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Per uno sguardo oltre la siepe

di Marco Cammelli

I primi mesi del 2008 non sono certo stati poveri di avvenimenti di rilievo istituzionale, dall'entrata in vigore delle modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio (maggio) alla nuova disciplina dei bandi per i servizi aggiuntivi (aprile), alle "code", anche in sede di Corte dei conti, dei provvedimenti attinenti alla riorganizzazione del ministero e alle nomine dei livelli dirigenziali.

Ed è naturalmente il nuovo intervento sul Codice che va segnalato e che la Rivista esaminerà in modo più ravvicinato nei prossimi numeri.

Se è vero infatti che la parte più rilevante è costituita dalla riscrittura quasi integrale della parte terza (beni paesaggistici), va detto che molte innovazioni riguardano anche la seconda parte, quella dei beni culturali. Basti pensare alla ridefinizione della disciplina sull'alienabilità dei beni culturali (degli immobili appartenenti al demanio culturale) con il ripristino delle clausole (compresa quella risolutiva del contratto) che consentono di estendere la tutela alle fasi successive della (prima) alienazione, e che vengono proposte come disciplina generale rispetto ad ogni dismissione di immobili pubblici di interesse culturale; alla esportazione in aree extra Ue e alla restituzione di beni culturali illecitamente esportati. Altre disposizioni più specifiche operano poi su questioni non certo prive di rilievo, come la cancellazione della anomala esclusione degli archivi della Presidenza del Consiglio dalla normativa generale, curiosamente affidati alle determinazioni del Presidente di turno, o la messa a punto in materia di sponsorizzazioni, inglobando anche la "progettazione" oltre all'attuazione di iniziative riguardanti la tutela o valorizzazione del BC.

Ma, forse, gli spunti più significativi ci sono offerti da una visione non limitata all'orizzonte domestico. Per quanto la specificità italiana sia forte, e lo sia in particolare nella nostra materia, è bene sottolineare che dal contesto sovranazionale ci sono offerti motivi di riflessione decisamente più impegnativi e rilevanti, specie considerando il crescente e diretto riconoscimento dei valori culturali che per il loro carattere di universalità impongono soluzioni organizzative e di cooperazione tra gli stati in grado di migliorare la conoscenza e la diffusione della cultura dei popoli europei (art. 151 Trattato istitutivo dell'Unione).

In questo senso, deve leggersi l'incidenza della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, della quale il recente Trattato di Lisbona contiene un esplicito riconoscimento e che si richiama al principio di tutela della diversità culturale (art. 22).

Del resto, è innegabile il ruolo della cultura nella creazione di un'identità comune, basata su valori condivisi anche nell'ottica dell'affermazione della "cittadinanza europea" (Comunicazione della Commissione sulla cultura del 25 ottobre 2006), sia pur nel rispetto della protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali (Convenzione dell'Unesco, ratificata con la legge 19 febbraio del 2007, n. 19 dal Parlamento italiano).

Le nuove frontiere della fruizione dei beni culturali passano dunque principalmente per l'individuazione di strumenti giuridici (nazionali e sovranazionali), che garantiscano il valore della interculturalità ed il riconoscimento e la promozione delle diversità culturali specie attraverso l'educazione e la sensibilizzazione (art. 10 Convenzione Unesco) e con una più mirata attenzione alle c.d. culture "deboli", come ad esempio quelle espresse dagli immigrati da aree extra comunitarie. E, d'altra parte, l'individuazione di un patrimonio mondiale dei beni di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, come tale oggetto di una fruizione universale (legge 20 febbraio 2006, n. 77), sollecitando la predisposizione di misure che ne promuovano la conoscenza e la diffusione globale, apre il terreno a problematiche in larga misura inedite.

Si tenga conto, tra l'altro, che il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 rende vincolante nell'Europa dei 27 la Carta dei diritti fondamentali della UE (Nizza 2000).

Dunque tale Trattato, la cui ratifica non dovrebbe presentare particolari problemi (si veda quella della Francia, di qualche settimana fa), è molto più importante di quanto comunemente si ritenga, e questo è particolarmente vero per la nostra materia. Infatti:

- la Carta dei diritti fondamentali diviene giuridicamente rilevante ed interviene tra l'altro, come si sa, sui diritti inerenti alla cittadinanza e all'ambito giudiziario.

- si riscontrano innovazioni significative nel settore della cooperazione giudiziaria, il c.d. terzo pilastro, finora affidato alle relazioni intergovernative e a decisioni adottate all'unanimità dei componenti. Con il Trattato, si passa invece a procedure di codecisione, cioè a determinazioni adottate con votazioni a maggioranza qualificata e con il Parlamento in un ruolo di co-legislatore;

- non dimentichiamo poi che situazioni di impasse che si verificassero possono essere per così dire "aggirate" tramite la cooperazione rafforzata, prevista dal Trattato anche in questa materia, perché un numero minimo di nove stati membri potrà procedere oltre e adottare una nuova normativa. Ora, una Europa a due velocità non piace a nessuno, ma sarebbe ancor più spiacevole che ciò avvenisse in questo settore confinandoci nel gruppo di coda;

- infine, ma non ultimo, la Corte di Giustizia avrà piena competenza su tutte le questioni, ivi comprese quelle relative alla giustizia e alla cooperazione giudiziaria, con conseguenze sicuramente significative.

Il senso di tutto questo è presto detto, e risiede in due semplici constatazioni.

La tutela, diffusione e valorizzazione dei valori culturali esce dallo storico cono d'ombra nel quale è stata a lungo confinata dal prudente avvio dell'ordinamento comunitario e dalle più tradizionali modalità di azione delle istituzioni sovra-nazionali, per diventare un asse decisivo sul terreno dei diritti di cittadinanza.

Le Autorità comunitarie e le restanti sedi internazionali sono destinate a svolgere un ruolo assai più incisivo che in passato su terreni fino ad oggi affidati per intero alle scelte domestiche dei vari Stati membri. Nel momento in cui si appresta ad avviarsi l'operato di una legislatura e di un Esecutivo in condizioni di stabilità non comparabili con la fragilità delle coalizioni che li hanno preceduti, un pensiero a variabili come quelle appena richiamate, sfuggendo alla vite senza fine delle modifiche legislative o delle micro-innovazioni organizzative, potrebbe giustificare un'attenzione non del tutto priva di giustificazioni.



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