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Resoconti

Gli Stati generali del paesaggio: la bellezza salverà il mondo [1]

di Michele Bray

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Gli strumenti legislativi tra tutela e valorizzazione. - 3. Paesaggio tra sostenibilitą, crescita e sviluppo. - 4. Un paesaggio di qualitą: il tema delle periferie. - 5. Formazione e partecipazione.

Landscape General States: beauty will save the world
On 25 and 26 October 2017, less than twenty years after the National Landscape Conference in 1999, the Ministry of Cultural Heritage and Activities and Tourism organized the General States of Landscape at Palazzo Altemps as an occasion for reflection and deepening on the future of landscape policies.The meeting was organized with the aim of offering a broad overview of the economic, legislative and cultural situation of the Italian landscape. At the same time, it sought to identify an agenda for a major project in which environment, landscape and territory are united in the same area, overcoming differences and procedural divisions that often in the recent past have resulted in a deficiency of protection and have become causes of unnecessary complications.

Keywords: Landscape; Preserve; Enhancement.

1. Introduzione

A poco meno di vent'anni dalla Conferenza nazionale del Paesaggio del 1999, il ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha organizzato presso Palazzo Altemps gli Stati Generali del Paesaggio come occasione di riflessione e di approfondimento sul futuro delle politiche paesaggistiche.

L'incontro è stato organizzato con lo scopo di offrire una vasta panoramica della situazione economica, legislativa e culturale del paesaggio italiano e presentare il Rapporto sullo stato delle politiche per il paesaggio [2].

In quest'ottica, si è voluto, quindi, fotografare lo stato delle politiche in ambito paesaggistico, al fine di costituire un punto di partenza per intraprendere un nuovo percorso nazionale di tutela e promozione del territorio. L'incontro non si è tuttavia limitato ad accertare lo stato dell'arte, in quanto si è altresì perseguito l'ambizioso scopo di definire delle linee guida, settore per settore, su sviluppo, tutela e promozione dell'immensa risorsa territoriale italiana al fine individuare un'agenda per un grande progetto in cui ambiente, paesaggio e territorio siano uniti in uno stesso ambito superando divergenze e divisioni procedurali che spesso nel recente passato hanno comportato un deficit di tutela e sono divenute cause di inutili complicazioni.

L'incontro che si è articolato in cinque sessioni [3], conclusosi con una lectio magistralis del Cardinal Ravasi e con gli interventi del Ministro dei Beni Culturali e del Turismo e del Presidente del Consiglio, si è focalizzato sull'interrogativo circa il cambiamento del concetto di paesaggio nel corso degli anni, non più da considerarsi come un mero valore estetico, ma il contesto in cui vivono i cittadini esprimendo l'identità di una comunità [4].

Da questa mutata concezione discendono diverse conseguenze, ognuna delle quali sarà individualmente analizzata nei prossimi paragrafi, che hanno come comune denominatore la rivendicazione da parte di ogni cittadino di un diritto affinché il paesaggio venga tutelato, gestito e valorizzato [5].

Inoltre, si afferma con forza la consapevolezza di come le politiche che incidono su tali aspetti abbiano ricadute ampissime a partire dallo sviluppo sostenibile, la legalità e il senso di coesione di una comunità necessitando conseguentemente di una maggiore partecipazione dei cittadini, al fine di costituire una rete per la gestione del paesaggio e dei suoi mutamenti.

In altri termini, si afferma una libertà sostanziale e sostenibile delle persone di relazionarsi con il paesaggio, di goderlo, di agire e lavorare in esso [6].

2. Gli strumenti legislativi tra tutela e valorizzazione

In primo luogo, in tutti i panel è emersa la necessità di ragionare attorno agli istituti che il diritto ci offre per incentivare la tutela in un'ottica di valorizzazione, dando vita ad un vero e proprio cambio di paradigma per quanto concerne l'approccio legislativo in ambito paesaggistico.

In quest'ottica, è stata sottolineata in modo unanime la strategicità e centralità del piano paesaggistico, da intendersi come strumento in grado di cogliere le esigenze di tutela e di valorizzazione, coniugandole, al contempo, con quelle di governo del territorio e gestione sostenibile del paesaggio.

