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Il patrimonio culturale tra pubblico e privato: modelli organizzativi e strumenti giuridici

Le norme tecniche e linee guida applicative delle disposizioni in materia di sponsorizzazioni di beni culturali: i tratti essenziali

di Floriana Di Mauro

Sommario: 1. Il contesto normativo di riferimento. - 2. La natura giuridica. - 3. Le fattispecie escluse dalla nuova disciplina: erogazioni liberali e figure affini. - 4. L'ambito applicativo dell'articolo 199-bis e la disciplina applicabile nelle altre ipotesi di sponsorizzazioni di beni culturali. - 5. Il principio di programmazione. - 6. La controprestazione offerta allo sponsor. Sponsorizzazione di interventi e adozione di un monumento. - 7. La vendita di spazi pubblicitari e le ipotesi di intermediazione nella ricerca di sponsor o inserzionisti. - 8. Conclusioni.

The Technical Rules and the Operational Guidelines for the Implementation of the Provisions Regarding the Sponsorship of Cultural Goods: The Main Features
The article scrutinizes the main contents of the technical rules and the operational guidelines for the implementation of the provisions regarding the sponsorship of cultural goods, recently issued by the Italian Ministry for Cultural Heritage. The fundamental issues are two: the clarifications on the scope of application of the rules on the appointment of the sponsor introduced by the new section 199-bis of the Italian Public Procurement Code and the consistency of the benefits granted to the sponsor in return for its contribution with the need to adequately protect the cultural heritage.

1. Il contesto normativo di riferimento

A seguito dell'adozione del decreto ministeriale 19 dicembre 2012, recante Approvazione delle norme tecniche e linee guida in materia di sponsorizzazione di beni culturali e di fattispecie analoghe o collegate può dirsi compiuto il recente ciclo di interventi di regolazione che hanno portato a consistenti innovazioni nella disciplina dell'istituto della sponsorizzazione finalizzata alla realizzazione di interventi di tutela o di valorizzazione di beni culturali [1].

Fino a tempi assai recenti, invero (ossia, fino all'entrata in vigore del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35), le sponsorizzazioni di beni culturali trovavano la propria disciplina unicamente nell'articolo 120 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio (di seguito, per brevità: il Codice dei beni culturali) e negli articoli 26 e 27 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (di seguito, per brevità: il Codice dei contratti pubblici). Previsioni, queste, che non dettano prescrizioni puntuali e dettagliate sui diversi aspetti potenzialmente rilevanti, limitandosi, per un verso, a prevedere e disciplinare, nella sede appropriata del Codice dei beni culturali, la necessaria compatibilità della sponsorizzazione con le esigenze di tutela dei beni (articolo 120) e, sotto diverso profilo, ad assoggettare la scelta dello sponsor ai principi del Trattato e alle disposizioni in materia di requisiti di qualificazione, nei soli casi di lavori, servizi o forniture acquisiti o realizzati a cura e spese del partner privato (articoli 26 e 27 del Codice dei contratti pubblici).

La scarna regolamentazione contenuta nel Codice dei contratti pubblici nulla inizialmente prevedeva, quindi, in materia di sponsorizzazione c.d. pura o di puro finanziamento, ossia consistente nell'erogazione, da parte dello sponsor, di una somma di denaro o nell'accollo del debito dell'amministrazione verso il prestatore di lavori, servizi o forniture [2]; figura, questa, certamente prevista e disciplinata dall'articolo 120 del Codice dei beni culturali sotto il diverso e già visto profilo della compatibilità con le esigenze di tutela [3]. D'altra parte, anche la sponsorizzazione c.d. tecnica, ossia consistente nell'acquisto o realizzazione di lavori, servizi o forniture a cura e spese dello sponsor, era assoggettata unicamente - come detto - ai principi del Trattato, come declinati dall'articolo 27, nonché al rispetto dei necessari requisiti di qualificazione dell'esecutore della prestazione.

Tale contesto normativo ha subito significative innovazioni ad opera del decreto legge n. 5 del 2012. Va, anzitutto, segnalata la modifica del comma 1 del citato articolo 26 del Codice dei contratti pubblici, mediante la fissazione di una soglia di rilevanza di 40.000 euro, in precedenza non prevista (articolo 20, comma 1, lett. b), n. 1 del decreto legge); ciò che ha posto sin da subito il problema della disciplina applicabile al di sotto della soglia.

E' stato, poi, introdotto il nuovo articolo 199-bis del Codice dei contratti pubblici, concernente la Disciplina delle procedure per la scelta dello sponsor [4], il quale non solo ha dettagliato la disciplina dell'istituto, determinando le modalità operative attraverso le quali devono trovare attuazione in concreto, nell'ambito considerato, i principi di cui all'articolo 27 del medesimo Codice, ma ha anche apportato almeno due importanti novità. Anzitutto, ha stabilito il principio di programmazione degli interventi di sponsorizzazione, individuando i necessari raccordi con la programmazione dei lavori pubblici; sotto diverso profilo, ha espressamente incluso nel proprio ambito applicativo anche la sponsorizzazione pura. Quest'ultima è forse la novità di maggiore rilievo, se si considera che l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha avuto modo di chiarire che, anteriormente all'entrata in vigore della nuova disposizione, i contratti di sponsorizzazione pura di beni culturali, in quanto contratti attivi, dovevano considerarsi sottratti alla disciplina del Codice dei contratti pubblici e sottoposti alle norme di contabilità di Stato, le quali richiedono l'esperimento di procedure trasparenti [5].

Il decreto legge ha anche stabilito un raccordo tra l'articolo 26 e il nuovo articolo 199-bis del Codice dei contratti pubblici, mediante l'introduzione, nel medesimo articolo 26, del comma 2-bis, in base al quale "Ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture aventi ad oggetto beni culturali si applicano altresì le disposizioni dell'articolo 199-bis del presente codice" (articolo 20, comma 1, lett. b), n. 2 del decreto legge).

Infine, è stata prevista l'approvazione, con decreto del ministro per i Beni e le Attività culturali, di "norme tecniche e linee guida applicative delle disposizioni contenute nell'articolo 199-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché di quelle contenute nell'articolo 120 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, anche in funzione di coordinamento rispetto a fattispecie analoghe o collegate di partecipazione di privati al finanziamento o alla realizzazione degli interventi conservativi su beni culturali, in particolare mediante l'affissione di messaggi promozionali su ponteggi e sulle altre strutture provvisorie di cantiere e la vendita o concessione dei relativi spazi pubblicitari". Ciò all'evidente scopo di indicare alle amministrazioni interessate le modalità operative cui attenersi nell'applicazione della nuova disciplina, scongiurando il rischio che l'introduzione di una più dettagliata regolamentazione delle modalità di affidamento possa determinare un disincentivo al ricorso alla sponsorizzazione. Esito, questo, che risulterebbe assai negativo, se si considera che l'istituto desta crescente interesse presso le imprese [6] e si presta ad assumere, nell'attuale contesto finanziario di cronica carenza di risorse destinate al settore, un importante strumento per migliorare i livelli di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale.

