of this cultural field. Only Opera Houses Foundations are subject to significant structural changes, but these changes seem not to lead to a real reform but just mark a return to the past.

Keywords: Culture; Opera Houses Foundations; Regulations; (Urgent Measures).

1. L'urgente rilancio, ovvero ciò che si è potuto o voluto "fare"

Il Capo II del cosiddetto "decreto Valore Cultura", ossia del d.l. 8 agosto 2013, n. 91, convertito con modificazioni nella legge 7 ottobre 2013, n. 112, è dedicato a quanto la stessa lettera del suo titolo descrive, con espressione ormai frequente nei provvedimenti del governo, "rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo".

Un obiettivo che solo se letto in congiunzione con il carattere urgente dell'intervento legislativo, quasi a farne il termine di un'endiadi che non pretende di affermare alcun rapporto di stretta funzionalità tra esso e le misure introdotte, può essere così descritto.

Se i provvedimenti previsti nei cinque articoli (dal 7 al 12), collocati in questo capo del decreto, dovessero, infatti, essere osservati e valutati sotto il profilo dell'effettivo rilancio che sono capaci di determinare per i settori interessati, la loro analisi non potrebbe che confrontarsi, sino a esserne assorbita, con quella che ne appare la debole adeguatezza rispetto al fine.

E', d'altro canto, difficile immaginare che le politiche pubbliche, specialmente quando rivolte alla valorizzazione o comunque alla promozione della cultura, in tutte le sue espressioni, possano essere definite in sede di decretazione d'urgenza.

Nelle "disposizioni urgenti per il rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo", dettate dal decreto in esame, non vi è pertanto traccia alcuna delle tante soluzioni che, nel tempo, hanno accompagnato la riflessione e le proposte della dottrina e delle sedi istituzionali per la valorizzazione-promozione di queste attività culturali.

L'insieme delle misure introdotte, con la sola eccezione di quelle relative alle Fondazioni lirico-sinfoniche, si risolve in una serie di micro-interventi, di natura essenzialmente finanziaria e, talvolta, solo fiscale destinati a favorire talune iniziative o fasi dell'organizzazione e produzione delle diverse attività.

Misure d'impatto senza dubbio apprezzabile positivamente, per la capacità che esprimono di "liberare" talune risorse economiche a favore del settore, ma che a questo limitano l'azione di un legislatore che non ha ancora dedicato allo spettacolo discipline unitarie né organiche.

La stessa identificazione delle forme nelle quali si esprime è priva di una tipizzazione legislativa che dia loro riconoscimento ma deriva dalle sole norme organizzative con cui, dovendosi precisare le attribuzioni delle articolazioni ministeriali, si è proceduto a offrirne elencazioni prive di una valenza definitoria e perciò stesso instabili, tanto che a essere revocata in dubbio, dagli interventi che si sono succeduti, ne è anche la tradizionale bipartizione tra spettacolo cinematografico e spettacolo dal vivo [1].

Di queste limitate o più spesso frammentate attenzioni prestate al settore è testimonianza, per quanto concerne lo spettacolo "dal vivo", la perdurante assenza di una qualsiasi disciplina legislativa dedicata alle attività teatrali di prosa che ne riconosca esplicitamente il valore di espressione della cultura, offrendo soluzioni anche istituzionali capaci di dare risposta ai tanti interrogativi che da sempre circondano l'azione di sostegno dei diversi soggetti pubblici. Interrogativi riproposti, con maggior forza, dalla revisione del Titolo V della Costituzione quando la "promozione e organizzazione delle attività culturali", nel cui ambito è stato attratto anche lo spettacolo, divenne materia di competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni [2].

Anche le attività musicali e di danza sono ancora disciplinate da una legge del 1967, mai adeguata neppure alle istanze del decentramento, salve le importanti riforme delle quali è stata reiteratamente oggetto, e continua a esserlo anche per effetto di questo decreto, nella parte stralciata riferita allo spettacolo lirico-sinfonico.

Quanto al settore cinematografico, oggetto già dagli anni Trenta del Novecento di una normativa apposita, ha continuato a essere interessato da provvedimenti correttivi o integrativi di discipline, com'è quella accolta da ultimo nel d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, con i quali sono stati sottoposti a riforma i profili essenzialmente procedurali di un intervento pubblico che rinuncia a ripensare le soluzioni organizzative e istituzionali alle quali affidarsi [3].

E' su questo assetto che intervengono le "disposizioni urgenti" del decreto "Valore Cultura".

Benché ogni attività di spettacolo presenti caratteri ed esprima esigenze proprie, tanto che anche le misure dedicate dovrebbero meritare valutazioni differenti, la natura degli interventi previsti consiglia di assumere questa, anziché la singola forma di spettacolo interessata, a prospettiva dalla quale guardare alle soluzioni adottate. La portata delle misure accolte negli articoli da 7 a 10 è d'altro canto tale che il decreto "valore cultura" appartiene al novero dei provvedimenti che rilevano più per "quanto non c'è" che per "quanto c'è".

Soltanto con riguardo alle Fondazioni lirico-sinfoniche, come si anticipava, il decreto interviene con provvedimenti di più ampio respiro, capaci di agire sulla configurazione istituzionale e sul regime giuridico delle strutture deputate a questa forma di spettacolo, in attuazione di un disegno che merita un'analisi volta a verificare se e quali risposte procuri alle necessità del settore. Ed è proprio questa diversa rilevanza che suggerisce di procedere dall'esame delle misure previste per questa forma di spettacolo.

2. Le "diverse sorti" delle Fondazioni lirico-sinfoniche

Di tutte le disposizioni in materia di spettacolo sono quelle accolte nell'art. 11, intitolato al "risanamento delle Fondazioni lirico-sinfoniche" e al "rilancio del sistema nazionale musicale di eccellenza", a possedere una diversa valenza, anche ordinamentale. Con queste previsioni s'interviene, infatti, ancora una volta sulla configurazione dei soggetti deputati all'organizzazione degli spettacoli lirico-sinfonici.

Le caratteristiche delle rappresentazioni tramite le quali trova espressione questa peculiare forma di spettacolo, con i costi elevati delle produzioni difficilmente compensati da entrate comunque limitate in ragione della preponderanza del fattore lavoro, della sua insostituibilità con la tecnologia e del numero contenuto di spettatori che possono essere accolti negli spazi dedicati, ne hanno da sempre fatto l'esempio tipico di un'attività culturale che, per essere conservata e non soltanto promossa, rende insuperabile la necessità di interventi pubblici di sostegno, diretti e indiretti, volti a colmarne gli ineliminabili earning gaps [4].

Le peculiari esigenze delle attività lirico-sinfoniche trovarono un primo riconoscimento già con la legge 14 agosto 1967, n. 800, "Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali", nel cui art. 1 si stabiliva che "Lo Stato considera l'attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale" e che "Per la tutela e lo sviluppo di tali attività lo Stato interviene con idonee provvidenze".