Un piano paesaggistico che sia in grado di porre in essere una vera e propria costituzione del territorio che riesca a definire regole chiare, precise e partecipate che favoriscano una sinergia tra i diversi livelli istituzionali coinvolti nella gestione del paesaggio. Infatti, considerate le peculiarità dell'oggetto in esame è stato ricordato che le politiche in ambito paesaggistico incidono su un bene che è strettamente legato alla cultura di coloro che vi abitano e necessitano, quindi, di strumenti che siano in grado, dopo aver sapientemente provveduto alla tutela, di cogliere le esigenze, le abitudini e le attitudini delle popolazioni che in quel determinato contesto risiedono [7].

A tal fine, risulta auspicabile come il piano diventi uno strumento di governo del territorio condiviso e comunicato che veda le amministrazioni centrali, regionali e locali integrare le loro azioni con le soluzioni che emergono dai processi partecipativi, monitorandone i progressi e misurandone i risultati.

Esso però deve altresì avere una sua supremazia gerarchica sugli altri strumenti di intervento sul territorio e mantenere un ragionevole grado di rigidità e durevolezza nel tempo, evitando che mediante singoli e sporadici interventi il piano possa essere messo ripetutamente in discussione ledendone la capacità precettiva e regolatoria [8].

Al contempo, risulta necessario che una volta che sia intervenuta l'approvazione del piano, faccia seguito una successiva fase di esecuzione e attuazione, da considerare come parte integrante del piano stesso, che traduca in scelte tangibili le previsioni e prescrizioni del piano. Nello specifico, questo dovrà avvenire in una duplice direzione: da un lato attraverso l'adeguamento dei piani urbanistici locali al piano e dall'altro lato, mediante l'attuazione degli obiettivi del piano nelle diverse politiche pubbliche [9].

In quest'ottica, sarebbe auspicabile introdurre logiche premiali per quelle Regioni che adottano il piano e al contempo sanzioni per coloro che risultano inadempienti [10].

Contestualmente, una valorizzazione del ruolo del piano paesaggistico passa inevitabilmente attraverso l'affermazione di una nozione giuridica di paesaggio autonoma, chiara e precisa [11].

Tale attività non investe solo un aspetto dogmatico-lessicale, ma comporta conseguenze ben più rilevanti, in quanto dalla precisa distinzione dei diversi concetti fondamentali derivano stringenti corollari applicativi tra i quali si annovera una diversa distribuzione delle competenze e l'individuazione degli istituti di tutela che possono, o meno, trovare applicazione. Si è infatti passati da una dimensione solo estetica dell'oggetto della tutela verso una valutazione globale e d'insieme. Tale impostazione non è più solo settoriale o rivolta ad aree circoscritte caratterizzate da bellezze individue o d'insieme, ma indirizzata all'intero territorio nazionale. Infatti, su un' unica porzione di territorio emergono molteplici valori e interessi che sempre più frequentemente tendono a collidere tra di loro e rispetto ai quali occorre porre in essere delle scelte.

Risulta quindi necessario ricercare un giusto punto di equilibrio tra le diverse nozioni di paesaggio che nel corso degli anni si sono susseguite al fine di individuarne una che sia chiara, precisa e in grado di cogliere le complessità del reale [12].

3. Paesaggio tra sostenibilità, crescita e sviluppo

È emerso in modo altrettanto univoco durante tutte le sessioni come il paesaggio non sia da considerarsi solo come un giacimento estrattivo di reddito, ma viceversa come debba divenire una componente fondamentale di politiche orientate verso il perseguimento di uno sviluppo sostenibile del Paese [13]. Si afferma, pertanto, la necessità di porre in essere delle scelte che, collocando al centro il tema del paesaggio, siano in grado di conciliare la sua natura di bene comune e la sua capacità di essere al contempo un'importante risorsa per la crescita economica del Paese.

Tuttavia, affinché questo avvenga è necessario un ulteriore cambio di paradigma in forza del quale i fruitori delle bellezze da consumatori dovranno divenire contributori della tutela e della valorizzazione. In tale direzione, affinché il paesaggio concorra alla crescita, non basta renderlo oggetto di consumo turistico, ma è necessaria una cultura del cambiamento che faccia in modo che il paesaggio da mero centro di produzione, diventi altresì centro di rigenerazione attraverso attività culturali, di tutela e manutenzione.

L'uso del paesaggio come risorsa economica dovrà essere contemperato con l'esigenza di garantirne una piena libertà di godimento, mediante politiche che sia in circostanze ordinarie che in casi straordinari siano guidate da una visione di lungo periodo, mediante scelte condivise con i cittadini e coordinate da un'amministrazione pubblica competente e rinnovata.

