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La digitalizzazione del patrimonio culturale

Profili di tutela del diritto d’autore nella creazione di cataloghi digitali del patrimonio culturale: la protezione della banca dati e la protezione dei contenuti

di Paola Magnani

Sommario: 1. Introduzione. - 2. La protezione delle banche dati nella disciplina del diritto d'autore. Le banche dati creative. - 3. La protezione accordata dal diritto sui generis agli investimenti sostenuti per la costituzione di una banca dati. Il divieto di estrazione o reimpiego del contenuto. - 4. Il diritto d'autore e i contenuti della banca dati digitale: le immagini delle opere. La digitalizzazione delle opere come atto di riproduzione. - 4.1. La riproduzione di opere protette dal diritto d'autore: il consenso dell'autore. - 4.2. La riproduzione di opere in pubblico dominio: la questione del consenso del proprietario. - 4.3. La protezione delle immagini delle opere d'arte tra diritto d'autore e diritti connessi. - 5. Il contenuto delle banche di dati: i cataloghi di fotografie. - 6. La protezione degli altri elementi illustrativi delle opere catalogate: testi, opere audiovisive, supporti fonografici. - 7. La protezione del software. - 8. Conclusioni.

The profiles of copyright's protection relating the creation of digital databases of cultural heritage: the protection of database and the protection of its content
The aim of this article is to highlight the multiple copyright issues raised by the development of digital databases relating to cultural heritage. Questions arise at different levels: at a first level, the possibility of protecting the database itself (whether creative or not) must be investigated. At a different level, the protection accorded to the individual elements forming the content of the database (works of art, audiovisual works, photographs) must be analyzed. Particular attention will be paid to issues relating to the creation and use of the images of works.

Keywords: Digital Databases; Cultural Heritage; Copyright.

1. Introduzione

Le attività di catalogazione digitale e di raccolta di dati relativi al patrimonio culturale che negli ultimi anni si stanno moltiplicando, con l'obiettivo di dare una mappatura dei beni artistici, storici, architettonici e culturali del nostro paese, presentano molteplici problemi concernenti la protezione della proprietà intellettuale ed, in particolare, l'applicazione del diritto d'autore.

Per la catalogazione del patrimonio culturale la tecnologia digitale si dimostra particolarmente efficace, consentendo anche di arricchire la raccolta con un apparato informativo di carattere scientifico e storico. La divulgazione delle opere al pubblico mediante la rete permette di raggiungere, quindi, non solo l'obiettivo della conservazione del bene, sottraendolo all'esposizione fisica, ma anche di una fruizione del tutto nuova rispetto al passato [1].

Accanto alle potenzialità offerte dalla tecnologia, devono peraltro essere tenute presente le numerose e complesse questioni afferenti ai diritti di proprietà intellettuale che tale attività di catalogazione fa sorgere.

Tali questioni si pongono, per così dire, a diversi livelli di protezione. Ad un primo livello, deve essere indagato se il catalogo dei beni culturali stesso (qualificabile come banca dati) sia proteggibile mediante il diritto d'autore (lo sarà qualora presenti il requisito del carattere creativo) o se, pur non essendo creativo, l'insieme dei suoi dati possa essere protetto dal c.d. diritto sui generis, che consente la protezione della banca dati sotto il profilo dell'utilizzo del suo contenuto, qualora questo abbia richiesto rilevanti investimenti.

Sempre ad un livello di protezione diverso rispetto a quello dei singoli dati raccolti, potrà ricevere la protezione del diritto d'autore il software utilizzato per la raccolta, organizzazione e consultazione dei dati.

Ad un differente livello, deve essere considerata la eventuale protezione dei singoli contenuti oggetto di catalogazione. Supponiamo, ad esempio, che la banca dati sia costituita per catalogare opere pittoriche o fotografiche. Esse stesse possono essere protette dal diritto d'autore e, pertanto, i diritti del titolare dovranno essere tenuti in considerazione qualora si riproduca l'opera per le esigenze della catalogazione e si renda l'immagine disponibile al pubblico. Considerando i contenuti, alcune tipologie di opere, quali quelle fotografiche o audiovisive, sono inoltre protette non solo dalla disciplina del diritto d'autore ma anche da quella dei diritti connessi, con una conseguente maggiore complessità nella gestione dei diritti.

Ancora, si deve considerare la possibile protezione (e, quindi, la gestione dei diritti di proprietà intellettuale) per quelle opere che, all'interno della banca dati, vadano eventualmente a comporre un apparato informativo o di ricostruzione storica o artistica per i beni catalogati. In altri termini, l'immagine del bene potrebbe essere accompagnata da testi, opere audiovisive o supporti di altro genere. Deve, in questo caso, essere tenuto presente che anche l'apparato informativo (o, meglio, ciascuno degli elementi che lo compone) può ricevere la protezione del diritto d'autore qualora presenti il carattere creativo, determinando l'applicazione delle norme previste, di volta in volta, per lo specifico genere artistico (opere letteraria, audiovisiva o altro).

La digitalizzazione consente, quindi, da un lato, di realizzare contenuti, tra cui le stesse raccolte delle opere, che rappresentano un asset (che può essere offerto come open data al libero utilizzo oppure sfruttato economicamente) [2] ma, dall'altro, richiedono la gestione di numerosi e complessi diritti di proprietà intellettuale esistenti su tutti i contenuti utilizzati, raccolti e messi a disposizione del pubblico.

Il presente lavoro si propone pertanto di dare un quadro delle problematiche che sorgono nella realizzazione dei cataloghi digitali di opere sotto il profilo della disciplina del diritto d'autore. Si deve peraltro evidenziare che a tali questioni nei casi concreti si sommeranno e si intrecceranno problematiche − che non sarà peraltro possibile analizzare in questa sede − di altra natura (prima tra tutte, l'eventuale applicazione della disciplina del Codice dei beni culturali).

2. La protezione delle banche di dati nella disciplina del diritto d'autore. Le banche dati creative.

L'attività di raccolta e di catalogazione di beni culturali, in particolare mediante l'utilizzo della tecnologia digitale, può consentire, come si è anticipato, la creazione di nuovi prodotti culturali, il primo dei quali più essere identificato nel catalogo stesso, qualora la raccolta presenti le caratteristiche che consentono di qualificarlo come banca di dati ai sensi della disciplina del diritto d'autore, nonché il requisito per l'accesso alla protezione.

La legge sul diritto d'autore (legge 22 aprile 1941, n. 633, d'ora innanzi l.d.a.) indica espressamente tra le opere protette le banche di dati che "per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell'autore (art. 1, comma 2) [3].

L'art. 2 l.d.a. precisa che le banche dati sono "intese come raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo. La tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati i diritti esistenti su tale contenuto".

Le norme richiamate presentano gli elementi su cui si fonda la protezione d'autore delle raccolte di dati o informazioni, fornendo le caratteristiche, che saranno in seguito approfondite, che essa deve possedere per essere considerata un'opera dell'ingegno proteggibile come opera autonoma, in modo indipendente, cioè, rispetto alla proteggibilità dei dati o alle informazioni raccolte.

Quanto all'individuazione dell'oggetto della protezione, non rileva la tipologia di dati o informazioni, che potranno essere opere a loro volta protette dal diritto d'autore o meno, come potranno essere elementi o opere di genere diverso (immagini, suoni, informazioni).

Per la qualificazione di una raccolta come banca dati ai sensi della legge sul diritto d'autore non rileva neppure il supporto su cui essa è riprodotta. In particolare, la banca dati può essere riprodotta in formato elettronico: la tecnologia digitale consente, d'altro canto, di organizzare le informazioni e consentire l'accesso ai dati secondo criteri più articolati e complessi, nonché di riunire opere e dati di generi diversi.

Una definizione tanto ampia consente di considerare come banche dati raccolte di varia natura, quali cataloghi, enciclopedie, giornali, antologie e così via. Certamente, quindi, un catalogo che raccolga opere e beni con un apparato di informazioni sulle stesse, non solo attraverso immagini ma anche mediante l'utilizzo di testi o di strumenti audiovisivi, può rappresentare una banca di dati sotto il profilo del diritto d'autore.