Le odierne Norme tecniche e linee guida (di seguito, per brevità: le Linee guida) intervengono proprio in attuazione della disposizione normativa da ultimo citata, ponendosi l'obiettivo ambizioso di fornire un quadro chiaro di riferimento agli operatori del settore e di dirimere le principali criticità evidenziate nell'esperienza operativa degli uffici, alla luce delle novità normative.

L'atto, costituente l'Allegato "A" al decreto ministeriale del 19 dicembre 2012, presenta una notevole estensione e complessità, articolandosi in ben cinque capitoli. Non essendo possibile, in questa sede procedere a una dettagliata disamina dei contenuti, si tenterà di mettere a fuoco gli aspetti di maggior rilievo, e le soluzioni interpretative e attuative prescelte in ordine ai profili di più evidente criticità della disciplina primaria vigente.

2. La natura giuridica

Come detto, l'articolo 61, comma 1, del decreto legge n. 5 del 2012 fa riferimento alla necessaria approvazione di apposite Norme tecniche e linee guida. Il primo tema con il quale il nuovo atto ha dovuto fare i conti è stato, pertanto, quello di chiarire la propria valenza giuridica. La questione è stata, in realtà, solo succintamente affrontata nella Premessa delle stesse Linee guida ministeriali, mediante l'affermazione del riconoscimento della natura di norme tecniche a carattere precettivo alle istruzioni attinenti alla tutela del patrimonio culturale. In particolare, tale portata presentano le previsioni attuative dell'articolo 120 del Codice dei beni culturali in tema di compatibilità delle sponsorizzazioni con il carattere artistico o storico, l'aspetto o il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, nonché quelle concernenti la qualificazione degli esecutori delle prestazioni.

Vanno, invece, intese come mere linee guida le indicazioni concernenti l'interpretazione delle altre disposizioni normative e l'applicazione delle prescrizioni in materia di selezione del contraente. Le previsioni rientranti in questo secondo gruppo assumono, pertanto, la valenza di atto di indirizzo e di direttiva nei confronti degli uffici del ministero, mentre presentano una portata meramente interpretativa e di orientamento nei confronti delle amministrazioni diverse dal ministero.

Al riguardo, è da segnalare che la distinzione tra i due gruppi di previsioni viene tracciata dalle Linee guida solo a livello concettuale. Sarebbe stato probabilmente preferibile e di maggiore utilità, specie ai fini della pratica applicazione da parte delle amministrazioni, operare una chiara partizione e una esplicita qualificazione in un senso o nell'altro delle diverse e complesse indicazioni contenute nell'atto.

3. Le fattispecie escluse dalla nuova disciplina: erogazioni liberali e figure affini

L'introduzione di puntuali modalità procedurali per le sponsorizzazioni di beni culturali, non solo tecniche, ma anche pure, ha reso necessario anzitutto chiarire puntualmente quando la nuova disciplina non debba trovare applicazione e, quindi, l'amministrazione non sia soggetta ad alcun vincolo nella scelta del contraente. Al tema è dedicato il paragrafo I.3.1 delle Linee guida, ove opportunamente si precisa che la sponsorizzazione di beni culturali cui si riferiscono le prescrizioni normative in materia di selezione del contraente è unicamente quella che dà luogo alla stipulazione di contratti a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive con i quali l'amministrazione (sponsee) si obbliga, a fronte della prestazione dello sponsor, a consentire a quest'ultimo di associare il proprio nome, marchio, immagine, attività o prodotto a un'iniziativa di tutela o di valorizzazione del bene culturale [7]. Non vi rientrano, pertanto, i casi in cui la prestazione del privato contraente non trova alcuna contropartita in una corrispettiva prestazione da parte del soggetto titolare del bene [8].

Al riguardo, le Linee guida hanno cura di chiarire che la suddetta esclusione dall'ambito applicativo della nuova disciplina regolativa opera sia nel caso in cui il soggetto erogante è mosso da autentico spirito di liberalità, configurandosi quindi una vera e propria donazione modale (ipotesi più frequentemente riscontrabile ove si tratti di un privato o di un soggetto non lucrativo), sia qualora, pur in assenza di qualsivoglia controprestazione, ricorra comunque un interesse patrimoniale anche mediato dell'erogante, idoneo a giustificare causalmente la complessiva operazione economica compiuta. In quest'ultima ipotesi, più frequente ove la controparte privata sia un'impresa, sarà ravvisabile un negozio gratuito modale [9].

Peraltro, la distinzione tra le erogazioni realizzate mediante donazione modale e quelle riconducibili alla figura del negozio gratuito modale sorretto da un interesse patrimoniale dell'erogante rileva ai soli fini civilistici, poiché sia dal punto di vista amministrativo che sotto il profilo fiscale le due ipotesi sono soggette al medesimo trattamento, ossia la non applicabilità di alcuna regola procedurale per la selezione del contraente e la possibilità di beneficiare dei vantaggi fiscali previsti per le erogazioni liberali.

Viene, invece, sollecitata l'attenzione degli uffici in ordine ai contenuti del contratto stipulato con l'erogante, evidenziando - opportunamente e condivisibilmente - come si rimanga nell'ambito dell'erogazione liberale o gratuita unicamente ove l'amministrazione non assuma alcuna obbligazione corrispettiva rispetto alla prestazione ricevuta, limitandosi al più a un mero "pubblico ringraziamento" [10], che costituirà eventualmente il contenuto di un mero modus. Viceversa, ove si permetta all'erogante di associare il proprio nome all'intervento sul bene culturale, sarà effettivamente ravvisabile una sponsorizzazione e troverà applicazione la relativa disciplina amministrativa e fiscale.

Coerentemente con tale impostazione, le Linee guida (I.3.2) escludono dal proprio ambito applicativo sia i rapporti di partnership pubblico-privato contrattuale e non istituzionale finalizzati alla realizzazione, senza alcun corrispettivo a favore del partner privato, di un complesso di attività di tutela e/o di valorizzazione (accordi non infrequentemente intercorrenti con istituzioni scientifiche e culturali prive di finalità lucrative), sia le partnership specificamente finalizzate ad attività di fund raising.

4. L'ambito applicativo dell'articolo 199-bis e la disciplina applicabile nelle altre ipotesi di sponsorizzazioni di beni culturali

Tra le questioni più complesse e delicate che le Linee guida si sono trovate a dover affrontare vi è il tema della puntuale determinazione dell'ambito applicativo delle regole procedurali introdotte dal nuovo articolo 199-bis del Codice dei contratti pubblici e, correlativamente, della disciplina da ritenere operante nelle fattispecie non regolate dalla suddetta previsione normativa. Molti, invero, sono i punti problematici lasciati aperti dalla normazione primaria che richiedevano un intervento interpretativo e rispetto ai quali le Linee guida hanno tentato di offrire una soluzione appropriata e ragionevole, ancorché - giova ribadirlo - di portata non vincolante, esulandosi dall'ambito delle previsioni cui può riconoscersi carattere precettivo.

Si pone, in primo luogo, la questione di carattere generale e sistematico attinente alla necessità di considerare le sponsorizzazioni di beni culturali come contratti ancora esclusi dall'ambito applicativo del Codice dei contratti pubblici, pur a seguito dell'introduzione del nuovo articolo 199-bis. L'interrogativo è risolto affermativamente dalle Linee guida, sulla scorta della considerazione che le nuove modalità procedurali introdotte rappresentano, per espressa previsione normativa, una mera puntualizzazione dei principi di cui all'articolo 27 del Codice dei contratti pubblici (v. paragrafo I.1.1).

