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Patrimonio culturale immateriale: i confini di una nozione

Primi passi verso una disciplina di settore dei beni immateriali. Il caso del disegno di legge sulle manifestazioni, rievocazioni e giochi storici

di Annalisa Gualdani

Sommario: 1. Premessa. - 2. Alla ricerca di un riconoscimento e di una protezione dei beni immateriali. - 3. Il progetto di legge sulla "Promozione e la valorizzazione delle manifestazioni, delle rievocazioni e dei giochi storici: a) Principi, definizioni e finalità; b) Albo nazionale e elenco; c) Il comitato scientifico; d) I finanziamenti.

First steps towards a legal regulation of the field of immaterial property. The case of the bill on historical manifestations, commemorations and games
It is some time that the category of immaterial property claims the attention of the national legislator, which opts for a concept of cultural property mainly anchored to the idea of tangible heritage. The reasons of this approach are to be found: on the one hand, in the fear that, through extending the said concept, the anthropological conception of cultural property would emerge, making the object of protection too broad; on the other hand, in the conviction that protection of cultural property cannot be disconnected from their "materiality". After a closer look, however, it is possible to conceive for immaterial property instruments of protection which are different from those reserved to material goods, opting for a broad and "dynamic" notion of comprehensive protection of the concepts of valorization and promotion. The bill which is the object of the present article is oriented towards this direction.

Keywords: Immaterial; Valorization; Tradition; Sustainable Development; Business Activity.

1. Premessa

Da tempo, la categoria dei beni immateriali reclama attenzione da parte del legislatore nazionale, il quale non ha mai colto l'occasione di occuparsi di essi.

Se si esclude infatti quell'intento (rimasto senza esito) di affrancare i beni culturali dal riferimento alla materialità, contenuto nell'art. 148, lett. a), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (poi abrogato dall'art. 184 cod.): "sono beni culturali quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demo-etnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà così individuati in base alla legge", non è mai emersa la volontà di sanare questa falla presente nel nostro ordinamento. E ciò nonostante le convenzioni internazionali abbiano formalmente richiamato gli Stati a predisporre misure di salvaguardia per la protezione e la valorizzazione del patrimonio immateriale.

Per dovere di completezza non va, però, sottaciuta la breccia aperta da alcune regioni, le quali, mosse dall'intento di preservare i loro dialetti, i loro usi e le loro eredità immateriali, hanno compreso la "necessità di prevedere forme di protezione del patrimonio intangibile" [1], dotandosi di proprie discipline.

Lo scenario descritto sembra, tuttavia, destinato a mutare, grazie a distinti disegni di legge concernenti le manifestazioni, le rievocazioni e i giochi storici [2], ora confluiti in un Testo unificato presentato alla Camera, il 26 luglio 2017: "Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni, delle rievocazioni e dei giochi storici".

Pur essendo un progetto di legge di carattere settoriale, esso tuttavia potrebbe fungere da modello non solo per la normazione delle altre species di beni c.d. volatili, ma anche esplicare un effetto "espansivo" tanto da condurre all'inserimento nel Codice dei beni culturali (attraverso un correttivo) di una sezione dedicata ai beni intangibili. Se tale obiettivo fosse raggiunto si conferirebbe finalmente un riconoscimento e una dignità a quella componente del patrimonio culturale saldamente ancorata alle tradizioni, alle origini e ai profili identitari delle popolazioni di un dato territorio.

2. Alla ricerca di un riconoscimento e di una protezione dei beni immateriali

Prima di procedere all'esame del disegno di legge sulla "promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni, delle rievocazioni e dei giochi storici", occorre soffermarsi, se pur brevemente, sulla descrizione della categoria dei beni immateriali, per individuarne le caratteristiche essenziali.

È noto che il Codice dei beni culturali accolga una nozione di bene culturale, ancorandola al concetto di "res qui tangi potest". In tal senso infatti dispone l'art. 2, comma 2, laddove afferma che:"sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà".

Le ragioni di tale scelta si rinvengono in quell'orientamento che, a partire dalla Commissione Franceschini, ha conferito prevalenza alla "materialità" del bene [3]. E invero "nell'opera d'arte come in ogni altra cosa in cui si riconosce un valore culturale che giustifica la soggezione della cosa alla speciale ragione di tutela, il profilo ideale che è oggetto di protezione si è talmente immedesimato nella materia in cui si esprime da restarne definitivamente prigioniero, così che esso si pone come oggetto di protezione giuridica inscindibile dalla cosa che lo racchiude" [4]. Se è pur vero che "la cosa non è che "un'entità extragiuridica che si qualifica giuridicamente, in quanto presenta un interesse che può essere tutelato dal diritto" [5], tuttavia la vis attractiva esercitata dalla res sul valore culturale ha prevalso e ha condotto all'elaborazione di una disciplina incentrata unicamente sui beni materiali [6]. Questo non ha, tuttavia, significato che il nostro ordinamento abbia rinnegato l'esistenza della categoria dei beni immateriali o l'idea di una loro tutela giuridica - invero esso conosce tipologie di beni culturali "extra Codice" [7], nell'ambito dei quali vanno ricondotti i beni volatili [8] - ma piuttosto che "questa idea richiede, per natura e per obiettivi, la messa a punto di strumentazioni e istituti giuridici adeguati e diversi da quelli delle cose" [9].

