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La riforma organizzativa del Mibact

La riforma dell’amministrazione periferica

di Girolamo Sciullo

Sommario: 1. Premessa. - 2. Morfologia. - 2.1 Segretariati e Commissioni regionali. - 2.2. Soprintendenze, Archivi e Biblioteche. - 2.3. Musei e Poli museali regionali. - 3. Il modello organizzativo. - 4. Strutture alla ricerca di un ruolo. - 5. Conclusioni.

The Reform of the Peripheral Administration
The d.p.c.m. (Decree of the President of the Council of Ministers) no. 171/2014 for the reorganization of the Ministry of Cultural Heritage and Tourism (MIBACT) introduces significant changes to the peripheral structures of the Ministry; in particular, it confers autonomy to state museums. The paper discusses the novelties and prospects of the enacted reorganization.

Keywords: Mibact; Peripheral Administration; Museums; Administrative Reforms.

1. Premessa

Nel quadro della riorganizzazione del Mibact operata dal d.p.c.m. 29 agosto 2014, n. 171, l'assetto dell'amministrazione periferica presenta un particolare interesse. Proprio nell'amministrazione periferica infatti trova la realizzazione più articolata ed evidente l'obiettivo principale perseguito dal riordino, ossia porre in essere le condizioni organizzative maggiormente idonee a imprimere slancio alla valorizzazione/fruizione del complesso degli istituti/luoghi della cultura appartenenti allo Stato (in particolare ai musei), intesi come fattori di 'competitività' del Paese. Obiettivo questo cui si sono accompagnate, ma con rilievo minore, tanto la necessità di rispettare i vincoli di riduzione degli apparati imposti dalla spending review [1] quanto l'esigenza di organizzare le funzioni in materia di turismo assegnate al Ministero nel 2013 [2].

Nel presente scritto sarà anzitutto considerata la nuova morfologia delle strutture periferiche, con i dati di continuità e di novità che essa presenta. Saranno poi esaminati il modello organizzativo seguito, specie con riferimento ai Musei e ai Poli museali, nonché i problemi posti dagli inediti Segretariati regionali e Commissioni regionali per il patrimonio culturale, e infine si farà cenno agli sviluppi cui può preludere il riordino operato.

Sembra peraltro opportuna un'avvertenza preliminare. Nel caso del d.p.c.m. n. 171 si tratta di un testo tecnicamente assai elaborato [3] (probabilmente frutto di una 'negoziazione' interna molto intensa), suscettibile di molteplici approfondimenti specifici - a cominciare dal profilo delle fonti in tema di organizzazione [4] - e, che per la parte dell'amministrazione periferica opera una significativa "deregolamentazione", affidandosi anche per profili importanti alla disciplina da dettarsi con decreti ministeriali non regolamentari [5]. Come evidenziano quelli emanati, il disegno complessivo di riorganizzazione viene integrato significativamente (e meglio chiarito). Ne discende che la scelta di procedere ad un esame che si focalizzasse sui tratti salienti del d.p.c.m., ma che al contempo non trascurasse le previsioni attuative intervenute, ha scontato la complessità di base del regolamento e l'articolazione su più livelli dell'assetto organizzativo delineato.

2. Morfologia

2.1. Segretariati e Commissioni regionali

La nuova morfologia dell'amministrazione periferica riflette in misura ampia (anche se non completa) le indicazioni formulate dalla Commissione D'Alberti, che aveva indicato come obiettivi di riforma l'accorpamento e la ridefinizione delle funzioni delle Direzioni regionali nonché il conferimento di autonomia agli istituti culturali operanti sul territorio, in particolare ai Musei [6]. Anche talune previsioni di carattere puntuale contenute nel d.l. n. 83/2014 hanno trovato seguito nella riorganizzazione [7].

Viene anzitutto eliminata la figura delle Direzioni regionali, alla quale subentra quella dei Segretariati regionali, aventi sedi nel capoluogo di 17 regioni [8], ai quali l'art. 32, c. 1, affida, in termini generali, il compito di coordinare l'attività delle strutture periferiche del Ministero, nel rispetto delle linee di indirizzo inerenti la tutela espresse dalle Direzioni generali centrali, e il compito di curare i rapporti del Mibact con le Regioni, gli enti locali e le altre istituzioni presenti sul territorio.

Più in dettaglio si tratta di compiti di triplice natura:

a) amministrativa: in particolare lo svolgimento delle funzioni di stazione appaltante per i contratti pubblici non spettanti alle altre strutture periferiche (in genere, perché superiori ad una certa soglia di valore) [9] e delle attività di supporto per i contratti di competenza delle stesse (art. 32, c. 2 lett. o)) nonché la gestione delle risorse umane e dei servizi amministrativi ausiliari concernenti tali strutture (art. 32, c. 2 lett. q));

b) tecnica in tema di tutela e di valorizzazione, verso l'esterno: in particolare la stipulazione di intese con le Regioni per la redazione congiunta di piani paesaggistici e la conclusione di accordi con i privati proprietari di beni culturali relativamente ad interventi conservativi, nonché l'espressione del parere del Ministero per interventi che riguardano le competenze di più Soprintendenze (art. 32, c. 2 lett. f), l), e)); e verso l'interno: specie la presidenza delle Commissione regionali per il patrimonio culturale, la periodica informazione del Segretario generale e dei Direttori generali centrali in merito all'andamento delle attività degli uffici periferici e la proposta di avocazione degli atti di competenza dei Soprintendenti (art. 32, c. 2 lett. a), b), v));

c) tecnica in tema di turismo: soprattutto la cura in ambito regionale dell'attuazione delle politiche e dei progetti elaborati a livello centrale e l'elaborazione di iniziative volte al miglioramento dell'offerta (art. 32, c. 2 lett. r)-t)).

I Segretariati regionali sul piano organizzativo afferiscono alla Direzione generale Bilancio (mentre per gli aspetti inerenti la gestione del personale dipendono dalla Direzione generale Organizzazione) e l'incarico dei relativi titolari (di livello non generale a differenza di quello relativo alle precedenti Direzioni regionali) è conferito dal Direttore generale Bilancio, sia pure su proposta del Segretario generale (art. 32, c. 2 e 3). Siffatta afferenza probabilmente si spiega in considerazione del fatto che alla Direzione generale Bilancio è affidata la materia della contrattualistica del Ministero (art. 24, c. 2 lett. v), z)), ma è di dubbia coerenza con la natura degli altri compiti affidati alla struttura.

Benché non pochi dei compiti assegnati derivino dalle soppresse Direzioni regionali (cfr. art. 32, c. 2 lett. b)-h), l)-n), u)), la cifra distintiva della nuova figura risiede nell'assenza del potere di direzione nei confronti delle Soprintendenze di settore [10], sostituito da un assai più sfumato potere di coordinamento. I compiti in cui si sostanziava il potere di direzione risultano ora trasferiti ad organi collegiali, che subentrano ai precedenti Comitati regionali di coordinamento (art. 19 d.p.r. n. 233/2007), al pari di questi non qualificati esplicitamente come organi periferici, ma che sul piano organizzativo ne presentano le caratteristiche, ossia le Commissioni regionali per il patrimonio culturale.

Si tratta di strutture "a competenza intersettoriale" come i Comitati, ma, mentre per gli uni la intersettorialità si sostanziava nell'occuparsi della dichiarazione di interesse culturale o paesaggistico di beni "suscettibili di tutela intersettoriale" oppure delle "questioni di carattere generale", per le altre la locuzione è ad ampio spettro, traducendosi nel "coordina[re] e armonizza[re] l'attività di tutela e di valorizzazione nel territorio regionale", nel "favori[re] l'integrazione inter- e multidisciplinare tra i diversi istituti", e nel "garanti[re] una visione olistica del patrimonio culturale" (art. 39, c. 1).