La condizione affinché tale raccolta possa effettivamente rientrare nella definizione di banca dati consiste nel modo in cui i dati sono raccolti e organizzati: nel precisare che i dati siano "sistematicamente o metodicamente disposti" si richiede la presenza di uno o più criteri di organizzazione, l'utilizzo quindi di un ordine nella disposizione dei dati che consenta all'utilizzatore di accedere alle singole informazioni ("individualmente accessibili").

Proprio nel criterio o ordine con cui sono raccolti e organizzati i dati e le informazioni (la forma espressiva della banca dati), come accade del resto per le opere collettive, deve essere riscontrato il carattere creativo per accedere alla protezione del diritto d'autore, poiché è in tale elemento che si esprime l'apporto personale dell'autore.

Il carattere creativo potrà riscontrarsi - alternativamente o cumulativamente - nella scelta o nella disposizione dei materiali. Non potrà, pertanto, ad esempio, accedere alla protezione d'autore il catalogo che riunisca informazioni semplicemente ordinandole alfabeticamente o cronologicamente, trattandosi di un ordine banale e, in molti casi, imposto dalla tipologia stessa di dati raccolti. I criteri in base ai quali la banca dati può ricevere la protezione d'autore devono, invece, consistere nella scelta di metodi per ordinare i dati più articolati e che consentono di effettuare ricerche delle informazioni più complesse, attraverso collegamenti e rimandi tra i dati stessi [4].

Nell'interpretazione dell'elemento creativo, la Corte di Giustizia ha pertanto escluso la protezione di una banca dati nel caso in cui nell'organizzazione dei dati non vi sia spazio per scelte creative, ma l'ordine dei dati sia dettato da considerazioni funzionali [5]. Il carattere creativo, la c.d. impronta personale dell'autore, si può invece riscontrare qualora l'autore selezioni o organizzi i dati secondo criteri arbitrari, non assumendo peraltro rilievo, a differenza, come si dirà, di quanto accade per la protezione sui generis, il tempo e gli investimenti sostenuti per la costituzione della banca dati.

Alle banche dati dotate di carattere creativo si applica pienamente la tutela del diritto d'autore e, pertanto, il titolare ha il diritto di sfruttare economicamente l'opera in ogni forma e modo, nonché la tutela prevista dai diritti morali.

Con riferimento ai diritti patrimoniali, l'art. 64-quinquies precisa che l'autore di una banca dati ha il diritto esclusivo di eseguire o autorizzare: a) la riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma; la traduzione, l'adattamento, una diversa disposizione [6] e ogni altra modifica (nonché qualsiasi riproduzione, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico dei risultati di queste operazioni); c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell'originale o di copie della banca dati [7]; d) qualsiasi presentazione, dimostrazione o comunicazione al pubblico, compresa la trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma.

Le modalità di utilizzazione descritte non sono peraltro soggette all'autorizzazione del titolare del diritto qualora siano poste in essere dall'utente legittimo della banca dati (vale a dire dal soggetto che abbia ottenuto l'accesso con il consenso del titolare dei diritti oppure abbia acquistato da un soggetto proprietario di una banca dati o di una sua copia immessa in commercio con il consenso del titolare dei diritti) se tali attività sono necessarie per l'accesso al contenuto della banca dati e per il suo normale impiego.

Di grande rilievo, inoltre, è la previsione di libere utilizzazioni specificamente previste per queste categorie di opere (art. 64-sexies l.d.a.) [8]: non sono soggette all'autorizzazione del titolare del diritto l'accesso o la consultazione della banca di dati quando abbiano esclusivamente finalità didattiche o di ricerca scientifica, non svolta nell'ambito di un'impresa, purché si indichi la fonte e nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito. Nell'ambito delle attività descritte, le eventuali operazioni di riproduzione permanente della totalità o di parte sostanziale del contenuto su altro supporto sono comunque soggette all'autorizzazione del titolare del diritto [9].

Tornando all'individuazione dell'oggetto della protezione, risulta evidente come non tutte le banche dati presentino carattere creativo e possano quindi accedere alla tutela d'autore. Così, in particolare, non troveranno tale tipo di protezione le banche dati che, a causa della loro completezza, non presentino una selezione delle informazioni raccolte (si parla, per queste banche dati, di "paradosso dell'esaustività" [10]) oppure quelle che, adottando un criterio di organizzazione dei dati banale o imposto dalle esigenze stesse della raccolta, non possano essere considerate originali. Difficile appare il riscontro del carattere creativo, in particolare, per le banche dati elettroniche, per le quali il valore è in genere rappresentato dalla possibilità di raccogliere un numero enorme di dati informativi piuttosto che dalla loro selezione o disposizione creativa [11].

Considerato che il valore economico di una banca dati può risiedere anche nella completezza dei dati (sebbene, come si è detto, la completezza stessa della raccolta operi come indice di non creatività) e considerato anche che la tutela del diritto d'autore, qualora la banca dati accedesse a tale protezione, non consentirebbe comunque la protezione dei dati raccolti ma solo il modo (se creativo) in cui le informazioni sono selezionate o disposte, emerge l'esigenza di trovare una protezione per gli investimenti sostenuti per la realizzazione della raccolta, indipendentemente dalla circostanza che essa sia proteggibile mediante il diritto d'autore o non lo sia.

La protezione degli investimenti sostenuti per la realizzazione della banca dati è alla base della previsione all'interno della disciplina del diritto d'autore del c.d. diritto sui generis.

3. La protezione accordata dal diritto sui generis agli investimenti sostenuti per la costituzione di una banca dati. Il divieto di estrazione o reimpiego del contenuto.

Alla protezione delle banche dati che si caratterizzano per la creatività ravvisabile nella scelta o nella disposizione dei materiali (quindi, nella forma espressiva dell'opera) si affianca una tutela di natura differente, che trova il suo fondamento negli investimenti che siano stati sostenuti per la costituzione dell'insieme dei dati e delle informazioni, riconoscendo il valore collegato alle informazioni.

Viene, pertanto, accordata protezione - parallelamente o alternativamente rispetto a quella d'autore - al soggetto (il "costitutore") che abbia effettuato "investimenti rilevanti per la costituzione di una banca di dati o per la sua verifica o la sua presentazione, impegnando, a tal fine, mezzi finanziari, tempo o lavoro" (art. 102-bis, co. 1) l.d.a..

La tutela del costitutore della banca dati può sorgere sia nel caso di banche dati creative che nel caso di banche dati non protette dal diritto d'autore [12]. Nel primo caso, la figura del costitutore potrà coincidere o meno con quella dell'autore della banca dati.

Il diritto sui generis nasce in capo al costitutore, che può essere anche una persona giuridica, e ha una durata di quindici anni dal completamento della costituzione della banca dati. La durata si rinnova per un altro periodo di quindici anni nel caso in cui al contenuto della banca dati vengano apportate modifiche o integrazioni sostanziali comportanti nuovi investimenti rilevanti.

Quanto alla tutela accordata, deve essere evidenziato innanzitutto il fatto che la protezione riguarda non il contenuto inteso come singole informazioni, ma l'insieme delle informazioni e dei dati, solo, tuttavia, in quanto il loro reperimento, la loro verifica o presentazione abbia richiesto investimenti rilevanti [13].

Quando tale investimento possa considerarsi rilevante non è peraltro definito; si è soliti fare riferimento ai livelli medi dello specifico settore, senza richiedere un livello particolarmente elevato. Si ritiene che possa aversi riguardo sia al profilo quantitativo che a quello qualitativo, andando a considerare qualunque elemento sia stato necessario per la costituzione della banca dati (tempo, lavoro, risorse umane o finanziarie o altro, come i costi sostenuti per sviluppare il software per organizzare i dati) [14]. Gli investimenti rilevanti devono essere stati sostenuti per la ricerca ed il conseguimento dei dati oppure per il controllo dell'esattezza degli stessi, cioè la loro verifica, o, ancora per la presentazione, considerando i mezzi necessari per disporre e rendere accessibili i dati.