Venendo ad analizzare gli elementi qualificanti i beni intangibili si osserva che questi ultimi, pur potendosi definire "quali testimonianze aventi valore di civiltà", non sono contenuti in una res [10], essendo caratterizzati dalla mancanza di "durevolezza" degli oggetti che li connotano e dall'essere al contempo "identici e mutevoli" [11]. L'ulteriore elemento discretivo va, inoltre, rintracciato nel legame esistente con le dinamiche culturali e identitarie di una comunità. Di qui l'ampiezza delle fattispecie riconducibili all'interno della categoria, tra cui: gli spettacoli, le musiche, il folklore, i canti, i giochi, le feste, le tradizioni, le manifestazioni e le rievocazioni storiche, i cibi, i proverbi, le mitologie, i riti, le abitudini, le credenze popolari e persino le consuetudini giuridiche [12].

Una spinta verso la "necessità di prevedere forme di protezione del patrimonio intangibile, dimostrando così i limiti "dell'impostazione storicistica e materiale della disciplina italiana" [13] è stata esercitata dal processo di globalizzazione che ha interessato i beni culturali e dall'interesse che il diritto internazionale ha riservato a questi ultimi. Sin dalla Conferenza dell'Unesco di Torino del 2001 - che peraltro aveva proceduto ad effettuare un'elencazione di beni immateriali, identificandoli con "le attività collettive che si producono entro una data comunità e fondate sulla tradizione, tramandate oralmente o attraverso l'esempio gestuale, suscettibili di modificazione attraverso un processo di rigenerazione collettiva" - era, infatti, emersa la necessità di creare strumenti normativi sovranazionali finalizzati a garantire una tutela e una protezione di tale species di beni [14]. In seguito, le due Convenzioni Unesco, adottate a Parigi il 3 dicembre 2003 [15] e il 20 ottobre 2005 [16], poi ratificate in Italia con le leggi 27 settembre 2007, n. 167 [17] e 19 febbraio 2007, n. 19 [18], avevano rispettivamente conferito un contenuto definitorio al patrimonio culturale immateriale, ricomprendendovi: "le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know how [...] che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale" (art. 2, comma 1) e alle c.d. espressioni culturali, quelle cioè "che derivano dalla creatività degli individui, dei gruppi e delle società" (art. 4, n. 3). E così in Italia sono stati dichiarati dall'Unesco capolavori del Patrimonio orale e immateriale dell'umanità il Teatro delle Marionette Siciliane, l'Opera dei pupi (2001), il Canto a Tenore dei Pastori del Centro della Barbagia (2005), la dieta mediterranea (2010), il saper fare liutario di Cremona (2012), le macchine dei Santi, meglio note come le grandi macchine a spalla (2013), la pratica agricola della vite ad alberello di Pantelleria (2014) [19].

Nonostante le indicazioni derivanti da entrambe le convenzioni, però, l'ordinamento italiano non si è spinto sino a dettare una disciplina sulla tutela, valorizzazione e promozione dei beni immateriali, limitandosi a prevedere, attraverso l'art. 7-bis, la sottoposizione alle norme del Codice "delle espressioni di identità culturale collettiva contemplate nelle Convenzioni Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità" solo qualora esse "siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l'applicabilità dell'art. 10" [20]. Ciò assume una maggior rilevanza se si considera che dall'inserimento nelle liste deriva l'obbligo non solo per la Comunità internazionale, ma anche per i singoli Stati membri di predisporre misure "volte a garantire la vitalità del patrimonio culturale, ivi compresa l'identificazione, la promozione, la valorizzazione, la trasmissione (art. 11 ss.)" [21].