Più in dettaglio la nuova figura:

a) eredita compiti di tutela (in particolare verifica e dichiarazione dell'interesse culturale, prescrizioni di tutela indiretta, autorizzazioni in ordine a modifiche di carattere materiale o giuridico relative a beni culturali, dichiarazione dell'interesse paesaggistico, concessione d'uso di beni culturali, art. 39, c. 2 lett. a)-m)), in precedenza spettanti alle Direzioni regionali;

b) svolge le funzioni delle Commissioni di garanzia per il patrimonio culturale di cui all'art. 12, comma 1-bis, d.l. 31 maggio 2014, n. 83, conv. nella legge 29 luglio 2014, n. 106 (riesame dei pareri e degli atti di assenso rilasciati dagli organi periferici del Ministero) (art. 39, c. 3).

Ciascuna Commissione regionale, presieduta dal Segretario regionale, è composta dai Soprintendenti di settore, "inclusi i dirigenti degli Istituti di cui all'art. 30, comma 2, lett. a) [Soprintendenze speciali per il Colosseo ecc. e per Pompei ecc.]", nonché dal Direttore del polo museale regionale, ed è "integrata con i responsabili degli uffici periferici (...) quando siano trattate questioni riguardanti i medesimi uffici" (art. 39, c. 4).

La composizione suscita qualche perplessità: non è chiara la presenza dei Direttori dei poli museali a fronte dell'assenza dei dirigenti degli Istituti e dei Musei di rilevante interesse nazionale di cui all'art. 30, c. 3 (che ex art. 35, c. 3, non costituiscono articolazioni dei Poli): a tener conto dei compiti assegnati alle Commissioni e in particolare di quelli svolti come Commissioni di garanzia, appare ultronea la presenza 'di base' dei Direttori dei poli museali. Se viceversa si considera che anch'essi emanano atti di assenso nei confronti dei terzi (autorizzazione al prestito e all'attività di studio e di pubblicazione di beni culturali, cfr. art. 34, c. 2 lett. l), m)), la presenza andava allargata 'stabilmente' altresì ai dirigenti degli Istituti e dei Musei di cui all'art. 30, c. 3, cui spetta analoga competenza (art. 35, c. 4 lett. h), i)).

2.2. Soprintendenze, Archivi e Biblioteche

Quanto alle strutture periferiche per eccellenza, le Soprintendenze, occorre distinguere. Le Soprintendenze archivistiche, che nel d.p.r. n. 233/2007 erano solo menzionate, trovano ora una disciplina di base nel nuovo regolamento: provvedono "alla tutela e alla valorizzazione dei beni archivistici" (art. 36, c. 1) e costituiscono articolazioni periferiche della Direzione generale Archivi, che rispetto ad esse esercita poteri di "direzione, indirizzo, coordinamento, controllo e, (...) in caso di necessità e urgenza, informato il segretario generale, avocazione e sostituzione" (art. 21, c. 1 e 6). Il d.m. 27 novembre 2014 "Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero" (d'ora in avanti "d.m. Articolazione") ne prevede, all'All. 2, quattordici, con accorpamento di quelle in precedenza fissate nel numero di diciannove (una per ogni regione, esclusa la Valle d'Aosta).

Sempre come articolazioni della Direzione generale Archivi, e soggetti ai medesimi poteri di direzione ecc., operano gli Archivi di Stato, con compiti "di tutela e valorizzazione dei beni archivistici in loro consegna" (artt. 21, c. 1 e 6, e 37, c. 1) [11].

Le altre Soprintendenze subiscono un parziale accorpamento, tipologico e quantitativo: dalle complessive settantadue (venticinque Soprintendenze per i beni architettonici e paesaggistici, venti Soprintendenze per i beni storici, artistici ed etnoantropologici, otto Soprintendenze c.d. miste, e diciannove Soprintendenze per i beni archeologici) previste sulla base del d.p.r. n. 233/2007 [12], si passa a due soli tipi di Soprintendenze, Archeologia e Belle arti e paesaggio, rispettivamente di diciassette e trentuno unità (nel complesso quarantanove se si aggiunge la Soprintendenza unica Archeologia, belle arti e paesaggio per la città dell'Aquila e i Comuni del cratere), tutte costituenti come in precedenza uffici dirigenziali non generali [13]. In tal modo si generalizza la precedente esperienza delle Soprintendenze c.d. miste ("per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici"), presenti in talune regioni (Campania, Sardegna e Toscana) [14], con una significativa contrazione delle strutture periferiche. Ciò in ossequio ai vincoli della spending review e in relazione allo status assegnato a taluni musei (cfr. art. 30, c. 3 lett. b)), sia pure rispettando il criterio della "presenza di almeno una Soprintendenza di ciascun settore per ogni regione" [15].

Le Soprintendenze Archeologia e le Soprintendenze Belle arti e paesaggio rappresentano articolazioni territoriali delle omonime Direzioni generali (artt. 14, c. 5, e 15, c. 5), alle quali sono legate da un rapporto di direzione ecc. identico a quello indicato per le Soprintendenze archivistiche (artt. 14, c. 1, e 15, c. 1). Dato questo che si spiega con la soppressione delle Direzioni regionali alle quali, nel precedente regolamento (art. 17, c. 3 lett. a)), faceva capo tale potere.

Quanto alle loro funzioni è necessario distinguere: per un verso la soppressione delle Direzioni regionali non si è tradotta in un "recupero" di competenze (specie inerenti la tutela) da parte delle Soprintendenze [16], poiché, come ricordato (par. 2.1), nella titolarità delle funzioni già spettanti alle Direzioni regionali sono subentrati in parte i Segretariati regionali, in parte le Commissioni regionali per il patrimonio culturale (cui però partecipano come membri i Soprintendenti). Per altro verso, le 'nuove' Soprintendenze vedono ridotto in varia misura, come si dirà (par. 2.3 e 3), le funzioni gestionali e di valorizzazione in precedenza esercitate sui beni culturali in custodia del Ministero, e ciò in dipendenza dell'innovativo assetto ricevuto dai Musei e dai Poli museali. Da questo punto di vista l'affermazione dell'art. 33, c. 1, del regolamento, secondo cui tali Soprintendenze "assicurano sul territorio la tutela del patrimonio culturale", pur non potendosi considerare esaustiva delle loro competenze (specie nel caso delle Soprintendenze Archeologia, cfr. art. 35, c. 3), esprime un'obiettiva caratterizzazione di ruolo.

Come gli Archivi, le Biblioteche pubbliche statali (quarantasei a parte le due Biblioteche nazionali) [17] sono ora disciplinate, e non soltanto previste, dal regolamento di organizzazione, che le configura come uffici periferici della Direzione generale Biblioteche e Istituti centrali, con funzioni di "conservazione e valorizzazione del patrimonio bibliografico" (artt. 22, c. 6, e 38, c. 1). Il rapporto con tale Direzione è normato solo a proposito delle Biblioteche nazionali di Roma e di Firenze e, in coerenza con la loro condizione di istituti dotati di autonomia speciale e di livello dirigenziale non generale (art. 30, c. 2 lett. b)), si atteggia in termini di "indirizzo e, d'intesa con la Direzione generale Bilancio, di vigilanza" (art. 22, c. 4). E' da pensare che si connoti per profili più incisivi (ossia di direzione) il rapporto nei confronti delle altre Biblioteche pubbliche statali individuate dal d.m. Articolazione e costituenti, ai sensi dell'art. 38, c. 4, uffici dirigenziali non generali, ma senza assegnazione di un particolare status.