Allo scopo di consentire la protezione degli investimenti sostenuti, evitando allo stesso tempo di porre rilevanti ostacoli alla acquisizione e alla circolazione delle singole informazioni, al costitutore della banca dati è attribuito il diritto di vietare soltanto le operazioni di estrazione o di reimpiego di una parte sostanziale o della totalità della banca dati (art. 102-bis, co. 3, l.d.a.). Ciò implica - si noti - la possibilità per altri soggetti di costituire autonomamente una banca dati equivalente, qualora vengano sostenuti i relativi investimenti. Oggetto della protezione non sono, infatti, i c.d. dati grezzi e le informazioni non organizzate.

Per estrazione si intende il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma. L'estrazione non comprende le operazioni di consultazione di una banca dati, che resta libera qualora non comporti il trasferimento temporaneo o permanente di una parte rilevante del contenuto su un supporto diverso. Quando il costitutore della banca di dati consenta l'accesso alla stessa da parte di altri soggetti, subordinando o meno l'accesso stesso a condizioni particolari, il diritto sui generis non gli consente pertanto di opporsi alla semplice consultazione a fini di informazione.

Il reimpiego consiste, invece, in qualsiasi forma di messa a disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca dati mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma [15]. La nozione di reimpiego si riferisce, quindi, a qualsiasi operazione non autorizzata di diffusione al pubblico di tutto il contenuto o di una parte sostanziale di una banca dati tutelata [16].

Per determinare se la parte di una banca dati estratta o reimpiegata sia sostanziale si fa riferimento a elementi diversi, che vanno dagli investimenti sostenuti per la costituzione di quella parte, alla comparazione tra la parte estratta e la totalità della banca dati, alla considerazione della facilità di reperire quei dati in altre fonti [17].

L'art. 102-bis, comma 10, l.d.a., conferma che il diritto sui generis può essere acquistato e trasmesso liberamente. La circolazione dei dati può avvenire tramite la messa a disposizione della banca dati al pubblico (regolando il suo accesso mediante condizioni d'uso e misure di protezione tecnologica) oppure tramite autorizzazioni riferite a particolari operazioni di reimpiego o estrazione [18].

Dato che il costitutore ha diritto a vietare l'estrazione o il reimpiego di parti sostanziali della banca dati, all'utente legittimo non può essere impedito di estrarre o reimpiegare parti non sostanziali del contenuto per qualsiasi fine (ed è nulla ogni pattuizione contraria), purché, tuttavia, tali estrazioni non siano ripetute e sistematiche.

L'utente legittimo di una banca dati che sia stata messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico non può, inoltre, eseguire operazioni che siano in contrasto con la normale gestione della banca di dati o che arrechino un ingiustificato pregiudizio al costitutore della banca dati ed, inoltre, non può arrecare pregiudizio al titolare del diritto d'autore o di altri diritti sui contenuti (art. 102-ter l.d.a.).

Non deve, infine essere trascurata la rilevanza concreta che può rivestire nella tutela delle banche dati digitali l'utilizzo di misure tecnologiche di protezione (art. 102-quater), consentendo un controllo tecnologico sulle raccolte di dati.

4. Il diritto d'autore e i contenuti della banca dati digitale: le immagini delle opere. La digitalizzazione delle opere come atto di riproduzione

La realizzazione di una banca dati digitale che si ponga come obiettivo la catalogazione del patrimonio culturale richiede in genere la riproduzione delle opere, mediante la creazione di un'immagine in formato digitale.

Sotto il profilo della disciplina del diritto d'autore non vi è dubbio che l'operazione di digitalizzazione di una opera di qualsiasi genere rappresenti un atto di riproduzione della stessa.

L'art. 13 della l.d.a. definisce, infatti, la riproduzione come "la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione". Certamente deve, quindi, considerarsi atto di riproduzione la realizzazione di una copia in formato digitale (ad esempio, mediante una fotocamera digitale).

Se consideriamo l'ipotesi in cui oggetto di catalogazione siano opere soggette alla protezione del diritto d'autore, il problema che si pone sia per l'atto stesso della digitalizzazione che per una sua successiva messa a disposizione del pubblico è quello del consenso del soggetto che vanta diritti sull'opera, necessario qualora non si rientri in una delle ipotesi di eccezioni o limitazioni dei diritti esclusivi. A tale riguardo, si ripropone anche nel contesto della digitalizzazione il tradizionale problema della possibile coesistenza in capo ad una stessa opera di diritti che fanno capo a due soggetti diversi: il proprietario del bene e il titolare dei diritti d'autore sull'opera dell'ingegno nel bene incorporata.

Questi diritti possono coesistere nel caso in cui l'opera sia (ancora) protetta dal diritto d'autore e non siano scaduti i termini (70 anni dopo la morte dell'autore) per la sussistenza dei diritti patrimoniali.

I problemi generali esposti - già complessi e di difficile soluzione - si accentuano in due contesti, a cui è opportuno fare un cenno.

La questione della riproduzione e dello sfruttamento delle immagini di opere in pubblico dominio (e quindi, sotto il profilo del diritto d'autore, liberamente utilizzabili da chiunque) deve, in primo luogo, essere considerata anche dalla prospettiva della disciplina dei beni culturali [19] prevista dal Codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, d'ora innanzi c.b.c.) [20] per le opere che presentano un interesse artistico o storico [21].

Il secondo contesto che deve essere tenuto in considerazione è quello delle opere accessibili alla pubblica vista (che, non siano, quindi, conservate in sedi ad accesso regolamentato). La possibilità di realizzare e di utilizzare liberamente un'immagine contenente un'opera architettonica o un suo elemento, come anche una qualsiasi opera d'arte collocata in un luogo che la rende esposta alla pubblica vista è, nel nostro ordinamento, fonte di grandi incertezze [22].

Non disponendo di una disciplina che regolamenti specificamente la c.d. libertà di panorama, intesa come "libertà di riprodurre fotograficamente monumenti, opere artistiche o architettoniche, edifici ed in generale ogni luogo pubblico, senza infrangere le disposizioni volte a tutelare i diritti dell'autore dell'opera" [23], il problema deve essere risolto trovando un equilibrio tra gli interessi di chi vanta diritti su un'opera collocata in un luogo pubblico a mantenere il controllo sul suo sfruttamento (e, più specificamente, su una corretta riproduzione) e l'interesse della collettività alla fruizione dell'opera derivante dalla circostanza che essa è liberamente visibile.

4.1. La riproduzione di opere protette dal diritto d'autore: il consenso dell'autore

La questione dell'eventuale coesistenza dei diritti, rispettivamente, dell'autore e del proprietario di un'opera deve essere tenuta in considerazione nei casi in cui oggetto della catalogazione siano opere d'arte proteggibili mediante il diritto d'autore (ad esempio, opere pittoriche, scultoree o architettoniche).

Per le esigenze della catalogazione, si può infatti immaginare che la banca dati sia innanzitutto costituita da immagini delle opere. Sotto il profilo del diritto d'autore, trattandosi la riproduzione dell'opera (e quindi anche la realizzazione di un'immagine digitale), come già detto, di un atto riservato in esclusiva all'autore, è necessario in primo luogo operare una distinzione all'interno delle opere catalogate, tra opere (ancora) protette dal diritto d'autore ed opere in pubblico dominio [24].

Nel caso in cui le opere catalogate siano protette dal diritto d'autore, si rende certamente necessario per la loro riproduzione e per la messa a disposizione del pubblico dell'immagine il consenso del titolare dei diritti [25].

Anche qualora il proprietario dell'opera sia un soggetto diverso dall'autore, chi realizza la riproduzione fotografica dovrà necessariamente individuare il soggetto che detiene i diritti d'autore sull'opera ed ottenere il suo consenso, dato che il diritto di riproduzione permane in capo al titolare del diritto d'autore sull'opera anche dopo la cessione di quest'ultima [26]. Principio fondamentale è, infatti, quello enunciato dall'art. 109 l.d.a., secondo cui la cessione di uno o più esemplari dell'opera non comporta la trasmissione dei diritti di utilizzazione, salvo diverso accordo.