Occorre tuttavia indagare le ragioni che hanno spinto il legislatore a restare ancorato alla "materialità". Da un lato il timore che dilatando l'oggetto di disciplina si potesse abbracciare la concezione antropologica di bene culturale e cedere al c.d. panculturalismo [22], giungendo così a tutelare "l'intera vita sociale" [23], dall'altro la convinzione che la protezione dei beni culturali non potesse comunque prescindere dalla loro "realità". Infatti le modalità attraverso le quali tradizionalmente si estrinseca la funzione di tutela (es. prelazione, esportazione, restauro, limiti alla circolazione ecc.) presuppongono la presenza di un supporto fisico e pertanto non sarebbero estensibili al patrimonio intangibile. Da ciò ne consegue che le uniche attività declinabili a favore dei beni immateriali possano essere soltanto quelle di valorizzazione e di promozione [24]. In tal senso pare essersi indirizzato anche il legislatore regionale che, al fine di preservare il proprio patrimonio culturale immateriale [25] e orale (in particolare a tutela dei dialetti) [26], è intervenuto con proprie discipline di settore (anche nella materia oggetto del disegno di legge in commento) incentrandosi su binomio valorizzazione/promozione [27].

A ben vedere però, se è senz'altro vero che la valorizzazione e la promozione costituiscono la linfa vitale per i beni in esame - da esse dipendendo la loro sopravvivenza - "un circoscritto e liminale spazio per la tutela parrebbe, ad avviso di chi scrive, configurabile" [28]. Prodromico alla valorizzazione è infatti il riconoscimento del valore culturale di un bene, (anche immateriale), di qui la rilevanza che la dichiarazione di interesse culturale, è chiamata a svolgere, unitamente alla catalogazione e all'iscrizione in appositi registri.

Muterebbe in sostanza la diversa prospettiva della tutela che connota i beni immateriali da quelli c.d. volatili. Mentre per i primi non si può prescindere da una tutela statico - conservativa, per i secondi si profila, invece, la necessità di una tutela "dinamica", "che si armonizzi con il continuo divenire che è l'essenza del fenomeno che si vuole preservare" [29].

3. Il progetto di legge sulla "Promozione e la valorizzazione delle manifestazioni, delle rievocazioni e dei giochi storici"

a) Principi, definizioni e finalità

Il mondo legato alle manifestazioni e alle rievocazioni storiche costituisce un legame importante con le antiche tradizioni popolari del nostro Paese. Esse non solo rappresentano il veicolo per tramandare alle future generazioni gli usi, i costumi e i saperi di una data comunità territoriale, ma costituiscono anche l'occasione per valorizzare e promuovere la ricerca storica, la diffusione della conoscenza delle tradizioni e delle pratiche antiche.

Per tali ragioni il legislatore del Testo unificato C. 66, C. 3804 e C. 4085, nella parte introduttiva dedicata ai principi, ha definito la rievocazione storica quale: "componente fondamentale del patrimonio culturale, artistico, sociale, di tradizione, di memoria", ai sensi degli artt. 9 e 33 Cost., dell'art. 167 del TFUE e delle Convenzioni di Parigi del 2003 e del 2005.

La rilevanza assegnata nel progetto di legge all'oggetto di disciplina abbraccia non soltanto una dimensione culturale, latamente intesa, ma viene ad assumere anche una dimensione "sociologica", laddove si qualificano le rievocazioni storiche come elemento di coesione e fattore di integrazione e contrasto del disagio sociale. La realizzazione di tali eventi consente infatti di coinvolgere intere comunità, fungendo da collante tra generazioni e da momento di forte aggregazione.

Sotto questo profilo il disegno di legge non introduce una novità assoluta. Infatti, nella Dichiarazione dei ministri della cultura di Firenze, del 30 marzo 2017, queste finalità del patrimonio culturale materiale e immateriale sono state ben evidenziate, laddove, insieme alla funzione che esso è chiamato a svolgere di legame tra passato, presente e futuro, se ne è sottolineata la sua valenza nel favorire "il dialogo e lo scambio interculturale tra tutte le Nazioni, alimentando la tolleranza, la mutua comprensione, il riconoscimento e il rispetto delle diversità".

Unitamente ai due profili descritti il disegno di legge ne evidenzia un terzo che potremo definire di rilevanza economica, nel senso che le manifestazioni, le rievocazioni e i giochi storici costituiscono (anche) oggetto di "attività imprenditoriale" e di "offerta turistica", dunque suscettibili di generare e al contempo di attrarre ricchezza, con positive ripercussioni in termini di politiche occupazionali e di investimenti. E invero il patrimonio culturale, in tutte le sue forme, "è uno strumento importante per la crescita e lo sviluppo sostenibile della società, anche in termini di prosperità economica" [30].

