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Musei e "altri" beni culturali

Opere fotografiche e fotografie documentarie nella disciplina dei diritti di autore o connessi:
un parallelismo sistematico con la tutela dei beni culturali

di Alberto Musso

Sommario: 1. Diritto d'autore e disciplina dei beni culturali: una premessa metodologica e le conseguenti aporie legislative. - 2. Le opere fotografiche creative o non, con particolare riferimento alle riproduzioni di opere d'arte. - 3. Fotografie creative o documentarie nella disciplina del diritto d'autore e fotografie rare o di pregio nel regime dei beni culturali.

The protection of photograph works under the Law for Cultural Heritage
As well as many other Countries in Europe and outside Europe, the Italian Copyright Act protects the photographic works only when creative, i.e. expressing their author's personality. In Italy, Germany or Spain, however, between copyrightable and non-copyrightable images, the statutory law allows a second kind of protection through neighboring rights to all "shots", which - although not creative enough - play a documental or historical role of social aspects and so on, while mere photographic duplications of objects remain unprotected at all (e.g. industrial products in a commercial catalogue, the pictures of which may not be copied otherwise by competitors under the law against unfair trade practices); a particular issue raises when other copyrightable works - such as pictures, sculptures or even architectural works in a landscape - are "portrayed" on their turn in a photography, especially for postcards or artistic volumes. The Author tries moreover to stress a line and a "parallel coordination" between the requirements for protection under the Copyright Law and the requirements of "merit" and "rarity" for the protection of photographs under the Law of Cultural Goods and Public Heritage.

1. Diritto d'autore e disciplina dei beni culturali: una premessa metodologica e le conseguenti aporie legislative

Dopo oltre un secolo dalla prima redazione della Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie e artistiche [1], sembrerebbe ormai del tutto superfluo ribadire ancora oggi, da un lato, che la disciplina privatistica concernente la proprietà intellettuale sui beni immateriali - quivi tutelati - permanga chiaramente distinta dalla disciplina pubblicistica di tutela dei beni culturali [2]; dall'altro, che entrambe le discipline debbano tuttavia rinvenire il necessario coordinamento per evitare che le due finalità rispettivamente perseguite su tipologie di beni in gran parte simili possano sovrapporsi o perfino entrare in conflitto [3]. Il richiamo alla salvezza delle norme in materia di copyright anche da parte di altri ordinamenti sezionali di diritto pubblico - concernenti p.es. l'assetto radiotelevisivo o dei servizi di media audiovisivi [4] - conferma tale necessario parallelismo coordinato: ciò nonostante, siffatto richiamo non solo non pare ancor oggi affatto superfluo, ma sembra addirittura contraddetto da una costante fuga in avanti delle istanze privatistiche, tendenti ad estendere ormai senza freni la proprietà autoriale o para-autoriale, tanto per l'oggetto, quanto per il contenuto - ivi inclusa la durata - sacrificando così le esigenze del pubblico dominio o della pubblica fruizione sull'altare della pretesa sacertà dei diritti proprietari, elevati addirittura ad un rango assolutistico dall'art. 17, § 2, della c.d. Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea [5]. In particolare, sul già menzionato piano della durata, la recente elevazione del diritto patrimoniale da cinquanta a settant'anni post mortem auctori, per effetto della direttiva CEE, 29 ottobre 1993, n. 93/98 [6], ha provocato una grave sovrapposizione tra le prerogative dominicali e le potestà o i vincoli pubblicistici sulla salvaguardia dei beni culturali, ancora attestati - per evitare correttamente in radice tale conflitto - al tendenziale decorso di un cinquantennio dalla morte dell'autore pure nella più aggiornata revisione del Codice (art. 10, 5° comma, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e succ. mod.) [7]: di fronte a siffatta espansione - oramai dichiaratamente tendente verso la quasi perpetuità dei diritti autoriali o para-autoriali, in spregio al bilanciamento tra gli assetti proprietari e la pubblica fruizione delle opere d'ingegno (a fortiori, qualora siano pure beni culturali), sancito dall'originario Copyright Act della Regina Anna d'Inghilterra nel 1710 [8] o dalla Costituzione statunitense del 1787 (art. I, sec. 8, cl. 8), ma funzionale allo sfruttamento continuativo da parte dei titolari (sempre meno autori originari e sempre più enti con finalità di lucro) - vi è tuttavia da chiedersi se anche la disciplina pubblicistica debba in effetti adeguarsi a tale progressivo trend, allontanando così le esigenze di tutela dei beni culturali verso termini di decorrenza ormai elevatissimi rispetto alla creazione dei beni stessi o alla morte dei loro autori e cedendo parimenti il passo alle istanze di discrezionali sfruttamenti esclusivi da parte degli eredi o di legal entities, trusts e corporations, a scapito del pubblico dominio ovvero delle esigenze pubbliche di archiviazione, conservazione e fruizione culturale [9].