2.3. Musei e Poli museali regionali

Di certo le novità più significative concernono i musei statali, che il d.p.r. n. 233/2007 menzionava fra gli organi periferici (art. 16, c. 1 lett. f)), limitandosi a prevedere per taluni, riuniti in Poli, la formula organizzatoria della Soprintendenza dotata di autonomia speciale [18].

In termini generali può dirsi che i musei statali acquistano sul piano organizzativo quella evidenza che sul piano della disciplina sostanziale avevano acquisito nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d'ora in avanti Codice) (art. 101 ss.), secondo una prospettiva in precedenza già emersa, come progetto, a livello legislativo e regolamentare [19].

L'evidenza organizzativa si sostanzia nel conferimento dell'autonomia tecnico scientifica e di una capacità negoziale a fini didattici e di ricerca, nonché nella necessità che ogni museo statale si doti di un proprio statuto (art. 35, c. 2), e, secondo quanto previsto dal d.m. Musei (artt. 1, 3 e 4), di un bilancio e di un'articolazione per aree funzionali. Tutto ciò in vista della proficua cura dei compiti affidati, consistenti nello svolgimento di "funzioni di tutela e valorizzazione delle raccolte in loro consegna" (art. 35, c. 2). Si tratta di una configurazione organizzativa di base, che si scandisce in due registri di assetto.

Il primo è rappresentato dai musei "non costituenti uffici dirigenziali": come "articolazioni dei Poli museali regionali" (art. 35, c. 3, d.p.c.m. e art. 1, c. 4, d.m.) vengono retti da direttori con incarico conferito dal Direttore del Polo museale, responsabili "della gestione del museo nel suo complesso, nonché dell'attuazione e dello sviluppo del suo progetto culturale e scientifico" (art. 4 d.m. Musei). A sua volta il Direttore del Polo "programma, indirizza, coordina e monitora tutte le attività di gestione, valorizzazione, comunicazione e promozione del sistema museale nazionale nel territorio regionale", curando "il progetto culturale di ciascun museo all'interno dell'intero sistema regionale, in collaborazione con il relativo direttore" (art. 34, c. 2 lett. a), d)).

Il secondo registro è dato dai Musei "uffici di livello dirigenziale" di cui all'art. 30, c. 3, ossia istituti dotati di autonomia speciale, taluni di livello dirigenziale generale. Tali Musei, che "dipendono funzionalmente dalla Direzione generale Musei" (art. 35, c. 3), strutturalmente non fanno parte dei Poli museali regionali, ma per vari aspetti, come di seguito si noterà, ad essi si rapportano sul piano operativo.

Una variante è rappresentata dai musei archeologici: ai sensi dell'art. 35, c. 3 "si raccordano con la Direzione generale Archeologia, che definisce le modalità di collaborazione con le Soprintendenze Archeologia".

Solo in senso ampio può considerarsi come terzo tipo - non rientrando propriamente nelle strutture periferiche del Ministero - il museo costituito in soggetto giuridico, in genere di diritto privato (fondazione, associazione ecc.), ai sensi dell'art. 112, comma 5 e dell'art. 115 del Codice. Ad esso accennano l'art. 20, c. 2 lett. f) del regolamento e gli artt. 5 e 19 d.m. Musei.

La disciplina dei due tipi di assetto richiede ulteriori indicazioni.

Anzitutto l'autonomia gestionale dei Musei a 'regime particolare' e dei Poli museali non presenta tratti specifici quanto alla gestione delle risorse umane. I "dirigenti preposti agli uffici dirigenziali periferici [quindi anche quelli dei Musei di cui all'art. 30, c. 3 e dei Poli museali] provvedono alla organizzazione e gestione delle risorse umane (...) a essi rispettivamente assegnate", ferme restando le competenze in materia della Direzione generale Organizzazione", recita l'art. 31, c. 2. Inoltre occorre tenere presenti i compiti al riguardo assegnati ai Segretari regionali, cui, come ricordato, spetta di "cura[re] la gestione delle risorse umane (...) e le relazioni sindacali e la contrattazione collettiva a livello regionale" (art. 32, c. 2 lett. o)). Al di là delle difficoltà di coordinare le due previsioni, non si rinviene nel regolamento (né nel d.m. Musei) una qualche specificità per i Musei e Poli museali in tema di personale non dirigenziale.

Viceversa, questa ricorre per il conferimento degli incarichi di direzione dei Musei di cui all'art. 30, c. 3, ossia dotati di autonomia speciale, che possono essere assegnati anche con modalità diverse da quelle previste dall'art. 19 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, per la generalità degli incarichi dirigenziali nelle amministrazioni statali, ossia "con procedure di selezione pubblica", secondo quanto stabilito dall'art. 14, c. 2-bis, del d.l. n. 83/2014 (art. 30, c. 6) [20].

Circa i compiti dei dirigenti dei Musei ad autonomia speciale, va detto che l'art. 35, c. 4, oltre a fare rinvio a decreti ministeriali di natura non regolamentare, assegna direttamente varie funzioni attinenti la gestione e la valorizzazione degli istituti, ma anche alcune concettualmente riconducibili alla tutela (autorizzazione di prestiti per mostre e di attività di studio e pubblicazione dei materiali in consegna), non a caso da esercitarsi previo parere del Soprintendente di settore competente (lett. h), i)).

Per l'organizzazione e il funzionamento degli stessi Musei l'art. 30, c. 5, rinvia senz'altro a decreti ministeriali di natura non regolamentare. Il d.m. Musei ha previsto una dettagliata disciplina, in particolare affiancando al Direttore un Consiglio di amministrazione e un Comitato scientifico (artt. 8 ss.).

Di significativa importanza è la declinazione dell'autonomia gestionale sul versante finanziario. L'art. 3, c. 2 del d.m. Musei stabilisce che agli istituti in discorso si applichino le disposizioni sul funzionamento amministrativo-contabile e la disciplina del servizio di cassa previste dal d.p.r. 29 maggio 2003, n. 240 (art. 4) in tema di soprintendenze dotate di autonomia scientifica, finanziaria, contabile e organizzativa. In sostanza si è esteso ai Musei ad autonomia speciale la possibilità di "trattenere", almeno nella misura del 70%, le somme introitate (a titolo di biglietti di ingresso, liberalità ecc.) senza riversarle all'erario (in deroga a quanto previsto in genere per gli istituti/luoghi della cultura statali dall'art. 110, c. 2, del d.lgs. n. 42/2004).

Alla loro individuazione provvede, come si è detto, l'art. 30, comma 3, ma il successivo comma consente di nuovo a decreti ministeriali di carattere non regolamentare di prevederne degli altri, di ridenominarli [21] e soprattutto di "assegnare" ad essi, ossia aggregare sul piano organizzativo, "ulteriori istituti o luoghi della cultura", da intendersi ai sensi dell'art. 101 del Codice come musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali. E' quanto appunto avvenuto con il d.m. Musei [22].

A loro volta i Poli museali regionali "sono non più di 17 e operano in una o più regioni", costituiscono articolazioni periferiche della Direzione generale Musei e vengono individuati con decreti ministeriali privi di natura regolamentare (art. 34, c. 3 e 1, e 20, c. 5). Il d.m. Musei, analogamente a quanto fatto per i Musei ad autonomia particolare, ha inserito come elementi che li costituiscono ulteriori istituti/luoghi della cultura, sicché essi andrebbero meglio definiti come Poli di istituti culturali.