In applicazione di questo principio, l'autorizzazione da parte del titolare dei diritti d'autore per specifici utilizzi deve essere richiesta non solo per la riproduzione ma anche per gli usi successivi dell'immagine [27].

Come si dirà oltre (si tratta di passare ad un diverso livello di tutela) la situazione, già articolata dal punto di vista della gestione dei diritti, risulterà ancora più complessa qualora sia proteggibile, a sua volta, anche la fotografia che viene realizzata dell'opera. In questo caso, infatti, l'autorizzazione allo sfruttamento dell'immagine dovrà essere chiesta non solo all'autore dell'opera fotografata, ma anche al titolare dei diritti sulla fotografia.

4.2. La riproduzione di opere in pubblico dominio: la questione del consenso del proprietario

Mentre non è dubbio che - salva l'applicazione del regime delle eccezioni - per la riproduzione di un'opera protetta dal diritto d'autore sia necessario il consenso del titolare del diritto, nel caso in cui le opere o i beni siano in pubblico dominio non è pacifico quale ruolo rivesta il proprietario dell'opera e più precisamente, se sia necessario il suo consenso per la riproduzione e comunicazione al pubblico dell'immagine realizzata.

La questione della necessità del consenso del proprietario di un'opera per la sua riproduzione è complessa e molto dibattuta. Qualora si consideri la protezione dell'opera in base al diritto d'autore, tale questione diviene di particolare rilievo una volta che l'opera sia caduta in pubblico dominio poiché, fino a tale momento, prevale l'opinione secondo cui il consenso alla riproduzione debba essere data solo dal soggetto che detiene i diritti patrimoniali d'autore e non sia necessario, invece, il consenso del proprietario [28].

Una volta che siano trascorsi i termini per la protezione d'autore, il ruolo rivestito dal proprietario appare controverso in considerazione del fatto che le opere in pubblico dominio dovrebbero essere liberamente utilizzabili dalla collettività senza la necessità di ottenere autorizzazioni, salvo il rispetto dei diritti morali dell'autore [29].

Nonostante questo principio, si è andata diffondendo una prassi diversa, in particolare nelle situazioni in cui proprietario di un'opera sia un museo, prassi che vede la necessità di ottenere autorizzazioni sia per la realizzazione di riproduzioni fotografiche che per il loro utilizzo. Il fondamento di tale prassi viene individuato in genere proprio nei diritto di proprietà sul bene (ma, talvolta, anche in un diritto di esclusiva sull'immagine).

Oltre a rendere difficoltosa la riproduzione di opere che dovrebbero essere liberamente riproducibili da chiunque, questa prassi ha come effetto la moltiplicazione dei diritti esclusivi di proprietà intellettuale. In ogni caso, infatti, anche qualora le immagini ottenute non siano proteggibili, i termini e le condizioni per la riproduzione poste da chi vanta il diritto di proprietà sull'opera consentono di controllare in che modo le immagini saranno utilizzate.

Il nodo della questione, difficile da risolvere, consiste evidentemente nel controllo fisico sull'opera o sull'oggetto, che può consentire al proprietario di imporre restrizioni o condizioni per la realizzazione di fotografie e l'uso successivo delle immagini. Il proprietario del supporto materiale ha, infatti, il controllo sulla possibilità di accedere all'opera [30] e di utilizzarla anche quando i diritti dell'autore dell'opera incorporata in tale bene siano venuti meno.

Come si diceva, il tema è ad oggi molto dibattuto, sostenendosi in dottrina e giurisprudenza tesi e orientamenti diversi. Un orientamento molto diffuso ritiene necessaria l'autorizzazione del proprietario per la riproduzione dell'opera, soprattutto nel caso in cui essa sia sottratta alla pubblica vista [31]. Altra, più recente, posizione respinge l'idea della possibilità per il proprietario di controllare le immagini dei beni, evidenziando il rischio di un moltiplicarsi delle privative atipiche (in questo caso, il diritto sulle immagini di beni in pubblico dominio), per di più illimitate nella durata e attribuite anche in assenza di attività creativa, con conseguenti effetti sulla concorrenza a valle [32].

Posizioni ancora diverse della dottrina, identificando il punto centrale della questione nello sfruttamento economico della riproduzione stessa e nella possibile interferenza con le possibilità di sfruttamento da parte del proprietario stesso, ritengono che quest'ultimo possa impedire la riproduzione e la messa a disposizione del pubblico dell'opera digitalizzata, mentre sia consentita la digitalizzazione che avvenga soltanto per finalità conservative o per l'uso esclusivamente privato. Questo tipo di riproduzione, che non inciderebbe in modo rilevante sul potere di godimento esclusivo del proprietario, dovrebbe ritenersi implicitamente autorizzato con l'atto che concede l'accesso al bene [33].

4.3. La protezione delle immagini delle opere d'arte tra diritto d'autore e diritti connessi

Per quanto sia principio condiviso quello secondo cui la mera digitalizzazione non genera necessariamente e automaticamente un diritto di esclusiva e per quanto si debba porre attenzione, come evidenziato nel paragrafo precedente, a non far discendere dal controllo sulle opere automaticamente un controllo sulle immagini delle stesse, la realizzazione di immagini digitali delle opere d'arte deve essere analizzata alla luce della disciplina delle fotografie contenuta nella legge sul diritto d'autore. Tali immagini rappresentano infatti, da un lato, una riproduzione dell'opera o dell'oggetto catalogato ma, dall'altro, potrebbero a determinate condizioni esse stesse divenire oggetto di tutela.

La legge sul diritto d'autore prevede diversi regimi di protezione applicabili alle fotografie, in funzione della presenza o meno nell'immagine del carattere creativo [34].

Qualora le fotografie presentino carattere creativo ed esprimano, quindi, la personale visione dell'autore, esse riceveranno la tutela piena del diritto d'autore. Questa ipotesi (sulla quale si tornerà in seguito, con riferimento alle raccolte il cui oggetto siano opere fotografiche) deve essere in linea generale esclusa per le fotografie delle opere d'arte realizzate allo scopo della catalogazione, proprio in virtù dell'obiettivo della riproduzione, che è esclusivamente quello di rappresentare l'oggetto (opera o altro) che si vuole catalogare.

Qualora le fotografie non presentino il carattere della creatività, potranno ricevere la protezione dei diritti connessi oppure, se si tratta di fotografie di semplice documentazione, non ricevere alcuna tutela. Le fotografie di mera documentazione, come indicato dall'art. 87, co. 2, l.d.a., hanno ad oggetto scritti, documenti, carte d'affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili e, trattandosi di mere copie dell'originale, non sono protette in alcun modo.

Mentre in questa ultima ipotesi a chi ha realizzato la foto non viene pertanto attribuito alcun diritto di sfruttamento, qualora le fotografie siano protette dai diritti connessi di cui agli artt. 87-92 l.d.a. il fotografo riceverà una protezione, sebbene più limitata di quella attribuita dal diritto d'autore.

Il confine tra semplici fotografie, protette dal diritto connesso del fotografo, e le fotografie di mera documentazione, che non ricevono alcuna protezione, è in concreto molto difficile tra tracciare. In linea generale, tale confine viene ravvisato nel carattere stesso della fotografia, che non sarà proteggibile quando si limiti (e questa sia la sua funzione) semplicemente a rappresentare un elemento della realtà nel modo più fedele possibile. Mancherebbe quindi nelle fotografie non protette un qualunque elemento ulteriore rispetto alla fedele riproduzione dell'oggetto della fotografia [35]. Si ritiene, in altri termini, che siano prive di protezione quelle fotografie che rappresentino un mero duplicato dell'originale ed abbiano una finalità di riproduzione puramente documentale.

Nel caso di immagini di opere delle arti figurative contenute nelle banche dati, sarà in genere applicabile la protezione dei diritti connessi [36]. La legge sul diritto d'autore prevede, infatti, che i diritti connessi si applichino alle fotografie c.d. "semplici": immagini di persone, elementi o fatti della vita naturale o sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche (art. 87, co. 1, l.d.a.).

La tutela del diritto connesso per le fotografie di opere d'arte o monumenti che ne costituiscono una fedele riproduzione è riconosciuta anche dalla giurisprudenza. Si esclude, invece, la protezione del diritto d'autore, mancando in genere - nonostante l'elevatissima qualità della fotografia - una personale rielaborazione da parte del fotografo [37].