Queste previe considerazioni metodologiche sul necessario "parallelismo coordinato" tra disciplina dei diritti d'autore e dei beni culturali, anche in tema di durata, trovano preciso riscontro in materia fotografica, dove le opere di tale tipologia - tutelate per la prima volta alla fine degli anni Settanta con l'introduzione del n. 7 all'art. 2, legge aut., ex art. 1 del d.p.r. 8 gennaio 1979, n. 19 - godevano tuttavia di un termine di protezione più limitato (pari a 50 anni dalla produzione dell'opera, ex art. 32-bis l.aut. introdotto dall'art. 4 del medesimo decreto presidenziale), adeguato al generale termine di 70 anni p.m.a. già dall'art. 4 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 154, in attuazione della direttiva CEE, 29 ottobre 1993, n. 93/98. L'originaria opzione di un termine più limitato ed oggettivo (decorrente dalla produzione dell'opera fotografica stessa) rispetto al sopravvenuto termine generale, più lungo e soggettivo (in quanto decorrente dalla data di morte del fotografo), imposto per regola dalle norme comunitarie, non doveva essere peraltro ritenuta "discriminatoria" rispetto alle altre opere - come i più solerti fautori dei diritti privatistici d'autore tendono ancora oggi a ravvisare criticamente [10] - ma derivante dal maggiore interesse pubblico, di natura informativa, che pure le fotografie dal carattere creativo rappresentano per l'umanità, bilanciandosi pertanto questo interesse collettivo alla libera circolazione delle informazioni visive spesso insostituibili con un termine parzialmente più limitato rispetto all'ordinaria durata dello sfruttamento esclusivo sulle altre tipologie di creazioni protette da parte di eredi o aventi causa [11]: alla medesima ratio rispondono infatti le fotografie che, non essendo un'elaborata espressione della personalità artistica del loro autore [12], ma costituendo una prevalente - ancorché spesso difficile e dispendiosa - attività di documentazione visiva, vengono, a loro volta, tutelate da connesso diritto para-autoriale di contenuto e durata tuttora più limitata con dies ad quem di persistente decorrenza oggettiva (ossia 20 anni dalla produzione ex art. 92 legge aut.) [13], al fine di bilanciare ulteriormente un legittimo periodo di sfruttamento esclusivo da parte del reporter (per remunerare la sua attività) e/o del suo editore (onde recuperare l'investimento ed i costi sostenuti) [14] con il qui ancora più intenso interesse pubblico ad un più libero accesso all'informazione [15], nonché, sul piano dei beni culturali, all'archiviazione ed alla conservazione di siffatti materiali documentari, senza più vincoli dominicali privati [16]. Ne consegue, sul piano sia metodologico sia applicativo, che, mentre per le fotografie documentarie, la disciplina temporale dell'assoggettamento a dichiarazioni di vincolo appare coerente con il termine della tutela proprietaria sul bene immateriale, operando la seconda quando il primo sia spirato, non così accade oggi per le fotografie creative, lo sfruttamento esclusivo delle quali - elevato dall'Unione Europea a sacro diritto fondamentale - può perdurare oltre il limite in cui può entrare in gioco la disciplina pubblicistica, con il potenziale conflitto tra gli interessi privati all'utilizzazione esclusiva e l'interesse pubblico alla massima fruizione culturale: in particolare, poi, sul piano sostanziale, se si fornisse un'interpretazione restrittiva circa l'esenzione per finalità scientifiche o culturali dai diritti d'autore o connessi sulle fotografie (incluso il diritto all'immagine), ex art. 97, 1° comma, legge aut. [17], interi archivi fotografici non potrebbero più essere esposti al pubblico neppure gratuitamente [18].

2. Le opere fotografiche creative o non, con particolare riferimento alle riproduzioni di opere d'arte

La parziale sovrapposizione sul piano temporale tra fotografie rilevanti sul piano culturale, ex art. art. 10, 5° comma, del Codice, e le opere fotografiche protette dal diritto patrimoniale d'autore, a seguito dell'elevazione del termine di sfruttamento esclusivo da cinquanta a settant'anni p.m.a., rende dunque assai importante valutare quando sussista un'opera siffatta rispetto ad una fotografia documentaria (per la quale la questione di sovrapposizione cronologica resta esclusa) pure ai sensi della prima disposizione menzionata. Nonostante una criticabile tendenza ad estendere la fortissima tutela esclusiva del diritto d'autore anche a spiccioli creativi dotati di minimale originalità (Kleinen Münzen, short coins) - così sovvertendosi la causa attributiva del diritto in esame e discriminandosi a contrario le opere realmente creative - la corretta interpretazione più rigorosa e fondata sul piano storico-normativo impone che, nell'opera d'autore, sia riconoscibile l'impronta della personalità di quest'ultimo: tale criterio è stato infatti fermamente ribadito dal 17° "considerando" della Direttiva CEE, n. 93/98 [19], il quale attesta - con specifico riferimento alla distinzione tra opere fotografiche e fotografie documentarie - che "un'opera fotografica ai sensi della Convenzione di Berna deve essere considerata originale se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore e rispecchia la personalità di quest'ultimo, indipendentemente da qualsiasi altro criterio quale il pregio o lo scopo", restando invece "opportuno affidare la protezione delle altre fotografie alla legislazione nazionale". Sotto il profilo comparato, in effetti, la distinzione tra opere fotografiche e fotografie documentarie - che dimostra così la sua ampia giustificazione per il sopra citato bilanciamento tra lo sfruttamento dell'autore e l'interesse pubblico alla circolazione dei materiali iconografici di natura documentaria - trova ampio riscontro nella disciplina continentale: come in Italia, l'originale modello tedesco, per es., mantiene tuttora questa distinzione, limitando parimenti a 50 anni i diritti del fotografo sulle proprie immagini, non artistico-creative, ma di carattere storico-documentario [20]: il termine decorre dalla scadenza dell'anno solare in cui la fotografia è stata resa accessibile al pubblico o, in assenza di tale attività, dal suo scatto [21]. Così pure, l'art. 128 della Ley de Propiedad Intelectual, in Spagna, ha espressamente distinto le opere fotografiche di carattere creativo dalle fotografie non costituenti opere autoriali, già tutelate per 25 anni dalla scadenza dell'anno della loro produzione [22].