Ciò a maggior ragione pare vero sul piano funzionale. I Poli museali si occupano non solo della gestione (in senso lato) dei musei e degli istituti/luoghi della cultura che li compongono, ma anche di coordinare la fruizione e valorizzazione di tutti gli istituti/luoghi della cultura presenti sul territorio regionale di riferimento, anzitutto statali (cfr. in termini generali art. 34, c. 1), in prospettiva anche pubblici non statali e privati (c.d. sistema museale regionale "integrato", cfr. art. 34, c. 2 lett. b)).

In effetti, le funzioni affidate ai Direttori dei Poli dall'art. 34, c. 2, possono essere distinte in due tipi: talune concernono i musei e gli istituti che compongono strutturalmente il singolo Polo (ad es. lett. l), m), n), q), t), s), u)); altre toccano anche gli altri musei e istituti/luoghi statali (e non) presenti sul territorio: così è per l'importo dei biglietti di ingresso "integrati" (lett. e)), per gli orari di apertura (lett. f)) e per gli accordi di valorizzazione (lett. o)). L'integrazione funzionale conosce differenti livelli di intensità: comprende senz'altro gli istituti di cui all'art. 30, c. 2 lett. a), e 3 (i cui Direttori vengono "sentiti"), mentre può comprendere ("previo accordo" o "intesa") gli altri istituti (ad es. Archivi di Stato e Biblioteche statali).

Quanto ai rapporti con le strutture centrali, i Poli museali e i Musei di cui all'art. 30, c. 3 lett. b), (ossia ad autonomia speciale, ma di livello dirigenziale non generale) sono sottoposti alla direzione, indirizzo, coordinamento, controllo e, in caso di necessità ed urgenza, informato il Segretario generale, avocazione e sostituzione da parte della Direzione generale Musei (art. 20, c. 1), mentre tutti Musei dotati di autonomia speciale di cui all'art. 30, c. 3 (quindi anche quelli di livello dirigenziale generale) sono soggetti alla vigilanza, d'intesa con la Direzione generale Bilancio, ancora della Direzione generale Musei, che, su parere conforme dell'altra Direzione, è competente anche ad approvarne i bilanci e conti consultivi (art. 20, c. 3).

La complessità del disegno organizzativo relativa ai Poli e ai Musei ad autonomia speciale emerge ulteriormente con riguardo agli archivi e alle biblioteche nonché alle aree e parchi archeologici ad essi annessi.

Gli Archivi e le Biblioteche non aventi qualifica di uffici dirigenziali assegnati ad un Polo o a un Museo dotato di autonomia speciale, mantengono, secondo l'art. 20 d.m. Musei, la propria autonomia tecnico-scientifica e dipendono funzionalmente, nell'ordine, dalla Direzione generale Archivi e da quella Biblioteche. Detta assegnazione è finalizzata al "miglioramento della fruizione della valorizzazione e della fruizione del patrimonio culturale". Parrebbe di capire che, nel caso in cui avvenga a favore di un Polo, essa comporti una soggezione più intensa alle funzioni "di sistema" a questo spettanti nei confronti degli istituti non annessi [23].

Più intricata ancora è la situazione delle aree e dei parchi archeologici. In termini generali, l'art. 35, c. 3, del regolamento prevede che essi, "ferme restando le competenze della Direzione generale Musei e dei Poli museali regionali in materia di luoghi di cultura, sono gestiti dalle Soprintendenze Archeologia".

Sennonché l'art. 16, c. 2 d.m. Musei stabilisce che le aree e i parchi elencati nell'allegato 3 sono "assegnati alla gestione dei Poli museali regionali, ferma rimanendo la competenza delle Soprintendenze Archeologia in materia di scavi e ricerche archeologiche". Aggiunge la stessa disposizione che con successivi decreti ministeriali "sono assegnati ai Poli museali regionali ulteriori aree o parchi archeologici, che ai sensi dell'art. 35, comma 3, del [regolamento], sono gestiti dalle Soprintendenze Archeologia", restando "comunque ferme le competenze della Direzione generale Musei e dei Poli museali regionali in materia di musei e luoghi della cultura".

Premesso che l'art. 35, c. 3, del regolamento sembrerebbe imporre, in ogni caso, la gestione da parte delle Soprintendenze Archeologia (con ciò escludendo l'"assegnazione" ai Poli), resta criptica la ragione di un diverso regime organizzativo dell'"assegnazione" a seconda del decreto ministeriale che la disponga.

Da ultimo, un cenno va fatto alle Soprintendenze archeologiche speciali di cui all'art. 30, c. 2, lett. a), del regolamento. Il d.m. Musei, come consentito dal comma 5 del citato articolo, prevede all'art. 18, c. 1 e 2, che ad esse si applichino le disposizioni di cui al Capo II dello stesso decreto (relative all'organizzazione dei Musei ad autonomia speciale), stabilendo altresì che il Soprintendente, oltre ai compiti propri dei Soprintendenti Archeologia, eserciti quelli previsti dall'art. 35, c. 4, del regolamento.

3. Il modello organizzativo

L'articolazione attuale dell'amministrazione periferica appare la risultante di una logica organizzativa 'combinatoria' più complessa di quella messa in luce dalla Commissione D'Alberti - "logica non omogenea (per aree, per funzioni, per tipo di beni, per tipo di istituto)" [24] - a proposito dell'organizzazione complessiva del Ministero.

Nel nuovo assetto le strutture periferiche seguono anzitutto criteri tradizionali (fondamentalmente già presenti nel primo regolamento organizzativo, il d.p.r. 3 dicembre 1975, n. 805): quello delle funzioni (tutela/valorizzazione; settoriali/intersettoriali), del tipo di beni (artistici, archeologici ecc.) e del tipo di istituti (archivi, biblioteche, musei) [25]. Fino al d.p.c.m. n. 171 il criterio dell'istituto comportava che le raccolte o compendi di beni facenti parte degli istituti/luoghi della cultura statali e assegnati in consegna al Ministero fossero 'curati' (amministrati, tutelati e valorizzati) dalle medesime strutture del Ministero (o da strutture ad esse riconducibili) preposte alla tutela e valorizzazione del tipo di beni in esse contenute [26]. Gli istituti dotati di autonomia speciale rispondevano alla stessa logica organizzativa, pur costituendo una variante in termini di funzionamento amministrativo-contabile.

La disciplina dei Musei ad autonomia speciale e dei Poli museali contenuta nel nuovo regolamento (artt. 34, 35 e 30, c. 3) innova tale paradigma sotto tre profili.

Anzitutto sgancia la gestione dell'ufficio Museo o Polo museale dalla struttura ministeriale (centrale e periferica) preposta alla tutela dei beni in esso raccolti (in breve il titolare del Museo o del Polo museale non è più il Soprintendente di settore) e lo fa afferire in termini organizzativi a quella preposta alla valorizzazione degli istituti/luoghi della cultura statali, affidandone la titolarità ad apposito "Direttore" (cfr. artt. 20, c. 3 e 5, 34, c. 1 e 2, e 35, c. 3 e 4; cfr. anche All. 2 d.m. Articolazione).