Venendo a esaminare gli aspetti definitori si osserva come il Testo Unificato detti prescrizioni a "maglie larghe", nel senso che esso non descrive analiticamente gli elementi discretivi delle singole ricostruzioni ed eventi storici, consentendo di delinearne gli esatti confini, ma detta alcuni canoni generali comuni: due, che potremo qualificare, di natura antropico - culturale e identitaria: laddove, all'art. 2, comma 1, lett. a) si afferma che essi devono riproporre "usi, costumi e tradizioni tipici dell'immagine e dell'identità del territorio di appartenenza, caratterizzate da particolare valore storico e culturale" e rievocare lett. b): "rilevanti avvenimenti storici, le cui origini sono comprovate da fonti documentali"; un terzo, che potremo definire di carattere organizzativo/promozionale, lett. c): "la cui organizzazione faccia capo ad associazioni, enti locali o altri soggetti pubblici o privati senza fini di lucro, aventi la finalità statutaria di valorizzare la memoria storica di un territorio nel rispetto dei criteri fissati con decreto del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo" [31].

Emerge pertanto lo stretto legame che si instaura tra beni intangibili e territorio, dove essi nascono, prendono continuamente forma e si "manifestano" e il ruolo che i soggetti istituzionali, più vicini a tali realtà e ai suoi abitanti, sono chiamati a svolgere [32].

Vero è però che il fine di valorizzazione e promozione del patrimonio immateriale non potrebbe essere pienamente assolto senza la sinergia pubblico - privato, atteso che sono proprio le associazioni, le pro-loco e i privati senza scopo di lucro, i veri custodi delle tradizioni di una comunità. Queste ultime infatti, perseguendo i fini statutari volti a preservare la memoria di un dato luogo, consentono di tramandare alle generazioni presenti e future usanze e tradizioni che altrimenti cadrebbero nell'oblio. Sotto tale profilo il comma 2, dell'art. 2, puntualizza che le finalità contenute negli statuti devono essere realizzate attraverso la ricerca e la verità storica mediante lo studio delle fonti, la conservazione degli archivi e gli elementi della cultura materiale (vesti, armi, armature, attrezzi, utensili e altri oggetti di testimonianza), operando così una selezione qualitativa dei soggetti deputati a sostenere e valorizzare le manifestazioni e le rievocazioni storiche. Appare pertanto evidente il ruolo da protagonista che nella materia dei beni intangibili, è chiamato a svolgere il principio di sussidiarietà nella sua duplice accezione: verticale e orizzontale [33].

L'art. 4, rubricato (tutela e valorizzazione) richiama i principi costituzionali e codicistici sul riparto di competenze nella materia dei beni culturali, salvo poi specificare che il sostegno da parte dello Stato, da intendersi qui nell'accezione di promozione, avviene mediante "apposite convenzioni". Si pone poi l'accento sul ruolo chiamato a svolgere dalle regioni, province autonome, comuni e città metropolitane nel sostegno e nella valorizzazione, intesa quest'ultima nel significato espresso dall'art. 6, comma 1, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42: "nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura".

La norma, che apparentemente potrebbe risultare tautologica, se non addirittura superflua, consente, in realtà, di superare quelle criticità evidenziate in passato dalla dottrina che aveva ritenuto sussistere "un problema aggiuntivo nel riparto delle competenze sulla valorizzazione della componente immateriale o dei beni culturali immateriali, per la difficoltà di utilizzare il criterio di appartenenza (art. 102, comma 2, del d.lgs. 42 del 2004) e anche per la mancanza di una disciplina statale contenente i principi fondamentali in tema di patrimonio culturale immateriale" [34]. Sotto tale profilo pertanto il disegno di legge parrebbe sanare entrambe le carenze denunciate.

Sulla linea della centralità assegnata alla valorizzazione e alla promozione si pone anche il disegno di legge AS 2287-bis "Disposizioni in materia dello spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia" [35] (di poco posteriore a quello in commento), il quale, nel ricondurre all'interno del proprio ambito di applicazione i carnevali storici e le rievocazioni storiche, afferma che: "la Repubblica promuove e sostiene le attività dello spettacolo svolte in maniera professionale [...], e in particolare, lett. g) i carnevali storici e le rievocazioni storiche" (comma 2, art. 1).

b) Albo nazionale e elenco

Al fine di individuare sia quelle rappresentazioni storiche, espressione di un elemento identitario e fortemente radicate nel territorio, sia le associazioni aventi tra i propri fini il sostegno e la valorizzazione delle prime, il legislatore prevede la predisposizione rispettivamente di un apposito elenco degli eventi e di un albo nazionale delle associazioni, alla cui tenuta provvede il Mibact, sulla base dei dati aggiornati forniti annualmente dalle regioni (art. 3, comma 1).