Non erano provvidenze in senso proprio ma speciali misure organizzative quelle che, con la medesima legge, indussero il legislatore a prevedere, per le strutture preposte alla produzione di queste rappresentazioni, uno statuto dedicato con cui si assegnava loro una personalità giuridica di diritto pubblico, sottoponendole alla vigilanza dell'(allora) Ministero del Turismo e dello Spettacolo.

A questo scopo furono costituiti come enti autonomi lirici undici teatri [5] e come istituzioni concertistiche assimilate l'Accademia di Santa Cecilia di Roma e l'Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari, così fatti oggetto di una disciplina differente da quella delle altre attività musicali, ossia delle "manifestazioni liriche, concertistiche, corali e di balletto" (art. 26 legge n. 800/1967), svolte al di fuori di essi.

E sono sempre le peculiari esigenze delle attività lirico-sinfoniche ad averne fatto la forma di spettacolo cui è destinata la quota maggiore del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) sin dal momento in cui, con legge 30 aprile 1985, n. 163, fu istituito quale strumento di aiuto finanziario, gestito dal centro statale, a favore dello spettacolo dal vivo e della cinematografia [6].

Le misure organizzative e finanziarie in tal modo adottate per la tutela e per la promozione di queste attività si dimostrarono però e ben presto insufficienti o, forse meglio, inadeguate agli scopi per i quali erano previste.

Il sostegno finanziario, essenzialmente statale, cui poteva aggiungersi quello degli enti territoriali, e non, interessati dalla loro presenza, di associazioni e di privati si rivelò incapace di evitare le difficoltà del settore, più volte evidenziate dalla Corte dei Conti e da questa riferite agli assetti decisionali interni oltre che alle complessità e debolezze delle normative di riferimento, per le quali si auspicava perciò un intervento legislativo di riforma organica [7].

Da qui, il succedersi di proposte e provvedimenti volti ad annunciare un riordino del settore e delle strutture preposte capace di potenziarne l'autonomia e la responsabilità gestionale così da costituire le condizioni per una nuova e più efficace tutela e valorizzazione di questa forma di spettacolo [8].

La risposta alle istanze di riforma giunse con il d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367 quando si dispose la trasformazione in fondazioni di diritto privato degli "enti di prioritario interesse nazionale" (art. 1), ossia degli enti autonomi lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate di cui alla legge n. 800/1967 oltre che di altri enti operanti nel settore musicale, con attività di rilevanza nazionale per dimensione anche finanziaria, tradizione e bacino di utenza, individuati dall'Autorità di Governo d'intesa con le Regioni e sentiti i comuni nel cui territorio si trovassero [9].

Il disegno era il medesimo dei più ampi processi di privatizzazione "[...] nelle forme dell'associazione o della fondazione" che, con legge 24 dicembre 1993, n. 537 furono annunciati per il complesso degli enti pubblici non economici, accolti fra le direttrici del riordino che il d.l. 29 marzo 1995, n. 97, convertito dalla legge 30 maggio 1995, n. 203 chiedeva per gli enti operanti nell'ambito dello spettacolo [10] e infine avviati, per quelli di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, con la legge 28 dicembre 1995, n. 549 "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" il cui art. 2, comma 57, delegò il governo a emanare, entro il 30 giugno 1996, uno o più decreti legislativi diretti a disciplinare la loro trasformazione in fondazioni di diritto privato.

Anche le finalità erano quelle comuni a ogni privatizzazione: perseguire obiettivi di contenimento della spesa pubblica; assicurare, con il superamento delle rigidità organizzative connesse alla veste pubblicistica, un migliore svolgimento delle funzioni e una maggiore qualità dei servizi e delle attività, garantire una "gestione improntata a imprenditorialità ed efficienza", nel rispetto dei vincoli di bilancio, in modo tale da perseguire una "situazione economico-finanziaria di equilibrio" [11].

Soprattutto, con il ricorso al modello fondazionale s'intendeva favorire l'acquisizione delle risorse anche organizzative, ma principalmente finanziarie, dei privati.

A questo fine, il d.lgs. n. 367/1996 prevedeva la partecipazione nell'organo d'indirizzo, ossia nel consiglio di amministrazione, dei fondatori anche privati che assicurassero, per i primi tre anni di vita della fondazione, un apporto annuo non inferiore al dodici per cento del totale dei finanziamenti destinati alla gestione.

Una presenza dei privati che, entro il solo limite dato dalla necessità che l'apporto privato non fosse comunque superiore al quaranta per cento del patrimonio della fondazione, poteva anche diventare maggioritaria, capace perciò di esprimere il soprintendente quale altro organo di governo nominato dal consiglio di amministrazione [12].

Il disegno stentò a realizzarsi per le difficoltà che incontrò il coinvolgimento dei privati nella gestione in ragione sia delle limitate agevolazioni fiscali sia, soprattutto, dell'assenza di vantaggi economici in un settore esposto a ricorrenti deficit di risorse [13].

Da qui, prende avvio un percorso di modifiche che trova una delle prime e più significative espressioni nel d.lgs. 23 aprile 1998, n. 134, quando la trasformazione degli enti autonomi lirici in fondazioni di diritto privato, in assenza o meglio in attesa della partecipazione dei privati, fu disposta ope legis, fissando un termine, sostanzialmente di un anno, decorso il quale, senza che le fondazioni acquisissero la partecipazione di privati o questa fosse inferiore a una quota ridotta al dodici per cento dei soli finanziamenti statali, il contributo dello Stato non avrebbe potuto subire variazioni in aumento [14].

A questo provvedimento, con il quale s'introducevano altri incentivi alla partecipazione dei privati, seguirono dodici interventi legislativi fra i quali, innanzi tutto, il d.l. 24 novembre 2000, n. 345, recante "Disposizioni urgenti in tema di Fondazioni lirico-sinfoniche", convertito, con modificazioni, dalla legge 26 gennaio 2001, n. 6, con cui si confermò e si prorogò la soluzione transitoria immaginata dal d.lgs. n. 134/1998 per le Fondazioni che non avessero acquisito la partecipazione dei privati e si accolsero altre misure dirette a contenere i costi e più ampiamente a razionalizzare le spese delle Fondazioni, aumentandone al contempo la produttività [15].

La necessità di ripensare o comunque correggere le soluzioni immaginate condusse, poi, all'adozione di misure volte anche a rivederne la struttura organizzativa e il funzionamento, aprendo alla possibilità di superare l'uniformità del percorso e del modello disegnato dal legislatore. Il che avvenne quando, sulla base di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, del d.l. 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, si approvò, con d.p.r. 19 maggio 2011, n. 117, il primo regolamento di delegificazione per il riconoscimento di forme organizzative speciali, atte ad autorizzare una loro gestione secondo criteri imprenditoriali, alle Fondazioni che, in possesso dei requisiti prescritti, fra i quali la "capacità di conseguire l'equilibrio economico-patrimoniale", ne facessero istanza [16].

