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La digitalizzazione del patrimonio culturale

Presentazione

di Girolamo Sciullo

Introduction
The paper presents the articles published in the issue of the Journal on the subject of digitalisation of cultural heritage and illustrates their contents.

Keywords: Digitalisation of Cultural Heritage.

Questo numero di Aedon ospita una sezione interamente dedicata alla digitalizzazione e alle banche dati digitali del patrimonio culturale. Parrebbe scontato pensare che la scelta sia stata suggerita dalle vicende legate al Covid-19. Ma ciò solo in piccola parte risponderebbe al vero. È fuor di dubbio che la pandemia tuttora in corso continui a rappresentare una potente spinta all'impiego degli strumenti digitali anche nel settore della cultura [1]. Lo testimoniano del resto analisi giornalistiche condotte sul come le istituzioni culturali, specie quelle museali, abbiano cercato di far fronte al lockdown della scorsa primavera e come si siano attrezzate rispetto a quello dell'autunno [2]. La scelta però della Rivista trova un'occasione e una causa fondamentalmente differenti.

L'occasione sta in un cortese suggerimento avanzato agli inizi di quest'anno dal Direttore del ICCD, perché la Rivista si occupasse dei problemi giuridici connessi all'implementazione e alla gestione delle banche dati del patrimonio culturale.

La causa è più profonda, anche se appare quasi superfluo ricordarla, e va rintracciata nel compito proprio di una rivista giuridica di interrogarsi, nel settore di riferimento, su come le istituzioni pubbliche (come pure i privati) si pongano nei confronti dei temi posti dalla realtà sociale, specie nel nostro tempo connotata da un avanzamento tecnologico incessante e pervasivo. Su quali regole cioè il pubblico e il privato si diano nell'obiettivo di rispondere all'evoluzione di questa realtà.

Di qui l'interesse per il digitale riferito al settore coltivato dalla Rivista.

Come emerge chiaramente dai contributi pubblicati, nel caso della digitalizzazione (anche) in Italia del patrimonio culturale pubblico il livello sovranazionale ha svolto e svolge un ruolo di stimolo e di guida importanti, nel tentativo di tenere il passo della tecnica. In ogni caso, per quanto riguarda il nostro Paese, il 'formante' europeo è risultato e continua ad essere decisivo, e di particolare rilievo sul piano delle regole. Non pare perciò un fuori campo spendere su di esso qualche parola in sede di presentazione degli scritti qui raccolti.

In ambito europeo il tema trova le sue radici nella 'strategia di Lisbona', che si era prefissa l'obiettivo di far divenire l'Europa entro il 2010 l'economia più competitiva e dinamica a livello mondiale. Più esattamente trae origine nell'iniziativa eEurope, varata dalla Commissione nel dicembre del 1999 - recante come titolo "Una società per l'informazione per tutti" e approvata dal Consiglio di Lisbona nel marzo 2000- nonché nel conseguente piano di azione adottato dal Consiglio di Feira nel giugno dello stesso anno. Al suo interno figurava anche "un maggiore coordinamento dei programmi di digitalizzazione in tutta l'Europa, per garantire un accesso più generalizzato al patrimonio comune europeo", patrimonio che si sottolineava essere costituito anche dai materiali presenti nelle "centomila istituzioni culturali (musei, biblioteche, archivi)" dell'Unione [3]. Gli ulteriori sviluppi hanno trovato punti di riferimento ideale nei Principi di Lund (2001), nella Carta di Parma (2003) e nel Rapporto The New Renaissance (2011) [4]. Non è questa l'occasione per un'analisi di dettaglio. Vanno però segnalati le finalità della digitalizzazione in ambito culturale e i problemi giuridici che essa pone, quali emergono nella 'visione' europea.

Quanto alle prime può dirsi che accanto ad un'ottica 'economicista' (realizzare un più agevole accesso ai materiali culturali ai fini dello sviluppo dell'industria dei contenuti digitali, del turismo e delle nuove tecnologie) [5] è riscontrabile l'attenzione, nel tempo sempre più evidente, alle esigenze proprie dei beni culturali, ossia alla loro fruizione/valorizzazione (facilitare l'accesso dei cittadini al patrimonio culturale, sostenere e promuovere le diversità culturali in un ambiente globalizzato, sviluppare una società dell'informazione inclusiva) e conservazione (preservare specie a beneficio delle generazioni future un patrimonio culturale esposto al deterioramento insito nei formati analogici), il tutto nella convinzione di fondo che la cultura rappresenti elemento essenziale dell'integrazione europea [6].