Con il diritto d'autore i diritti connessi condividono l'assenza di formalità costitutive: la realizzazione della fotografia è, infatti, di per sé sufficiente a far sorgere i diritti in capo al fotografo. Tuttavia, rispetto al diritto d'autore, mancando la creatività quale espressione della personalità dell'autore, vengono attribuite facoltà di sfruttamento esclusivo più limitate a chi realizza la fotografia: sono attribuiti al fotografo - per 20 anni dalla realizzazione della fotografia - solo i diritti patrimoniali di riproduzione, diffusione, spaccio; sussistono dubbi sull'attribuzione in esclusiva del diritto di elaborazione.

L'esercizio dei diritti di esclusiva è peraltro condizionato ad alcune formalità (art. 90 l.d.a.): indicazione del nome del fotografo sugli esemplari delle fotografie [38]; indicazione dell'anno di produzione della fotografia; indicazione del nome dell'autore dell'opera dell'ingegno tutelata eventualmente raffigurata nella fotografia.

Se gli esemplari non riportano le indicazioni elencate, la loro riproduzione da parte dei terzi è considerata lecita e al fotografo non sono dovuti i compensi indicati dagli artt. 91 e 98 l.d.a., salvo che il fotografo non provi la mala fede del soggetto che ha compiuto la riproduzione [39].

Con riferimento ai diritti esistenti sulle fotografie deve, infine, essere tenuto presente che, come previsto dall'art. 88 l.d.a., nel caso in cui l'opera sia stata ottenuta nel corso e nell'adempimento di un contratto di impiego o di lavoro, entro i limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto, il diritto esclusivo compete al datore di lavoro. La stessa norma si applica, salvo patto contrario, a favore del committente quando si tratti di fotografia di cose in possesso del committente medesimo e salvo pagamento a favore del fotografo, da parte di chi utilizza commercialmente la riproduzione, di un equo corrispettivo.

5. Il contenuto delle banche di dati: i cataloghi di fotografie

Problemi in parte diversi, in parte analoghi all'ipotesi appena analizzata (vale a dire il caso di una banca dati digitale di opere d'arte che si componga, tra l'altro, di immagini delle opere d'arte raccolte) si verifica quando oggetto di catalogazione siano proprio delle fotografie.

Per comprendere a quali soggetti dovrà essere chiesta l'autorizzazione per la riproduzione e la messa a disposizione del pubblico della fotografia, è necessario operare, di nuovo, la distinzione tra opere fotografiche protette dal diritto d'autore e fotografie semplici tutelate dai diritti connessi.

Come si è già detto, sono soggette alla protezione d'autore le fotografie che siano dotate di carattere creativo. Il punto più delicato nell'applicazione della disciplina è dato proprio dall'individuazione di ciò che, nell'ambito delle creazioni fotografiche, possa essere considerato creativo e dalla determinazione di criteri che possano essere utili a tal fine.

Centrale per accordare la protezione del diritto d'autore ad una fotografia è che in essa si possa riscontrare un apporto personale dell'autore, non essendo considerati determinanti, invece, né la qualità tecnica, anche molto elevata, della fotografia, né il soggetto rappresentato (la scelta del soggetto non determina, quindi, la presenza o meno della creatività) [40].

L'apporto personale dell'autore deve pertanto risultare prevalente rispetto al processo tecnico ed, in concreto, tale apporto viene valutato sulla base di una serie di elementi, quali la ricerca di una particolare prospettiva o inquadratura, la ricerca cromatica, l'abilità del fotografo di cogliere particolari espressioni o la capacità della fotografia di evocare suggestioni [41].

Qualora le fotografie raccolte in una banca dati resa disponibile al pubblico siano protette dal diritto d'autore, saranno necessarie le autorizzazioni da parte del titolare dei diritti. Qualora, invece, operi la protezione del diritto connesso, come già evidenziato, sarà necessario il consenso del fotografo, nei limiti peraltro dei diritti accordati da tale protezione.

6. La protezione degli altri elementi illustrativi delle opere catalogate: testi, opere audiovisive, supporti fonografici

Andando a considerare la protezione degli ulteriori elementi che compongono la banca di dati, considerate le molteplici possibilità offerte dalla tecnologia, un catalogo digitale del patrimonio culturale può includere non solo immagini delle opere, ma anche materiali di tipo diverso, in primo luogo testi, filmati, supporti fonografici o opere multimediali.

Tali elementi saranno in generale proteggibili mediante il diritto d'autore e, pertanto, l'utilizzo di essi nei cataloghi implicherà la necessità di ottenere il consenso degli autori degli stessi [42].

Per quanto concerne eventuali testi, trattandosi di opere letterarie, la protezione accordata dal diritto d'autore richiede la presenza del carattere creativo, da valutarsi con riferimento alla forma espressiva e non al contenuto dell'opera. Resteranno, quindi, liberamente appropriabili il contenuto e le informazioni riportate nel testo.

Più complessa è la gestione delle questioni relative al diritto d'autore nel caso di opere audiovisive, quali video che forniscano informazioni sulle opere della raccolta oppure filmati che siano essi stessi oggetto di catalogazione.

La legge sul diritto d'autore prevede una articolata protezione delle opere cinematografiche, la cui disciplina è considerata applicabile a tutte le tipologie di opere audiovisive, cioè a quelle opere che siano costituite da immagini in movimento accompagnate da parole o musica. Per l'applicazione di tale disciplina non rileva né il contenuto dell'opera, che potrà essere anche avere carattere informativo, né il supporto su cui l'opera è fissata, che potrà essere anche digitale.

La disciplina delle opere cinematografiche prevede che siano considerati autori dell'opera filmica alcuni soggetti tassativamente elencati dall'art. 44 l.d.a., ma che il diritto di sfruttamento cinematografico sia attribuito al produttore [43], definito come "la persona fisica o giuridica che organizza la produzione dell'opera cinematografica" (art. 45 l.d.a.) [44]. Si riconosce, quindi, un ruolo essenziale nella realizzazione dell'opera a chi, pur non svolgendo una attività creativa, si assume il rischio economico della realizzazione dell'opera, attraverso una attività imprenditoriale di raggio molto esteso, che va dalla stipulazione dei contratti con gli autori, al reperimento dei finanziamenti, a tutte le altre attività necessarie per la produzione.

Al produttore la legge attribuisce lo sfruttamento cinematografico dell'opera, sebbene il diritto d'autore su di essa sorga in capo ai coautori. Il concetto di sfruttamento cinematografico non è definito, ma viene interpretato in modo molto più ampio rispetto alla proiezione nelle sale, estendendosi a qualsiasi ipotesi di sfruttamento dell'opera in quanto sequenza di immagini in movimento. Si deve, pertanto, ritenere che possa essere considerato sfruttamento cinematografico anche l'utilizzo di filmati all'interno di un catalogo di opere, per il quale sarà, pertanto, necessario il consenso del produttore.

Qualora, infine, la banca dati contenesse anche dei supporti fonografici, dovranno essere tenuti in considerazione non solo gli eventuali diritti degli autori delle opere in essi fissate, ma anche i diritti connessi del produttore di fonogrammi, ovvero il soggetto che ha provveduto alla fissazione dei suoni sul supporto fisico.

L'art. 78, co. 1, l.d.a. definisce, più precisamente, il produttore di fonogrammi come "la persona fisica o giuridica che assume l'iniziativa e la responsabilità della prima fissazione dei suoni provenienti da una interpretazione o esecuzione o di altri suoni o rappresentazione di suoni" [45].

La protezione del produttore di fonogrammi discende dalla considerazione degli investimenti sostenuti per la fissazione di suoni (indipendentemente dal fatto che essi consistano o meno in un'opera protetta dal diritto d'autore) e prevede l'attribuzione - per cinquanta anni dalla fissazione o settanta anni dalla pubblicazione o dalla comunicazione al pubblico (art. 75 l.d.a.) - dei diritti di sfruttamento economico del fonogramma [46], cioè dei suoni così come sono stati fissati mediante l'attività del produttore. I diritti sorgono nel momento della realizzazione del fonogramma stesso, cioè con la prima fissazione del suono sul supporto.