Altre misure furono in seguito adottate per intervenire su una delle principali componenti della spesa ossia il costo del personale e il sistema di contrattazione collettiva [17].

Interventi che si sono tuttavia rivelati scarsamente efficaci, come documenta la Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria delle Fondazioni lirico-sinfoniche per gli esercizi dal 2007 al 2010 dell'agosto 2012 [18] in cui la Corte dei conti rileva il perdurante stato di criticità dovuto sia alla contrazione della contribuzione pubblica, da parte del governo statale e delle Amministrazioni territoriali, sia alla limitata partecipazione dei privati alla gestione dei Teatri lirici, con risultati economici costantemente negativi.

E' per "fare fronte allo stato di grave crisi del settore", "pervenire al risanamento delle gestioni e al rilancio delle attività delle Fondazioni lirico-sinfoniche" e del "sistema nazionale musicale di eccellenza" che si adottano dunque le misure urgenti, previste nell'art. 11 della legge 9 agosto 2013, n. 112 [19].

Misure diverse quanto a presupposti applicativi, finalità e perciò quanto a disegno del quale sono espressione: un primo blocco di provvedimenti, compresi nei commi da 1 a 14, è dedicato alle sole Fondazioni che si trovino nella situazione di amministrazione straordinaria per gravi irregolarità o perdite finanziarie descritta nell'art. 21 del d.lgs. n. 367/1996 e successive modifiche. Nei commi da 15 a 21 sono previsti altri interventi, modificativi e correttivi della configurazione organizzativa e del modello di funzionamento nonché dei criteri di finanziamento di tutte le Fondazioni lirico-sinfoniche, capaci di raccontare molto altro e, in particolare, un'"inversione di rotta" del percorso avviato nel 1996 o, come suggeriscono gli interventi legislativi immediatamente successivi, un "tentativo" di inversione di rotta.

I provvedimenti accolti nei commi da 1 a 15 dell'art. 11, per le Fondazioni lirico-sinfoniche in crisi, si può pertanto dire si limitino a documentare le perduranti complessità gestionali del settore e la scelta di superarle con soluzioni la cui "straordinarietà" è in realtà l'espressione di una risposta ormai ordinaria, tanto è diffusa, alle difficoltà di molti ambiti dell'amministrazione pubblica e, fra questi, del settore culturale [20].

Ancora una volta ci si confronta, infatti, con la sottoposizione delle Fondazioni lirico-sinfoniche in crisi alle procedure di quell'"altra" amministrazione che è l'amministrazione dell'emergenza incentrata sulla figura del Commissario straordinario, di per sé prevista come soluzione alla quale ricorrere già dallo stesso d.lgs. n. 367/1996 ma che in queste disposizioni trova una disciplina dedicata.

Al Commissario straordinario del Governo, nominato con decreto del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e Turismo e del Ministro dell'Economia e delle Finanze, tra persone di comprovata esperienza di risanamento nel settore artistico-culturale (comma 3) [21], sono assegnati poteri e funzioni, naturalmente speciali dettagliatamente esplicitati, con riduzione della discrezionalità che sovente ne accompagna l'azione.

In particolare, a lui compete ricevere i piani di risanamento che le Fondazioni sono tenute a presentare, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, perché s'intervenga su "tutte le voci di bilancio strutturalmente non compatibili con l'inderogabile necessità di assicurare gli equilibri strutturali del bilancio stesso, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari" (comma 1).

Del piano la legge fissa anche i contenuti inderogabili, alcuni dei quali sono volti a intervenire su quella che la Relazione illustrativa al decreto indica come la causa principale del dissesto delle Fondazioni, ossia il costo delle masse artistiche, tecniche e amministrative. E' a questo scopo che il piano dovrà prevedere, fra l'altro, la "riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al cinquanta per cento di quella in essere al 31 dicembre 2012", la razionalizzazione del personale artistico, come si aggiunge in sede di conversione, oltre alla cessazione di efficacia dei contratti integrativi aziendali in vigore.

Al Commissario straordinario spetta verificare i piani, valutarne d'intesa con le Fondazioni le eventuali modifiche e integrazioni per proporli all'approvazione del Ministro dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo e del Ministro dell'Economia e delle Finanze, sovrintendere alla loro attuazione, anche con attività di monitoraggio semestrali e con la redazione di un'apposita relazione da trasmettere al Mibact, al Mef e alla competente sezione della Corte dei Conti. A lui compete inoltre adottare, sentiti i ministeri interessati, atti e provvedimenti anche in via sostitutiva per assicurare la coerenza delle azioni di risanamento con i piani approvati (comma 3, lett. e)).

Un commissariamento al quale si accompagna la previsione di speciali misure di sostegno finanziario. Il comma 6 dell'art. 11 prevede, infatti, l'istituzione, nello stato di previsione del Mef di un "fondo di rotazione con dotazione pari a 75 milioni di euro per l'anno 2014" per la concessione a favore delle Fondazioni in crisi di finanziamenti di durata sino a un massimo di trenta anni.

Risorse erogate previa sottoscrizione, da parte delle Fondazioni, di contratti conformi al contratto tipo predisposto dal Commissario straordinario e approvato dal Mef, nel quale devono essere, tra l'altro, indicati il tasso di interesse sui finanziamenti, le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, le modalità di recupero delle stesse e l'applicazione di interessi moratori.(comma 7).

Nelle more del perfezionamento dei piani di risanamento, sono previste misure transitorie per il finanziamento delle Fondazioni [22] che si trovino in carenze di liquidità tali da comprometterne la gestione ordinaria e osservino le condizioni richieste allo scopo, in assenza delle quali saranno sottoposte a liquidazione coatta amministrativa.

Una disciplina, dunque, dettagliata per effetto della quale le Fondazioni lirico-sinfoniche in crisi sono attratte in una sfera non solo pubblica, ma di controllo pubblico da parte del centro statale.

Soluzione, appunto, diffusa tanto da potersi considerare quasi ordinaria anche perché facile, ma non sempre capace di intervenire sulle cause delle situazioni di "crisi" e che, nell'esperienza che se ne è fatta, ben poche risposte ha procurato alle necessità del settore culturale e delle stesse Fondazioni lirico-sinfoniche.

D'altro canto, se fra le tante ragioni che possono indurre il ricorso all'amministrazione straordinaria, tramite commissariamento, vi è anche la necessità di supplire, in via sostitutiva, all'inefficienza o all'incapacità delle amministrazioni e delle gestioni ordinarie, l'adeguatezza al fine per il quale si determina l'attivazione di questi istituti dipende dalle reali cause di questa incapacità.

Quando non dipenda dal verificarsi di fatti nuovi o emergenziali né dal solo cattivo esercizio dei poteri e finanche dell'autonomia di cui dispongono le amministrazioni ordinarie ma dalla inidoneità degli strumenti dei quali esse possono avvalersi per il loro funzionamento e per la loro azione, il commissariamento si definisce come risposta facile a questioni complesse, in quanto tale, inadeguata.