Altre e ancor più rilevanti questioni attengono al rapporto tra gli articoli 26 e 199-bis. La prima previsione si riferisce alle sponsorizzazioni tecniche di lavori, servizi e forniture, di importo superiore a 40.000 euro, mentre la seconda ha ad oggetto sia le sponsorizzazioni pure che quelle tecniche e inoltre, pur facendo riferimento ai servizi e alle forniture, colloca la programmazione delle sponsorizzazioni di beni culturali nel contesto del programma triennale dei lavori pubblici.

Da ciò anzitutto il tema della disciplina applicabile alle sponsorizzazioni tecniche di importo inferiore a 40.000 euro. Al riguardo, le Linee guida addivengono alla conclusione che, se al di sotto di tale soglia il legislatore ha addirittura escluso la rilevanza dei principi del Trattato, deve ritenersi a fortiori inapplicabile la nuova disciplina dell'articolo 199-bis, che, come detto, è volta, per espressa previsione normativa, a puntualizzare le modalità applicative dei principi in questione. Ne discende che, al di sotto della ripetuta soglia di 40.000 euro, la nuova disciplina è, altresì, inapplicabile anche per le sponsorizzazioni pure, le quali, in assenza dell'articolo 199-bis, sarebbero rimaste del tutto fuori, come detto, dall'ambito di operatività del Codice dei contratti pubblici.

Quanto alle sponsorizzazioni al di sopra della soglia suddetta, si è posto il problema di stabilire se la previsione dell'articolo 199-bis abbia ad oggetto tutti i servizi e le forniture, o soltanto quelli accessori a lavori. Le Linee guida hanno concluso in quest'ultimo senso (paragrafo I.2), traendo argomento dalla stessa struttura logica della nuova disposizione, la quale, prevedendo quale primo adempimento l'integrazione degli interventi oggetto di sponsorizzazione nell'ambito del programma triennale dei lavori pubblici, focalizza evidentemente la propria attenzione su questi ultimi. Conseguentemente, le sponsorizzazioni tecniche di servizi o forniture non accessori a lavori di importo superiore a 40.000 euro sono da ritenere regolate dai soli articoli 26 e 27 del Codice dei contratti pubblici. In proposito, le Linee guida ipotizzano che il rispetto dei suddetti principi possa avvenire mediante una mera sollecitazione pubblica sul sito dell'amministrazione, con assegnazione di un termine per le candidature e la successiva acquisizione di un numero ragionevole di preventivi [11].

Quanto alle sponsorizzazioni pure di servizi o forniture non accessori a lavori di importo superiore a 40.000, queste continueranno - come per il passato - ad essere radicalmente escluse dalle previsioni del Codice dei contratti pubblici. Per esse quindi, secondo il sopra riferito insegnamento dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, vigeranno unicamente i principi di legalità, buon andamento e trasparenza imposti dalle norme di contabilità pubblica, i quali - secondo quanto suggerito dalle Linee guida - potranno ritenersi assolti mediante la pubblicazione di una scheda dell'intervento sul sito dell'amministrazione e la successiva negoziazione anche semplicemente con il primo operatore economico che abbia manifestato interesse.

I medesimi principi e indicazioni operative da ultimo richiamati sono da ritenere operanti anche per le sponsorizzazioni di qualunque tipologia che si collochino al di sotto della soglia di rilevanza di 40.000 euro, per le quali varrà, quindi, quanto sopra detto con riferimento alle sponsorizzazioni pure di servizi o forniture non accessori a lavori (paragrafo I.1.1).

In ogni caso - qualunque sia il valore della prestazione erogata - nel caso delle sponsorizzazioni tecniche è sempre necessario richiedere il possesso dei necessari requisiti di qualificazione degli esecutori delle prestazioni. In effetti, la non perspicua formulazione dell'articolo 26 del Codice dei contratti pubblici, come modificato dal decreto legge n. 5 del 2012, potrebbe essere interpretata nel senso di aver sottratto le sponsorizzazione tecniche di valore inferiore a 40.000 euro anche alle disposizioni in materia di qualificazione. Tale conclusione, tuttavia, è esclusa dalle Linee guida (paragrafi I.1.1 e II.7), sulla base di due argomenti.

Il primo fa leva sul tenore testuale dell'articolo 199-bis, comma 3, ove sono menzionate insieme le disposizioni in materia di requisiti generali e di qualificazione e quelle concernenti i requisiti di compatibilità delle sponsorizzazioni (articolo 120 del Codice dei beni culturali), queste ultime indubitabilmente riferibili ai contratti di sponsorizzazione di qualsivoglia importo. Inoltre, l'uso, nel contesto di tale comma, dell'espressione "restano fermi" induce a ritenere che il comma 3 abbia ad oggetto la salvaguardia dell'operatività di disposizioni aventi un ambito applicativo più ampio rispetto ai precedenti commi 1 e 2.

Il secondo argomento, di carattere sistematico, evidenzia come la necessità di verificare i requisiti di qualificazione attenga direttamente al rispetto delle previsioni dell'articolo 9 della Costituzione e dell'articolo 29 del Codice dei beni culturali. Apparirebbe, in tale prospettiva, del tutto arbitrario e irragionevole far dipendere la necessità del possesso dei suddetti requisiti di qualificazione - direttamente riferibili a esigenze di tutela del patrimonio culturale - da circostanze accidentali, quale il ricorso a una data tipologia contrattuale e il valore della prestazione. Tale indicazione, certamente condivisibile, assume presumibilmente rilevanza precettiva di vera e propria "norma tecnica", in quanto finalizzata ad assicurare l'uniforme applicazione delle regole attinenti alla tutela dei beni culturali.

Va, peraltro, evidenziato che, nelle sponsorizzazioni tecniche in cui lo sponsor abbia assunto l'obbligazione di far eseguire a propria cura e spese, da altro operatore economico, l'intervento sponsorizzato, sarà bensì necessario verificare il possesso dei necessari requisiti di qualificazione da parte dell'impresa esecutrice, ma questa potrà essere individuata liberamente dallo sponsor, senza necessità di esperire apposite procedure di evidenza pubblica (paragrafi I.1.1 e II.7) [12].

5. Il principio di programmazione

Il nuovo articolo 199-bis ha introdotto, come detto, il principio della programmazione in materia di sponsorizzazioni di beni culturali. Scopo della previsione è quello di evitare che le amministrazioni siano indotte, come per il passato, ad assumere un ruolo passivo a fronte dell'iniziativa del privato, cui troppo spesso è stato lasciato il compito di proporre l'iniziativa cui legare il proprio nome, l'entità del finanziamento erogato, le conseguenti ricadute progettuali e temporali della realizzazione dell'intervento. In un contesto in cui il ricorso a risorse private è sempre più necessario per lo svolgimento dei compiti di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale, l'assunzione di un ruolo attivo delle amministrazioni assume rilevanza cruciale, allo scopo di canalizzare le risorse ottenibili mediante le sponsorizzazioni nei confronti delle iniziative e con le modalità ritenute più opportune in vista del perseguimento dell'interesse pubblico.