Anche in Francia, sebbene non esista una distinzione legislativa tra opere fotografiche e fotografie semplici, in ossequio al generale principio d'unité de l'art che caratterizza il droit d'auteur oltralpe, il diritto d'autore sull'immagine fotografica richiede ciononostante (inevitabilmente) un'espressione di creatività personale, che dev'essere accertata dal giudice caso per caso [23]. Così pure, in Belgio, la Suprema Corte, dopo avere negato la necessità di carattere estetico o artistico affinché un'immagine fotografica fosse protetta da diritto d'autore [24], ha riconfermato (inevitabilmente) la necessità di una impronta personale-creativa, nel senso anzidetto, per potersi considerare una fotografia come Ïuvre de l'esprit [25], in particolare qualora essa riproduca, a sua volta, altre opere d'arte.

Nella disciplina di common law, si trovano, infine, soluzioni alterne: così, la sec.10.2 del Copyright Act canadese considera "autore" della fotografia la persona che possieda il negativo o l'immagine originaria, a prescindere dalla sua creazione (con la conseguenza, però, che, se il possessore del fotogramma originale è una persona fisica, si applica il termine ordinario di 50 anni dopo la morte della persona stessa, mentre, in caso di persona giuridica, il termine di protezione è pari a 50 anni dalla produzione del negativo o, comunque, dell'immagine) [26]. Un assai più netto livellamento verso il basso è stabilito legislativamente in Gran Bretagna per le opere grafiche, plastiche od artigianali - incluse le opere fotografiche, nonché architettoniche - per le quali la sec. 4.1 del vigente Copyright, Designs and Patents Act in vigore sancisce espressamente l'irrilevanza di qualità sul piano artistico: in ossequio al generale requisito di creatività ribadito anche dalla disciplina europea, tuttavia, un pur minimo grado di originalità creativa - tramite skill, labour and judgement, se non una vera e propria espressione della personalità dell'autore - risulta peraltro (inevitabilmente) necessaria [27]. Pure negli Stati Uniti d'America, ed a fortiori dopo la decisione della Corte Suprema nel caso "Feist" [28], infatti, una certa originalità creativa deve sussistere come scelta personale del fotografo nella selezione del soggetto, della composizione, dell'illuminazione, dell'angolazione, ecc. [29].

3. Fotografie creative o documentarie nella disciplina del diritto d'autore e fotografie rare o di pregio nel regime dei beni culturali

Anche nei Paesi dove la distinzione tra fotografie creative o meramente documentarie non è stata espressamente sancita, il generale requisito del carattere creativo per la tutela delle opere letterarie e artistiche mediante diritto d'autore, derivante dalla convenzione bernese, ha dunque imposto una valutazione casistica di siffatta originalità sia nei sistemi anglo-americani di copyright sia negli ordinamenti continentali. A proposito di questo requisito nell'ambito fotografico - dove l'originalità del risultato era stata messa in discussione fin dal XIX secolo, soprattutto da parte dei pittori, per la mera riproduzione meccanica della realtà che le tecnologie di questo tipo offrivano agli albori del dagherrotipo o di altre metodiche iniziali [30] - la dottrina e la giurisprudenza appaiono relativamente concordi, pure sul piano comparatistico, nel definire oggi "creativa" la fotografia che, per l'appunto, non si limiti a duplicare l'esistente, ma ne effettui una personale "ricreazione" visiva nella selezione del soggetto, della composizione, dell'illuminazione, dell'angolazione, come si è sopra considerato sulla base della giurisprudenza statunitense: la medesima giurisprudenza ha esplicitato in particolare tre essenziali modalità di originalità creativa di una fotografia: originalità nella resa o nella posa del soggetto, creazione originale o adattamento del soggetto, scelta del momento di "scatto" della realtà che ne conferisca una particolare visione dell'autore [31]. Parimenti, in Francia, è stata considerata la disposizione ad hoc del soggetto, la selezione creativa dell'angolo di ripresa o dell'illuminazione, ecc., rendendosi pertanto non tutelabili tout court riprese con finalità e risultato di natura meramente tecnici [32]; anche in altri Paesi europei si è in particolare ribadito che la mera duplicazione fotografica di opere d'arte grafica o fotografie stesse, non soltanto è di per sé priva di ogni creatività, ma non è neppure proteggibile come semplice fotografia [33]. Questa soluzione riflette sostanzialmente la totale mancanza di tutela per le fotografie meramente duplicative, ex art. 87, 2° comma, legge aut., nel diritto italiano, sebbene il 1° comma della medesima disposizione consenta la tutela "documentaria" anche alle riproduzioni fotografiche di opere dell'arte figurativa, che dovranno pertanto presentare un quid pluris rispetto alla mera duplicazione dell'opera ripresa, soprattutto se bidimensionale a sua volta [34]: qualora invece la fotografia, pur "riproducendo" opere altrui, le "ricrei" con una particolare visione personale del fotografo - analogamente alla mimesis ricreativa della pittura rispetto alla realtà [35] -essa potrà eventualmente essere valutata quale opera creativa e neppure derivata ex art. 4 legge.aut., ma sia originale sia originaria, non richiedendosi allora in quest'ultima ipotesi nemmeno il consenso dell'autore o degli eredi dell'opera ripresa, che fosse ancora sotto tutela entro i settant'anni p.m.a. [36].