La scelta di orientare le suddette politiche verso scelte funzionali ad uno sviluppo sostenibile deriva altresì dalla consapevolezza di un incremento di una domanda turistica da parte di operatori e utenti che ricerca sempre più frequentemente una maggiore attenzione ai temi della sostenibilità.

In quest'ottica, la domanda turistica chiede di visitare le nostre bellezze non con modalità passive, ma di viverle, viceversa, in modo attivo e partecipato. Pertanto, partendo dalla premessa in forza della quale la concezione di sviluppo sta cambiando si evince un nuovo punto di vista sulla gestione del paesaggio che necessita di strategie differenti rispetto a quelle che hanno caratterizzato il nostro Paese negli ultimi anni. Tutto ciò nella consapevolezza di come tale politiche che perseguono obiettivi di sviluppo sostenibile non abbiano ricadute solo in termini ambientali e paesaggistici, comportando ulteriori e rilevanti conseguenze a carattere sociale, economico ed istituzionale.

In questo senso potrebbe essere auspicabile introdurre in Costituzione, così come già avvenuto in Francia e Svizzera, il principio dello sviluppo sostenibile, soluzione che sarebbe in grado di orientare meglio, verso la suddetta direzione, le scelte del legislatore [14].

4. Un paesaggio di qualità: il tema delle periferie

In terzo luogo è emersa la necessità di indagare e approfondire la questione delle periferie, concetto sempre più spesso accomunato agli aggettivi degradato, lontano o abbandonato [15].

A livello mondiale è in atto un processo di trasformazione dei paesaggi urbani e rurali che hanno ridisegnato l'aspetto delle città. Al fine di regolare l'impetuosa crescita demografica, le nuove correnti demografiche e i cambiamenti climatici, si sono posti in essere interventi che tollerando l'abusivismo, incentivando il consumo del suolo e favorendo processi di agglomerazione urbana hanno creato disgregazione sociale, distruzione dell'ambiente ed emarginazione, aumentando sempre di più il divario tra coloro che sono costretti ad accedere solo agli squallori e coloro che viceversa hanno la possibilità di accedere, usufruire e godere delle bellezze del nostro Paese [16].

Tuttavia, si afferma con chiarezza la consapevolezza di come il paesaggio rifletta regole e valori di una comunità, sottolineando la titolarità in capo ad ogni individuo di un diritto al paesaggio, il cui pieno accesso deve essere garantito a tutti, prescindendo dal luogo in cui si risiede. L'idea cardine, attorno alla quale ruota il superamento della tradizionale idea di paesaggio, è quella che attribuisce rilevanza paesaggistica a tutto il territorio, secondo un concetto che tiene conto sia dei paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia dei paesaggi della vita quotidiana, sia di quelli degradati.

Risulta pertanto necessario un cambio di paradigma volto a porre in essere politiche che perseguendo finalità di rigenerazione urbana e tutela del paesaggio conducano a processi di rigenerazione delle persone che vivono in contesti degradati. Si è infatti sottolineato come interventi finalizzati a favorire una maggiore tutela e valorizzazione di zone periferiche non si limitano ad una rigenerazione estetica di tali zone, ma sono altresì in grado di incidere, tra l'altro, sulla crescita occupazionale [17] e su una maggiore sicurezza di tali contesti [18].

Pertanto, considerando che oggigiorno la maggioranza delle persone vivono nelle periferie, la rigenerazione di quest'ultime diviene una sfida per la salvaguardia dei valori della democrazia e, quindi, tema centrale delle agende politiche dei prossimi anni [19].

In quest'ottica, appare necessario condurre delle nuove e diverse strategie che, operando in modo sistematico, adottino un approccio che colga come i cittadini che risiedono in queste zone richiedano a gran voce uguaglianza delle opportunità e coinvolgimento nelle decisioni.

Le periferie rappresentano, quindi, il futuro delle nostre città, ma si devono condurre politiche che partano dal presupposto in forza del quale non è più possibile crearne di nuove [20], dovendo, viceversa, limitare ulteriori espansioni delle città a discapito delle zone rurali [21]. Questo non rappresenta un limite alla crescita, ma la comprensione di come le città dovranno in futuro svilupparsi "per implosione", completando il tessuto che già esiste, costruendo sul costruito, riempiendo gli spazi compromessi, degradati e dismessi.