Più precisamente, al produttore sono attribuite alcune facoltà esclusive di sfruttamento, per le quali è richiesto il suo consenso, che consistono negli atti di riproduzione, distribuzione, noleggio e prestito, nonché la messa a diposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente (art. 72 l.d.a.). Altre modalità di utilizzazione - quelle che consistono in una comunicazione al pubblico del fonogramma (anche qualora la comunicazione al pubblico non avvenga a scopo di lucro) - non richiedono, invece, il consenso dell'autore ma fanno sorgere a suo favore il diritto a percepire un compenso [47].

7. La protezione del software

Trattando dei cataloghi digitali relativi al patrimonio culturale, non può, in questa rassegna di problemi afferenti al diritto d'autore, essere trascurata la protezione dei programmi per elaboratore, esigenza fortemente sentita considerato che lo sviluppo di un software può certamente rappresentare un rilevante investimento [48]. L'organizzazione e la consultazione delle banche dati possono, infatti, richiedere la creazione di software molto complessi, che consentono una fruizione con modalità diverse e da parte di un pubblico sempre più ampio. Lo stesso software creato per la catalogazione (identificabile con l'insieme di istruzioni che vengono impartite all'elaboratore perché esegua una serie di operazioni per conseguire determinati risultati [49]) può rappresentare un'ulteriore opera proteggibile, per così dire, parallelamente rispetto alla collezione.

Non potendo in questa sede ripercorrere le numerose e complesse problematiche derivanti dalla proteggibilità del software, ci si limita a richiamare sinteticamente i principali elementi a fondamento di tale protezione, nonché i diritti di esclusiva che sono attribuiti all'autore.

La protezione del programma sulla base del diritto d'autore impone l'applicazione anche a tale opera del requisito della creatività [50], che dovrà essere riscontrata nel "modo in cui le operazioni sono concepite e ordinate, senza investire il 'contenuto', o meglio la funzione o le funzioni che il programma si propone di realizzare" [51]. Il programmatore può, infatti, avere una certa libertà nella configurazione del programma che deve realizzare specifiche funzioni. Restano, quindi, esclusi dalla protezione "le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma" [52].

L'art. 64-bis descrive gli atti di utilizzazione del software che - tranne nel caso delle eccezioni elencate nelle norme successive - sono riservati in via esclusiva al titolare dei diritti d'autore: la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma; la traduzione, l'adattamento, la trasformazione e ogni altra modificazione del programma; qualsiasi forma di distribuzione al pubblico.

Grande rilievo nell'applicazione della disciplina assume, infine, la previsione dell'art. 12-bis l.d.a., secondo cui, "salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca di dati creati dal lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro".

8. Conclusioni

Data la panoramica svolta delle numerose problematiche relative alla protezione del diritto d'autore nella creazione di cataloghi digitali del patrimonio culturale, in sede di conclusioni pare opportuno richiamare l'attenzione su ulteriori questioni che non è stato possibile trattare, ma la cui considerazione è essenziale nel momento in cui sia realizzato un catalogo digitale di beni o opere e lo si renda disponibile al pubblico.

In primo luogo, sullo sfondo dei diritti attribuiti all'autore si pone il regime delle eccezioni e limitazioni delle facoltà di esclusiva che potranno rendere, in specifiche e determinate circostanze, lecite alcune modalità di utilizzazione di un'opera protetta.

Tra le eccezioni e libere utilizzazioni, si segnala che sono liberalizzati e disciplinati alcuni utilizzi di opere i cui titolari non siano individuabili o rintracciabili. In particolare, le utilizzazioni che sono consentite sono, alle condizioni indicate dagli artt. 69-bis e seguenti l.d.a., la riproduzione e la messa a disposizione del pubblico in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente di opere orfane rientranti nelle collezioni di istituzioni culturali e con missione di interesse pubblico. Le modalità di utilizzazione descritte sono consentite ai soggetti indicati dalla norma (le biblioteche, gli istituti di istruzione e i musei, accessibili al pubblico, gli archivi, gli istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e le emittenti di servizio pubblico) solo per scopi connessi alla loro missione di interesse pubblico (in particolare, la conservazione, il restauro e la concessione dell'accesso a fini culturali e formativi delle opere delle loro collezioni) [53].

Si ricorda inoltre, sempre con riferimento alle eccezioni e alle libere utilizzazioni, che la direttiva (UE) 2019/790 [54] prevede nuove eccezioni (tra cui alcune per la riproduzione di opere dell'ingegno e conservazione del patrimonio culturale) [55].

In secondo luogo, si deve evidenziare il fatto che anche la gestione del catalogo e dei diritti su di esso, in un momento successivo alla sua realizzazione, comporterà importanti scelte (che dipenderanno anche, evidentemente, dalla possibilità di proteggere il catalogo stesso con il diritto d'autore o il suo contenuto mediante il diritto sui generis) in merito alle facoltà di utilizzazione che - una volta messo il catalogo a disposizione del pubblico - saranno consentite agli utenti della banca dati ed al sistema di licenze che si vuole adottare.

Restano, infine, da risolvere in base alle circostanze concrete le problematiche che sorgono, come si è detto, per l'intrecciarsi di diversi interessi (rispettivamente, quello dell'autore e del proprietario) o di differenti discipline (diritto d'autore e tutela dei beni culturali), nonché i problemi derivanti dalla presenza nelle discipline del diritto d'autore e dei beni culturali di alcune aree grigie (prima tra tutte, l'estensione dei diritti dell'autore e del proprietario sulle opere esposte alla pubblica vista.

 

Note

[1] R. De Meo, La riproduzione digitale delle opere museali fra valorizzazione culturale ed economica, in Diritto dell'informazione e dell'informatica, 2019, 3, pag. 669, osserva che il contenuto digitale permette anche allo spettatore di fruire ed osservare un bene non presente fisicamente o non più integro, perché distrutto o fortemente deteriorato.

[2] R. De Meo, La riproduzione digitale delle opere museali fra valorizzazione culturale ed economica, cit., pag. 672.

[3] La protezione delle banca dati mediante il diritto d'autore è stata introdotta nel nostro ordinamento a seguito del recepimento della direttiva comunitaria 96/9/CE, che ha imposto agli Stati membri sia la protezione del diritto d'autore per le banche dati che presentino il carattere della creatività sia la protezione, come si vedrà, degli investimenti sostenuti per il reperimento dei dati mediante un diritto sui generis.

[4] P. Auteri, Diritto di autore, in Diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, (a cura di) P. Auteri, G. Floridia, V. Mangini, G. Olivieri, M. Ricolfi, R. Romano, P. Spada, Giappichelli, Torino, VI ed., pag. 649.

[5] Corte Giust. Ue, 4 ottobre 2011, cause riunite C-403/08 e 429/08, Football Association Premier League, pagg. 97-98. Sul carattere di creatività necessario perché la banca dati possa accedere alla tutela del diritto d'autore si vedano S. Lavagnini, Sub Art. 64-sexies l.d.a., in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, (a cura di) L.C. Ubertazzi, Cedam, VII ed., 2019; F. Banterle, Banche dati, in Proprietà industriale e intellettuale - Manuale teorico-pratico, (a cura di) R. Perotti, Pacini, in corso di pubblicazione.

[6] Il diritto ad una diversa disposizione dei dati suscita qualche problema interpretativo poiché, dato che la protezione del diritto d'autore riguarda la forma espressiva e quindi, il modo creativo in cui i dati sono selezionati e disposti, non dovrebbe sussistere una violazione dei diritti dell'autore qualora vengano utilizzati gli stessi dati, ma riorganizzati secondo un diverso criterio. Si ritiene, pertanto, che la facoltà di diversa disposizione dei dati sia attribuita all'autore solo nei casi in cui la creatività sia riscontrata nella selezione dei materiali (e non nella loro disposizione).

[7] Si precisa che si applica anche per questo tipo di opere il principio dell'esaurimento: la prima vendita di una copia nel territorio dell'Unione europea da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di controllare, all'interno dell'Unione stessa, le vendite successive della copia.