Ai medesimi criteri si è d'altronde coerentemente orientata la giurisprudenza italiana, considerando che anche nel nostro Paese il requisito del carattere creativo d'autore - nell'ambito fotografico - sia integrato dalla sussistenza di un'originale composizione (caratterizzata da luci, riflessi, prospettive, angoli di ripresa, connessioni ad altri oggetti, ecc.) [37], che dia luogo a un'originale visione personale; resta tuttavia da chiedersi se in Italia questo carattere creativo possa in parte sovrapporsi al carattere di "pregio" storico o artistico, richiesto per le fotografie dall'art. 10, 4° comma, lett. e), del Codice, nella disciplina dei beni culturali. Sebbene siffatta questione non possa essere qui affrontata in modo approfondito, si potrebbe osservare - in base all'interpretazione dell'analogo carattere previsto per gli spartiti musicali dalla lett. d) della medesima disposizione da ultimo richiamata [38] - che un pregio storico o artistico può rinvenirsi tanto nelle fotografie documentarie, quanto nelle opere fotografiche creative, senza escludere peraltro neppure le fotografie di oggetti materiali, non tutelate ex art. 87, 2° comma, legge aut., ma che manifestino un peculiare valore di civiltà, p.es. in relazione alla fedele riproduzione di opere o documenti, a loro volta rari o perfino andati perduti nell'originale. Peraltro, da un lato, il pregio artistico (per le opere fotografiche) o storico (per le fotografie previste dall'art. 87 legge aut.) appare di regola assai più elevato dell'ordinario livello di creatività personale ovvero di documentazione, necessario ai sensi degli artt. 2, n. 7, e 87, 1° comma, legge aut.; dall'altro, il pregio - nonché, in questo caso, l'eventuale rarità - si riferiscono, nella disciplina dei beni culturali, soprattutto ai supporti quali cose [39] e non al corpus mysticum ivi fissato, oggetto della disciplina del diritto d'autore. Ciononostante, come per le opere artistiche o letterarie in unico esemplare, anche le opere fotografiche o le più semplici fotografie documentarie possono in alcuni casi "coincidere" con il loro supporto: ci si riferisce non soltanto all'ipotesi in cui la stessa immagine fotografica sia rara o pregevole perché rimasta in unico esemplare tanto a livello di stampa, quanto di eventuale negativo, ma anche a copie che possono definirsi originali o perché rimaste le uniche o perché considerate per legge quali originali come nell'ipotesi prevista dall'art. 145 legge aut., ai sensi del quale - ai fini del diritto d'autore sulle vendite successive di opere d'arte e di manoscritti [40] - sono reputati "originali" di opere delle arti figurative, in particolare, i quadri, i collages, i dipinti, i disegni, le incisioni, le stampe, le litografie, le sculture, gli arazzi, le ceramiche, le opere in vetro e le fotografie, nonché gli originali dei manoscritti, qualora si tratti di creazioni eseguite dall'autore o di esemplari considerati come opere d'arte originali: a questo fine - come precisa il 2° comma - le copie di opere delle arti figurative, se prodotte in numero limitato dall'autore stesso o sotto la sua autorità, sono considerate come originali, purché numerate, firmate o altrimenti debitamente autorizzate dall'autore medesimo.

Ancora una volta, perciò, si conferma il necessario, ancorché distinto parallelismo fra diritti d'autore e disciplina dei beni culturali, le cui sovrapposizioni relative all'oggetto della tutela o alla durata non coordinata possono essere foriere di relative sovrapposizioni anche sul piano di un conflitto tra opposti interessi pubblicistici e privatistici.

 

Note

[1] L'art. 2, § 1, della Convenzione di Berna del 9 settembre 1886 - completata a Parigi il 4 maggio 1896, riveduta a Berlino il 13 novembre 1908, completata a Berna il 20 marzo 1914 e riveduta a Roma il 2 giugno 1928, a Bruxelles il 26 giugno 1948, a Stoccolma il 14 luglio 1967 e a Parigi il 24 luglio 1971 - protegge espressamente, fra l'altro, "le opere fotografiche, alle quali sono assimilate le opere espresse mediante un procedimento analogo alla fotografia". Così, anche la Repubblica Popolare Cinese, nell'aderire pienamente alla Convenzione di Berna attraverso l'Accordo TRIPs - per effetto dell'adesione all'OMC nel 2000 - ha previsto espressamente l'autonoma categoria delle opere fotografiche nella revisione della propria legge sul diritto d'autore del 27 ottobre 2001 (art. 3).

[2] J. De Verra, Droit de l'art et des biens culturels et droit d'auteur: quel(s) lien(s)?, in AA.VV., Propriété intellectuelle: entre l'art et l'argent, a cura di Y. Gendreau, Thémis, Montréal, 2006, pp. 51 ss.; per Trib. Milano, 20 gennaio 2005, in Dir. ind., 2005, p. 523, con nota di R. Bocca, la lesione del diritto d'integrità può invece configurarsi anche in caso di degrado dell'opera d'arte figurativa per decorso del tempo, ma l'illecito non è stato poi ravvisato in concreto, poiché il detentore aveva assunto iniziative per il restauro, d'intesa con la Soprintendenza per i Beni artistici.