Tale novità è quella sottolineata nelle prime analisi, ma non è l'unica. Ad essa, si accompagna il fatto che Musei ad autonomia speciale e Poli sono entità fornite di capacità di 'aggregazione' di altri istituti/luoghi della cultura statale. Per i Musei è prevista, infatti, l'"assegnazione" ad essi di "ulteriori istituti e luoghi della cultura" (art. 30, c. 4), mentre per i Poli il riferimento 'oggettuale' è costituito esplicitamente da "istituti e luoghi della cultura in consegna allo Stato", intesi in senso generale (art. 34, c. 1). E in effetti il d.m. Musei ha proceduto a conformare i Musei dotati di autonomia speciale e i Poli museali come complessi di istituti/luoghi della cultura tipologicamente vari, comprensivi, in progressione, anche di "altri immobili e/o complessi" (cfr. All. 2 e 3).

In terzo luogo, i Poli museali vengono investiti anche di compiti, nel precedente paragrafo indicati 'di sistema', concernenti non solo gli istituti/luoghi della cultura facenti parte degli stessi Poli, ma anche gli altri istituti/luoghi (compresi quelli dotati di autonomia speciali ex art. 30, c. 2 lett. a) e 3) operanti sul loro territorio di riferimento.

Questi elementi di novità determinano due tipi di problemi, solo uno dei quali affrontato dal d.p.c.m. n. 171 e dal d.m. Musei.

In primo luogo, emerge la necessità di raccordare le funzioni dei Musei ad autonomia speciale e dei Poli museali con l'assetto organizzativo degli altri istituti/luoghi di cultura ad essi assegnati o comunque situati sul territorio nel quale operano i Poli. Di qui una articolata casistica di regole definitorie dei 'rispettivi ambiti di competenze', graduate a seconda delle situazioni (assegnazione o mera insistenza territoriale) e del tipo di istituto/luogo della cultura (archivi, biblioteche, musei archeologici, aree e parchi archeologici).

L'altro problema riguarda l'esercizio della funzione di tutela (nel complesso degli elementi in cui si risolve la funzione ai sensi del Titolo I della Parte seconda del Codice) a proposito dei Musei ad autonomia speciale e dei Poli museali, problema questo che non trova (volutamente?) una risposta esplicita nel regolamento, ma solo alcune indicazioni.

Gli artt. 34, c. 2 lett. l), m), e 35, c. 4 lett. h, i), affidano ai Direttori dei Musei ad autonomia speciale e a quelli dei Poli museali il compito di autorizzare il prestito per mostre, come pure lo studio e la pubblicazione dei materiali presenti nelle collezioni, sentite le soprintendenze competenti. Si tratta dei soli compiti riconducibili alle funzioni di tutela specificamente indicati nell'ambito della competenza spettante ai titolari delle due strutture. Il tema che si pone è se gli altri compiti rientranti nella tutela, in particolare quelli di prevenzione e conservazione delle collezioni (ma si può pensare anche dei relativi 'contenitori'), continuino a far capo agli organi istituzionalmente preposti alla tutela (a livello periferico, Soprintendenze di settore e Commissioni regionali per il patrimonio culturale) oppure debbano ritenersi ormai di spettanza dei responsabili dei Musei ad autonomia speciale o dei Poli. Tema questo di evidente rilievo considerato che, come è stato rilevato [27], "ogni intervento di valorizzazione deve sempre e comunque essere autorizzato dagli uffici competenti in materia di tutela".

Al riguardo non pare significativo il generico riferimento alla "conservazione" indicata fra le missioni di un museo (art. 35, c. 1). Il dato sistematico, ossia la generale competenza in materia di tutela di pertinenza del complesso Soprintendenze di settore/Commissioni regionali (artt. 33 e 39), unita alla specificità dei compiti di tutela assegnati ai Musei ad autonomia speciale e ai Poli museali, orienta senz'altro verso la prima soluzione, mentre il livello del regolamento di organizzazione fa dubitare che il tema possa trovare una diversa soluzione tramite decreto ministeriale attuativo.

Il che, se è vero, mette a fuoco i confini della portata innovativa delle previsioni in tema di Musei e Poli, ma soprattutto, insieme al già accennato profilo della gestione delle risorse umane, dovrebbe introdurre un dato di prudenza nelle aspettative riposte sulla loro resa futura.

4. Strutture alla ricerca di un ruolo

Riguardo ai Segretariati regionali e alle Commissioni regionali per il patrimonio culturale gli elementi di interesse non stanno tanto nella novità dell'istituzione - per taluni aspetti, come si è detto, le due figure derivano da altre presenti nel precedente regolamento - quanto nel ruolo che potranno effettivamente esercitare.

I Segretariati regionali sono investiti di una serie di compiti complessivamente indicabili come coordinamento delle attività delle strutture periferiche e come cura dei rapporti del Mibact con le autonomie territoriali e le altre istituzioni locali (art. 32, c. 1). In precedenza essi sono stati considerati più in dettaglio. Adesso si vuole rimarcare che l'eterogeneità sotto un profilo tipologico e la dimensione quantitativa degli stessi richiederebbero, nei titolari, competenze plurime non facilmente individuabili e, negli apparati di supporto, una consistenza più ampia di quella normalmente messa a disposizione di strutture di livello dirigenziale non generale. In breve non è remoto il rischio della inadeguatezza della nuova struttura a far fronte ai compiti attribuiti.

In aggiunta va segnalata una possibile, se non sovrapposizione, interferenza con i compiti affidati ai Poli museali sul versante dei rapporti con le istituzioni locali, tenuto conto delle previsioni degli artt. 32 e 34 del regolamento [28]. E' ben vero che, nel caso dei Segretariati regionali, il focus di tali rapporti è dato dalla promozione dell'offerta turistica, mentre in quello dei Poli regionali, dalla valorizzazione dell'offerta culturale, ma è indubbio che nel processo di valorizzazione integrata, come delineato dall'art. 112 del Codice, i primi fra le infrastrutture e i settori produttivi da coinvolgere sono appunto le infrastrutture e il settore produttivo turistici. In breve non può escludersi il pericolo di interferenze operative o all'opposto di indirizzi di azione divergenti.

Incertezze di altra natura sollevano le Commissioni regionali per il patrimonio culturale, cui, come si è visto, sono demandati compiti, attinenti prevalentemente alla tutela, in precedenza ricoperti dalle Direzioni regionali, nonché, quelli, di autotutela quasi contenziosa, spettanti alle Commissioni di garanzia per il patrimonio culturale. Tenuto conto della loro composizione, possono considerarsi nel complesso organi di 'peer review' in rapporto alle proposte e alle decisioni assunte dai Soprintendenti.

Al di là dei dubbi prospettati a proposito del dato strutturale [29], il quesito che si pone è se tali organi opereranno in termini di collegialità effettiva, come organismi di valutazione in chiave intersettoriale (o "olistica") del patrimonio culturale oppure come entità dalla collegialità 'debole', ossia fondamentalmente di ratifica di posizioni già assunte individualmente dagli uffici in essi rappresentati (in particolare dalle Soprintendenze di settore). Un dato di tecnicalità, in apparenza secondario, ossia la possibilità di "convocazione anche in via telematica" (da intendersi, in senso non banale, anche come modalità di effettuazione delle riunioni), potrebbe favorire le condizioni per la seconda soluzione, come conferma l'esperienza di altri ambiti dell'amministrazione pubblica [30].

5. Conclusioni

Pur se si collocano all'interno del paradigma tradizionale, semmai di recente rafforzato [31], che assegna al Ministero un "ruolo totalizzante in sé conchiuso di governo e insieme di amministrazione e di gestione" [32], le novità presentate dal d.p.c.m. n. 171 in tema di organizzazione periferica non possono essere sottovalutate. Sarebbe però azzardato pensare che rappresentino il punto di approdo del percorso di riforma intrapreso. Se non altro talune soluzioni organizzative richiedono la verifica fattuale ed è probabile che questa suggerisca aggiustamenti 'in corso d'opera'.