Di queste diverse e più complesse ragioni che sono all'origine delle criticità del settore offrono, d'altro canto, conferma le "altre" risposte offerte dall'art. 11, nei suoi commi dal 15 al 21.

Dichiaratamente rivolte a "assicurare il rilancio del sistema nazionale musicale di eccellenza" queste disposizioni raccontano molto altro. In particolare, dicono delle ambiguità e delle inadeguatezze che hanno contraddistinto i tanti processi di privatizzazione tentati dagli anni Novanta, ostacolati dalle resistenze della parte pubblica a ridefinire lo spazio dei propri interventi o anche solo delle proprie regole e delle quali le difficili sorti conosciute dalle Fondazioni lirico-sinfoniche offrono una delle più eloquenti testimonianze.

Al contempo, sempre le vicende di questo settore palesano quanto anche il modello fondazionale, se diventa soltanto un nomen evocativo di una privatizzazione, in realtà oggetto di discipline speciali di natura pubblicistica, non abbia la capacità di assolvere gli scopi per i quali è pensata, qual è fra tutti la ricerca di un'integrazione e di una sinergia del pubblico con il privato atta non solo a elevare l'efficienza delle attività e la qualità dei servizi ma anche ad attrarre quelle risorse private necessarie allo sviluppo e talvolta alla stessa tenuta di molti ambiti [23].

Le misure predisposte nei commi da 15 e seguenti dell'art. 11 della legge n. 112/2013 possono pertanto considerarsi equivalenti alla sostanziale, e definitiva, presa d'atto dell'inidoneità del modello di privatizzazione pensato per le Fondazioni lirico-sinfoniche, con la conseguente necessità di "invertire la rotta" del percorso avviato nel 1997, quasi a stabilizzare quell'accentramento che le gestioni commissariali reintroducono, sia pure con la temporaneità propria delle "sospensioni" che caratterizzano l'azione dell'amministrazione di emergenza.

Gli interventi che si prevedono sulla loro struttura organizzativa, sulle modalità del loro funzionamento e finanziamento sono connotati da un evidente significato ed esito: ricondurre questa forma di spettacolo e i soggetti preposti alla sua produzione nella sfera non solo pubblica, dalla quale forse mai sono uscite, ma soprattutto in quella del centro statale [24].

I nuovi criteri relativi alla costituzione e alla configurazione degli organi direttivi, dettati nel comma 15 dell'art. 11, rafforzano infatti il rapporto della fondazione con il centro statale, allentando, quasi in parallelo, quello con i governi dei territori nei quali si trovano ma soprattutto cambiano il ruolo che può essere assolto, al loro interno, dai privati.

Gli statuti che, in base a quanto ancora previsto dall'art. 10 del d.lgs. n. 367/1996, sono adottati da ciascuna fondazione, per essere approvati con decreto del Ministro di riferimento di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, dovranno essere adeguati, entro il 30 giugno 2014, a una struttura organizzativa pur sempre articolata in quattro organi, ora uniformati nella durata per tutti quinquennale, ma espressione di presenze diverse rispetto al modello originario.

Il presidente, rappresentante legale, si prevede debba essere individuato nella persona del sindaco del comune nel quale ha sede la fondazione o, come vuole l'innovazione introdotta, nella persona da lui nominata.

Il consiglio di amministrazione è sostituito da un consiglio d'indirizzo con variazioni nella composizione per effetto delle quali ne fanno parte, per un numero complessivo non superiore a sette, il presidente e i "membri designati da ciascuno dei fondatori pubblici e dai soci privati che, anche in associazione fra loro, versino almeno il cinque per cento del contributo erogato dallo Stato", con la maggioranza dei componenti in ogni caso "costituita dai membri designati dai fondatori pubblici" [25].

Un contenimento della presenza dei privati [26] e dunque un mutamento del loro ruolo che si riflette anche sull'altro organo, il sovrintendente che il comma 15, lett. a) sub 3 prevede sia ora nominato dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, su proposta di un Consiglio di indirizzo a presenza maggioritaria dei fondatori pubblici.

Quanto al collegio dei revisori, mentre restano invariate le sue attribuzioni cambia la composizione, nel segno di un rafforzamento della presenza indiretta delle Autorità di Governo competenti e della magistratura contabile. In base a quanto prevede il comma 15, lett. a), sub 5, è composto da tre membri, rinnovabili per non più di due mandati, di cui uno, con funzioni di presidente, designato dal Presidente della Corte dei Conti fra i magistrati contabili, uno in rappresentanza del Mef e uno in rappresentanza del Mibact.

Cambiano anche i criteri per il riparto tra le Fondazioni della quota del FUS, come determinata, sentita la Consulta per lo Spettacolo, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo [27], ma con la clausola "incentivante" introdotta, in sede di conversione, che per il triennio 2014-2016 assegna una quota del 5 per cento del FUS alle Fondazioni che abbiano raggiunto il pareggio di bilancio nei tre esercizi finanziari precedenti.

Si intende, in tal modo, chiudere il percorso che doveva condurre a una privatizzazione, intesa anche come apertura al privato, delle Fondazioni e se ne apre un altro per il quale l'intervento privato, pur possibile, diventa residuale.

La fondazione è ricondotta saldamente nella sfera del centro statale, adeguata al regime degli enti che, privatizzati nella forma, conservano una natura sostanzialmente pubblica.

Ne è espressione anche la nuova disciplina prevista per il personale, a proposito del quale si prescrive la procedura selettiva pubblica per l'instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (comma 19). Una soluzione che ne realizza l'adeguamento agli orientamenti espressi in materia dalla giurisprudenza, ma che insieme porta a compimento un percorso avviato con il d.l. n. 64/2010, quando la regolamentazione collettiva del personale fu collocata nell'area del lavoro pubblico privatizzato, imponendo per la sottoscrizione del contratto collettivo nazionale il ricorso all'Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni (Aran) [28].

Non si chiudono ma restano aperte le domande sul come promuovere, oltre che tutelare, questa forma di spettacolo e soprattutto su come attrarre il privato e le sue risorse nel settore culturale.

Le scelte compiute con quest'ultimo provvedimento sono le scelte di una parte pubblica che non sa o non può procurare quelle risposte che non possono che dipendere anche dalla ridefinizione del suo ruolo. Una parte pubblica che, pertanto, rinuncia alle istanze dell'integrazione e della sinergia con il privato, rinuncia anche alle istanze del decentramento e dell'autonomia nonché della responsabilità gestionale delle strutture preposte, per procurare la sola risposta che contrassegna molte delle politiche pubbliche con le quali si cerca di fronteggiare le diverse "zone di crisi" del sistema e non solo del settore culturale, ossia riconducendo a sé, e a un sé che si declina come centro statale, il governo del settore.

Se si vuole, è la risposta di un centro debole che non sapendo farsi interlocutore di altre istanze né di altri soggetti, né centro di governo, supera le ambiguità e le contraddizioni che hanno segnato il percorso di ricerca del privato, riaffermando sé stesso tramite i propri apparati e le proprie regole.

