../1/98,%20Issn%200000-000../home../indice../risorse%20web

 

Beni e attività culturali nei primi progetti di legge regionali
di attuazione del d.lg. 112/1998

di Girolamo Sciullo


Sommario: 1. Premessa. - 2. Le previsioni regionali. - 3. Cenni conclusivi.


 

1. Premessa

L'analisi della disciplina relativa ai beni e alle attività culturali contenuta in alcuni progetti di legge regionali rivolti a dare attuazione al d.lg. 31 marzo 1998, n. 112, richiede due indicazioni preliminari, entrambe di metodo.

La prima concerne i progetti presi in esame, ossia quelli approvati dalle giunte delle regioni Emilia-Romagna (delibera n. 1202 del 20 luglio 1998), Lombardia (delibera n. 37511 del 24 luglio 1998), Toscana (pdl. n. 52 del 29 giugno 1998) e Veneto (pdl. n. 462 del 3 agosto 1998). Si tratta degli unici progetti (a quello che consta) che avevano concluso l'iter di elaborazione in prossimità del 30 settembre di quest'anno, data in genere considerata di scadenza del termine fissato dagli artt. 4, comma 5, l. 59/1997 e 3, comma 1, del d.lg. 112/1998 per l'attuazione da parte delle regioni ordinarie delle previsioni del decreto [1]. Essi rappresentano un campione certo significativo, non fosse altro perché provengono dalle regioni maggiormente impegnate, sia pure per differenti motivi e profili, sul fronte del regionalismo/federalismo, ma pur sempre un campione contenuto nel numero e, in particolare, circoscritto nella dislocazione territoriale. Sicché al quadro delle indicazioni che emergeranno dall'esame non s'intende assegnare una portata generale, ma, appunto, solo il significato di un parziale sondaggio.

La seconda indicazione riguarda il taglio con cui impostare l'analisi, per evidenti motivi strettamente connessa con i contenuti dell'attuazione del d. lg. 112/1998 richiesta alle regioni. Come stabiliscono le disposizioni poco sopra menzionate, ciascuna regione è chiamata ad individuare puntualmente, all'interno delle funzioni ad essa conferite dal decreto delegato, quelle da trattenere, perché richiedenti un unitario esercizio, e quelle da devolvere per trasferimento o per delega agli enti locali secondo i principi stabiliti dalla l. 59/1997. Conseguentemente l'analisi dell'attuazione regionale del d.lg. 112 si risolve fondamentalmente nella valutazione della misura dei conferimenti previsti da ciascuna regione, dei parametri al riguardo seguiti, della scelta operata in ordine agli enti destinatari e, in genere, di quanto risulti connesso con la devoluzione di funzioni.

Tutto ciò, però, solo in linea generale. Applicata alla materia dei beni e delle attività culturali, una prospettiva di questo tipo, risulterebbe povera di significato. Diversamente che nella generalità degli ambiti materiali disciplinati dal d.lg. 112/1998, nei quali destinataria dei conferimenti è stata tendenzialmente la sola regione, in tema di beni e attività culturali il decreto ha considerato tutte le autonomie territoriali e, nel regolamentare i differenti tipi di intervento pubblico previsti (tutela, gestione, valorizzazione e promozione), ha precisato nelle linee portanti il ruolo di ciascuna. Pertanto l'analisi sull'attuazione regionale del d.lg. 112/1998 in ordine ai beni e alle attività culturali, per risultare indicativa, deve considerare profili ulteriori rispetto a quelli legati al mero conferimento, in buona sostanza già definiti dalle opzioni operate dal legislatore delegato.

La griglia di lettura prescelta - che tiene conto dei dati del decreto ritenuti di maggiore rilievo per gli svolgimenti attuativi che aprono o per le incertezze interpretative cui danno adito - si compone dei seguenti elementi: funzioni degli enti locali, funzioni dell'ente regione e raccordi operativi con gli altri livelli, autonomia di gestione dei musei e degli altri beni culturali, e, infine, posizione della regione in ordine alla commissione prevista dagli artt. 154 e 155 del d.lg. 112/1998.

 

2. Le previsioni regionali

In ordine alle funzioni degli enti locali occorre distinguere tre gruppi di norme nelle previsioni contenute nei progetti regionali.

Un primo gruppo disciplina il conferimento di funzioni assegnate dal decreto alle regioni. È questo il caso, in particolare, del pdl. del Veneto che delega alle province la funzione di incentivazione nella materia (art. 157) e di quello della Lombardia, che, sempre alle province, delega le funzioni amministrative in tema di attività e sviluppo dei sistemi museali locali, la promozione dei servizi e delle attività culturali di rilevanza locale e il coordinamento a livello provinciale delle attività di censimento, inventariazione e catalogazione dei beni culturali (art. 87, comma 3).