[8] Dato che l'art. 64 sexies colloca le libere utilizzazioni per le banche dati in una sezione separata rispetto a quella in cui si trovano le eccezioni e limitazioni generali, resta aperta la questione se anche queste ultime siano applicabili.

[9] È consentito, inoltre, l'impiego della banca dati per fini di sicurezza pubblica o per effetto di una procedura amministrativa o giurisdizionale.

[10] Si veda S. Lavagnini, Sub artt. 64-quinquies-64-sexies l.d.a., in Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit.

[11] Osserva F. Banterle, Banche dati, cit., che, per le banche dati elettroniche, "normalmente l'elaborazione dei dati avviene attraverso algoritmi avanzati che processano le informazioni in modo standardizzato /automatizzato, secondo criteri funzionali più che arbitrari, creando database che difficilmente possono essere ritenuti creativi (...). Del resto, nelle banche dati elettroniche, il valore risiede nelle conoscenze che possono essere estratte dai dati attraverso le tecniche computazionali, e non nella loro particolare compilazione o nella struttura dei dataset risultanti".

[12] S. Aliprandi, Vincoli alla riproduzione dei beni culturali, oltre la proprietà intellettuale, in Archeologia e calcolatori, 2017, pag. 101, osserva che tale protezione è particolarmente rilevante nell'ambito dei beni culturali: "pensiamo infatti al caso di una banca dati che contenga documenti d'archivio o opere creative in pubblico dominio, che è proprio il caso che più spesso si pone nel dibattito attuale sulla libera disponibilità dei beni culturali in versione digitalizzata. Pur essendo i beni culturali di per sé di pubblico dominio, nel momento in cui vengono raccolti in una banca dati online che abbia richiesto un rilevante investimento, scatta la protezione del diritto sui generis. Ferma rimane la possibilità del titolare del diritto sui generis di 'liberare' la banca dati tramite l'applicazione di licenze open che licenzino anche tale diritto - le cosiddette licenze 'open data'".

[13] P. Auteri, Il diritto di autore, cit., pag. 651.

[14] Per una panoramica sulle diverse interpretazioni del concetto di investimento rilevante si rinvia a S. Lavagnini, Sub art. 102-ter, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit.

[15] La prima vendita di una copia di una banca dati nella comunità da parte del titolare del diritto, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di controllare la rivendita della copia nella comunità. Si deve sottolineare come l'esaurimento non si verifichi quando la banca dati sia messa a disposizione on line. Si veda al riguardo M.S. Spolidoro, Il contenuto del diritto connesso, in AIDA, 97, pag. 50 ss.

[16] Corte Giust. Ue, 5 marzo 2009, causa n. 545/07, in AIDA, 2009, pag. 405; S. Lavagnini, Sub art. 102-ter, cit., pag. 1706.

[17] Anche per la determinazione se la parte della banca dati estratta o reimpiegata sia sostanziale si fa riferimento a valutazioni di carattere sia quantitativo che qualitativo, quando gli elementi estratti o reimpiegati siano stati ottenuti dal costitutore da fonti non accessibili al pubblico: Corte Giust. Ue, 5 marzo 2009, causa n. 545/07, in AIDA, 2009, pag. 405.

[18] Si veda F. Banterle, Banche dati, cit.

[19] Si vedano G. Resta, L'immagine dei beni, in Diritti esclusivi e nuovi beni immateriali, (a cura di) G. Resta, Torino, 2010, pag. 568-569; A. Poiaghi, Beni culturali e diritto d'autore, in Riv. Dir. Aut., 2014, pag. 149 ss.. L'Autore osserva come i maggiori punti di contatto tra le due discipline si presentino per le opere d'arte, cioè per le opere appartenenti alle arti plastiche e figurative, costituite dalla pittura, dalla scultura, dal disegno, dalla incisione e simili. Si deve, inoltre, ricordare che per molte opere assumono rilievo anche una serie di norme ecclesiastiche: si rinvia a L. Stella Faggioni, La libertà di panorama in Italia, in Dir. ind., 2011, 6, pag. 537 ss.

[20] Nonostante le questioni relative all'applicazione del Codice dei Beni Culturali non siano oggetto di questo lavoro, si segnala che particolarmente rilevanti sono le novità apportate al Codice negli ultimi anni, che hanno visto un cambiamento di prospettiva per la riproduzione delle opere e la divulgazione delle immagini, non più legate strettamente ad una logica di sfruttamento economico delle stesse ma ad un fine di promozione della conoscenza e aumento dell'accessibilità. L'art. 108 c.b.c., come innovato dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, prevede, infatti, che la realizzazione e la divulgazione di immagini dei beni culturali siano libere, non soggette all'autorizzazione da parte dell'ente e gratuite quando non destinate a scopo di lucro ma a perseguire la ricerca, lo studio, la libera manifestazione del pensiero o della creatività, in funzione della promozione della conoscenza dell'arte (così R. De Meo, La riproduzione digitale delle opere museali fra valorizzazione culturale ed economica, cit., pag. 670 ss.).

[21] L'art. 2 c.b.c. definisce come beni culturali "le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, demo-etno-antropologico, archivistico e bibliografico".

[22] Il problema si pone sia nel caso cui l'opera raffigurata rappresenti l'oggetto principale della fotografia sia nel caso in cui l'oggetto della fotografia sia più ampio, ma includa anche tale elemento. Per la ricostruzione e l'approfondimento del problema si rinvia a P. Magnani, Musei e valorizzazione delle collezioni: questioni aperte in tema di sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale sulle immagini delle opere, in Riv. Dir. Ind., 2016, 211 ss.; L. Stella Faggioni, La libertà di panorama in Italia, cit., pag. 535. La questione coinvolge peraltro anche normative diverse, quale quella sui marchi.

[23] L. Stella Faggioni, La libertà di panorama in Italia, cit., pag. 535.; A. Musso, Diritto di autore sulle opere dell'ingegno letterarie e artistiche, Bologna, 2008, pag. 101 ss.

[24] G. Resta, L'immagine dei beni, cit., pagg. 557-558.

[25] Il principio generale per cui per la riproduzione fotografica di opere dell'ingegno protette è necessario il consenso del titolare dei diritti d'autore sull'opera è esplicitato, per quanto concerne le fotografie protette dai diritti connessi, dall'art. 88 l.d.a., secondo il quale spetta al fotografo il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia, senza pregiudizio, riguardo alle fotografie riproducenti opere dell'arte figurativa, dei diritti di autore sull'opera riprodotta.

[26] Si veda anche G. Resta, L'immagine dei beni, cit., pag. 559, che evidenzia il fatto che, nel caso di riproduzione di un bene, mobile o immobile, sul quale insista un diritto di proprietà intellettuale (in particolare, riproduzione di opere d'arte figurativa, di opere fotografiche, di design o di opere architettoniche), il diritto di autorizzare qualsiasi tipo di riproduzione rientra nelle facoltà esclusive del titolare dei diritti.

[27] Qualora sussistano le condizioni, saranno applicabili le norme in tema di eccezioni e limitazioni al diritto d'autore. In particolare, l'art. 70 l.d.a., comma 2, consente la libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Si veda C. Sappa, Sub art. 70, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit., cui si rinvia per ulteriori riferimenti bibliografici.

[28] Anche nelle situazioni in cui, essendo l'opera soggetta alla tutela del diritto d'autore, il consenso alla riproduzione ed eventuale sfruttamento della riproduzione stessa vada ottenuto dall'autore, ci si potrebbe peraltro chiedere se anche il proprietario possa sottoporre la riproduzione dell'opera ad autorizzazione ed eventualmente al pagamento di royalties: R. De Meo, La riproduzione digitale delle opere museali fra valorizzazione culturale ed economica, cit. pag. 669 ss.

[29] Si veda anche S. Aliprandi, Vincoli alla riproduzione dei beni culturali, oltre la proprietà intellettuale, cit., pag. 93 ss.