E se già all'indomani di questa sua prima formulazione, non restava che chiedersi quando sarebbe stato necessario ritornare a cercare altre risposte, è lo stesso legislatore a essersi fatto subitaneo interprete della fragilità del disegno delineato quando, a distanza di poche settimane, con la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), interviene con misure che non sono soltanto volte a introdurvi correttivi, ma a ridurne l'impatto sino a renderlo solo eventuale, pur conservandolo formalmente, quasi a non voler smentire così repentinamente se stesso e le proprie soluzioni "urgenti".

Con l'art. 1, comma 326 della legge n. 147/2013 si prevede infatti che, entro il 28 febbraio 2014, siano individuate, con apposito decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, "le fondazioni lirico-sinfoniche che, presentando evidenti peculiarità per la specificità della storia e della cultura operistica e sinfonica italiana, per la loro assoluta rilevanza internazionale, le eccezionali capacità produttive, i rilevanti ricavi propri, nonché per il significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati, possono dotarsi di forme organizzative speciali", nel rispetto dei requisiti già richiesti dal d.l. 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2910, n. 100 [29].

E sarà quando queste fondazioni lirico-sinfoniche, esonerate dal disegno del "decreto valore cultura", verranno individuate che si comprenderà quanto l'eccezione, prevista dalla legge di stabilità, sia in realtà qualche cosa in più o di diverso, ossia l'espressione del ripensamento di un legislatore che troppo si è affidato all'"urgenza".

3. Le "altre" misure per le "altre" forme di spettacolo: i benefici fiscali

Quanto alle misure urgenti dedicate alle altre forme di spettacolo, si conferma il ruolo centrale assegnato a quelle di natura fiscale. A questi strumenti e, in particolare, alle agevolazioni tributarie si affida il rilancio sia delle attività musicali o, come preferisce dire con espressione più enfatica il legislatore, del sistema musicale italiano sia del settore cinematografico e audiovisivo.

Per quest'ultimo, con l'art. 8 della legge n. 112/2013, s'interviene rendendo permanente, a decorrere dal 1 gennaio 2014, il tax credit o credito d'imposta, introdotto con l'articolo 1, commi da 325 a 328 e da 330 a 337, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) a favore delle imprese che effettuino investimenti nella filiera cinematografica, alle quali si riconosce perciò la possibilità di compensare debiti fiscali con i crediti maturati a seguito di questi investimenti. Beneficio che, con la legge in esame, è esteso anche ai produttori indipendenti di opere audiovisive [30].

Misure queste pensate dalla legge del 2007 come transitorie, da adottare in attesa di provvedimenti legislativi di sistemazione complessiva del settore ma che, con quest'ultimo provvedimento, si confermano e si stabilizzano quali soluzioni cui si consegna l'intervento pubblico di sostegno e promozione di un settore i cui stessi operatori sembrano da tempo avere fermato le proprie richieste a questa tipologia di intervento che, peraltro, com'è proprio di questi strumenti di agevolazione, possiede anche la capacità di conformare il settore.

La concessione del beneficio fiscale è, infatti, subordinata dalla stessa legge n. 244/2007 al ricorrere di condizioni identificate, anche tramite il rinvio al d.lgs. n. 28/2004, in termini tali da assegnare alla misura la forza di condizionare le modalità di produzione e organizzazione di questa forma di spettacolo, salve le ulteriori "determinazioni applicative" che ne saranno dettate con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello Sviluppo economico [31].

Anche il rilancio delle attività musicali ovvero del sistema musicale italiano è affidata, per quanto si diceva, allo strumento del credito di imposta.

Per esse, è l'art. 7 della legge n. 112/2013 a prevedere la concessione di un credito di imposta alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali oltre che, come si è stabilito in sede di esame parlamentare, organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo, esistenti almeno dall'1 gennaio 2012.

L'agevolazione volta a sostenere l'offerta di queste attività culturali e a promuovere lo sviluppo di artisti emergenti è riconosciuta, nel rispetto dei limiti della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione europea del 15 dicembre 2006, esclusivamente per opere prime o seconde di nuovi talenti definiti come artisti, gruppi di artisti, compositori o artisti-interpreti alle condizioni dettagliatamente indicate nell'art. 7 della legge, fra le quali merita di essere ricordata quella volta a richiedere che i beneficiari non siano controllati da parte di un editore di servizi media audiovisivi (comma 4).

Anche per esse le disposizioni applicative saranno adottate con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il ministro dello sviluppo economico (comma 6).

A queste agevolazioni, si aggiunge un altro intervento di natura fiscale, qual è la previsione, riferita dal comma 6 dell'art. 9 a tutte le forme di spettacolo, per effetto della quale si dispone l'esenzione dall'imposta di bollo per le istanze presentate, presso le competenti direzioni generali del Mibact, per le agevolazioni e i benefici previsti da taluni provvedimenti espressamente elencati.

4. Le "altre" misure di natura finanziaria

Quanto alle restanti misure di urgenza adottate dal d.l. n. 91/2013 per il rilancio dello spettacolo, alcune sono di natura essenzialmente finanziaria.

Al loro novero appartengono le misure annunciate, più che previste dall'art. 9, in merito alle modalità di erogazione dei contributi pubblici alle attività di spettacolo dal vivo, volte ad assicurare, come emerge dalla relazione illustrativa al decreto, quelle certezze all'Amministrazione e agli interessati non consentite dal sistema vigente in cui l'assegnazione dei contributi avviene sulla base della valutazione dei programmi e dei preventivi finanziari riferiti all'anno in corso.

Di qui, la previsione che a partire dal 1 gennaio 2014 si ridefiniscano, con decreto del Ministro da adottare previa intesa con la Conferenza unificata, come richiesto dall'art. 1, comma 3, della legge 15 novembre 2005, n. 239, i criteri per l'erogazione e le modalità per la liquidazione e l'anticipazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, in tutte le sue forme, compresi sia pure con provvidenze graduali, le attività circensi e gli spettacolo viaggianti senza animali. Criteri che dovranno comunque tenere conto dell'importanza culturale della produzione, dei livelli quantitativi, degli indici di affluenza del pubblico nonché della regolarità gestionale degli organismi [32].

Risponde invece a finalità di trasparenza, sia pure riferita al sistema dei finanziamenti al settore, la richiesta, di cui al comma 2 dell'art. 9, che gli enti e gli organismi dello spettacolo, finanziati a valere sul Fondo Unico dello Spettacolo, pubblichino e aggiornino una serie di informazioni elencate relative ai titolari di incarichi amministrativi e artistici di vertice e di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, nonché di collaborazione o consulenza, pena l'impossibilità di erogare i contributi previsti.

Altre misure di agevolazione sono previste dall'art. 10 per assicurare, come vuole la sua stessa rubrica, "la prosecuzione del funzionamento dei teatri e degli enti pubblici e privati, operanti nei settori dei beni e delle attività culturali, vigilati o comunque sovvenzionati dal Ministero" e consistono nella non applicazione e nella diversa modulazione di alcune misure di riduzione dei costi previsti per tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, individuate dall'Istat.