Se questo è l'encomiabile obiettivo che la nuova normativa si prefigge, essa tuttavia ancora una volta lascia aperti alcuni aspetti problematici, cui le Linee guida hanno tentato di fornire soluzione (v. paragrafo II.1).

In particolare, l'articolo 199-bis stabilisce che le amministrazioni "integrano il programma triennale dei lavori di cui all'articolo 128 con un apposito allegato che indica i lavori, i servizi e le forniture in relazione ai quali intendono ricercare sponsor per il finanziamento o la realizzazione degli interventi. A tal fine provvedono a predisporre i relativi studi di fattibilità, anche semplificati, o i progetti preliminari. In tale allegato possono altresì essere inseriti gli interventi per i quali siano pervenute dichiarazioni spontanee di interesse alla sponsorizzazione". Si fa dunque riferimento alla necessità della redazione di un apposito allegato al programma triennale dei lavori pubblici e, come si è detto, da ciò le Linee guida traggono argomento per ritenere che i servizi e le forniture da indicare siano solo quelli accessori ai lavori. La disposizione non chiarisce, invece, a quale arco temporale debba fare riferimento tale allegato (triennale - come il programma - o annuale, in analogia con l'elenco dei lavori?). Il problema sembra implicitamente risolto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 199-bis, ove si fa riferimento allo "allegato del programma triennale dei lavori dell'anno successivo"; soluzione, questa, con la quale appaiono coerenti le indicazioni fornite dalle Linee guida in merito alle modalità di redazione dell'allegato.

Al riguardo, va posto in evidenza come l'applicazione pratica della disposizione abbia dovuto tenere conto dell'emanazione del decreto del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 11 novembre 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 55 del 6 marzo 2012, mediante il quale, in attuazione dell'articolo 128, comma 11, del Codice dei contratti pubblici, sono stati definiti gli schemi-tipo da adottarsi da parte delle amministrazioni aggiudicatrici per la predisposizione e l'adozione del programma triennale dei lavori pubblici, dei suoi aggiornamenti annuali, dell'elenco annuale dei lavori e del programma annuale per l'acquisizione di beni e servizi. Si è posto, in particolare, il problema di come le amministrazioni dovessero operativamente redigere l'apposito nuovo allegato al programma triennale dei lavori, non essendo questo nuovo documento previsto nell'ambito degli schemi-tipo adottati con il decreto ministeriale sopra citato.

La soluzione prescelta dalle Linee guida, in attesa di una eventuale revisione degli schemi-tipo, è stata quella di valorizzare la possibilità, già oggi offerta dai suddetti schemi, di specificare, negli appositi campi destinati all'indicazione delle fonti di finanziamento, la scelta dell'amministrazione di voler fare ricorso alla sponsorizzazione.

In altri termini, i lavori oggetto di sponsorizzazione saranno inclusi nella programmazione triennale dei lavori, mentre i servizi e le forniture oggetto di sponsorizzazione saranno programmati in conformità alle regole operativamente previste per la redazione del programma annuale per l'acquisizione di beni e servizi. In entrambi casi, mediante l'indicazione di un apposito codice, si individua la provenienza delle risorse da sponsorizzazione. Conseguentemente, l'allegato richiesto dall'articolo 199-bis può essere tecnicamente generato mediante un'operazione di estrapolazione dei dati dallo schema tipizzato [13].

Il sistema introdotto, pur idoneo a risolvere l'esigenza pratica di consentire alle amministrazioni di rendere immediatamente interoperabili i dati, presenta tuttavia alcune criticità. In particolare, la previsione della necessità di valersi, per i servizi e le forniture, dell'apposita scheda finalizzata alla programmazione di tali tipologie contrattuali comporta lo svantaggio di pervenire di fatto alla elaborazione non già di un solo allegato per tutte le sponsorizzazioni - come richiesto dall'articolo 199-bis - ma di due distinti (uno, appunto, per i lavori; l'altro per i servizi e le forniture). Ciò appare anche in contraddizione con la circostanza che la programmazione annuale dei servizi e delle forniture, prevista unicamente dall'articolo 271 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, recante il Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei contratti pubblici (di seguito, per brevità: il Regolamento dei contratti pubblici), ha carattere non obbligatorio, ma meramente facoltativo. Le Linee guida si trovano, pertanto, a dover fare i conti con il dato - apparentemente paradossale - che le amministrazioni, che hanno una mera facoltà di programmare i servizi e le forniture, sono, invece, obbligate a provvedervi ove la fonte di finanziamento derivi da sponsorizzazione [14]. Il paradosso è, poi, reso ancor più evidente dalla circostanza che, come detto, le Linee guida optano per la soluzione interpretativa secondo la quale le disposizioni dell'articolo 199-bis si riferiscono ai servizi e alle forniture solo se e in quanto strumentali a lavori. Solo tali servizi e forniture, quindi, sono soggetti all'obbligo di programmazione, ma - e qui risiede l'incongruità della soluzione operativa - nell'ambito di una scheda separata rispetto a quella relativa ai lavori cui sono strumentali.

La scelta operata dalle Linee guida era, forse, l'unica oggettivamente praticabile allo scopo di dare immediata attuazione alla previsione legislativa. De iure condendo, si impone tuttavia la revisione del decreto ministeriale 11 novembre 2011, allo scopo di consentire la redazione di un unico allegato al programma triennale, in cui trovino spazio anche i servizi e le forniture strumentali ai lavori.

Un apposito paragrafo delle Linee guida (II.2) è, poi, opportunamente, dedicato allo studio di fattibilità semplificato necessario ai fini dell'indizione della procedura, il quale, come già detto, rappresenta il livello di elaborazione progettuale minimo necessario per l'inclusione degli interventi oggetto di sponsorizzazione nell'ambito della programmazione e per la successiva indizione delle procedure. Nessuna disposizione normativa precisa, tuttavia, in cosa debba consistere la maggiore semplificazione dello studio di fattibilità rispetto a quanto ordinariamente previsto dall'articolo 14 del Regolamento dei contratti pubblici.

Le linee guida suggeriscono, in proposito, di limitare lo studio di fattibilità per gli interventi soggetti a sponsorizzazione alla redazione di una sintetica relazione sulle caratteristiche dell'intervento, all'analisi dello stato di fatto e alla descrizione dei requisiti dell'opera, quest'ultima ordinariamente limitata alla sintetica indicazione dei vincoli esistenti sul bene oggetto dell'intervento. Si tratta, in buona sostanza, dei contenuti di cui al comma 1, lettere a), d), ed e) dell'articolo 14 del Regolamento dei contratti pubblici. Viene, invece, ritenuta non necessaria la produzione delle informazioni di cui alle lettere b) (indicazione delle alternative realizzative) e c) (verifica della possibilità di realizzazione mediante partenariato pubblico privato).

La soluzione appare sostanzialmente condivisibile, in quanto volta a consentire alle amministrazioni di programmare ed affidare gli interventi oggetto di sponsorizzazione con modalità sufficientemente agili e snelle e senza eccessivi aggravi procedurali.

6. La controprestazione offerta allo sponsor. Sponsorizzazione di interventi e adozione di un monumento

Il tema della controprestazione offerta allo sponsor è affrontato a più riprese e in diversi contesti e prospettive dalle Linee guida, in quanto si tratta di uno snodo essenziale della disciplina, sul quale la prassi operativa degli uffici ha registrato incertezze e difficoltà operative di non poco momento.