Peraltro esse possono essere lette anche come possibile preludio ad una riorganizzazione degli apparati periferici più incisiva. Si tratterebbe di una riorganizzazione ordinata secondo il criterio dell'appartenenza dei beni culturali, criterio organizzativo questo che, seppur diverso da quelli utilizzati dal d.p.c.m. n. 171, ne rappresenterebbe nient'altro che una 'logica' evoluzione.

In base a tale criterio le strutture periferiche potrebbero essere ordinate secondo due assi. Il primo, rappresentato dai beni di titolarità dello Stato e in consegna del Ministero, poggerebbe sui Musei (o meglio Istituti della cultura) ad autonomia speciale e sui Poli museali (o meglio culturali), che avrebbero il compito di curare, ad un tempo sia la valorizzazione sia la tutela dei beni costituenti le loro raccolte, nonché, sulla base di assegnazioni progressive, quelle degli altri beni in consegna del Ministero. Nell'uno e nell'altro caso la cifra organizzativa dovrebbe essere rappresentata da una significativa autonomia, declinata anche sul versante della gestione delle risorse umane.

Il secondo asse sarebbe costituito dai beni culturali non statali e da quelli statali non in consegna al Ministero, e rispetto al quale opererebbe il complesso delle Soprintendenze attuali o piuttosto (e meglio) quello delle Soprintendenze unificate, organi collegiali che assommerebbero le funzioni ora affidate alle Sovrintendenze di settore e alle Commissioni regionali per il patrimonio culturale.

In questa prospettiva di riordino sarebbero da definire talune elementi particolari, quali la gestione delle aree e dei parchi archeologici (che tenuto conto della loro necessaria appartenenza allo Stato dovrebbe essere collocata lungo il primo asse), i compiti di stazione appaltante (che richiederebbero di essere assegnati solo ai Poli e agli Istituti ad autonomia speciale, ma a supporto dei quali potrebbe essere immaginata una struttura "di missione" organizzata a livello centrale) e, infine, le funzioni in tema di turismo (comunque da riconsiderarsi una volta intervenuta la riforma del Titolo V della Costituzione, ma che si presterebbero fin d'ora ad essere rimodulate in collegamento con la nuova organizzazione dell'Enit prevista dall'art. 16 del d.l. 83/2014).

Nel complesso la riorganizzazione prefigurata porterebbe a compimento il riordino intrapreso dal d.p.c.m. n. 171, sviluppandone i dati di novità contenuti.

Ma per il momento sui dati del presente è bene che si arresti l'attenzione.

Su questi dati, per concludere, un'osservazione relativa alle relazioni fra Ministero e Istituzioni esterne, in particolare regionali e locali. Come nel precedente regolamento, non si rinvengono nel nuovo sedi e modalità organizzative di quel confronto interistituzionale che le politiche di tutela e di valorizzazione attente all'intero patrimonio culturale richiederebbero.

E' ben vero che non mancano a proposito della disciplina organizzativa sia delle strutture centrali, sia, come accennato, di quelle periferiche indicazioni di compiti rivolti alla promozione di forme concertative e collaborative fra Mibact e istituzioni pubbliche (e sociali). Ma due rilievi non possono non essere mossi.

Il primo, già formulato in precedenza, è che a livello locale la pluralizzazione delle 'voci' del Ministero destinate ad interloquire con le realtà esterne non facilita, anzi rischia di rendere difficoltosi iniziative comuni e rapporti reciproci.

Il secondo è relativo all'impostazione che sembra emergere nell'approccio alla tematica del sistema museale nazionale. Correttamente il d.m. Musei - in termini più chiari del Regolamento (artt. 201, c. 1, e 34, c. 2) - afferma che tale sistema si compone non solo dei musei statali, ma anche di "ogni altro museo di appartenenza pubblica o privata", sia pure sulla base di apposite convenzioni stipulate con i Direttori dei poli museali (art. 7, c. 2). Si aggiunge, però, che "le modalità di organizzazione e funzionamento del sistema museale nazionale sono stabilite dal Direttore generale Musei, sentito il Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici" (comma 3).

La formula sembra tradire una concezione del sistema museale nazionale come aggregazione al sistema dei musei statali degli altri musei piuttosto che come risultato di un processo di integrazione fra sistemi locali, in particolare regionali, con quello statale, con ciò trascurando sia le competenze delle Istituzioni territoriali in tema di valorizzazione, e quindi di gestione dei musei, sia l'esperienza consolidata in molte realtà di sistemi regionali museali. In breve una concezione di bottom-up lontana da quel clima di collaborazione interistituzionale il cui frutto esemplare resta rappresentato dal d.m. 10 maggio 2001 recante l'"Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei". Un clima che anche nel tempo della crisi delle autonomie regionali e locali non pare fuori luogo considerare di persistente utilità.

Per il resto, rispetto alla soddisfacente implementazione dei nuovi schemi organizzativi, lo stato difficoltà in cui versa la valorizzazione dei beni culturali in Italia rende non di circostanza il pur rituale 'the best is yet to come'.

Nota bibliografica

Oltre che ai contributi degli Autori citati in nota, per i temi trattati si fa rinvio agli scritti di M. Cammelli nei nn. 2/2014 e 3/2014, e di L. Casini e L. Covatta nel. n. 3/2014 di questa Rivista, nonché a quelli di L. Casini e di P. Forte in questo numero. Per l'organizzazione del Ministero in base al d.p.r. 233/2007 e succ. mod. cfr. lo scritto di C. Barbati nel n. 3/2009 sempre di questa Rivista.

 

Note

[1] Cfr. art. 2 d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. Sul punto cfr. Commissione per il rilancio dei beni culturali e del turismo e per la riforma del Ministero in base alla disciplina sulla revisione della spesa (d'ora in avanti "Commissione D'Alberti"), Relazione finale, in Riv. trim dir. pubbl., 2014, pag. 174 ss.

[2] Cfr. art. 1 legge 24 giugno 2013, n. 71, e in precedenza, a titolo di delega, il d.p.c.m. 4 giugno 2013.

[3] Si pensi alla frammentazione (e quindi moltiplicazione) delle fattispecie disciplinate, specie in tema di Istituti dotati di autonomia speciale, Musei e Poli museali (artt. 30, 34 e 35), ai frequenti rinvii interni, talora incrociati (art. 34, c. 2 lett. e), e art. 35, c. 2 lett. c)) e all'utilizzo di forme lessicali di incerto significato giuridico ("in raccordo, "in stretto raccordo", cfr. ad es., art. 32, c. 2 lett. n), r) e t), e art. 34, c. 1; "piena collaborazione", ad es. art. 34, c. 2 lett. h) e art. 35, c. 4 lett. f), e "in stretta connessione", ad es., art. 34, c. 2 lett. i)).