Dunque il legislatore non si limita a cristallizzare lo stato di fatto esistente predisponendo un elenco tassativo delle manifestazioni storiche e delle associazioni di rievocazione, ma sposa un criterio elastico e dinamico suscettibile di essere ampliato o ristretto in relazione alla permanenza, acquisto o perdita dei prescritti requisiti che ne abilitano l'inserimento.

Si affida poi ad un emanando decreto del ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, da adottarsi previa intesa con la Conferenza unificata - atteso il coinvolgimento che nella materia verranno ad assumere sia lo Stato, che le autonomie locali - la definizione: a) della tipologia delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica individuate ai sensi dell'articolo 2; b) dei requisiti per l'iscrizione all'albo, nel rispetto di quanto stabilito nell'articolo 2; c) delle modalità per l'iscrizione e per l'aggiornamento annuale dell'albo.

A ben vedere sarebbe stato preferibile che la legge nazionale (sul modello di quelle regionali in precedenza richiamate) avesse proceduto all'individuazione analitica delle tipologie di associazioni e manifestazioni, rinviando semmai, in considerazione delle competenze tecnico - specialistiche proprie del ministero, al successivo d.m. la fissazione dei requisiti per l'iscrizione all'albo e l'indicazione delle modalità per l'iscrizione e per l'aggiornamento annuale. Albo ed elenco sono poi pubblicati annualmente sul sito istituzionale del ministero per i Beni e le Attività culturali e ivi aggiornati.

c) Il comitato scientifico

Il disegno di legge prevede poi l'istituzione, da parte del ministero, di un organo collegiale: il comitato scientifico delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica, deputato a svolgere, per lo più, una funzione consultiva. Esso infatti: a) esprime parere vincolante sul possesso dei requisiti delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica, ai fini dell'inserimento nell'albo o nell'elenco e sul rilascio del logo "Rievocazione storica italiana", attribuito con decreto del ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo alle manifestazioni inserite nell'elenco; b) esprime pareri sulle richieste di patrocinio al ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo per lo svolgimento di iniziative di formazione e di aggiornamento rivolte agli addetti del settore.

Nulla specifica il legislatore in merito alla natura del parere che deve essere reso dal comitato sulle richieste di patrocinio al Mibact. Se si assume che ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, il silenzio della norma sul punto farebbe propendere per la natura obbligatoria, ma non vincolante del parere. A ben vedere però l'omissione dell'aggettivo "vincolante" parrebbe essere una mera "dimenticanza" dell'estensore, non potendosi non ritenere tale il parere sulla concessione o meno dei patrocini da parte di un organo tecnico, chiamato inevitabilmente a esprimere, attraverso il rilascio del patrocinio, un giudizio di qualità sulla rilevanza scientifica dell'attività di formazione e di aggiornamento. Il comitato svolge inoltre una funzione che potremo definire deliberativa, avendo il potere di stabilire i criteri per l'assegnazione delle sovvenzioni a valere sul fondo di cui all'art. 6.

Il comitato è composto da: a) professori universitari ordinari o associati, nelle materie della storia, dell'archivistica, della biblioteconomia, della storia dell'arte, dell'urbanistica, dell'architettura, dell'antropologia culturale o della conservazione dei beni culturali, nominati dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d'intesa con la Conferenza unificata; b) da un funzionario del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo; c) da un funzionario del ministero dell'Economia e delle Finanze. Non è previsto nessun compenso ad alcun titolo, né rimborsi spese per l'attività svolta.

La disposizione in esame (art. 5, comma 2) omette di precisare il numero dei componenti l'organo. Non si chiarisce infatti se l'elencazione, di cui alla lettera a), concernente la componente universitaria presente nel comitato riguardi la presenza di un professore per ogni singola disciplina richiamata, oppure sottintenda la scelta di un solo membro esperto tra le materie elencate. Se così fosse vi sarebbe nel comitato una presenza sbilanciata a favore dello Stato, per il tramite dei due funzionari ministeriali (del Mibact e del Mef). Relativamente poi ai soggetti espressione dell'accademia si denuncia l'assenza di esperti in discipline giuridiche.

È prevista infine la possibilità per il comitato di avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, della collaborazione di istituti universitari, di siti museali o archeologici, di centri di ricerca e delle associazioni di categoria più rappresentative del settore del turismo, del commercio, del terziario e dell'artigianato (art. 5, comma 6), anche se non vengono indicati i presupposti per il ricorso ad essi.

d) I finanziamenti

Il sostegno dello Stato (ai sensi dell'art. 4, comma 2) alle manifestazioni storiche avviene mediante apposite sovvenzioni gravanti su un fondo ad hoc denominato: "Fondo per la rievocazione storica" (art. 6), la cui istituzione è stata prevista all'art. 1, comma 627, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 e al cui rifinanziamento provvede il disegno di legge in commento.