La costruzione dei contratti di sponsorizzazione di beni culturali risente invero fisiologicamente delle contrapposte tensioni derivanti dalla necessità di conciliare due interessi che spingono in direzioni divergenti, ossia - da un lato - la massimizzazione dei benefici economici ritraibili dall'amministrazione e - dall'altro - l'esigenza di assicurare la compatibilità delle prestazioni offerte allo sponsor con le esigenze di tutela del bene, le quali includono non solo la conservazione della sua integrità "fisica", ma della specifica valenza storico artistica della cosa tutelata, ossia del suo "significato culturale".

Le Linee guida hanno - opportunamente - posto in luce come l'unica amministrazione competente a valutare la compatibilità della sponsorizzazione con le esigenze di tutela sia il ministero per i Beni e le Attività culturali (paragrafo II.3). Ciò, del resto, è espressamente previsto dall'articolo 120, comma 1, terzo periodo del Codice dei beni culturali, e risulta coerente, da un punto di vista sistematico, con i poteri spettanti al soprintendente in tema di autorizzazione di manifesti e cartelli pubblicitari (articolo 49 del Codice dei beni culturali) e, più in generale, di verifica della compatibilità degli usi cui viene destinato il bene culturale (articolo 20, comma 1) [15]. Non sempre, peraltro, è agevole individuare, nell'ambito dell'iter di affidamento del contratto, il momento in cui è più utile o opportuno collocare tale momento di verifica (ossia: nell'ambito della medesima procedura di aggiudicazione, ovvero dopo la graduazione delle offerte, ma prima dell'aggiudicazione, o ancora in un momento successivo all'aggiudicazione).

Chiarito tale preliminare aspetto, occorre considerare il modo in cui le Linee guida suggeriscono di individuare la controprestazione da offrire allo sponsor.

Il problema nasce dalla circostanza che, nella prassi, le amministrazioni tendono a parametrare il valore della sponsorizzazione unicamente in base al valore dei lavori da realizzare, senza invece tenere conto dell'appetibilità sul mercato della prestazione offerta. Ciò ha spesso comportato esiti disfunzionali nel ricorso all'istituto, poiché ove l'intervento sponsorizzato abbia una scarsa appetibilità, ma richieda investimenti economici rilevanti, si corre il rischio di non trovare sponsor disponibili o di dover consentire l'eccessivo protrarsi nel tempo dei lavori (e della correlate prestazioni in favore dello sponsor) per consentire a quest'ultimo un appropriato ritorno di immagine. Viceversa, ove l'intervento riguardi un bene particolarmente noto e apprezzato, parametrare la sponsorizzazione rispetto all'importo dei lavori può determinare una "svendita" dell'immagine del bene, senza trarne il lucro possibile e consentito dalle condizioni di mercato.

Le Linee guida dedicano ampio spazio a tale complessa problematica. In estrema sintesi, le amministrazioni sono invitate a compiere ogni ragionevole sforzo al fine di evitare la sottostima dell'utilità offerta al privato, eventualmente ricorrendo al meccanismo dei rilanci delle offerte, espressamente previsto dall'articolo 199-bis (paragrafo II.5), ovvero verificando la disponibilità degli operatori economici mediante sondaggi o interpelli (paragrafi II.3.1 e III, in fine) [16].

Sotto diverso profilo, viene evidenziato il legame di stretta strumentalità previsto dalla disciplina normativa primaria tra la sponsorizzazione e l'esecuzione di interventi di tutela o di valorizzazione sul bene sponsorizzato (paragrafo III). Al riguardo, si reputa condivisibile il punto di equilibrio tra le due contrapposte esigenze individuato dalle Linee guida, le quali da un lato prendono espressamente in considerazione e reputano del tutto legittima l'eventualità che dalla sponsorizzazione si tragga un importo maggiore rispetto al valore dell'intervento sponsorizzato, dall'altro evidenziano la necessità che non si trasmodi, in senso opposto, nell'eliminazione del suddetto necessario nesso di strumentalità. Ciò accadrebbe, ad esempio, in caso di stipulazione di contratti di sponsorizzazione finalizzati esclusivamente a "fare cassa" o a sponsorizzare unicamente un intervento su un bene diverso da quello oggetto della sponsorizzazione [17].

Le amministrazioni sono, quindi, chiamate ad evitare non solo la "svendita" del bene culturale, per una controprestazione inferiore rispetto al valore offerto, ma anche - in senso opposto - la "privatizzazione" dello stesso, mediante un impiego commerciale non finalizzato in misura prevalente alle esigenze di tutela e valorizzazione del bene.

In tale prospettiva, è utile richiamare i chiarimenti offerti dalle Linee guida con riferimento al fenomeno - benvero, piuttosto eterogeneo - della c.d. "adozione di un monumento" (I.3.3). Si tratta, è bene chiarirlo, non già di un istituto tipizzato normativamente, bensì di una varia fenomenologia di casi concreti, tra i quali le Linee guida individuano il denominatore comune nella circostanza che "l'apporto del soggetto privato (in denaro, lavori, servizi o forniture) è finalizzato a sopperire integralmente a una o più specifiche necessità di tutela e/o di valorizzazione di un bene culturale, spesso per un determinato e più o meno lungo periodo di tempo, in maniera tale da comportare sostanzialmente l'assunzione della cura del monumento, o di alcune esigenze inerenti allo stesso". Tale prestazione, particolarmente pregnante e significativa per la cura del bene, può essere offerta dal privato con o senza la previsione di un corrispettivo. Tuttavia, mentre la seconda ipotesi (riconducibile nel novero delle ipotesi di mecenatismo) non comporta particolari problemi, la prima, invece, dà luogo a una particolare figura di sponsorizzazione, in cui lo sponsor ottiene un vantaggio del tutto peculiare, in quanto finisce per associare la propria immagine non semplicemente a un intervento su un bene culturale, ma al bene culturale stesso. Ne deriva, in caso di non appropriata strutturazione del contratto (in particolare, mediante la fissazione di opportuni limiti temporali ai diritti dello sponsor), il rischio di dare luogo a una sostanziale "privatizzazione" dell'immagine del bene culturale pubblico.

Le Linee guida dedicano appositi paragrafi ai criteri cui i competenti organi del ministero devono attenersi nella verifica di compatibilità delle sponsorizzazioni (paragrafo III) e dei manifesti o cartelli pubblicitari (paragrafo IV). Le indicazioni fornite al riguardo, sono, peraltro, poco dettagliate e, nel presumibile intento di non introdurre eccessivi vincoli alla valutazione da compiersi caso per caso, non sembrano aver fornito un quadro di riferimento effettivamente idoneo a orientare l'azione degli uffici.