In particolare, si dispone che le norme in materia di contenimento delle spese per rappresentanza e missioni del personale introdotte dall'art. 6, commi 8 e 12, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 non si applichino a una platea di soggetti che la Relazione Tecnica elenca espressamente e che include undici enti presenti nell'elenco Istat, vigilati dal Mibact [33], i diciassette teatri stabili pubblici operanti in Italia e le quattordici Fondazioni lirico-sinfoniche.

Per questi soggetti si prevede altresì la rimodulazione, all'otto in luogo del dieci per cento, della misura di riduzione della spesa per consumi intermedi prevista per le pubbliche amministrazioni dall'art. 8, comma 3, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

Resta da ricordare un'altra misura di "piccola" promozione, in realtà di portata solo programmatica, capace di investire anch'essa il sistema di accesso al credito del settore cinematografico qual è quella prevista nel comma 9 dell'art. 8, dove si prevede l'istituzione presso il Mibact di un tavolo tecnico operativo, secondo criteri definiti con decreto del Ministro, per dare attuazione al programma promosso dalla Commissione Europea per il periodo 2014-2020 denominato "Europa creativa", "finalizzato a sostenere il cinema europeo e i settori culturali e creativi, a migliorare l'accesso al credito degli operatori, proteggendo e promuovendo la diversità culturale e linguistica europea".

5. Le "piccole" semplificazioni

La legge n. 112/2013 prevede poi alcune misure di semplificazione volte a ridurre taluni oneri amministrativi che gravano gli operatori del settore. Si tratta, in realtà, di "piccole" misure che valgono soprattutto a rimuovere taluni adempimenti che le modificate condizioni dei contesti, anche normativi, inducono a ritenere non più attuali e perciò esigibili. Piccole misure, quando poste a confronto con la complessità e la complicazione delle procedure ancora previste per molte fasi della produzione e organizzazione di tali attività.

Appartiene a queste "piccole semplificazioni", la misura prevista dall'art. 8, comma 8, con riferimento allo spettacolo cinematografico, consistente nell'abrogazione dell'art. 117 del r.d. 6 maggio 1940, n. 635, laddove si subordinava il rilascio della cosiddetta licenza per l'esercizio di sale cinematografiche a talune condizioni non più attuali.

Può considerarsi alla stregua di una "piccola" semplificazione per le attività di spettacolo dal vivo anche quella che in realtà rappresenta solo una misura di adeguamento alle normative generali, laddove nel comma 8-bis dell'art. 7, introdotto in sede di esame parlamentare, si stabilisce che i controlli effettuati, ai sensi del testo unico di pubblica sicurezza di cui al r.d. 18 giugno 1931, n. 773, sugli eventi fino a un massimo di 200 partecipanti e che si svolgono entro le 24 ore dal giorno di inizio, si adeguino al regime semplificato della Segnalazione d'inizio attività (Scia), introdotto dall'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'art. 49, comma 4-bis del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122.

6. Una postilla per concludere

Vi è "poco" da aggiungere o da commentare con riferimento al complesso delle misure urgenti adottate il rilancio dello spettacolo. Salvo quanto si è detto per le Fondazioni lirico-sinfoniche, circa gli altri interventi non resta che rinviare a quanto si rilevava in apertura di queste pagine.

Nel decreto "Valore Cultura", "qualche cosa" c'è ma questo "qualche cosa" è espressione delle "piccole possibilità" di una politica stretta fra l'urgenza di intervenire, anche per segnalare il proprio ingresso in scena, e l'incertezza in merito agli spazi temporali e materiali consentiti alla propria azione. Quell'incertezza che, pur non essendone unica causa, concorre a generare la debolezza che non consente pensieri e interventi di sistema specie per i settori, com'è quello della cultura, che non si riescano o non si vogliano attrarre nell'ambito delle politiche pubbliche generali.

 

Note

[1] Sul punto, sia consentito rinviare a C. Barbati, voce Spettacolo, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, vol. VI, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 5670 s.

[2] In proposito, si ricorda che lo spettacolo, nel silenzio del legislatore costituzionale che non lo ha menzionato espressamente nell'elenco delle materie di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 117 Cost., in alcune prime analisi, fu considerato suscettibile di essere ascritto al novero delle cosiddette materie "innominate", oggetto di competenze legislative esclusive delle Regioni, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo. Gli interrogativi che ne derivarono trovarono risposta dapprima con il d.l. 18 gennaio 2003, n. 24, "Disposizioni urgenti in materia di contributi in favore delle attività di spettacolo", convertito, con modificazioni, nella legge 17 aprile 2003, n. 82 quando si attrasse lo spettacolo nel novero delle attività culturali, come tale oggetto di competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni e poi con la condivisione che di questa interpretazione offrì la Corte costituzionale quando, con sentenze n. 255 e 256 del 2004 e 285 del 2005, la ricondusse nel novero delle attività culturali la cui promozione e organizzazione è assegnata dall'art. 117, comma 3, cost. alla competenza concorrente di Stato e Regioni.

[3] Il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, di "Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137" è stato interessato da sette interventi legislativi di modifica oltre che dalla sentenza della Corte costituzionale 7 luglio 2005, n. 285, con la quale ne sono state corrette, in via interpretativa, talune previsioni, In merito alle riforme mancate, può essere utile ricordare le proposte, a suo tempo, accolte nel ddl As 1120, presentato nella XV legislatura, recante "Disposizioni generali in materia di promozione delle attività cinematografiche e audiovisive, nonché deleghe al governo in materia di agevolazioni fiscali relative al settore cinematografico ed audiovisivo". Nel capo II di questo testo legislativo si proponeva la costituzione di un nuovo soggetto pubblico, il "Centro nazionale per il cinema e l'audiovisivo" al quale demandare tutte le funzioni amministrative, le risorse e i compiti esercitati, direttamente o indirettamente dal ministero per i Beni e le Attività culturali. Un nuovo soggetto che non si sarebbe aggiunto agli altri operanti nel settore, ma li avrebbe sostituiti, con una configurazione aperta anche all'intervento delle Regioni e, perciò, alle istanze del decentramento. Su questi temi e sul dibattito che li accompagnò, cfr. le relazioni presentate all'incontro di studio "L'intervento pubblico per la promozione delle attività culturali - Cinema e spettacolo dal vivo", Roma, 9 ottobre 2007, in questa Rivista, 2007, 3.

[4] Sulla cosiddetta legge della crescita sbilanciata o morbo di Baumol, così definita in base al nome del suo teorizzatore, per effetto della quale il settore culturale e, in particolare, lo spettacolo soffre strutturalmente di un divario fra costi e ricavi che rende necessario un intervento pubblico di incentivazione-sostegno, cfr. W.J. Baumol e W.G. Bowen, Performing Arts - The Economic Dilemma: a study of problems common to theatre, opera, music and dance, New York, M.I.T. Press, 1968.