Sotto un profilo urbanistico, il secolo in cui viviamo può essere definito come il "secolo delle periferie", contesti nei quali si giocheranno le grandi sfide dell'integrazione dei prossimi anni e ove diviene doveroso riscoprire la bellezza, anche in quei luoghi ove questa non sia immediatamente percepibile.

5. Formazione e partecipazione

Infine, al fine di perseguire i suddetti obiettivi risulta necessario realizzare un ingente investimento in risorse umane nella pubblica amministrazione sia a livello centrale sia a livello decentrato con competenze multidisciplinari che consentano all'amministrazione di costruire e governare percorsi di ascolto, partecipazione e dialogo con il privato.

In quest'ottica, occorre in primo luogo insistere su processi di formazione in forza dell'ineludibile presupposto per cui la salvaguardia dei luoghi presuppone necessariamente una cura delle persone che sono chiamate a gestirli e tutelarli [22]. Pertanto, già la scuola deve diventare l' "incubatrice" del diritto del paesaggio, al fine di fissare in ciascuno di noi, sin dai primi anni di vita, una cultura ed un'etica del paesaggio che vada al di là di una mera percezione estetica [23]. Una cultura del paesaggio che sia altresì capace di far conoscere e rendere consapevoli di essere cittadini e appartenere ad una comunità in un contesto socio-culturale in cui sono sempre più frequenti venti di disgregazione e fenomeni di discriminazione [24].

In secondo luogo, risulta centrale la partecipazione e la valorizzazione di tutta quella miriade di iniziative culturali e forme di associazionismo che animano il nostro Paese. Possediamo un grande hardware costituito dal nostro patrimonio e uno straordinario software costituito dalle energie, competenze e creatività della società civile, ma difettiamo di un efficiente sistema operativo che sia in grado di garantire un corretto coordinamento. Pertanto, serve un'inversione di rotta che sia in grado di connettere e creare dei ponti tra istituzioni e società civile.

In tale direzione, appare auspicabile incentivare una maggiore capacità di ascolto investendo su forme di gestione dal basso del patrimonio culturale. Un progetto che sia in grado di aggregare, rappresentare e far operare in sinergia, facendo rete e mettendo in condivisione esperienze e pratiche vissute per costruire un patrimonio comune, in cui tutti si possano riconoscere.

Ripartire dall'impegno civile che caratterizza i volontari e i lavoratori della cultura permette di non rassegnarci al degrado e all'abbandono, ma di continuare in ogni contesto a lottare per la bellezza e per la sua conservazione. Occorre una nuova strategia che dia rappresentanza a tutti coloro che portano avanti progetti, idee, innovazione e al contempo investa sulla formazione dei cittadini offrendo, così, un contributo alla ricostruzione del tessuto umano e sociale del Paese che appare oggi devastato non soltanto dagli effetti della crisi economica, ma anche da una più generale crisi di ideali, di fiducia, di prospettive.

Ripartire dalla tutela e valorizzazione del paesaggio diviene elemento fondante per ricostruire il nostro Paese con l'obiettivo di dar vita ad una società migliore, più solidale e aperta.

Diversamente "Il mondo non finirà per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia" [25].

Note

[1] "È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" (G. Pacini, Fedor M. Dostoevskij, Milano, Bruno Mondadori Editore, 2002, pag. 95.

[2] Il volume rappresenta il primo rapporto in ambito paesaggistico a cura del ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo costituendo un'approfondita analisi statistica dello stato del paesaggio. Il lavoro si prefigge di esprimere con chiarezza i principali fenomeni e fattori che hanno inciso sulla qualità del paesaggio e sulle sue trasformazioni avvalendosi dell'analisi e dell'elaborazione di dati Istat e Ispra. Ad esempio, dal rapporto emerge che il consumo di suolo in Italia rallenta ma continua a crescere, 50 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali tra novembre 2015 e maggio 2016, in media poco meno di 30 ettari al giorno, più di 3 metri quadrati al secondo. La densità media di edifici ha raggiunto i 512 per kmq (+28%). Mentre nelle soprintendenze la carenza di personale fa sì che ogni funzionario debba occuparsi in media di 457 provvedimenti all'anno.

[3] Gli Stati generali del Paesaggio si sono in articolati in cinque diverse sessioni, presiedute da un chairman e nelle quali si sono susseguiti cinquanta autorevoli relatori. Nello specifico, i temi di discussione sono stati: Legislazione e diritto al paesaggio presieduto dal Presidente della V sezione del Cons. Stato, G. Severini; Paesaggio: bene comune e risorsa economica presieduto dal Prof. F. Barca; Paesaggio, politiche di trasformazione territoriale e qualità progettuale presieduto dal Prof. S. Settis; Legalità e inclusione sociale: verso il diritto a paesaggi di qualità presieduto da G. Volpe, Presidente del Consiglio Superiore dei Beni culturali; Cultura del paesaggio: educazione, formazione e partecipazione, presieduto da A. Carandini, Presidente del FAI.