[4] Va ricordato che nella scansione delle fonti in tema di organizzazione dei ministeri, quale risulta dagli artt. 4 d.lgs. 30 luglio 1999, n. 30, e dall'art. 17, c. 4-bis legge 23 agosto 1988, n. 400, al regolamento spetta l'individuazione e l'organizzazione dei dipartimenti e delle direzioni generali e ai decreti ministeriali di natura non regolamentare quelle degli uffici dirigenziali di livello non generale, con due precisazioni: tali decreti possono procedere alla distribuzione di detti uffici fra le strutture di livello dirigenziale anche in deroga a quanto stabilito dal regolamento (cfr. art. 4, c. 4-bis d.lgs. n. 300); inoltre, secondo l'interpretazione che appare preferibile dell'equivoco disposto dell'art. 4, c. 1, d.lgs. n. 300, il regolamento può rimettere ai decreti ministeriali, nel rispetto delle previsioni contenute nello stesso regolamento, una parte delle scelte ad esso affidate (e dunque quelle in tema di uffici di livello dirigenziale generale), cfr., per tutti, N. Lupo, Dalla legge al regolamento, Bologna, 2003, pag. 244 ss.).

Venendo al d.p.c.m. n. 171, si può rammentare che l'art. 14, c. 2, d.l. 31 maggio 2014, n. 83, conv. nella legge 29 luglio 2014, n. 106 (c.d. Art Bonus), prevede che con decreto ministeriale i "poli museali, gli istituti e luoghi della cultura statali (...) possono essere trasformati in soprintendenze dotate di autonomia scientifica, finanziaria" ecc., aggiungendo che "nelle strutture di cui al primo periodo del presente comma [appunto quelle appena indicate] vi è un amministratore unico, in luogo del consiglio di amministrazione, da affiancare al soprintendente, con specifiche competenze gestionali e amministrative in materia di valorizzazione del patrimonio culturale".

L'art. 30, c. 5, d.p.c.m. n. 171, richiamandosi esplicitamente a detta previsione ("ai sensi dell'art. 14, comma 2, del decreto legge 31 maggio 2014, n. 83"), stabilisce che con i decreti ministeriali di organizzazione degli Istituti dotati di autonomia speciale "possono essere definiti (...) i compiti dell'amministratore unico o del consiglio di amministrazione, in affiancamento al soprintendente o al direttore" mentre l'art. 41, c. 3 dello stesso d.p.c.m. sostituisce nel d.p.r. 29 maggio 2003, n. 24 (Regolamento relativo al funzionamento amministrativo-contabile delle soprintendenze dotate di autonomia gestionale) la locuzione "consiglio di amministrazione" con quella "consiglio di amministrazione o amministratore unico".

A sua volta il d.m. 23 dicembre 2014 "Organizzazione e funzionamento dei musei statali" (d'ora in avanti "d.m. Musei"), a proposito sia dei Musei dotati di autonomia speciale sia delle Soprintendenze dotate di autonomia scientifica ecc.", ha optato senz'altro per la figura del Consiglio di amministrazione.

Appare evidente la mancata osservanza in ambedue gli atti del principio della preferenza della legge: in particolare nel richiamare la disposizione di fonte primaria - implicitamente ma chiaramente ritenuta di necessaria applicazione alla fattispecie (Istituti dotati di autonomia speciale) che si andava a disciplinare - se ne è disatteso il contenuto precettivo (l'amministratore unico in luogo del consiglio di amministrazione). Per la verità si può dubitare, per le ragioni che emergeranno nel prosieguo, che il modello 'Istituti ad autonomia speciale', declinato dal d.p.c.m. n. 171, sia esattamente riconducibile a quello delle 'Soprintendenze dotate di autonomia scientifica ecc.', tenuto presente dall'art. 14, comma 2, d.l. n. 83/2014, e perciò risulta incerto che dovesse applicarsi la disposizione richiamata. Ma il dubbio, se prospettato e sciolto affermativamente in sede di redazione del d.p.c.m., avrebbe comportato che venisse affrontata poi la questione se il regolamento, nel configurare in termini di specialità una struttura, potesse ricorrere ad un modello organizzativo diverso da quello previsto dalla fonte primaria. Una volta risolta la questione in termini positivi, non si sarebbe dovuto allora operare nessun richiamo a detta fonte. Gli estensori del regolamento evidentemente non hanno ritenuto però di utilizzare questo percorso interpretativo.

In ogni caso, resta fuori discussione che per gli Istituti dotati di autonomia speciale di cui all'art. 30, comma 2, lett. a), d.p.c.m. n. 171, organizzati secondo il modulo delle 'Soprintendenze dotate di autonomia scientifica ecc.' (le due Soprintendenze speciali per il Colosseo ecc. e per Pompei ecc.), quanto disposto dall'art. 14, c. 2, d.l. n. 83/2014 risultava applicabile e andava osservato.

Peraltro, per citazioni di altre violazioni del principio della preferenza della legge operate da d.p.c.m. di riorganizzazione dei ministeri (ex art. 2, c. 10-ter d.l. n. 95/2012) - e a conferma della insufficienza del solo filtro affidato alla Corte dei conti - cfr. C. Martini, La riforma dei ministeri nell'ambito della "spending review", in questa Rivista, 2014, 2, par. 5.

[5] Ci si riferisce al fatto che a decreti ministeriali di natura non regolamentare sono affidati l'organizzazione e il funzionamento degli Istituti dotati di autonomia speciale nonché la ulteriore indicazione dei compiti dei direttori dei Musei, nell'uno e nell'altro caso anche quando si tratta di uffici di livello dirigenziale generale (cfr. artt. 30, c. 5, e art. 35, c. 2).

[6] Cfr. Relazione, cit., 202 s., che parla, per le Direzioni regionali, di limitazione a soli compiti di "supporto amministrativo e di ausilio, anche in materia contrattuale", nei confronti degli istituti periferici - Soprintendenze, Musei, Archivi e Biblioteche - con esclusione del "controllo tecnico-scientifico" sugli stessi, e assegnazione di "compiti di raccordo con le autonomie [territoriali] anche in materia di turismo"); mentre per gli istituti culturali, specie per i musei, indica "un'ampia autonomia tecnico-scientifica e gestionale".

[7] A parte la previsione dell'affiancamento al soprintendente dell'amministratore unico (art. 14, c. 2, sulla quale però cfr. supra nt. 4) sono da ricordare quelle secondo cui: a) "Il Ministero si articola in uffici dirigenziali generali centrali e periferici" (art. 14, c. 1); b) con il regolamento di organizzazione "sono individuati (...) i poli museali e gli istituti di cultura statali di rilevante interesse nazionale che costituiscono uffici di livello dirigenziale", con possibilità di prevedere che i relativi incarichi siano conferiti "con procedure di selezione pubblica" (art. 14, c. 2-bis); c) con il medesimo regolamento sono disciplinate "a livello regionale o interregionale" apposite "commissioni di garanzia per la tutela del patrimonio culturale", aventi il compito di riesaminare gli "atti di assenso comunque denominati rilasciati dagli organi periferici" del Ministero nei procedimenti autorizzatori in materia di beni culturali e paesaggistici (art. 12, c. 1-bis). Sull'attuazione da parte del d.p.c.m. n. 171 di tali previsioni cfr. infra in questo paragrafo e nel paragrafo 2.3.

[8] Art. 32, c. 5.

[9] Cfr. artt. 36, c. 2 lett. o), 37, c. 2 e 3, 38, c. 2-3. Nel caso dei Musei e dei Poli museali non sono menzionati limiti di valore (artt. 34, c. 2 lett. u), 35, c. 4 lett. o)).

[10] Cfr. art. 17, c. 3 lett. a), d.p.r. 26 novembre 2007, n. 233 e succ. mod., precedente regolamento di organizzazione.