[5] L'art. 6 della legge n. 800/1967 riconosceva come enti autonomi lirici: il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze, il Teatro Comunale dell'Opera di Genova, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia, l'Arena di Verona. L'art. 1 della legge 11 novembre 2003, n. 310 ha aggiunto la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari.

[6] In base a quanto stabilisce l'art. 2 della legge n. 163/1985, il FUS è ripartito tra i diversi settori in ragione di quote non inferiori al 45% per le attività musicali e di danza, al 25% per le attività cinematografiche, al 15% per quelle del teatro di prosa e all'1% per le attività circensi e dello spettacolo viaggiante. Da ultimo, il riparto del FUS per il 2012 vede l'attribuzione alle Fondazioni lirico sinfoniche di una quota pari al 47% del FUS (cfr. d.m. 23 febbraio 2012).

[7] Cfr. Relazione della Corte dei Conti al Parlamento sulla gestione finanziaria degli enti sottoposti a controllo, Enti autonomi lirici e Istituzioni concertistiche assimilate, Determinazione n. 1955 del 19 gennaio 1988 e anche Determinazione n. 35 del 16 giugno 1990, in Cons. Stato, 1991, II, pag. 584. In merito all'assetto degli enti lirici si ricorda che essi erano espressione, nei loro organi direttivi, dei governi territoriali, con le presenze indicate dall'art. 9 della legge n. 800/1967. Sul punto, ci si permette di rinviare a C. Barbati, Istituzioni e spettacolo. Pubblico e privato nelle prospettive di riforma, Padova, Cedam, 1996, pag. 141 ss.

[8] Per un esame delle proposte formulate in diverse sedi per la riforma degli Enti lirici, cfr. F. Ernani - R. Iovino, La Repubblica degli Enti lirico-sinfonici, Problemi e prospettive del teatro d'opera in Italia (1967-1992), Torino, Edit, 1993.

[9] Così art. 1 e art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 367/1996.

[10] Cfr., in particolare, art. 1, comma 33, lett. a) sub 4 di questa legge, recante "Interventi correttivi di finanza pubblica" (legge di accompagnamento alla finanziaria per il 1994) e art. 3, comma 2, lett. b) del d.l. n. 97/1995, ove si prevedeva che il riordino degli enti, prima sottoposti alla vigilanza del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, dovesse essere informato, fra gli altri, al principio dell'"affidamento di specifiche funzioni a società o enti di natura privata quando ciò sia conforme a criteri di economicità e di funzionalità".

[11] Sulle diverse implicazioni e motivazioni delle privatizzazioni, cfr. E. Freni, Privatizzazioni, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, vol. 5, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 4502 ss. Si veda inoltre, P. Jaeger, Privatizzazioni: profili generali, in Enc. Giur. Trecc., XXIV, Roma, Treccani, 1995 e, in particolare, quanto al settore in esame, G. Marasà, Fondazioni, privatizzazioni e impresa: la trasformazione degli enti musicali in Fondazioni di diritto privato, Studium iuris, 1996, pag. 1095.

[12] In questo senso, cfr. art. 6, comma 2 e art. 10, comma 3 del d.lgs. n. 367/1996 ove si circoscriveva il limite del quaranta per cento della partecipazione privata al primo quadriennio di vita della fondazione, autorizzando così un suo superamento per i periodi successivi, e art. 12, comma 2, con il quale si prevedeva, quale unico limite al coinvolgimento dei fondatori pubblici nel consiglio di amministrazione, che in esso dovessero essere presenti, almeno con un rappresentante, l'autorità di governo competente per lo spettacolo e la Regione nel cui territorio la fondazione aveva sede. Sul disegno complessivo del d.lgs. n. 367/1996, cfr. E. Freni, Commento al decreto 367 del 1996, in Giorn. dir. amm., 1996, pag. 1120 ss.

[13] In quella fase si realizzò, infatti, solo per il Teatro alla Scala di Milano, trasformato in Fondazione lirico-sinfonica con delibera dell'11 giugno 1997, approvata dall'Autorità di Governo competente per lo spettacolo, di concerto con il Ministro del Tesoro, il 6 novembre 1997.

[14] Per un'analisi diffusa delle soluzioni accolte con il d.lgs. n. 134/1998, dei limiti che continuavano a connotarle, cfr. A. Serra, La difficile privatizzazione delle Fondazioni liriche: strumenti pubblici e presenza privata, in Aedon, 1998, 2.

[15] In questo senso, cfr. specialmente, d.l. 22 marzo 2004, n. 72, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2004, n. 128, e il d.l. 31 gennaio 2005, n. 7 convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, il cui art. 3-ter, al fine di ottimizzare i costi delle gestioni e degli allestimenti, prevede che il Ministro per i Beni e le Attività culturali, con proprio decreto, coordini le attività delle Fondazioni lirico-sinfoniche, così da realizzare economie di gestione e, in particolare, il contenimento o la riduzione delle spese per gli allestimenti. Meritano altresì di essere ricordati i provvedimenti con i quali si è intervenuti sul finanziamento statale delle Fondazioni sia modificando i criteri di riparto del FUS (cfr. art. 1, comma 1148, legge 27 dicembre 2006, n. 296), sia contribuendo alla loro ricapitalizzazione con fondi dedicati (cfr. art. 2, commi 393 s., legge 24 dicembre 2007, n. 244).

[16] Con d.p.r. 19 maggio 2011, n. 117 fu adottato il regolamento recante "[...] criteri e modalità di riconoscimento a favore delle Fondazioni lirico-sinfoniche di forme organizzative speciali, a norma dell'articolo 1, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100". In particolare, il d.p.r. n. 117/2011 prevedeva che il Ministro per i Beni e le Attività culturali riconoscesse, con proprio decreto, sentito il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la qualifica di "Fondazione lirico-sinfonica dotata di forma organizzativa speciale" alle Fondazioni lirico-sinfoniche che possedessero una serie di requisiti, consistenti fra gli altri nella peculiarità in campo lirico-sinfonico, nell'assoluta rilevanza internazionale, nell'eccezionale capacità produttiva, nella capacità, come si ricordava nel testo, di conseguire l'equilibrio economico-patrimoniale di bilancio. Per queste Fondazioni l'erogazione del contributo statale triennale avveniva sulla base di programmi di attività triennali. Alle stesse era inoltre consentito avvalersi di un autonomo contratto di lavoro. Sulla base di questo regolamento, fu riconosciuta la forma organizzativa speciale alla Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia (d.m. 23 gennaio 2012) e alla Fondazione Teatro alla Scala di Milano (d.m. 16 aprile 2012). Su questo processo di riordino, cfr. V. Cerulli Irelli, Le Fondazioni lirico-sinfoniche come organizzazione pubbliche in forma privatistica, in Aedon, 2012, 3.

[17] In questo senso, cfr. specialmente art. 3 del d.l. n. 64/2010. Misure intese a contenere il costo per il personale erano state adottate anche con l'art. 3-ter del d.l. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.