[4] Il concetto di paesaggio come identità di una comunità è stato evidenziato dal Presidente del Consiglio P. Gentiloni, che ha sottolineato come il paesaggio sia "il luogo dove la natura e la storia si incontrano, e dove la natura e la storia si incontrano lì scaturisce la nostra identità. L'identità italiana nasce da questo incrocio di natura e storia. Ed è un'identità bella. La prima cosa che dobbiamo credo dirci è che viviamo in un tempo di identità pericolose, di identità antagoniste alle quali non possiamo contrapporre una mancanza di identità. Non riusciremo mai a vincere la battaglia per la coesione sociale, per la pace addirittura nel mondo se ci presenteremo come delle élite cosmopolite senza terra senza radici, vinceremo questa battaglia solo se ci presenteremo forti delle nostre identità. E l'identità italiana ha questa meravigliosa possibilità di basarsi su questo incrocio che è tra natura e paesaggio". In questi termini si è, altresì, espressa il Sottosegretario al Ministero dei Beni e Attività Culturali Ilaria Borletti Buitoni, la quale ha sottolineato come "Il paesaggio non è un concetto statico o sola espressione di bellezza ma è il contesto in cui viviamo e ciò che circonda le nostre comunità. E come tale è un bene di tutti, un bene imprescindibile per costruire e progettare un futuro sostenibile per ognuno di noi".

[5] In questi termini, si è pronunciato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che ha inviato un messaggio al Ministro dei Beni Culturali e del Turismo, il quale lo ha letto durante gli "Stati Generali del Paesaggio" ricordando come "la Costituzione ha fissato, con lungimiranza, tra i suoi principi fondamentali la tutela del paesaggio, e ha legato questo solenne impegno alla cura del patrimonio storico e artistico della Nazione"e aggiungendo "il paesaggio è frutto di un processo storico, nel quale natura e umanità hanno impresso il loro segno"concludendo che "vi sono equilibri che vanno preservati, e altri che vanno ripristinati, anche con urgenza. L'impegno per la qualità dei paesaggi è vasto, richiede capacità di programmazione su scala ampia, e impone riflessioni sulla sostenibilità dello sviluppo e sulle trasformazioni dei territori, a partire dal rapporto con le aree urbane".

[6] Si veda Amartya Sen, L'idea di giustizia, Mondadori 2010; Amartya Sen, La libertà individuale come impegno sociale, Laterza 2007.

[7] Durante il suo intervento R. Muroni, Presidente di Legambiente, nel corso della seconda sessione dedicata al tema del "Paesaggio: bene comune e risorsa economica", ha affermato la centralità di "un necessario patto con le comunità locali quando si parla di tutela del paesaggio" divenendo fondamentale un'alleanza con i cittadini e il coinvolgimento attivo delle comunità locali mediante l'implementazione di strumenti normativi e amministrativi funzionali a tali scopi.

In senso analogo, condivide una impostazione fondata su una governance multilivello E. Giovannini, il quale, durante il suo intervento, nel corso della seconda sessione dedicata al tema del "Paesaggio: bene comune e risorsa economica", ha ritenuto positiva la scelta in forza della quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri è divenuta la responsabile della strategia per lo sviluppo sostenibile, potendo garantire un migliore ed univoco coordinamento.

[8] In questi termini, si è espresso il Pres. G. Severini, durante il suo intervento nel corso della I sessione dedicato al tema "Legislazione e diritto al paesaggio" il quale ha chiarito che "se il piano paesaggistico è soggetto a continue revisioni perde la sua ragion d'essere, il suo perché".