Sul punto il legislatore ha adottato una formulazione generica, laddove afferma, al comma 3, dell'art. 6, che:"il Fondo è destinato a erogare contributi alle associazioni e alle manifestazioni di rievocazione storica, per le spese relative alla loro attività, nonché alla realizzazione di pubblicazioni, di convegni e di seminari specifici sulla rievocazione storica".

Se è pur vero che i criteri di assegnazione delle sovvenzioni, ai sensi dell'art. 5, comma 5, sono rimessi all'esercizio del potere (ampiamente) discrezionale del comitato, il legislatore, nella parte dedicata ai finanziamenti, avrebbe tuttavia potuto delineare alcuni principi per indirizzare la scelta del comitato. In particolare si sarebbe potuto subordinare la concessione delle erogazioni alla presentazione, da parte dei soggetti pubblici o privati iscritti nell'albo, di progetti ad hoc, da sottoporre a valutazione, nonché prevedere l'emanazione di bandi pubblici differenziati per finanziare le singole tipologie di attività: pubblicazioni, convegni, seminari.

Nell'ambito delle sovvenzioni si sarebbe inoltre potuto prevedere uno specifico contributo per la conservazione, il restauro e l'integrazione dei costumi, delle attrezzature, delle armi e delle altre attrezzature, indispensabili alle manifestazioni e rievocazioni storiche.

Sotto tale profilo, a differenza del Testo unificato in commento, il disegno di legge AS 2287-bis (per la parte concernente i carnevali storici e le rievocazioni storiche) ha delineato, ai fini del riparto del fondo unico per lo spettacolo (art. 1, comma 4, lett. e), criteri molto precisi a cui gli emanandi decreti attuativi dovranno attenersi.

In sintesi è possibile concludere che se è pur vero che il Testo unificato potrebbe essere perfettibile sotto diversi aspetti, ad esso va riconosciuto comunque il merito di aver finalmente aperto la strada verso una disciplina del patrimonio intangibile e di aver accolto quella nozione ampia e "dinamica" di tutela (ben adattabile ai beni esame), comprensiva dei concetti di valorizzazione e di promozione (art. 4).

 

Note

[1] In tal senso S. Cassese, Il futuro della disciplina dei beni culturali, in Giorn. dir. amm., 2012, 7, pag. 781.

[2] Proposta di legge Realacci ed altri C. 66, presentata il 15 marzo 2013: "Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni dei cortei in costume, delle rievocazioni e dei giochi storici", in Aedon 2017, 3; proposta di legge Donati e altri C. 3804, presentata il 4 maggio 2016: "Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica"; proposta di legge Picchi ed altri C. 4085, presentata il 12 ottobre 2016: "Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione storica".

[3] La legge 26 aprile 1964, n. 310, istituì, su proposta del ministro della Pubblica Istruzione, una Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio, che terminò i propri lavori nel 1966. Essa, conosciuta, come "Commissione Franceschini", dal nome del suo presidente, ebbe il merito di elaborare una nozione "nuova" di bene culturale che segnò il superamento della concezione estetizzante crociana del "bello d'arte" e condusse all'introduzione di una concezione storicistica. Il bene culturale fu dunque definito come: "tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà".

[4] T. Alibrandi, P.G. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 2001, 47.

[5] M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose di interesse storico, artistico, Padova, 1953, 98.

[6] G. Morbidelli, Il valore immateriale dei beni culturali, in Aedon, 2014, 1.

[7] In tal senso G. Sciullo, Patrimonio e beni, in Diritto del patrimonio culturale, (a cura di) C. Barbati, M. Cammelli, L. Casini, G. Piperata, G. Sciullo, Bologna, 2017, pag. 35.

[8] Tale definizione è stata coniata da A. Cirese, negli anni '80 del secolo scorso in, I beni demologici in Italia e la loro museografia, in Graffiti di museografia antropologica italiana, (a cura di) P. Clemente, Siena, 1996, pagg. 249-262.

[9] G. Severini, Commento agli artt. 1 e 2, in Codice dei beni culturali e del Paesaggio, (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2011, pag. 26 ss.

[10] In tal senso A. Bartolini, Beni culturali (diritto amministrativo), in Enc. dir. Annali, VI, Milano, 2013, pag. 110.

[11] C. Barbati, M. Cammelli, G. Sciullo (a cura di), Il diritto dei beni culturali, Bologna, 2006, pag. 3.

[12] P. Stella Richter - E. Scotti, Lo statuto dei beni culturali tra conservazione e valorizzazione, in I beni e le attività culturali, (a cura di) A. Catelani, S. Cattaneo, Padova, 2002, pag. 396.