Quanto ai secondi, ben presto maturò la consapevolezza che la digitalizzazione, oltre che essere accompagnata da problemi di risorse economiche e di obsolescenza tecnica (di hardware e software), poneva temi di tutela del diritto alla riservatezza e dei diritti di proprietà intellettuale (d'autore e connessi) [7], questi ultimi considerati "uno strumento fondamentale per incentivare la creatività" [8] e dei quali perciò assicurare il "pieno rispetto" [9]. Al contempo, però, non si mancò di sottolineare la presenza di varie categorie di soggetti interessati ai contenuti digitali e quindi fu avvertita l'esigenza di ricercare punti di equilibrio fra i diversi interessi coinvolti [10]. Punti di equilibrio che si sono tradotti sul piano normativo (Direttive 2001/29/CE, art. 5, co. 2, lett. c); 2012/28/UE e ora 2019/790/UE, artt. 3, 6 e 8) nella previsione di possibili eccezioni (da parte degli Stati) al regime ordinario in tema di proprietà intellettuale nel caso di atti di riproduzione effettuati specie dagli 'istituti del patrimonio culturale' (biblioteche, musei archivi ecc.).

Sempre alla ricerca di un punto di equilibrio fra opposti interessi si è inspirata la disciplina europea in tema di riutilizzo dei dati e delle informazioni del settore pubblico, che ha finito con l'investire anche il materiale digitalizzato di interesse culturale detenuto da pubbliche amministrazioni, intersecando le discipline in tema di proprietà intellettuale e di protezione dei dati personali. Nella normativa più recente (Direttiva UE 2019/1024, ma già in precedenza nella Direttiva 2013/37/UE), da un lato, musei, archivi e biblioteche (inizialmente esclusi nella Direttiva 2003/98/CE) sono sottoposti alle sue previsioni (con la significativa eccezione però di poter applicare tariffe per il riuso, art. 6, par. 2, lett. b), dall'altro, resta impregiudicata la tutela dei diritti di proprietà intellettuale vantati dai terzi nonché quello della protezione dei dati personali (considerando 52 e 54 e art. 1, par. 2 lett. c), e par. 4).

È questo, delineato in somma sintesi, lo scenario europeo all'interno del quale (al momento) si colloca la problematica giuridica della digitalizzazione e delle banche dati digitali del patrimonio culturale, e nel quale confluiscono, sovrapponendosi, la disciplina pubblicistica specifica del settore culturale e quelle generali della proprietà intellettuale, della protezione dei dati personali e del riutilizzo delle informazioni pubbliche. Scenario che è destinato a condizionare le future scelte del legislatore nazionale nel recepimento delle ricordate direttive del 2019 [11], specie a proposito del dibattuto versante delle condizioni per l'accesso da parte dei cittadini al materiale culturale digitalizzato in pubblico dominio. È questo anche il terreno sul quale si muovono i contributi raccolti nel presente numero.

Aedon si è già occupata più volte della digitalizzazione del patrimonio culturale. Basterà ricordare tra gli altri i lavori di Giusella Finocchiaro (nn. 2/2009 e 1/2011), Giorgio Spedicato (n. 2/2011) e Lorenzo Casini (n. 3/2012), ma anche, per temi riversatisi in ambito digitale, di Alberto Musso (n. 2/2010). Il presente numero cerca di tracciare un quadro complessivo e aggiornato, che pur senza pretesa di esaustività permetta però al lettore di acquisire la consapevolezza dell'insieme dei profili che vengono in rilievo.

Lo scritto di avvio è del direttore dell'ICCD, architetto Carlo Birrozzi, e della sua équipe. Traccia la vicenda storica della catalogazione in Italia e dell'Istituto fino alla sua attuale configurazione, per illustrare poi con ricchezza di indicazioni l'attività che lo stesso svolge, i risultati raggiunti e la metodologia che ne ispira il lavoro."

Ai profili presentati dalla disciplina della proprietà intellettuale sono dedicati quattro contributi. Giusella Finocchiaro delinea i temi della normativa autoriale di diretto interesse per la digitalizzazione del patrimonio culturale. Ad approfondirli provvedono poi lo scritto di Paola Magnani e quello di Claudio Di Cocco, che estende l'esame alla riforma del diritto d'autore operata dalla direttiva 2019/790/UE. Gli argomenti affrontati spaziano dalla disciplina della riproduzione digitale delle opere protette dal diritto d'autore e di quelle di pubblico dominio (con attenzione anche alle opere c.d. orfane e a quelle fuori commercio) alla tutela delle banche dati creative e al diritto sui generis accordato ai loro costitutori, con le eccezioni/limitazioni previste per 'motivi culturali'. Federica Minio arricchisce infine il quadro, considerando i data base consultabili on line relativi alle opere presenti nelle collezioni di taluni musei e esaminando la possibilità che essi offrono di praticare il Text an Data Mining (estrazione di testo e dati).

Oggetto dello scritto di Francesco Midiri sono i profili posti dalla protezione dei dati personali, che vengono considerati nella molteplicità dei soggetti interessati dalla formazione e dalla gestione di una banca dati digitale: le persone fisiche collegate ai beni del patrimonio culturale censiti, gli autori delle schede e gli utenti.

Sugli aspetti che investono il patrimonio culturale digitalizzato sub specie in particolare della disciplina concernente l'apertura di dati e il riutilizzo dell'informazione del settore pubblico si focalizza invece Maria Cristina Pangallozzi, la quale, anche alla luce delle previsioni della direttiva 2019/1024/UE, si sofferma sull'alternativa fra riproduzione libera e riproduzione soggetta a tariffazione dei beni culturali digitalizzati di pubblico dominio.