[9] La Prof.ssa A. Marson, nell'ambito del suo intervento, nel corso della I sessione "Legislazione e diritto al paesaggio", ha precisato che "a seguito del trascorrere del tempo le norme richiedono di essere adeguate, adeguamento che dovrebbe essere teso a garantire una migliore qualità dei percorsi di trasformazione del territorio e del paesaggio e non una retrocessione rispetto a piani così faticosamente concertati, negoziati e partecipati". Conseguentemente rispetto all'adeguamento dei piani "sarebbe fondamentale codificare forme di monitoraggio attivo e partecipato da parte dei diversi attori istituzionali" al fine di poter valutare quanto le politiche dell'ente siano conformi alle previsioni contenute dal piano. In quest'ottica, si espresso altresì, R. Banchini, Direttore Servizio Tutela del paesaggio, Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio Mibact, nel corso della I sessione, il quale reputa la conformazione degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico come "un nodo chiave" di quella che dovrà essere la futura Carta del Paesaggio, individuando strumenti giuridici che rendano maggiormente cogenti le disposizioni all'interno del piano.

[10] In tale direzione appaiono dirigersi alcune disposizioni del d.p.r. 31/2017 recante "individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata" che ha introdotto rilevanti modifiche in termini di semplificazione alla normativa vigente in ambito paesaggistico. Il regolamento pone in essere un'opera di liberalizzazione volta ad individuare una categoria di attività ritenute paesaggisticamente irrilevanti e pertanto esentate dall'obbligo di previa autorizzazione paesaggistica identificando, al contempo, un'ulteriore tipologia di interventi, definiti come "di lieve entità", sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata. Al contempo, il suddetto regolamento prevede all'art. 4 alcuni meccanismi premiali per quelle regioni che adottano i piani paesaggistici e per quei comuni che a questi ultimi provvedono con l'adeguamento dei piani urbanistici. Il "premio" per le amministrazioni più efficienti consente di usufruire di un regime amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche più favorevole. Nello specifico, questo consiste nello "scorrimento" di alcuni tipi di interventi, localizzati in contesti paesaggistici particolarmente "delicati" o relativo a beni culturali, dal regime di autorizzazione semplificata al regime "libero". In questi termini, si veda S. Amorosino, Il nuovo regolamento di liberalizzazione e semplificazione delle autorizzazioni paesaggistiche (d.P.R. n. 31/2017), in Urb. app., 2017, 3, pag. 327 ss.

[11] Il Prof. S. Amorosino, durante il suo intervento nel corso della I sessione "Legislazione e diritto al paesaggio", ritiene che la nozione di paesaggio si sia con il tempo ampliata e complicata, soluzione che reca con sé il rischio "per cui tutto è paesaggio" con il rischio che il concetto di paesaggio possa perdere una sua identità.

[12] In questi termini si espresso il Cons. P. Carpentieri, il quale ha sottolineato la necessità di individuare un punto di raccordo tra una "visione territorialista" o "panurbanistica" ed una che quest'ultimo definisce delle "tutele parallele" e "degli interessi differenziati". Con la prima si fa riferimento alla definizione fornita dal D. P. R. 616/77 che introdusse con l'art. 80 una nozione ampia di urbanistica da intendersi come "la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell'ambiente" Tale visione è definita dal Consigliere come "olistica, integrale, unitaria" e culmina con l'idea in forza del quale uno è il territorio, una è la disciplina, una è l'autorità. Quest'ultima si oppone alla visione incentrata su tutele parallele o interessi differenziati, cioè quella prevista dal Codice dei beni culturale e del Paesaggio, che, viceversa, premia le differenziazione delle diverse matrici che insistono su un territorio. Nello specifico, sulla nozione di paesaggio si veda P. Carpentieri, La nozione giuridica di paesaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., 2004, pag. 405 ss.

[13] L'urgenza e la necessità di un cambiamento concreto è stata ribadita nell'intervento di E. Giovannini, il quale ha sottolineato come l'Italia abbia assunto l'impegno, entro il 2020, di garantire la conservazione, il ripristino e l'uso sostenibile degli ecosistemi di acqua dolce terrestri e nell'entroterra e dei loro servizi; promuovere l'attuazione di una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste, fermare la deforestazione. Tuttavia, i risultati raggiunti nell'ultima legislatura sono ancora insoddisfacenti, se si considera che l'Italia non ha una strategia energetica nazionale, una strategia per l'economia circolare né un piano per l'adattamento ai cambiamenti climatici.