[13] In tal senso S. Cassese, Il futuro della disciplina dei beni culturali, cit., 781. Per una completa trattazione del tema della globalizzazione riferita ai beni culturali, cfr. L. Casini (a cura di), La globalizzazione dei beni culturali, Bologna, 2010.

[14] http://www.unesco.org/culture/heritage/intangible/html_eng/index_en.shtml/.

[15] Approvata il 17 ottobre 2003 dalla Conferenza Generale dell'Unesco.

[16] Nel 2005 l'Unesco ha adottato la Convenzione sulla protezione e promozione delle diversità delle espressioni culturali, che si prefigge il fine di proteggere e promuovere l'interculturalità. La Convenzione è stata adottata a Parigi il 20 ottobre 2005 nella 33° sessione della Conferenza Generale dell'Unesco e ratificata in Italia con legge 19 febbraio 2007, n. 19.

[17] "Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 dalla XXXII sessione della Conferenza generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (Unesco)".

[18] "Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, fatta a Parigi il 20 ottobre 2005".

[19] G. Morbidelli, Il valore immateriale dei beni culturali, cit., par. 7.

[20] Introdotto con il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 62.

[21] In tal senso G. Sciullo, op. ult. cit., pag. 35.

[22] G. Severini, La nozione di bene culturale e le tipologie di beni culturali, in Il Testo unico sui beni culturali ambientali (d.lgs. 29 ottobre, 1999, n. 490. Analisi sistematica e lezioni, (a cura di) G. Caia, Milano, 2000, pag. 12.

[23] In tal senso G. Severini, Immaterialità dei beni culturali?, in Aedon, 2014, 1, par. 1.

[24] Sul punto cfr. C. Lamberti, Ma esistono i beni culturali immateriali? (in margine al Convegno di Assisi sui beni culturali immateriali), in Aedon, 2014, 1, par. 1, il quale sottolinea che "più che alle misure di riconoscimento di protezione e di autenticazione caratteristiche dei beni veri e propri, i beni culturali immateriali si prestano a forme di traditio della memoria e dei valori che tali attività inverano" e ancora che "in sintesi i beni culturali immateriali si prestano a forme di promozione e valorizzazione e dunque anche di tutela, ma non di controllo che sarebbe in conflitto con la libertà di espressione e con la naturale quanto inesauribile mutazione che investe le varie forme di cultura immateriale".

[25] Così la Liguria, con la legge 2 maggio 1990, n. 32 (poi modificata dalla legge regionale 17 dicembre 1998, n. 37): "Norme per lo studio, la tutela, la valorizzazione e l'uso sociale di alcune categorie di beni culturali ed in particolare dei dialetti e delle tradizioni popolari della Liguria";il Molise, con le leggi regionali 11 aprile 1997, n. 9, e 5 maggio 2005, n. 19, aventi ad oggetto il patrimonio culturale immateriale: etnologico, sociale, antropologico, produttivo; la Sicilia, che con Decreto Assessoriale del 26 luglio 2005, n. 77, ha istituito il Registro delle eredità immateriali di Sicilia (R.E.I), con il fine di individuare, tutelare e valorizzare l'eredità orale e culturale immateriale della Regione; la Lombardia, che con la legge regionale 23 ottobre 2008, n. 27, ha istituito il registro delle eredità immateriali Lombarde ed infine la Puglia, che con la legge regionale 22 ottobre 2012, n. 30, ha disciplinato gli "interventi regionali di tutela e valorizzazione delle musiche e delle danze popolari di tradizione orale".

[26] Così il Piemonte, con la legge regionale 10 aprile 1990, n. 26: "Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte", integrata dalla legge regionale 17 giugno 1997, n. 37 ed infine con la legge statutaria del 4 marzo 2005, n. 1; l'Emilia Romagna, con la legge regionale 7 novembre 1994, n. 45: "Legge per la tutela e valorizzazione dei dialetti dell'Emilia Romagna"; la Basilicata con la legge regionale 28 marzo 1996, n. 16: "Promozione e tutela delle minoranze etniche-linguistiche di origine greco-albanese in Basilicata"; la Sardegna con la legge regionale 15 ottobre 1997, n. 26: "Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna"; il Lazio, con la legge regionale 21 febbraio 2005, n. 12 "Tutela e valorizzazione dei dialetti di Roma e del Lazio"; il Veneto, con la legge regionale 13 aprile 2007, n. 8: "Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale veneto"; il Friuli Venezia Giulia, con la legge regionale n. 17 febbraio 2010, n. 5: "Valorizzazione dei dialetti di origine veneta parlati nella regione Friuli Venezia Giulia"; la Sicilia, con la legge regionale 31 maggio 2011, n. 9:"Norme sulla promozione, valorizzazione e l'insegnamento della storia, della letteratura e del patrimonio linguistico siciliano nelle scuole" e la Calabria con la legge 11 giugno 2012, n. 21: "Tutela, Valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico, dialettale e culturale della Regione Calabria".