[11] Il d.m. Articolazione, sulla scorta di quanto ammesso dall'art. 37, c. 4, del regolamento, ne prevede sei come uffici di livello dirigenziale non generale (identico carattere presentano le Soprintendenze archivistiche, art. 36, c. 1). Gli Archivi di Stato hanno sede in quasi tutti i comuni capoluoghi di Provincia (All. 1 alla Relazione della Commissione D'Alberti, cit., par. 6). Nel complesso sono centouno (http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/Ministero/La-struttura-organizzativa/index.html). Una situazione a parte presenta l'Archivio centrale dello Stato, che è confermato come istituto ad autonomia speciale (art. 30, c. 2 lett. b) regolamento), sottoposto all'indirizzo e, d'intesa con la Direzione generale Bilancio, alla vigilanza della Direzione generale Archivi, competente ad assegnare ad esso, d'intesa con le Direzioni generali Organizzazione e Bilancio, le relative risorse umane e strumentali (art. 21, c. 3).

[12] L'All. 1 alla Relazione della Commissione D'Alberti, cit., par. 7, in verità parla di trentatré Soprintendenze per i beni architettonici e paesaggistici, ma in tale numero sono da ritenersi ricomprese anche le otto Soprintendenze c.d. miste ("per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici") previste dall'All. 2 del d.m. 20 luglio 2009, menzionate (al par. 3.1) ma non conteggiate distintamente.

[13] Cfr. All. 2 del d.m. Articolazione e http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/Ministero/La-struttura-organizzativa/index.html. La Soprintendenza unica per la città dell'Aquila è prevista fino al 31 dicembre 2019, ai sensi dell'art. 54, c. 2-bis d.lgs. n. 300/1999. Oltre a quelle indicate nel testo vanno considerate le due Soprintendenze speciali, rispettivamente, per il Colosseo, il Museo nazionale romano e l'area archeologica di Roma, e per Pompei, Ercolano e Stabia (a partire dal 1° gennaio 2016), costituenti uffici di livello dirigenziale generale (art. 30, c. 2 lett. a) e art. 41, c. 2, d.p.c.m. n. 171).

[14] Cfr. All. 2 d.m. 20 luglio 2009. Cfr. ad es. la Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Pisa e Livorno, con sede a Pisa.

[15] Commissione D'Alberti, Relazione, cit., pag. 204.

[16] Dalle Direzioni regionali vengono 'ereditati' i soli poteri previsti dall'art. 32 d.lgs. n. 42/2004 (di imposizione e di realizzazione di interventi conservativi sui beni culturali, art. 33, c. 1 lett. m), regolamento).

[17] Cfr. All. 2 del d.m. Articolazione e http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/Ministero/La-struttura-organizzativa/index.html.

[18] Si trattava delle quattro Soprintendenze speciali per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale, rispettivamente, della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare, della città di Napoli e della Reggia di Caserta, della città di Roma e della città di Firenze (art. 15, c. 3 lett. c)-f)).

[19] Ci si riferisce alle iniziative legislative presentate nel corso della XI e XII legislatura, sulle quali cfr. P. Forte, I musei statali in Italia: prove di autonomia, in questa Rivista, 2011, 1, nt. 8, e a quella promossa dall'Ufficio studi del Ministero, conclusasi nel 2008 con la formulazione di un modello-tipo di regolamento per i musei statali, sul quale, oltre al già citato lavoro di P. Forte, cfr. Ministero per i beni e le attività culturali, Segretariato Generale, Ufficio Studi, La carta d'identità del Museo, Gangemi, Roma, 2009 (con i contributi di A. Maresca Compagna, P. Forte e G. Sciullo).

[20] Cfr. anche art. 3 d.m. 27 novembre 2014 "Disciplina dei criteri e delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali".

[21] L'All. 1 del dm. Musei ha individuato altre due unità (Galleria nazionale delle Marche e quella dell'Umbria) e ha proceduto a talune ridenominazioni, cfr. anche art. 3, c. 4, d.m. Articolazione.

[22] Cfr. All. 2.

[23] In aggiunta, al comma 2, sempre l'art. 20 prevede che per gli archivi e le Biblioteche assegnati a Musei o a Poli museali l'incarico di direzione venga conferito dal rispettivo Direttore generale di riferimento, ma "su proposta del direttore del museo o del direttore del Polo museale". Previsione questa di dubbia legittimità, perché incidente su funzioni di strutture dirigenziali generali stabilite dal regolamento e da questo non previste come derogabili dai decreti ministeriali.

[24] Cfr. Relazione, cit., pag. 173.

[25] In relazione ai primi due criteri si dispongono le Soprintendenze di settore (artt. 33 e 36), i Segretariati regionali (art. 32), le Commissioni regionali per il patrimonio culturale (art. 39), mentre il terzo presiede alla disciplina dei Musei e Istituti ad autonomia speciale (artt. 30 e 35), dei Poli museali (art. 34), degli Archivi di Stato (art. 37) e delle Biblioteche (art. 38).

[26] Si pensi, nell'ordine, alle Biblioteche pubbliche statali, articolazioni periferiche della Direzione generale Biblioteche, e alle aree e parchi archeologici gestiti dalle Soprintendenze Archeologia, che anche nel d.p.c.m. mantengono, in linea di principio, la tradizionale configurazione organizzativa (cfr. artt. 38, c. 1, e 35, c. 3). Cfr. anche, in termini generali, l'art. 33, c. 1, lett. f).

[27] L. Casini, Il mito di Sisifo ovvero la quarta riorganizzazione del Ministero per il beni e le attività culturali, in Gior. dir. amm., 2010, 10, pag. 1010, che a supporto citava il disposto dell'art. 8, c. 2, lett. m), d.p.r. n. 233/2007, ora trasfuso nell'art. 20, c. 2, lett. l), d.p.c.m. n. 171.

[28] In dettaglio, i Segretari regionali sono chiamati a occuparsi dei "rapporti del Ministero e delle strutture periferiche con le Regioni, gli enti locali e le altre istituzioni presenti nella regione" (art. 32, c. 1). In particolare curano l'"attuazione degli indirizzi strategici e dei progetti elaborati a livello centrale relativi alla valorizzazione e alla promozione turistica degli itinerari culturali e di eccellenza paesaggistica" e favoriscono "iniziative per il sostegno alla realizzazione di progetti strategici per il miglioramento della qualità dei servizi turistici e per una migliore offerta turistica nel territorio regionale" (art. 32, c. 2, lett. r), t)).

Viceversa, al Direttore del Polo museale è demandato il compito di "promuovere la definizione e la stipula nel territorio di competenza degli accordi di valorizzazione di cui all'art. 112 del Codice (...) al fine di individuare strategie e obiettivi comuni di valorizzazione", anche con "l'integrazione, nel processo di valorizzazione, delle infrastrutture e dei settori produttivi collegati" (art. 34, c. 2 lett. o)).

[29] Cfr. supra par. 2.1.

[30] Ci si riferisce a quello universitario.

[31] Si fa riferimento alla previsione dell'art. 14, c. 2, d.l. n. 83/2014, secondo la quale "I poli museali e gli istituti e i luoghi della cultura di cui al primo periodo svolgono, di regola, in forma diretta i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico di cui all'articolo 117, comma 2, lettere a) e g), del Codice dei beni culturali e del paesaggio".

[32] Così G. Pastori, Le funzioni, in questa Rivista, 2005, 1, par. 1, a proposito del riordino del Ministero operato dal d.lgs. 8 gennaio 2004, n. 3, e dal d.p.r. 8 giugno 2004, n. 173. Dello stesso Autore, per accenni non dissimili a proposito della riorganizzazione operata dal d.p.c.m. n. 171, cfr. in questo stesso numero, La riforma dell'amministrazione centrale del Mibact tra continuità e discontinuità, par. 5.

 

 



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