[14] Al termine della seconda sessione sono stati individuati sette suggerimenti, verso i quali dovrebbero tendere le politiche in ambito paesaggistico dei prossimi anni: 1) Realizzare un vasto investimento in risorse umane nella pubblica amministrazione con competenze multidisciplinari che consentano alla pubblica amministrazione di costruire e governare percorsi di ascolto e di partecipazione e dialogare con il privato da una posizione di parità; 2) Costruire luogo per luogo patti con le comunità affinché i piani paesaggistici incorporino le scelte dei cittadini; 3) Dare forza alla strategia per le aree interne investendo maggiori risorse umane; 4) Adottare una strategia speculare per le aree metropolitane e per le città in genere, costruendo dal centro una visione del paesaggio urbano a cui l'Italia si ispira riattivando il ruolo del comitato interministeriale per le politiche urbane; 5) Dare forma ad un dipartimento per la ricostruzione che assicuri una visione unitaria; 6) Incentivare un'attività formativa in ambito paesaggistico; 7) Procedere ad una migliore mappatura del territorio.

[15] Il Ministro dei Beni culturali e del Turismo D. Franceschini, sulla rivalutazione delle aree periferiche ha evidenziato come il "tema delle periferie che finalmente è tornato centrale nel nostro Paese e sarà la sfida di questo secolo, [...] non è soltanto un tema di riqualificazione, perché lì vivono milioni di persone e lì si giocano tutte le sfide dall'integrazione alla convivenza allo sviluppo demografico di questo secolo; ma anche perché sono uno straordinario territorio per sperimentare e per trovare bellezza".

[16] In questi termini si è espresso F. Barca che nel corso della seconda sessione dedicata al tema del "Paesaggio: bene comune e risorsa economica" ha affermato come le politiche in ambito paesaggistico dovranno tendere alla realizzazione del principio di uguaglianza garantendo a tutti la sua fruibilità. In tale direzione diviene necessario da un lato chiudere "la faglia tra chi ha la possibilità di accedere solo agli squallori e chi ha la possibilità di accedere solo alle bellezze" e dall'altro fare in modo che "nelle aree interne il paesaggio non può essere concepito solo come luogo di svago delle élite urbane, ma viceversa, e prima di tutto, luogo di vita e di svago per chi resta ad abitarci garantendo una garanzia di servizi che convinca le persone a restare".

[17] Rappresenta un esempio emblematico di una comunità di patrimonio e di coscienza di luogo quello del Rione Sanità di Napoli, esperienza descritta da Padre Loffredo, nel corso della quarta sessione dedicata al tema della "Legalità e inclusione sociale: verso un paesaggio di qualità". Padre Loffredo ha illustrato il progetto urbanistico di recupero di quei luoghi diventato poi occasione di crescita di lavoro, formazione ed educazione di un'intera comunità locale. Luoghi che probabilmente avrebbero avuto altre destinazioni, al confine tra legalità e illegalità, se non avessero trovato nel patrimonio culturale una ragione di vita e di consapevolezza del loro ruolo.

[18] Il Paesaggio può essere anche sinonimo di resistenza. In questi termini si è espressa R. Muroni, descrivendo l'esperienza del Casale di Teverolaccio, casale del 1300 in provincia di Caserta, ove grazie al vincolo posto dalla Soprintendenza questa zona ha rappresentato un esempio di conservazione nella quale si è manifestato in modi tangibile la presenza dello Stato sottraendo tali luoghi dall'accaparramento da parte di organizzazioni criminali.

[19] Sul punto si è pronunciato S. Boeri, durante il suo intervento tenutosi nel corso della terza sessione dedicata al tema del "Paesaggio, politiche di trasformazione territoriale e qualità progettuale". Boeri ha sottolineato la necessità di porre in essere "una progettazione strategica ed una visione simultanea finalizzata a ripensare il ruolo delle 14 aree metropolitane presenti in Italia. Un piano che ragioni sul rapporto tra paesaggio urbano, rurale e naturale e delle loro estrinsecazioni".

[20] In questi termini si veda il rapporto del gruppo G124 coordinato dall'Arch. R. Piano che ha individuato venti punti verso i quali dovranno tendere le politiche urbanistiche dei prossimi anni. Tra questi si sottolinea: la crescita della città per implosione e non per esplosione. Basta alla crescita ormai insostenibile a "macchia d'olio"; così come è avvenuto a Londra la costituzione di una c.d. Greenbelt a difesa del suolo agricolo attorno alla città e dei valori paesaggistici; costruire sul costruito con un'opera di rammendo delle periferie trasformando le aree dismesse (industriali, ferroviarie, militari).