[30] Si rinvia a P. Magnani, Musei e valorizzazione delle collezioni: questioni aperte in tema di sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale sulle immagini delle opere, cit., pag. 211 ss., per i riferimenti e la ricostruzione del dibattito sviluppatosi negli Stati Uniti in merito alla possibilità per il proprietario (in particolare, per i musei) di imporre limitazioni alla riproduzione delle opere esposte, anche al fine di impedire la realizzazione di immagini che potrebbero essere sfruttate commercialmente.

[31] Si veda G. Resta, L'immagine dei beni, cit., pag. 565 ss., cui si rinvia anche per un'interessante rassegna giurisprudenziale degli orientamenti stranieri. L'Autore si esprime in senso critico all'orientamento che, in questi casi, riconosce al proprietario una facoltà di interdizione: "La presenza di uno spazio fisico giuridicamente riservato al titolare sembra così operare come indiretto fondamento di un monopolio sulla fruizione visiva di tutto ciò che si trovi al suo interno. Il dominio fisico sulle cose si tramuta così silenziosamente in una 'riserva' sulla loro dimensione incorporale, in deroga al principio della libera circolazione delle informazioni". Tra le pronunce della giurisprudenza italiana, si vedano P. Roma, 23 giugno 1980, in Dir. aut., 1980, pag. 470; P. Milano, 4 ottobre 1982, in Dir. aut., 1983, pag. 41, con nota di Fabiani, Proprietà dell'opera d'arte figurativa e diritti di utilizzazione economica.

[32] G. Resta, L'immagine dei beni, cit., pag. 577, osserva che "qui, infatti, il bene oggetto di esclusiva (l'immagine) non deve essere 'creato', ma rappresenta, per così dire, un necessario 'sottoprodotto' del bene materiale". In generale, si dovrebbe distinguere le situazioni in cui il bene è sottratto alla pubblica vista da quelle in cui esso sia liberamente visibile da chiunque. Nel primo caso dovrebbero prevalere le ragioni proprietarie, perlomeno qualora l'immagine venga utilizzata con finalità commerciali. Nel caso, in cui, invece, le opere siano visibili da chiunque, dovrebbe concludersi nel senso della piena libertà di riproduzione da parte dei terzi, qualunque sia la finalità dell'utilizzo dell'immagine.

[33] Si veda G. Spedicato, Digitalizzazione di opere librarie e diritti esclusivi, in Aedon, 2011, 2.

[34] Sulla distinzione tra le diverse tutele applicabili alle fotografie si vedano, tra gli altri, P. Auteri, Il diritto di autore, cit., p. 567 ss.; A. Musso, Opere fotografiche e fotografie documentarie nella disciplina dei diritti di autore o connessi: un parallelismo sistematico con la tutela dei beni culturali, in Aedon, 2010, 2.

[35] Si veda anche G. Spedicato, Digitalizzazione di opere librarie e diritti esclusivi, cit.

[36] Si evidenzia come le osservazioni svolte non valgano necessariamente per qualunque catalogo o banca dati che contenga immagini, dovendosi aver riguardo all'oggetto della riproduzione. Si veda G. Spedicato, Digitalizzazione di opere librarie e diritti esclusivi, cit., in particolare, per un'analisi dei problemi della riproduzione digitale di opere letterarie, che può portare a conclusioni differenti.

[37] C. Sappa, Introduzione al capo V, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit., pag. 1657. Si vedano, tra le altre, App. Milano 26 febbraio 2005, in AIDA, 2005, pag. 724; Trib. Roma, 24 febbraio 1988, in Dir. Inf., 1998, pag. 793. Si è peraltro talvolta riconosciuto carattere creativo a fotografie di opere architettoniche in considerazione dello sforzo creativo del fotografo per riprodurre le caratteristiche e le prospettive dell'opera.

[38] Si rinvia a G. Spedicato, Digitalizzazione di opere librarie e diritti esclusivi, cit., per l'analisi del problema concreto dell'indicazione del nome nel fotografo, necessario per l'esercizio dei diritti connessi, nel caso di immagini digitali.

[39] La necessità dell'indicazione del fotografo pone un rilevante dubbio in merito all'attribuzione di diritti morali in capo a questo soggetto. Sulla questione sono presenti due opposti orientamenti interpretativi. La soluzione negativa sostiene che l'onere di indicare il nome del fotografo sia previsto esclusivamente in funzione patrimoniale e non attribuisca al fotografo un diritto di paternità. L'opinione favorevole, invece, si fonda sulla argomentazione secondo cui il diritto di paternità spetterebbe ad ogni soggetto che sia autore di una creazione, quindi anche all'autore di una fotografia "semplice".

[40] C. Sappa, Introduzione al capo V, cit., pag. 1657.

[41] La giurisprudenza ha fatto, ricorso ad alcuni indici per accertare la presenza del carattere creativo, tra i quali particolare rilievo assume la distinguibilità della fotografia rispetto a quelle che un buon operatore adeguatamente equipaggiato sotto il profilo tecnico avrebbe potuto realizzare.

[42] Per i principi applicabili al diritto d'autore nel caso di opere create in esecuzione di contratti di lavoro si veda P. Auteri, Diritto di autore, cit., pag. 671 ss.

[43] Per la ripartizione dei diritti tra autori dell'opere cinematografica e produttore si rinvia a P. Magnani, Diritto d'autore, in Proprietà industriale e intellettuale. Manuale teorico-pratico, cit.

[44] Sull'individuazione del soggetto qualificabile come produttore ai sensi della disposizione richiamata, Pret. Roma, 29 maggio 1972, in Dir. Aut., 1973, pag. 54; Trib. Roma, 8 aprile 2010, in Rep. AIDA, 2012, pag. 817. Per identificare questo soggetto, la legge indica che si presume produttore dell'opera cinematografica chi sia indicato come tale sulla pellicola cinematografica.

[45] V. Trib. Milano, 23 marzo 2005, in AIDA, 2005, pag. 1062.

[46] Proprio in considerazione del fondamento della protezione, non sono attribuiti al produttore di fonogrammi diritti morali.

[47] Si tratta di modalità di fruizione quali le utilizzazioni per mezzo di cinematografia, diffusione radiofonica e televisiva, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi e in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione (artt. 73 e 73-bis l.d.a.).

[48] F. Banterle, Banche dati, cit., osserva che "lo sviluppo di tecnologie digitali di elaborazione dei dati ha dunque portato ad una maggiore richiesta della protezione delle banche di dati e degli investimenti sottostanti, ma ha altresì diminuito i costi (e quindi aumentato i rischi) di copie e riproduzioni non autorizzate dei contenuti raccolti".

[49] P. Auteri, Il diritto di autore, cit., pag. 645. La considerazione del programma ai fini della protezione si fonda sul fatto che il programma viene creato attraverso un linguaggio comprensibile dall'operatore (c.d. programma sorgente) e poi tradotto in un linguaggio comprensibile all'elaboratore (c.d. programma oggetto).

[50] Sulle diverse interpretazioni del concetto di creatività per la protezione del software si rinvia a P. Galli, sub art. 1 l.d.a., in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit., pag. 1330.

[51] P. Auteri, Il diritto di autore, cit., pag. 646

[52] Così la Convenzione di Berna, art. 2, 8). Sorge peraltro il problema interpretativo della proteggibilità della struttura e della organizzazione delle istruzioni: si veda P. Auteri, Il diritto di autore, cit., pag. 647. Sui diversi orientamenti in dottrina e giurisprudenza si rinvia a P. Galli, Sub art. 64-bis-64-quater, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit. pag. 1497. Allo stesso Autore si rinvia anche per l'approfondimento dei diritti esclusivi del titolare, nonché delle limitazioni a tali diritti.

[53] I ricavi eventualmente generati nel corso degli utilizzi elencati sono impiegati per coprire i costi per la digitalizzazione delle opere orfane e per la messa a disposizione del pubblico delle stesse. Per un approfondimento dell'art. 69-bis si veda C. Sappa, Art. 69-bis, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit., pag. 1903 ss.

[54] Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale.

[55] Sul tema si veda A. Musso, Eccezioni e limitazioni ai diritti d'autore nella direttiva UE n. 790/2019, in Dir. Inf., 2020, pag. 411 ss.

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