[3] Sebbene la disciplina del diritto d'autore tuteli essenzialmente il corpus mysticum dell'opera, mentre la disciplina dei beni culturali protegga i "cimeli" ossia le cose materiali in cui l'opera dell'ingegno s'incorpora (cfr. art. 2, 2° comma, del Codice), nel caso di fotografie o d'immagini cinematografiche la distinzione sia dogmatica sia nella pratica tende a divenire evanescente, come, viceversa, avviene nel caso di copyright sulle opere in unico esemplare, secondo quanto la disciplina del droit de suite conferma: v. infra, nel testo, § 3.

[4] Cfr. p.es. il 40° "considerando" della direttiva n. 2007/65/CE, dell'11 dicembre 2007, che modifica la direttiva n. 89/552/CEE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive, ai sensi del quale le prescrizioni della direttiva medesima dovrebbero lasciare impregiudicati sia la direttiva 2001/29/CE, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, sia le convenzioni internazionali in materia di diritto d'autore e diritti connessi.

[5] La norma, disponendo unicamente che "la proprietà intellettuale è protetta", non sembra effettuare alcun riferimento a limiti nell'interesse pubblico che prevede, invece, l'art. 17, § 1, per la proprietà sui beni materiali.

[6] Concernente l'armonizzazione della durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (in G.U.C.E., L 290 del 24 novembre 1993, p. 9).

[7] Di regola, infatti, ai sensi di questa norma, "non sono soggette alla disciplina del presente Titolo le cose indicate al comma 1° e al comma 3°, lett. a) ed e) [ossia, per l'appunto, le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio], che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni". Sono poi assoggettate alle disposizioni espressamente richiamate le fotografie, con relativi negativi e matrici, gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque ami, a termini dell'art. 65, comma 3°, lett. c: art. 11, 1° comma, lett. f), del Codice medesimo, nel testo modificato dall'art. 2 del d.lg. 26 marzo 2008, n. 62.

[8] An Act for the Encouragement of Learning, by vesting the Copies of Printed Books in the Authors or purchasers of such Copies, during the Times therein mentioned (Copyright Act 1709, 8, Anne, c. 19), emanato nel 1709 ed entrato in vigore il 10 aprile 1710.

[9] In presenza di diritti patrimoniali d'autore o connessi ancora persistenti, ci si potrebbe infatti chiedere se l'imposizione di vincoli pubblicistici o di altre procedure totalmente o parzialmente ablatorie delle perduranti prerogative privatistiche possano essere attuate attraverso le ordinarie previsioni del Codice dei beni culturali (cfr. artt. 13 ss.), ovvero debbano operare unicamente ex art. 112 ss., l.aut.: si consideri p.es. l'imposizione del vincolo autorizzativo sul prestito di archivi fotografici, ex art. 46 del Codice, rispetto al diritto soggettivo di prestito alle istituzioni pubbliche, conferito all'autore dall'art. 18-bis, 2° comma, l.aut., ed anch'esso perdurante 70 anni p.m.a. La questione esula tuttavia dal presente studio.

[10] Cfr. G. Mari, La cessata discriminazione delle opere fotografiche (nota ad App. Trento, 14 novembre 2007, in Dir. autore, 2009, pp. 531 ss., anche in senso (enfaticamente più che meditatamente) favorevole ad un minimale gradiente di creatività infra criticato.

[11] Tale criterio di durata cinquantennale ed oggettiva - in quanto decorrente dalla produzione o dalla prima proiezione - era infatti significativamente comune alle opere cinematografiche nell'originario assetto del d.p.r. n. 19/1979 (art. 3).

[12] Come viene intesa la creatività in questa materia: v. espressamente il 17° "considerando" della Direttiva CEE, n. 93/98, su cui infra, nel testo e a nota n. 19.

[13] L'art. 2, n. 7, legge aut, nel testo vigente, tutela infatti le opere fotografiche di carattere creativo, rinviando al diritto connesso di cui agli artt. 87 ss. Legge aut. per le fotografie di natura documentaria, definite come "immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche" (art. 87, 1° comma). Sono invece escluse da ogni tutela "le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili", in quanto meramente riproduttive ed il cui eventuale carattere documentario non giustifica comunque l'attribuzione di un diritto di sfruttamento esclusivo (art. 87, 2° comma).

[14] Infatti, se la fotografia è stata ottenuta nel corso e nell'adempimento di un contratto d'impiego o di lavoro - entro i limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto - il diritto esclusivo compete al datore di lavoro; salvo patto contrario, la stessa disciplina si applica, a favore del committente, quando si tratti di fotografia di cose in possesso del committente medesimo e salvo pagamento a favore del fotografo, da parte di chi utilizza commercialmente la riproduzione, di un equo corrispettivo (art. 88, 2° e 3° comma).