Deve, invece, condividersi la scelta di evitare ogni rigidità nella fissazione di un preciso rapporto tra la superficie complessivamente coperta dai ponteggi e quella destinata all'apposizione di cartelli pubblicitari, evidenziandosi semplicemente la necessità di ritenere esistente, in linea di massima, "un rapporto di proporzionalità inversa tra le dimensioni del messaggio pubblicitario - da un lato - e dall'altro - la durata di esposizione del medesimo messaggio, le esigenze di pubblica fruizione del bene, la "appetibilità" di mercato dello spazio pubblicitario offerto" (paragrafo IV). E invero, l'attenta considerazione delle circostanze del caso concreto può indurre a ritenere accettabile, ad esempio, l'apposizione di un messaggio pubblicitario di dimensioni maggiori laddove, ad esempio, ciò consenta di reperire adeguate risorse per interventi necessari su un bene culturale poco noto e di scarsa attrattiva per il mercato.

Quanto all'eventualità, di cui si è detto sopra, che dalla sponsorizzazione possa trarsi una utilità maggiore rispetto al valore dell'intervento, si tratta di ipotesi che pone peculiari problemi di compatibilità con la disciplina contabile cui sono soggette le non poche amministrazioni impossibilitate a introitare corrispettivi in denaro [18], le quali, quindi, si trovano nella necessità di valersi dello schema - oggi normativamente previsto dall'articolo 199-bis e puntualmente esaminato dalle Linee guida al paragrafo II.10 - della sponsorizzazione mediante accollo del debito dell'amministrazione verso l'esecutore della prestazione. Le Linee guida dedicano apposito spazio al tema (paragrafo II.5, in fine), suggerendo alle amministrazioni che incorrono in tale difficoltà operativa di ricorrere alla sponsorizzazione tecnica, in quanto aggiudicata mediante offerta economicamente più vantaggiosa, oppure di prevedere l'aggiudicazione anche delle sponsorizzazioni pure mediante il medesimo criterio, che - pur non espressamente previsto - non può ritenersi vietato dalla norma. Si ipotizza, in particolare, in quest'ultima eventualità, la possibilità per le amministrazioni di scegliere tra la predeterminazione di un criterio di ponderazione tra l'offerta tecnica e quella economica, ovvero la fissazione di un tetto massimo di offerta economica, raggiunto il quale verrà valutata la strategia di comunicazione del singolo concorrente, con attribuzione di uno specifico punteggio (paragrafo II.8).

7. La vendita di spazi pubblicitari e le ipotesi di intermediazione nella ricerca di sponsor o inserzionisti

Molto complessa e problematica è la questione - su cui l'articolo 61 del decreto legge n. 5 del 2012 ha espressamente chiamato le Linee guida a prendere posizione - della disciplina delle fattispecie analoghe alla sponsorizzazione, e in particolare di quelle realizzate mediante l'affissione di messaggi promozionali sui ponteggi e sulle altre strutture provvisorie di cantiere e la vendita o concessione dei relativi spazi pubblicitari.

Le linee guida (paragrafo I.3.5) evidenziano come, nella prassi, il finanziamento di interventi sui beni culturali avvenga spesso mediante la sola apposizione di cartelli pubblicitari sulle impalcature di cantiere. In questi casi, è spesso da ritenere, alla luce delle pattuizioni contrattuali e di tutte le circostanze del caso concreto, che il contratto stipulato non sia qualificabile come sponsorizzazione, bensì come semplice vendita di spazi pubblicitari. Quest'ultima eventualità ricorre, in particolare, ove sia possibile rinvenire la complessiva causa dell'operazione economica posta in essere non già nell'associazione dell'immagine dello sponsor all'intervento in corso di svolgimento nel cantiere, ma nello sfruttamento del mero spazio pubblicitario e della più o meno elevata visibilità dello stesso da parte del pubblico. La fattispecie in argomento non pone particolari problemi dal punto di vista della tutela, in quanto ricade nell'ambito di applicazione dell'articolo 49 del Codice dei beni culturali, che prevede la verifica della compatibilità delle immagini apposte sui manifesti e cartelli pubblicitari ad opera del soprintendente (al tema è dedicato il paragrafo IV delle Linee guida). Si pongono, invece, rilevanti questioni in tema di individuazione delle corrette modalità di affidamento del contratto.

Sotto quest'ultimo profilo, il quadro è complicato dalla circostanza che, nella prassi, le amministrazioni spesso si valgono, per la selezione degli inserzionisti, dell'opera di intermediari (mediatori, mandatari o agenti) oppure cedono gli spazi ad agenzie di pubblicità, le quali si riservano di utilizzarli direttamente o di cederli a terzi. Infine, può darsi il caso della stipulazione di contratti trilaterali in cui una società di pubblicità acquista gli spazi da cedere a terzi in cambio di un corrispettivo che non viene versato all'amministrazione, ma all'impresa incaricata di eseguire l'intervento sul bene culturale.

Le Linee guida prendono posizione su tali diverse fattispecie, ritenendo che la stipulazione di contratti finalizzati al reperimento di mediatori, mandatari o agenti richieda l'esperimento di procedure di evidenza pubblica, in quanto risulti riconducibile entro lo schema dell'appalto di appalto di servizi (nella specie, servizi pubblicitari di cui all'Allegato IIA, categoria 13, del Codice dei contratti pubblici).

Nelle altre due ipotesi considerate, si è in presenza di contratti attivi dell'amministrazione, che sarebbero in linea di principio soggetti ai principi di trasparenza e pubblicità delle norme di contabilità pubblica. Tuttavia, le Linee guida ritengono che tali esigenze possano essere assolte dando applicazione agli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice dei contratti pubblici, stante anche la frequente difficoltà di appurare in concreto se si è in presenza di finalità pubblicitarie o di sponsorizzazione, nonché la circostanza che dalla previsione dell'articolo 61 del decreto legge n. 5 del 2012 può ricavarsi la sostanziale assimilazione di tali ipotesi, sul piano della disciplina, alle sponsorizzazioni.

Con specifico riferimento ai casi - come detto, ritenuti assoggettabili alla medesima disciplina - di ricorso a mediatori, mandatari o agenti per l'individuazione dello sponsor o dell'inserzionista, le Linee guida (paragrafo II.4) precisano altresì che la selezione mediante evidenza pubblica del soggetto intermediatore esonera l'amministrazione dalla necessità di individuare mediante gara i contraenti finali e che, inoltre, il suddetto ruolo di intermediazione può essere affidato - in questo caso, senza gara - a società in house. In quest'ultima ipotesi, però, sarà necessario selezionare mediante evidenza pubblica, ad opera della società intermediatrice, i contraenti finali.

8. Conclusioni

Le Linee guida affrontano altri qualificanti aspetti della disciplina delle sponsorizzazioni di beni culturali, di cui non è possibile fornire, in questa sede, una puntuale disamina. Si segnala, in particolare, l'illustrazione del tema specifico della realizzazione di mostre presso istituti e luoghi della cultura, con particolare riferimento alla distinzione della sponsorizzazione dell'evento rispetto all'eventualità di realizzazione da parte di un privato, mediante concessione di appositi spazi espositivi (paragrafo I.3.6); all'illustrazione dei documenti di gara (II.6), dei requisiti dei partecipanti (II.7) e delle modalità operazionali della procedura di selezione del contraente (II.8), che peraltro non sembrano dare luogo a questioni di particolare rilevanza; alla sintesi degli aspetti essenziali della disciplina fiscale delle erogazioni liberali e delle sponsorizzazioni, purtroppo ad oggi ancora non scevra da gravi incertezze (V) [19].