Un secondo gruppo concerne le forme di esercizio delle funzioni conferite (dallo Stato o dalla regione) agli enti locali. Così, ad esempio, si prevede che gli enti locali eroghino i servizi bibliotecari, documentari e museali di loro competenza e realizzino le attività di valorizzazione e promozione, "di norma mediante forme di cooperazione strutturale e funzionale, anche con il concorso con soggetti pubblici e privati e utilizzando gli strumenti di cui all'art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449" (contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione, convenzioni), oppure si stabilisce che la regione favorisca "l'esercizio associato delle funzioni e dei compiti amministrativi degli enti locali", specie dei "comuni di minore dimensione demografica" (art. 87, commi 9-11, pdl. Lombardia).

Un ultimo gruppo di norme, infine, dal carattere meramente ricognitivo, reitera le previsioni del decreto in ordine alle competenze degli enti locali (artt. 33 e 34 pdl. Toscana e art. 157, commi 3 e 4, lett. b) pdl. Veneto). Dubbi di legittimità costituzionale a parte, questo tipo di previsioni si segnala per lo sforzo di sciogliere incertezze interpretative presenti nel decreto. La formula da esso utilizzata, "ciascuno nel proprio ambito", volta a definire la competenza delle regioni e degli enti locali (come pure dello Stato) in tema di valorizzazione dei beni e di promozione delle attività culturali (artt. 152 e 153, commi 1) [2], è intesa, da un progetto, in chiave territoriale, con riguardo ai comuni, e in rapporto alla dimensione degli interessi, con riferimento alla regione (artt. 157, comma 3, e art. 156, comma 2, lett. h) pdl. Veneto), mentre da altro progetto, e con accenti più persuasivi, è considerata in chiave (fondamentalmente) territoriale, per le attività culturali, e in rapporto alla proprietà/detenzione, ma anche, a seconda dell'ente, in relazione alla territorialità e alla dimensione degli interessi, per i beni culturali (artt. 32-34 pdl. Toscana).

Quanto alle funzioni della regione, i dati di interesse non sono costituiti dalle norme dei progetti che le menzionano in modo più o meno analitico - al più esse puntualizzano competenze già spettanti in forza dei decreti statali (d.lg. 112/1998 ma anche dpr 14 gennaio 1972, n. 3) di conferimento (cfr. artt. 87 pdl. Lombardia, 32 pdl. Toscana e 156 pdl. Veneto) - quanto piuttosto da quelle che ne organizzano l'esercizio. Due disposizioni meritano al riguardo di essere segnalate.

Anzitutto quella dell'art. 88 del progetto della Lombardia, che struttura in forma specifica il principio del raccordo e della concertazione fra regione e enti locali cui fa riferimento la generalità dei progetti ai fini dell'esercizio delle funzioni conferite sulla base del decreto 112. Si tratta dell'istituzione della "Conferenza permanente per i beni e le attività culturali", organo della regione, con compiti consultivi in tema di elaborazione di criteri comuni per la formulazione di proposte circa l'esercizio della funzione di tutela e per la prospettazione di azioni coordinate fra regione, enti locali e altri soggetti, anche privati, in materia di valorizzazione e promozione. Compito quest'ultimo, peraltro, che fa sorgere qualche dubbio in ordine ad una possibile sovrapposizione di ruoli fra l'organo e la commissione di cui agli artt. 154 e 155 del d.lg. 112/1998.

L'altra disposizione è quella dell'art. 203 del progetto dell'Emilia - Romagna. Con essa la regione individua nell'Istituto dei beni artistici, culturali e naturali l'organismo di cui avvalersi per l'esercizio delle funzioni in materia di catalogazione, conservazione e tutela [3]. L'esistenza di tale organismo - del quale il progetto preannuncia il riordino (art. 202, comma 4) - denota l'intenzione da parte regionale di dotarsi di una struttura con forte caratterizzazione tecnica, in grado di consentire un dialogo/confronto con lo Stato non sbilanciato sul piano conoscitivo.

Molto sobrie risultano, poi, le previsioni dei progetti di legge sul tema dei musei e degli altri beni culturali oggetto di trasferimento ai sensi dell'art. 150 del d.lg. 112/1998]. Esse si limitano, per lo più, a disporre che la gestione avvenga secondo i criteri e gli standard definiti a livello ministeriale e in coerenza con gli indirizzi e le norme regionali (art. 157, comma 4, lett. b), pdl. Veneto, art. 87, comma 8, pdl. Lombardia).