[15] V. in particolare l'art. 91, 1° e 3° comma, per i quali la riproduzione di fotografie nelle antologie ad uso scolastico ed in generale nelle opere scientifiche o didattiche è lecita, contro pagamento di un equo compenso che è determinato nelle forme previste dal regolamento; e così pure, la riproduzione di fotografie pubblicate sui giornali od altri periodici - se concernono persone o fatti di attualità od aventi comunque pubblico interesse - è lecita contro il pagamento di un equo compenso, sottraendosi in tal modo la pubblicazione in esame a discrezionali dinieghi o all'imposizione di corrispettivi iniqui da parte dell'avente diritto. Significativamente, infatti, è il Ministro per i Beni e le Attività culturali, con le norme stabilite dal regolamento, ad avere la competenza per fissare apposite tariffe sul compenso dovuto da chi utilizzi siffatte fotografie (art. 88, ult. comma, e 91, ult. comma).

[16] Cfr. l'art. 10, comma 3°, lett. b), del Codice.

[17] Ai sensi del quale, non occorre il consenso della persona ritratta "quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico".

[18] Come sembra concedere anche G. Mari, A proposito di vecchie foto ora ricche e famose, in Dir. Autore, 2007, pp. 604 ss., sebbene con superficiali motivazioni.

[19] Ora sostituito dal corrispondente 16° "considerando" della versione codificata di cui alla direttiva n. 2006/116/CE del 12 dicembre 2006.

[20] Art. 72 delle legge tedesca sul diritto d'autore. Fino alla modifica del 1° luglio 1995, anzi, la disciplina tedesca tracciava un'ulteriore distinzione fra i semplici "scatti" non creativi, protetti per 25 anni, e le fotografie che, pur non costituendo opere creative, avevano un carattere storico-documentario (poi protette anch'esse per 50 anni).

[21] A. Dietz, Germany, in P.E. Geller (a cura di), International Copyright Law and Practice, Bender-Lexis Nexis, Newark (NJ), 2006, § 2[2], 3[2][a][ii] e 9[1][e]; sulla distinzione in concreto fra opere fotografiche e fotografie semplici, v. App. Amburgo, 29 giugno 1995, ZUM-RD, 1997, p. 217; App. Dusseldorf, 13 febbraio 1996, in GRUR, 1997, p. 49.

[22] La protezione è sempre attribuita al fotografo od al suo legittimo avente causa e non al possessore dell'originale o di una sua copia: v. Aud. Prov. Asturias, 9 giugno 2004, in JUR Aranzadi, 2004, n. 185394.

[23] Corte di Cassazione francese, 14 novembre 2000, in JURIS-DATA, n. 006895.

[24] Corte di Cassazione belga, 27 aprile 1989, in Pasicrisie, 1989, I, p. 908.

[25] Corte di Cassazione belga, 10 dicembre 1998, in Auteurs & Media, 1999, p. 355.

[26] D. Vaver e Y. Gendreau, Canada, in P.E. Geller (a cura di), International Copyright, cit., § 2[2][d] e 3[2][a].

[27] W.R. Cornish e L. Bently, United Kingdom, in P.E. Geller (a cura di), International Copyright, cit., § 2[2][a]iv].

[28] Che ha ribadito il requisito essenziale della creatività personale anche nel diritto d'autore statunitense, non bastando una mera attività d'investimento di risorse, tempo e "sudore della fronte", se - come nel caso di un elenco del telefono - il risultato non sia di per sé creativo (salva ovviamente restando la tutela dall'appropriazione di tali risultati non creativi, come la duplicazione dell'elenco telefonico da parte di free riders, attraverso la disciplina contro la concorrenza sleale o altre unfair trade practices): Corte Suprema USA, 27 marzo 1991, nel caso "Feist Publications inc. v. Rural Telephone Service co.", in Foro it., 1992, IV, cc. 37 ss., con nota di A. Zoppini.

[29] D. Nimmer e E.J. Schwartz, United States, in P.E. Geller (a cura di), International Copyright, cit., § 2[2][e][iv]. Ne consegue che, ancora una volta, la riproduzione fotografica di un quadro manca della sufficiente originalità quando il quadro e la fotografia siano visivamente identici: cfr. S.D. Texas (1989), 720, F. Supp. 85, 89, nel caso "Simon vs. Birraporetti's Restaurants, Inc.", relativo alla riproduzione fotografica di un poster.

[30] Sul primo riconoscimento giudiziario della fotografia da parte di Trib. Parigi, 4 luglio 1862, quale opera appartenente all'arte e non alla tecnica e perciò protetta ai sensi della legge francese del 1793 - in un caso nel quale intervennero indirettamente, con saggi e pareri critici, a favore o contro, anche rispettivamente, da un lato, E. Delacroix e, dall'altro, D. Ingres e C. Baudelaire - v. A. De Paz, La fotografia come simbolo del mondo, Clueb, Bologna, 1993, pp. 80 ss.; per l'ampio dibattito sulla natura artistica ovvero tecnica della fotografia fino dal XIX secolo, anche nell'ambito giuridico italiano, v. altresì V.M. De Sanctis, La protezione delle opere dell'ingegno, vol. I, Le opere figurative, le opere audiovisive e le opere utilitarie, II ed., Giuffrè, Milano, 2004, pp. 13 ss.

[31] S.D.N.Y., 2005, F. Supp. 2d 444, nel caso "Mannion vs. Coorse Brewing Co.".