La questione è ripresa, ma nell'ottica di categorie proprie del Codice dei beni culturali (fruizione e valorizzazione) da Paolo Carpentieri, che, sulla base della affermata distinzione fra le due funzioni, formula la proposta di un regime differenziato circa l'utilizzo da parte degli utenti delle risorse digitali concernenti il patrimonio culturale (a seconda della funzione che viene in rilievo, gratuito o a pagamento). Lo scritto si segnala anche per affrontare la questione di spiccata valenza teorica relativa alla possibilità (peraltro in modo convincente negata) che l'entità derivante dalla digitalizzazione di un bene culturale (la riproduzione digitale) acquisisca essa stessa il carattere di bene culturale (immateriale).

Come del resto è inevitabile nelle indagini condotte da più autori sul medesimo tema, sia pure per profili disciplinari diversi (e a maggior ragione quando il profilo disciplinare sia il medesimo), è possibile che il lettore avverta talune "ridondanze" di analisi e, all'opposto, ravvisi lacune per aspetti non trattati. Per le prime, si tenga conto che sensibilità analitiche diverse sullo stesso tema arricchiscono pur sempre le chiavi di lettura dell'argomento esaminato e, circa le seconde, vale quanto indicato all'inizio, ossia che l'indagine si prefigge solo l'obiettivo di richiamare l'attenzione del lettore sull'intreccio dei problemi posti dalla digitalizzazione del patrimonio culturale. Nel ringraziare vivamente gli Autori per la loro disponibilità (come pure i referee per i loro contributo di idee) Aedon si dichiara comunque senz'altro pronta ad ospitare ulteriori contribuiti che approfondiscano i temi trattati o che ne segnalino di nuovi.

 

Note

[1] Che almeno quanto ai musei del nostro Paese ci fossero ampi margini di miglioramento prima della pandemia sul versante della digitalizzazione del patrimonio culturale è attestato da indagini pubblicate nel 2019, quale quella della Banca d'Italia, Questioni di economia e finanza, La valorizzazione del patrimonio artistico e culturale in Italia: confronti internazionali, divari territoriali, problemi e prospettive, n. 524, novembre 2019, in cui (riportando dati Istat relativi al 2015) si afferma che "soltanto il 67,9 per cento dei musei ha inventariato i propri beni, il 45,8% li ha catalogati in forma cartacea e il 37,4 per cento li ha archiviati in formato digitale" (pag. 18).

[2] Cfr. ad es. D. Maida, Mondo dell'arte e quarantena, e S. Nastro, Chiusura dei musei dal 6 novembre al 3 dicembre. L'opinione dei direttori, in https://www.artribune.com/arti-visive/2020/06/mondo-dellarte-e-quarantena-10-cose-che-musei-e-gallerie-hanno-fatto-durante-il-lockdown/3/ e in https://www.artribune.com/arti-visive/2020/11/chiusura-musei-opinioni-direttori/

[3] Consiglio dell'Unione europea, Commissione delle Comunità europee, Bruxelles 14.06.00, eEurope 2002 'Una società dell'informazione per tutti', Piano d'azione, pag. 25 s.

[4] Cfr., rispettivamente, https://www.iccu.sbn.it/it/internet-culturale/contesto-europeo/, https://www.minervaeurope.org/structure/nrg/documents/charterparma031119final-i.htm, https://op.europa.eu/it/publication-detail/-/publication/79a38a23-e7d9-4452-b9b0-1f84502e68c5.

[5] Cfr., ad es. Principi di Lund, Comunicazione della Commissione del 30 settembre 2005 COM(2005) 465 definitivo, par. 3, Raccomandazione della Commissione del 24 agosto 2006 (2006/585/CE), considerando 3, Direttiva 2013/37/UE, Considerando 15 e 19.

[6] Cfr., ad es., Carta di Parma, Risoluzione del Consiglio del 21 gennaio 2002 (2002/C 32/02), considerando 7 e punto C, Comunicazione della Commissione del 30 settembre 2005, cit., e del 26 agosto 2010 COM(2010) 245 definitivo/2, par. 1.

[7] Cfr. Principi di Lund e Carta di Parma.

[8] Cfr. ad es. Raccomandazione della Commissione del 24 agosto 2006, cit., considerando 10.

[9] Cfr. ad es. Conclusioni del Consiglio del 10 maggio 2012 (2012/C 169/02), punto 3.

[10] Cfr. Principi di Lund. Sulle diverse categorie di soggetti interessati nella digitalizzazione in ambito culturale cfr. già A. Serra, Patrimonio culturale e nuove tecnologie: la fruizione virtuale, in La globalizzazione dei beni culturali, (a cura di) L. Casini, il Mulino, Bologna 201, pag. 225 ss.

[11] Cfr. Atto Senato n. 1721 XVIII Legislatura.

 

 



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