[21] Tale fenomeno è rilevato dal Prof. S. Settis, all'interno del suo intervento tenutosi nel corso della terza sessione dedicata al tema del "Paesaggio, politiche di trasformazione territoriale e qualità progettuale", nel quale ha sottolineato l'urgente necessità di limitare da un lato la crescita inarrestabile delle città a discapito delle zone rurali e dall'altro i fenomeni di "centrification" che tendono ad espellere giovani e meno abbienti dai centri delle città.

[22] Il tema della formazione risulta centrale nell'intervento del Prof. S. Settis, che presiedendo la terza sessione ha individuato otto obiettivi verso i quali dovranno tendere le politiche in ambito paesaggistico dei prossimi anni e tra quali la formazione ricopre un ruolo assai rilevante. Nello specifico: 1) L'obbligo costituzionale di tutela del paesaggio nasce da un lungo processo di convergenza tra paesaggio e patrimonio storico artistico che comincia con l'ordine del Real patrimonio di Sicilia del 1975 con il quale si afferma l'inscindibile endiadi tra paesaggio e beni culturali. Quest'ultimi costituiscono quindi non due aspetti da distinguere, ma una cosa unica e cioè la forma dell'intero Paese. A tali principi dovrebbe ispirarsi la qualità delle architetture e la gestioni dei paesaggi; 2) L'art. 9 della Costituzione attribuisce l'obbligo di tutela in capo alla Repubblica del paesaggio e patrimonio culturale con riferimento alla Nazione. Questa è la sola volta che il termine Nazione ricorre trai principi fondamentali. Da tale profilo discendono due implicazioni: da un lato un obbligo di un eguale livello di tutela in tutto il territorio nazionale, dall'altro un obbligo per la Nazione di un congruo e diretto intervento attraverso la spesa pubblica, che deve dispiegarsi nella gestione ordinaria delle finanze; 3) L'Italia dovrebbe esercitare un diritto di primogenitura diventando modello di tutela in un contesto mondiale caratterizzato da un crescente degrado dei paesaggi. Tuttavia, molto spesso non ha saputo reagire all'inarrestabile crescita delle città e ai processi di centrification che espellono le persone dai centri storici. Risulta auspicabile un'adeguata politica delle periferie; 4) Tutela e salvaguardia del paesaggio urbano, periurbano ed extraurbano mediante l'adozione di una legge che diminuisca il consumo del suolo. In quest'ottica si dovrebbero introdurre criteri che tengano conto della crescita demografica e parametri di edificabilità che tengano conto della presenza di edifici abbandonati, aree deindustrializzate; 5) Mancato raccordo tra legge Bottai sulla tutela del paesaggio del 1939 e quella urbanistica del 1942, che ha comportato duplici sovrapposizioni tra le nozioni di paesaggio, ambiente, e territorio; 6) La tutela del paesaggio va intesa come tutela dei diritti dei cittadini e come strumento essenziale per la difesa della democrazia nell'interesse di tutti e non del profitto di pochi; 7) Nessuna tutela è possibile senza adeguate risorse umane e finanziare; 8) Investire nell'educazione al rispetto del paesaggio.

[23] Al contempo appare fondamentale investire sulla formazione di professionalità in ambito paesaggistico. In questi termini si è espressa la Prof. L. Scazzosi, durante il suo intervento nel corso della quinta sessione dedicata al tema della "Cultura del paesaggio: educazione, formazione e partecipazione", evidenziando delle criticità in ambito italiano rispetto a quelle che sono le linee guida in ambito di formazione previste dalla Convenzione europea del paesaggio. Quest'ultime indicano come la formazione debba investire sugli specialisti, che si identificano nei paesaggisti che lavorano sul progetto e sulla gestione degli spazi aperti; introduzione di tematiche paesaggistiche nella formazione universitaria di non specialisti (geometri, architetti, ingegneri); informazione e formazione continua per il personale tecnico; aggiornamento continuo per professionisti privati e pubblici; investimento nella ricerca.

[24] La necessità di investire sulla formazione in ambito paesaggistico è stata sottolineata da C. Daldoss, Assessore alla coesione territoriale, urbanistica della Provincia Autonoma di Trento, il quale all'interno del suo intervento nel corso della V sessione dedicata al tema della "Cultura del paesaggio: educazione, formazione e partecipazione" ha evidenziato come in Trentino sia stata creata una scuola per il governo del territorio e del paesaggio con finalità di educazione all'interno delle scuole e degli amministratori locali chiamati quotidianamente ad interfacciarsi con tali tematiche.

[25] In questi termini si è espresso il Cardinal Ravasi nella sua Lectio Magistralis svoltasi durante gli Stati Generali.



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