[32] V. p.es. Trib. Aix-en-Provence, 20 gennaio 2004, cit. da R. Plaisant, A. Lucas e P. Kamina, France, 2006, § 2[2][b], a nota n. 83, che ha escluso l'originalità creativa in fotografie di prodotti in un catalogo commerciale; Trib. Boreaux, 29 aprile 1997, in Dalloz, 1999, n. 64, con nota di C. Colombet. Cfr. altresì Trib. Versailles, 11 dicembre 1997, ibidem, n. 63 che ha ribadito l'assenza di originalità d'autore in fotografie finalizzate ad imprescindibili risultati di aderenza tecnica rispetto all'originale, nonché Trib. Digione, 7 maggio 1996, ivi, 1998, n. 189, per il quale la fotografia di un quadro, ancorché fedele all'originale, può presentare un carattere creativo nelle scelte personali del fotografo.

[33] App. Colonia, 19 luglio 1985, in GRUR, 1987, p. 42, nonché W. Nordemann, Lichtbildschutz, Für Fotografirsch Hergelstellte Verviel Fältigungen?, in GRUR, 1987, pp. 15 ss.; in Spagna, cfr. Aud. Prov. Barcellona, sez. XV, 20 dicembre 2004, in Westlaw Jur., 2005, n. 56468, per la quale ha integrato una semplice fotografia non creativa la riproduzione di farfalle, irrilevante rimanendo sia lo sforzo tecnico di catturarle sia l'uso di emulsioni chimiche o d'illuminazioni che non si traduca in una particolare prospettiva personale sul piano estetico (al di là dell'originale aspetto estetico, di per sé, delle farfalle).

[34] Cfr. App. Milano, 15 giugno 1999, in AIDA, 2000, p. 689 (fotografie di documenti della Sacra Rota non proteggibili né come fotografie documentarie, né, a fortiori, con il diritto d'autore); Trib. Roma, 24 febbraio 1998, in Dir. informaz. e informatica, 1998, 793 (che, nonostante la massima, ha chiaramente escluso ogni protezione di fotografie riproducenti dipinti di Raffaello e di Michelangelo, in quanto l'inevitabile abilità tecnica del fotografo nelle immagini duplicative non costituisce né attività creativa, né attività di reportage meritevole di protezione).

[35] Come rilevava infatti già M. Are, L'oggetto del diritto di autore, Giuffrè, Milano, 1963, pp. 55 ss., non si può "negare il carattere creativo del quadro di un grande paesaggista o ritrattista, per quanto egli riproduca la realtà naturale costituita dal paesaggio e dalla figura umana. Si deve distinguere quindi tra l'attitudine riproduttiva pura e semplice, quale è posseduta dall'artigiano o da una macchina, e l'attitudine riproduttiva creativa", la quale non integra un'apparente contraddizione in termini, in quanto "la realtà esterna riprodotta, passando attraverso il diaframma costituito da questi momenti dell'attività intellettuale [percezione, rielaborazione interna, espressione esterna], viene a mutare attraverso l'aggiunta di elementi nuovi di fantasia dell'autore (quindi con carattere produttivo) ovvero anche attraverso la soppressione degli elementi superflui e la conseguente enucleazione di quelli essenziali", essendo proprio la circostanza "che l'opera possa essere riproduttiva della realtà esterna al soggetto" ad imporre "la necessità di un giudizio di valore sull'apporto creativo", ossia di una "creatività qualificata". Cfr. altresì App. Milano, 10 novembre 1995, in Annali it. dir. autore, 1996, p. 628, per cui la creatività di una raffigurazione può essere affermata già per il mezzo espressivo adottato per la sua rappresentazione, perché per la sua stessa natura sintetizzante e semplificatrice il disegno non è finalizzato alla riproduzione mimetica di singoli oggetti reali, né, d'altro canto, può ritenersi priva di originalità un'opera perfino nell'essere fedelmente aderente al dato fisico dell'oggetto ritratto perché tale circostanza non elide necessariamente l'originalità dei moduli stilistici adottati e, quindi, dell'opera che si manifesti a sua volta in opere figurative (dall'iperrealismo americano o all'illusionismo mimetico delle correnti di neue Sachlichkeit). Sulla concezione romantica della creatività originaria anche in senso artistico-figurativo, nell'evoluzione dalla "mimesis" alla "poiesis" totalmente ricreativa della realtà (Bildungstrieb), v. ampiamente A. Pinotti, Estetica della pittura, Il Mulino, Bologna, 2007, pagg. 92 e segg., alla quale s'aggiunge la nozione di Gestaltung e della psicologia della forma pure in ambito fotografico: cfr. E. Gombrich, L'immagine e l'occhio, Einaudi, Torino, 1985, e, per una sua applicazione in ambito giuridico, S. Sandri, La tutela del design e la teoria della percezione visuale (nota a Trib. Venezia, 2 febbraio 2004), in Dir. ind., 2005, pp. 527 ss., mentre per l'ulteriore disamina della questione sulla creatività originaria ovvero derivata di opere fotografiche rispetto ad eventuali opere sottostanti, ci si permette il rinvio a A. Musso, Diritto di autore sulle opere dell'ingegno letterarie e artistiche, in Comm. Cod. civ. Scialoja-Branca, diretto da Galgano, Zanichelli-Il Foro it., Bologna-Roma, 2008, pp. 89 ss., anche per ulteriori e più ampi riferimenti, tra i quali v. Cass., 12 marzo 2004, n. 5089, in Riv. giur. sarda, 2006, p. 4, con nota di M.L. Cadoni, La proteggibilità della riproduzione fotografica di un'opera d'arte quale opera fotografica; Cass., 7 marzo 2003, n. 3390, in Giust. civ., 2003, I, 2093, con nota di G. Vidiri, per cui anche il bozzetto pubblicitario che implichi una (ri)creazione originale - non esclusa dal collegamento ad altra opera sottostante, caratterizzata a sua volta da una distinta originalità tutelabile - gode della protezione accordata dall'art. 2, n. 4, legge aut., escludendosi che il bozzetto integrasse una "riproduzione" di un fotogramma del film al quale esso era associato ed accertandosi che esso costituiva invece (ri)elaborazione creativa per scelta di colori o di particolari atteggiamenti, tecnica di pittura, valorizzazione dei contrasti, ecc.