[18] Corte dei Conti, Determinazione e relazione della Sezione del controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria delle Fondazioni lirico-sinfoniche per gli esercizi 2007-2010, Determinazione n. 85/2012.

[19] Misure, dunque, ulteriori a quelle adottate pressoché contemporaneamente con il d.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, "Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di imposta sul valore aggiunto (Iva) e altre misure finanziarie urgenti", il cui art. 11, comma 17, autorizza il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, per l'anno 2013, a erogare a favore delle Fondazioni tutte le somme residue a valere sul Fondo Unico per lo Spettacolo, per "fronteggiare lo stato di crisi del settore" e "salvaguardare i lavoratori".

[20] Sul punto, cfr. A. Fioritto, I commissari straordinari per la gestione dei beni culturali, in Aedon, 2009, 2, e più ampiamente dello stesso A., L'amministrazione dell'emergenza tra autorità e garanzie, Bologna, Il Mulino, 2008, L'amministrazione dell'emergenza è oggetto di una letteratura e di un dibattito quanto mai estesi del quale non è possibile dare conto in questa sede. Ci si limita, perciò, a ricordare alcuni dei contributi più recenti e fra questi C. Marzuoli, Il diritto amministrativo dell'emergenza: fonti e poteri; S. Cassese, I paradossi dell'emergenza, in Annuario 2005 dell'Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Il diritto amministrativo dell'emergenza, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 5 ss. e pag. 221 ss.; M. Brocca, L'altra amministrazione, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012, pag. 59 ss.

[21] Con il decreto di nomina sono fissati il compenso, a valere sulle risorse di bilancio delle Fondazioni, e la durata dell'incarico (commi 4 e 5).

[22] A questo fine, si prevede che le somme erogabili per il 2013 saranno tratte dalle disponibilità giacenti sulle contabilità speciali intestate ai capi degli Uffici centrali e periferici del Mibact.

[23] Su questi temi, cfr. F. Merusi, La privatizzazione per Fondazioni tra pubblico e privato, in Dir. amm., 2004, 3, pag. 447 ss. In proposito, significativo anche quanto ebbe ad affermare il Consiglio di Stato, in sede consultiva, con parere n. 2563 del 2002, quando rilevò la natura ancora incompleto del processo di privatizzazione delle Fondazioni liriche, peraltro riconosciute come persone giuridiche private a prevalente partecipazione pubblica.

[24] La natura sostanzialmente pubblica delle Fondazioni lirico-sinfoniche, anche negli assetti delineati dal d.lgs. n. 367/1996 è stata d'altro canto riconosciuta anche dalla Corte costituzionale, con sent. 18-21 aprile 2011, n. 153, quando ne sottolineò l'appartenenza al genus degli enti pubblici da ascrivere all'ambito statale. Su questa sentenza, sia consentito rinviare a C. Barbati, Territori e cultura: quale rapporto?, in Aedon, 2011, 2.

[25] In questo senso, cfr. art. 1, comma 15, lett. a), sub.2, della legge n. 112/2013. Misura che, come precisa l'art. 1, comma 327, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, con formulazione sintetica e perciò criptica per quanto concerne le ulteriori distanze dal disegno immaginato per la composizione dell'organo, "non si applica alla Fondazione Teatro alla Scala, in cui le funzioni di indirizzo sono svolte dal consiglio di amministrazione", salve le ulteriori deroghe al disegno di trasformazione che, anche per essa, saranno possibili in base a quanto stabilito nel comma 326 della medesima disposizione e su cui v. infra nel testo.

[26] Una riduzione, dunque, progressiva del loro ruolo. La stessa presenza dei privati, nell'allora consiglio di amministrazione, subordinata, come si ricordava, dall'art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 367/1996 alla necessità che conferissero una quota non inferiore al dodici per cento dei finanziamenti per la gestione, poi ridotta, per effetto di provvedimenti legislativi successivi (cfr. art. 2, comma 3, del d.l. 22 marzo 2004, n. 72 convertito con modificazioni nella legge 21 maggio 2004, n. 128 e art. 3-ter, comma 7, del d.l. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2005, n. 43), a un apporto annuo, come singoli o cumulativamente, non inferiore, per almeno due anni consecutivi, all'otto per cento dei finanziamenti statali erogati, conosce qui un'ulteriore limitazione al cinque per cento del contributo statale.

[27] Per effetto di tali disposizioni: il 50% è ripartito in considerazione dei costi di produzione derivanti dai programmi di attività realizzati da ciascuna fondazione nell'anno precedente quello cui si riferisce la ripartizione; il 25% è ripartito in considerazione del miglioramento dei risultati della gestione attraverso la capacità di reperire risorse; il 25% è ripartita in considerazione della qualità artistica dei programmi, con particolare riguardo per quelli atti a realizzare in un arco di tempo circoscritto spettacoli lirici, di balletto e concerti coniugati da un tema comune e ad attrarre turismo culturale.

[28] Su questi profili oggetto dell'art. 2 del d.l. n. 64/2010 e sugli altri connessi, cfr. S. Mainardi e D. Casale, Il personale delle Fondazioni lirico-sinfoniche dopo la conversione del decreto legge n. 64/2010, in Aedon, 2010, 3.

[29] Sul punto, cfr. sub nt. 16.

[30] Il comma 5 dell'art. 8 precisa che cosa debba intendersi, ai fini delle agevolazioni fiscali previste, per produttori indipendenti di opere audiovisive, specificando che tali sono: "gli operatori di comunicazione che svolgono attività di produzioni audiovisive, che non sono controllati da o collegati a emittenti, anche analogiche, che per un periodo di tre anni non destinino almeno il novanta per cento della propria produzione ad una sola emittente, e che detengano diritti relativi alle opere sulle quali sono richiesti i benefici, secondo specifiche disposizioni adottate" nel decreto con cui si definiscono le disposizioni applicative per la concessione dei benefici fiscali, di cui al comma 4 del medesimo articolo.

[31] L'efficacia di queste previsioni è poi e come sempre subordinata, ai sensi dell'art. 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, all'autorizzazione della Commissione Europea che spetta al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo richiedere, perché la concessione del beneficio fiscale sia conforme alla disciplina in materia di aiuti di Stato.

[32] Come misura di razionalizzazione della spesa, il comma 4 dell'art. 9 prevede, poi, la soppressione di alcuni Fondi speciali che la Relazione Tecnica al decreto definisce residuali e inutilizzati, destinati alla concessione di contributi per l'adeguamento e per l'arredo delle sale teatrali e musicali.

[33] Si tratta de: Accademia della Crusca, Biblioteca europea di formazione e cultura, Centro Sperimentale di Cinematografia, Fondazione Festival dei due mondi, Fondazione la Biennale di Venezia, Fondazione La Quadriennale di Roma, Museo Storico della Liberazione, Scuola Archeologica di Atene, Fondazione Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, Fondazione Gioacchino Rossin.

 



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