La prassi applicativa consentirà di stabilire se le nuove indicazioni riusciranno effettivamente a fornire un utile supporto alle amministrazioni nella prassi applicativa dell'istituto della sponsorizzazione di beni culturali, il quale presenta molti e rilevanti aspetti problematici e richiede una significativa messa a punto che, con ogni probabilità, l'approvazione delle Linee guida ha solo avviato. E' certo auspicabile che, a seguito dell'adozione da parte dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici dei bandi-tipo relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture [20], le Linee guida ministeriali possano trovare il loro naturale sviluppo nella predisposizione di appositi schemi di bandi-tipo utilizzabili con specifico riferimento alle sponsorizzazioni di beni culturali pure, tecniche e miste, allo scopo di facilitare e semplificare il più possibile l'attività delle amministrazioni che intendano valersi di tali sempre più importanti modalità di reperimento delle risorse da destinare al miglioramento delle condizioni di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale.

 

Note

[1] L'articolo 120, comma 1, del Codice dei beni culturali definisce la sponsorizzazione di beni culturali come "ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l'immagine, l'attività o il prodotto dell'attività del soggetto erogante". Per un commento v. G. Piperata, sub Articolo 120, in Aa. Vv., Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di M. Cammelli, Bologna, Il Mulino, 2004, pp. 481 ss. Sull'evoluzione normativa della sponsorizzazione di beni culturali: G. Piperata, Sponsorizzazione ed interventi di restauro sui beni culturali, in Aedon, n. 1/2005; N. Ferrante, Gli accordi di sponsorizzazione, in www.altalex.com.

[2] La distinzione tra la sponsorizzazione pura e quella tecnica è oggi espressamente prevista dall'articolo 199-bis del Codice dei contratti pubblici, introdotto - come subito si vedrà nel testo - dal decreto legge n. 5 del 2012. La nuova disposizione prevede, infatti, che la sponsorizzazione può essere "di puro finanziamento, anche mediante accollo, da parte dello sponsor, delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell'appalto dovuti dall'amministrazione" ovvero tecnica, ossia "consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l'intervento a cura e a spese dello sponsor". Le Linee guida ministeriali fanno, altresì, espresso riferimento alla sponsorizzazione mista, derivante dalla combinazione delle prime due, "in cui lo sponsor può - per esempio - curare direttamente e fornire la sola progettazione, limitandosi ad erogare il finanziamento per le lavorazioni previste" (paragrafo I.1.1).

[3] L'articolo 120 fa infatti riferimento, con riguardo alla prestazione a carico dello sponsor, a "ogni contributo, anche in beni o servizi", così includendo nel proprio ambito applicativo tutte le possibili tipologie di sponsorizzazioni (pure, tecniche, miste).

[4] Per un puntuale commento della nuova disciplina si rinvia a P. Carpentieri, sub Art. 199 bis. Disciplina delle procedure per la selezione di sponsor, in Codice degli appalti pubblici, a cura di R. Garofoli e G. Ferrari, Nel Diritto, 2012, 2070 ss.

[5] Così AVCP, deliberazione n. 9 dell'8 febbraio 2012. In tale occasione l'Autorità, con specifico riferimento a una sponsorizzazione pura di beni culturali, ha altresì ritenuto - sempre alla luce della disciplina previgente al decreto legge n. 5 del 2012 - che "la mutata volontà della stazione appaltante di concludere un contratto di sponsorizzazione di puro finanziamento in luogo del contratto di sponsorizzazione tecnica ex art. 26 del Codice, nei termini indicati, giustifica il ricorso ad una procedura negoziata con gli operatori interessati alla precedente procedura ad evidenza pubblica e non appare in contrasto con i principi di legalità, buon andamento e trasparenza dell'azione amministrativa". Il nuovo articolo 199-bis, comma 2, del Codice dei contratti pubblici stabilisce, in proposito, che "Nel caso in cui non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, ovvero tutte le offerte presentate siano irregolari ovvero inammissibili, in ordine a quanto disposto dal presente codice in relazione ai requisiti degli offerenti e delle offerte, o non siano rispondenti ai requisiti formali della procedura, la stazione appaltante può, nei successivi sei mesi, ricercare di propria iniziativa lo sponsor con cui negoziare il contratto di sponsorizzazione, ferme restando la natura e le condizioni essenziali delle prestazioni richieste nella sollecitazione pubblica. I progetti per i quali non sono pervenute offerte utili, ai sensi del precedente periodo, possono essere nuovamente pubblicati nell'allegato del programma triennale dei lavori dell'anno successivo".

[6] Si v., al riguardo, le Linee guida per la valorizzazione della cultura in Italia attraverso la collaborazione pubblico/privato, approvate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome il 22 novembre 2012 ed elaborate in collaborazione con l'Associazione Civita, ove si legge che "(...) il vantaggio competitivo si gioca oggi sempre più intorno all'attitudine ad associare al prodotto universi simbolici ed evocativi in grado di comunicare un sistemadi valori. La cultura così acquista, anche in ottica aziendalistica, un ruolo centrale nelle strategie di ricerca di nuovi linguaggi e canali di comunicazione non convenzionali".

[7] Sulla natura giuridica e la disciplina dei contratti di sponsorizzazione si v., in particolare, R. Rossotto, Contratti di sponsorizzazione: opportunità giuridiche, in Aedon, n. 1/2010. Per una trattazione diffusa: M. Bianca, I contratti di sponsorizzazione, Rimini, Maggioli, 1990.

[8] Si v., in proposito, A. Ferretti, Mecenatismo culturale e sponsorizzazione, in www.altalex.com, nonché, con specifico riguardo ai rapporti di cui sono parti le Fondazioni bancarie, M. Cammelli, Le sponsorizzazioni tra evidenza pubblica ed erogazione, in Aedon, n. 1/2010, ove si pone problematicamente la questione della configurabilità di contratti di sponsorizzazione in senso stretto stipulati dalle fondazioni, che sono mosse da un interesse non economico "(...) ma di altro tipo: non solo di generica "visibilità" ma anche, potremmo dire, di "responsabilità sociale" visto che della società sono espressioni e alla società debbono dare conto. Ne deriva che, probabilmente, il sinallagma in questi casi dovrà essere declinato in modi diversi da quello tradizionale".

[9] Si v. Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, determinazione n. 24 del 5 dicembre 2001, richiamata dalle Linee guida.

[10] V., al riguardo, l'articolo 5, comma 3, del decreto ministeriale 3 ottobre 2002, attuativo dell'articolo 38 della legge 21 novembre 2000, n. 342, ove si precisa che non osta al godimento dei benefici fiscali previsti per le erogazioni liberali l'eventualità di un "pubblico ringraziamento" nei confronti del mecenate.

[11] L'articolo 27, comma 1, del Codice dei contratti pubblici richiede invero che sia stato rivolto un invito ad almeno cinque concorrenti.