Più puntuale e promettente risulta quanto dispone il progetto dell'Emilia-Romagna, che, dopo aver sottoposto tali beni al regime giuridico attualmente vigente per i musei e i beni culturali degli enti locali e di interesse locale (art. 202, comma 2), preannuncia il riordino della legislazione regionale in materia, sulla base di taluni criteri tra i quali vanno menzionate la collaborazione con soggetti pubblici e privati (profilo questo presente anche nell'art. 87, comma 9, p.d.l. Lombardia) e soprattutto "l'autonomia gestionale in relazione alle caratteristiche dei singoli beni e alle esigenze di conservazione e promozione degli stessi" (art. 202, comma 3).

Anche per quanto riguarda la Commissione per i beni e le attività culturali disciplinata dagli artt. 154 e 155 del d.lgs. 112 le previsioni regionali si limitano in genere a sintetici cenni, relativi all'impegno per la regione ad assicurarne l'insediamento e il funzionamento (art. 87, comma 3, pdl. Lombardia, art. 156, comma 3, pdl. Veneto).

Più analitiche, di nuovo, le previsioni del progetto della regione Emilia - Romagna, che oltre ad affermare con una certa enfasi il ruolo della Commissione ("è la sede di concertazione tra lo stato, la Regione, gli enti locali e gli altri soggetti ivi rappresentati per quanto riguarda la valorizzazione dei beni culturali e la promozione della relativa attività"), ne disciplina i principali aspetti organizzativi: la durata in carica, il rinnovo e il compenso dei componenti, l'adozione di un regolamento interno e, in particolare, la sede, presso la regione, e la costituzione con decreto del presidente ancora della regione (art. 204). Disposizioni queste, specie le ultime, che denotano l'obiettivo di valorizzare l'organismo e al contempo un chiaro intento di affermare la sua regionalità [4].

 

3. Cenni conclusivi

Come si è premesso, il materiale normativo preso in esame non permette di formulare giudizi con portata generale. Con i suoi limiti consente peraltro di procedere a talune osservazioni.

La prima è quella di una certa difficoltà che il legislatore regionale incontra nel dare un assetto organico ad un sistema in cui gli attori (regione, province e comuni) vedono il loro ruolo predefinito dal legislatore statale, per di più in termini che rendono arduo un preciso riparto di responsabilità. Sebbene nel settore dei beni e delle attività culturali la pluralità di soggetti pubblici coinvolti e quindi una qualche ridondanza delle competenze possano considerarsi un portato dell'art. 9 della Costituzione e per quanto esse possano essere valutate, in linea di principio, anche non negativamente, la predisposizione al centro di un assetto a maglie strette e sovrapposte finisce con il rappresentare un fattore di rigidità e di possibili insufficienze, perché in non scontata sintonia con i dati, storici, istituzionali e culturali della periferia.

Va anche aggiunto però che solo limitatamente sembra emergere da parte delle regioni la volontà di svolgere un ruolo attivo di snodo fra lo Stato e le autonomie locali, e di riferimento nella gestione (il termine è usato in accezione ampia e atecnica) dei beni e delle attività culturali ricadenti nel territorio regionale. L'attrezzarsi sul piano tecnico, lo scommettere sul funzionamento delle commissioni regionali paiono esigenze di non estesa condivisione.

Così come non eccessivamente avvertito sembra il problema di adeguare le forme di gestione delle istituzioni museali e in genere culturali alle richieste di autonomia e di apertura alla collaborazione fra pubblico e privato.

E' possibile credere che l'urgenza di soddisfare un termine irragionevolmente ristretto [5] abbia costretto i progetti regionali a trascurare profili e temi pur avvertiti, consegnando al futuro la loro soluzione. Resti allora, come appunto per l'agenda dei lavori, la notazione che anche (e, forse, specie) nel settore dei beni e delle attività culturali l'affermazione come interlocutori riconosciuti ed effettivi passa per la dimostrazione della capacità di governo delle cose, che, come si sa, è ad un tempo consapevolezza dei problemi e adeguatezza nel fornirvi risposte.


Note

[1] Cfr., ad es., G. Mor, Articolo 3, in Lo Stato autonomista, a cura di G. Falcon, Bologna, 1998, 26.

[2] Sul punto cfr. G. Corso, Articolo 152, in Lo Stato autonomista, cit., 506, e Articolo 153, ivi, 509.

[3] Per l'esercizio della funzione di tutela la stessa disposizione prevede che anche gli enti locali si avvalgano, "di norma", dell'Istituto.

[4] Sulla statualità dell'organo cfr. G. Corso, Articolo 154, in Lo Stato autonomista, cit., 511.

[5] Cfr. G. Falcon, Introduzione, in Lo Stato autonomista, cit., XIII.


copyright 1998 by Società editrice il Mulino


 

inizio articolo