[36] Per la negazione che il fotografo di cartoline paesaggistiche debba richiedere l'autorizzazione alla riproduzione fotografica di opere artistiche (plastiche, figurative o architettoniche) esposte in luoghi pubblici, v. p.es. Cass. francese, 15 marzo 2005, in Dir. Aut., 2006, 579, con nota di M. Fabiani, Opere di scultura o di architettura esposte in pubblico e diritto di autore, che ha cassato l'opposta decisione di App. Lione, 20 marzo 2003, in Comm. com. électr., 2003, 81 (caso "Buren"). Viceversa, secondo Cass., 19 dicembre 1996, n. 11343, in Giur. it., 1997, I, 1, c. 1194, con nota critica di A. Accornero - peraltro senza alcuna motivazione sul carattere succedaneo o sulla sussistenza di una effettiva "copia" dell'opera, necessaria per l'art. 13 l.aut., ivi presunta tautologicamente dal carattere concorrenziale del catalogo rispetto alla percezione dell'opera sottostante - la fotografia bidimensionale di un'opera d'arte plastica (scultura) nel catalogo di una mostra viola l'esclusivo diritto di riproduzione riservato all'autore.

[37] Cfr. Trib. Roma, 22 settembre 2004, in Dir. autore, 2005, 378, con nota di S. Ricchiuto, secondo cui, affinché le fotografie possano godere della protezione accordata alle opere d'arte dall'art. 2, n. 7, legge aut., è necessario che esse presentino un livello di creatività particolarmente elevato, non potendosi a tal fine considerare elementi sufficienti né la scelta della posa del soggetto raffigurato, né la preparazione in sé del set fotografico; né basta la fama dell'autore, il suo curriculum ovvero la sua firma, per Trib. Milano, 1° marzo 2004, in AIDA, 2004, p. 865, occorrendo l'originalità e la creatività estrinsecantesi nell'opera per scelta, disposizione, accostamento o ambientazione dei soggetti da raffigurare, per inquadrature e prospettive, per selezione delle luci, nonché per il complesso degli elementi e della realizzazione, da apprezzarsi unitariamente per trarne, appunto, l'eventuale messaggio artistico proprio dell'opera. In particolare, l'effetto complessivo finale non deve'essere attribuibile al mero impiego di mezzi tecnici o alla natura dell'oggetto ripreso, ma a personali scelte creative: v. Trib. Milano, 3 febbraio 2003, ibidem, p. 698, che ha accertato questo requisito in fotografie concepite per presentare gli oggetti ritratti nel modo più efficace e con il maggior risalto, curando particolarmente la forma espressiva di comunicazione attraverso lo studio delle luci, il taglio delle immagini, la scelta degli sfondi e delle prospettive, la geometria delle linee e dei volumi, la postura e l'espressione delle modelle. Cfr. altresì App. Milano, 7 novembre 2000, ivi, 2001, p. 565, per cui la fotografia professionale dove pure si riscontri un'accurata composizione o ricerca degli oggetti fotografati, un'equilibrata relativa reciproca collocazione, nonché uno studiato uso della luce, ma che "non ritrasmetta alcuna reinterpretazione soggettiva della realtà" e non evochi alcuna particolare suggestione, risulta priva del grado di creatività che giustifica la tutela ex art. 2, n. 7, legge aut.: in particolare, per Trib. Milano, 9 ottobre 2000, ibidem, 538, godono della più limitata tutela ex art. 87 le fotografie di un personaggio pubblico, che - pur rivelando professionalità nella cura dell'inquadratura e dell'illuminazione - non esprimono un'interpretazione creativa per il loro carattere ufficiale. Per la dottrina, v. in particolare P. Crugnola, Il requisito della creatività in materia di fotografia, in Dir. autore, 1994, pp. 353 ss.

[38] In questa direzione cfr. infatti A. Gualandi, I beni musicali: una categoria in cerca di autonomia, in questa Rivista, n. 3/2003, § 3, per la quale, "il pregio artistico o storico va inteso nell'accezione di valore artistico storico, valore riferito non tanto al supporto di per sé, quanto, piuttosto, all'elasticità o storicità insite in ciò che il supporto esprime, cioè in quanto artisticità o storicità del valore civilizzante".

[39] Cfr. A. Untolini e R. Borioni, La tutela dell'opera cinematografica: bene culturale materiale o immateriale?, in questa Rivista, n. 3/2007, spec. § 6.2, anche per l'analoga distinzione - ex art. 2, n. 6, legge aut. - tra opere dell'arte cinematografica e documentari cinematografici, protetti da diritto connesso.

[40] Su questo specifico diritto, v. L. Savini, Il diritto di seguito dopo il d.lg. 13 febbraio 2006, n. 118, in questa Rivista, n. 2/2006.

 



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