[12] Nel paragrafo I.1.1 si legge, invero, che "non è possibile rinvenire nell'ordinamento alcuna norma specifica che prescriva un obbligo da parte dello sponsor di selezionare mediante procedura di evidenza pubblica le imprese che eseguiranno le lavorazioni, posto che ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lett. d), del Codice dei contratti pubblici l'obbligo di rispettare le norme codicistiche sussiste solo nelle ipotesi in cui l'amministrazione finanzi per più del 50 per cento la realizzazione delle opere. E', pertanto, da ritenere che l'individuazione dell'impresa esecutrice sia rimessa all'autonoma scelta dello sponsor, salvo il necessario controllo da parte dell'amministrazione in merito alla sussistenza dei necessari requisiti di qualificazione". Nello stesso senso, in dottrina, F. Mastragostino, Sponsorizzazioni e pubbliche amministrazioni: caratteri generali e fattori di specialità, in Aedon, n. 1/2010: "Quanto alla scelta del progettista e dell'esecutore, scelta che compete allo sponsor e non all'amministrazione, l'art. 26 pretende unicamente il rispetto delle disposizioni in materia di requisiti soggettivi; deve, cioè, trattarsi di un professionista/società di professionisti e di un'impresa in possesso dei requisiti necessari per accedere, ai sensi del Codice dei contratti, ad una procedura per l'affidamento di un incarico di progettazione e ad un appalto di importo corrispondente a quello a cui si riferisce l'attività di progettazione e l'esecuzione della prestazione finanziata dallo sponsor".

[13] In estrema sintesi, per i lavori sarà sufficiente l'inclusione (insieme a tutti gli altri interventi programmati, anche non oggetto di sponsorizzazione), nell'apposita scheda redatta in conformità alla Scheda 2 unita al decreto ministeriale 11 novembre 2011, relativa all'articolazione della copertura finanziaria dei lavori. Per distinguere i lavori per i quali si prevede il ricorso alla sponsorizzazione sarà, infatti, possibile limitarsi a specificare, nell'apposito campo dell'ultima colonna, il codice "03" (che individua, appunto, la provenienza da sponsorizzazione delle risorse disponibili per l'intervento). L'allegato specificamente dedicato alle sponsorizzazioni potrà, quindi, essere generato mediante una semplice operazione di estrapolazione dei dati dalla scheda. Analoghe indicazioni vengono fornite con riferimento ai servizi e alle forniture. In questo caso, occorrerà fare riferimento alla Scheda 4 allegata al decreto ministeriale 11 novembre 2011, relativa alla programmazione annuale per l'acquisizione di beni e servizi. La provenienza delle risorse da sponsorizzazione sarà, anche in questa ipotesi, evidenziata dall'indicazione nell'apposita ultima colonna della scheda del codice "03" (corrispondente alle Risorse acquisite mediante apporti di capitali privati) e con la specificazione nel campo "note" della Scheda che l'amministrazione intende ricorrere a "sponsorizzazione ai sensi dell'articolo 199-bis del Codice". Ancora una volta, l'allegato verrà generato materialmente mediante una semplice operazione di estrapolazione dei dati.

[14] Al riguardo, le Linee guida prevedono due possibilità alternative: la redazione della Scheda 4 (relativa, come detto, alla programmazione annuale dei servizi e delle forniture) solo per i servizi e le forniture oggetto di sponsorizzazione, ovvero l'utilizzo della medesima scheda per la programmazione (che è e rimane facoltativa) anche dei contratti dello stesso tipo finanziati con risorse pubbliche.

[15] Trova, così, soluzione la questione sorta in dottrina in merito all'interpretazione dell'ultimo periodo dell'articolo 120, comma 1, del Codice dei beni culturali (G. Piperata, Servizi per il pubblico e sponsorizzazioni dei beni culturali: gli artt. 117 e 120, in Aedon, n. 3/2008). L'Autore - in contrario avviso rispetto alla soluzione prescelta dalle Linee guida - ritiene che la disposizione abbia riservato al ministero la valutazione di compatibilità delle sponsorizzazioni di beni culturali dello Stato o delle iniziative dei privati, e non anche quella relativa alle iniziative di sponsorizzazione realizzate a livello regionale e locale.

[16] Il paragrafo II.3.1 delle Linee guida suggerisce alle amministrazioni, in particolare, la pubblicazione in apposita sezione del proprio sito delle schede degli interventi per i quali si intende ricorrere al finanziamento privato, allo scopo di sondare la disponibilità del mercato in vista della successiva elaborazione dei bandi di gara e della determinazione delle controprestazioni da offrire agli sponsor. Peraltro, nelle ipotesi di contratti sottratti in toto all'applicazione degli articoli 26, 27 e 199-bis del Codice dei contratti pubblici (ossia, secondo quanto chiarito dalle Linee guida, sponsorizzazioni tecniche e pure sotto i 40.000 euro; sponsorizzazioni pure di servizi e forniture non accessori a lavori sopra i 40.000 euro; erogazioni liberali), a seguito di tale pubblicazione, idonea ad assicurare il rispetto delle esigenze di trasparenza, l'amministrazione potrà determinarsi a stipulare il contratto mediante negoziazione diretta con gli operatori economici che abbiano manifestato interesse.

[17] L'esigenza di assicurare la strumentalità della sponsorizzazione rispetto all'iniziativa sponsorizzata è ben evidenziata da G. Fidone, Il ruolo dei privati nella valorizzazione dei beni culturali: dalle sponsorizzazioni alle forme di gestione, in Aedon, n. 1-2/2012.

[18] Tra tali soggetti rientrano tutte le articolazioni del ministero per i Beni e le Attività culturali che non godono della speciale autonomia contabile e finanziaria riconosciuta agli Istituti centrali e a quelli dotati di autonomia speciale ai sensi dell'articolo 15, commi 1 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 novembre 2007, n. 233 e successive modificazioni, recante il Regolamento di riorganizzazione del ministero.

[19] In argomento: L. Starola, La sponsorizzazione di beni culturali: opportunità fiscali, in Aedon, n. 1/2010; A. Franco, Gli investimenti in cultura: l'attuale normativa fiscale e le principali problematiche, in L'intervento privato nel settore dei beni culturali - Aspetti fiscali e amministrativi, ricerca svolta in collaborazione tra Ceradi, Fondazione Bruno Visentini e Associazione Civita, coordinata da F. Marchetti, in Archivio Ceradi, pubblicata il 13 giugno 2012; F. Staffieri, Beni culturali e forme di agevolazione fiscale: criticità del sistema attuale e possibili prospettive di miglioramento, ibidem.

[20] Il comma 1-bis dell'articolo 46 del Codice dei contratti pubblici (introdotto dal decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106) tipizza le cause di esclusione dei concorrenti. Il successivo articolo 64, comma 4-bis (comma introdotto anch'esso dal predetto decreto legge n. 70 del 2011) prevede la necessità per le stazioni appaltanti di predisporre i bandi di gara attendendosi ai bandi-tipo approvati dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. In attuazione di tali previsioni normative (che, per la loro portata generale, sono ritenute applicabili anche alle sponsorizzazioni di beni culturali: v. paragrafo II.6 delle Linee guida), l'Autorità ha adottato la Determinazione 10 ottobre 2012, n. 4, recante Bando-Tipo. Indicazioni generali per la redazione dei bandi di gara ai sensi degli articoli 64, comma 4-bis e 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici. Secondo le indicazioni della stessa Autorità, alla Determinazione sopra citata seguirà l'elaborazione di bandi tipo specifici per i lavori, i servizi e le forniture.

 

 



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