[27] Umbria L.R. 29 luglio 2009, n. 16 "Disciplina delle manifestazioni storiche". Marche L.R. 11 febbraio 2010, n. 6 "Interventi regionali in favore dell'Associazione marchigiana rievocazioni storiche". Veneto L.R. 8 novembre 2010, n. 22, "Interventi per la valorizzazione delle manifestazioni storiche e palii". Toscana L.R. 14 febbraio 2012, n. 5 "Valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni di rievocazione e ricostruzione storica della Toscana". Abruzzo L.R. 13 gennaio 2014, n. 7, art. 30 "Promozione e valorizzazione delle manifestazioni, rievocazioni e giochi storici"; Lazio L.R. 29 dicembre 2014, n. 15 "Disposizioni in materia di spettacolo dal vivo e di promozione culturale". Molise L.R. 26 marzo 2015, n. 5 "Manifestazioni storico-culturali e tutela del benessere animale".

[28] Sul punto sia consentito rinviare a A. Gualdani, I beni culturali immateriali: ancora senza ali?, in Aedon, 2014, 1, par. 4.

[29] A. Gualdani, op. ult. cit., par. 4.

[30] In tal senso la Dichiarazione dei Ministri della Cultura del G7, in occasione della riunione "La cultura come strumento di dialogo tra i popoli", Firenze, 30 marzo 2017, in http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_961554379.html.

[31] Sotto il profilo definitorio le leggi regionali che hanno normato la materia hanno delineato con maggior rigore i confini dell'oggetto di tutela e valorizzazione; e così la legge regionale toscana 14 febbraio 2012, n, 5 "Valorizzazione delle associazioni e delle manifestazioni e ricostruzione storica della Toscana" ha specificato quali attività ed eventi debbano essere considerati espressione del requisito della storicità: a) l'arte della bandiera; b) l'arte del tiro con la balestra; c) la musica; d) la danza; e) il costume; f) le arti militari e le battaglie; g) i giochi ed i tornei; h) gli sport della tradizione. Essa si è poi premurata di distinguere tra: 1) manifestazioni di rievocazione storica, identificandole nelle manifestazioni la cui organizzazione fa capo ad enti locali o ad altri soggetti pubblici o privati, aventi la finalità di valorizzare la memoria storica di un territorio, rispettando criteri di veridicità storica e 2) manifestazioni di ricostruzione storica: quelle, cioè, la cui organizzazione fa capo a enti locali o ad altri soggetti pubblici o privati, aventi la finalità di ricostruire su basi storiche eventi o di realizzare ed utilizzare su basi storiche oggetti, vesti, accessori, armamenti. Anche la legge regionale Abruzzo L.R. 13 gennaio 2014, n. 7 "Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2014 e pluriennale 2014 - 2016 della Regione Abruzzo" (Legge Finanziaria Regionale 2014), prevede, all'art. 30, dedicato alla "Promozione e valorizzazione delle manifestazioni, rievocazioni e giochi storici", che la Regione Abruzzo riconosce le manifestazioni storiche di interesse locale, quali palii, giostre e rievocazioni storiche, espressioni del patrimonio storico e culturale della comunità regionale e strumenti di crescita sociale ed economica del territorio ed occasioni di sviluppo del turismo regionale.

[32] Sul punto è stato evidenziato che il territorio rappresenta per i beni immateriali "il vivaio", dove essi si "possono incontrare o meno in un dato spazio e in un dato tempo" R. Tucci, Il patrimonio demoetnoantropologico immateriale fra territorio, documentazione e catalogazione, in Strutturazione dei dati delle schede di catalogo. Scheda BDI. Beni demoetnoantropologici immateriali. Parte seconda, Pubblicazione ICCD, 2006, http://www.iccd.beniculturali.it/index.php?it/152/pubblicazioni-iccd/59/strutturazione-dei-dati-delle-schede-di-catalogo-scheda-bdi-vol-1-2.

[33] Sul punto sia consentito rinviare a A. Gualdani, I beni immateriali: ancora senza ali?, cit., par. 5. Sul tema vedi anche C. Barbati, Pubblico e privato per i beni culturali, ovvero delle "difficili sussidiarietà", in Aedon, 2001, 3.

[34] S. Fantini, Beni culturali e valorizzazione della componente immateriale, in Aedon, 2014, 1.

[35] Approvato il 20 settembre 2017.

 

 



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