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Sullo stato di attuazione della riforma Franceschini

La riorganizzazione del Mibact alla prova dei fatti: l'amministrazione periferica [*]

Nota della Direzione della Rivista (4 aprile 2016)

The Reorganization of Mibact under Test: The Peripheral Structures of the Ministry
The report presents the content of the discussion between Aedon's Direction and some officials of ministry about the implementation of Franceschini's reform.

Keywords: Reform; Regional Museum Centers; Superintendence for Cultural Heritage; Peripheral Structures of the Ministry; Coordination.

Come è indicato nell'editoriale, non è necessario precisare che quanto pubblichiamo in questo numero relativamente all'incontro con i dirigenti del Ministero costituisce non già il resoconto di opinioni espresse in quella occasione, peraltro ricca di interventi e valutazioni differenziate, ma l'elenco dei punti che come Rivista riteniamo di sottolineare. Né aggiungere che si tratta di aspetti parziali, in quanto tali non confondibili con valutazioni della riforma nel suo insieme.

1. Obbiettivo, taglio, modalità:

a) Incontro a porte chiuse della Direzione di Aedon (Marco Cammelli, Giuseppe Piperata, Girolamo Sciullo, Antonella Sau) con tre testimoni significativi, per rilievo, esperienza e ruolo, della riforma a livello periferico: Carlo Birrozzi (Soprintendenza BAP Bari), Stefano Casciu (Polo museale Toscana) e Marco Minoja (segretariato Lombardia);

b) L'obbiettivo è di:

i) fare il punto sullo stato dell'arte a oggi;

ii) acquisire una qualificata visione dall'interno;

iii) pubblicare sul prossimo numero della Rivista (se possibile, anche sul n. 1/2016 già in chiusura in questi giorni) una sintesi nella quale vengono riportati i dati emersi dalla discussione e una loro prima valutazione (sub specie di editoriale, o simili);

iv) fare circolare e segnalare gli aspetti più rilevanti del processo in atto e le cose che sono vere chiunque le dica, in modo che anche chi decide ai vari livelli ne possa (se lo ritiene) tenere conto;

v) spostare il tono dell'attuale dibattito, ancora dominato da radicali contrapposizioni tra contrari e favorevoli, ad un livello più utile, equilibrato e sereno di analisi, di valutazioni e se possibile anche di proposte.

2. Oggetto specifico: il d.p.c.m. 171/2014 e dintorni. In particolare:

a) caveat di partenza. Una distinzione necessaria:

i) virtù e vizi del disegno (alcune difficoltà visibili anche dall'esterno):

• più si aggregano strutture (v. soprintendenze) e nello stesso tempo si distinguono funzioni (tutela, valorizzazione), più c'è bisogno di cerniere che tengano insieme il tutto:

a) basta il rimando al centro e alle direzioni generali?

b) c'è invece bisogno di un "perno" effettivo decentrato?

c) se sì, è in grado il segretariato regionale di assicurarlo?:

i) in parte ha funzioni di amministrazione attiva ereditate dalle direzioni regionali (tutte consone, o comunque da tenere qui?)

ii) e sul coordinamento, che strumentazione effettiva ha?

• quale il rapporto tra polo museale e musei autonomi?

• la società e le istituzioni locali, a chi si rapportano per esigenze sistemiche? Al centro (dove ad esempio si approvano i piani regionali museali), al segretariato, ai musei autonomi?

ii) virtù e vizi della sua attuazione:

• il centro e le direzioni generali che ruolo stanno (o non stanno) svolgendo, specie nel (decisivo) compito della ripartizione di risorse e personale?

a) a giudicare dalle dinamiche random (sulla base delle affinità con i titolari?) delle migrazioni in massa del personale (con casi di forte sbilanciamento: tutti alle soprintendenze o ai poli museali), nessuno è al volante;

• cooperazione tra dirigenti (gestione dei servizi comuni: v. archivi, laboratori didattici, ecc.)?

b) temi: applicare vizi e virtù del progetto e della sua attuazione ai temi più importanti:

i) relazioni centro/periferia:

ii) relazioni pubblico/pubblico

iii) relazioni pubblico/privato: modalità cooperazione, verticalizzazione settoriale, ecc.:

c) vincoli:

i) cause prossime (spending review):

• quanto la collocazione e il ruolo delle strutture può prescindere dalla collocazione (status, I e II fascia) del titolare?

a) v. segretario regionale e altri dirigenti II fascia

b) v. direttore generale musei e dirigenti di I fascia dei musei autonomi?

• lo stesso ministero al centro è del tutto anomalo rispetto agli altri (10 dirigenti generali su 24 sono fuori dalla funzione ministeriale e di questi 7 non hanno sotto di se II fasce);

ii) vincoli remoti:

• altre dinamiche rilevanti e vere e proprie "torsioni" in atto nel Mibact (penso ad alcuni episodi curiosi, su altri fronti...)

• il Mibact fa parte della p.a., nella quale stanno succedendo molte cose:

a) quanto la cosa è percepita all'interno?

b) è solo un vincolo o è anche una opportunità?

• I riflessi, diretti e indiretti, delle altre riforme amministrative in atto, e in particolare dei decreti delegati attuativi della legge 124/2015.

3. Guardando la futuro:

a) problemi di impianto del sistema:

i) Il rapporto riforme organizzative/disciplina sostanziale:

• Franceschini, invertendo il gioco fatto fino ad ora, ha messo mano a fondo sulla organizzazione, mentre dal '99 al '13 si è operato sul Codice e su micro innovazioni a organizzazione sostanzialmente inalterata;

• ma è possibile introdurre innovazioni organizzative così spinte, come quelle attuali, senza ripensare alcune parti importanti della disciplina sostanziale? E se sì,, quali in particolare?

b) Piccole virtù:

i) le soprintendenze uniche probabilmente partono entro l'estate: quali sono le prime tre cose da fare (e le prime tre da NON fare) per agevolarne il decollo?



REPORT DELL'INCONTRO

1. Un primo sguardo sulla riforma amministrativa, dalla Periferia

I profili maggiormente problematici emersi nella discussione hanno riguardato il Segretariato regionale ed i suoi rapporti con le Soprintendenze ed il Polo Museale Regionale.

Per quanto concerne il Segretariato regionale e rapporti con Soprintendenze è chiaramente emerso come la funzione di indirizzo e di coordinamento assegnata al Segretariato regionale dal d.p.c.m. n. 171/2014 non sia adeguatamente assistita, tanto sul piano organizzativo che su quello funzionale.

Sotto il primo profilo si evidenzia come la natura di ufficio di livello dirigenziale non generale del Segretariato non fornisca al Segretario regionale le "leve" per esercitare il coordinamento di uffici di analogo livello ossia le soprintendenze; sul piano funzionale si rileva come la pluralità e la complessità delle competenze assegnate al Segretariato osti all'esercizio del suddetto coordinamento (si pensi, ad esempio, alla funzione di coordinamento in materia di gestione del personale e alle circolari interne della Direzione generale organizzazione prima e del Segretariato generale poi che si sono espresse in termini contraddittori in merito alle funzioni dei Segretari regionali, facendo trasparire una certa confusione del centro in ordine alle funzioni spettanti in materia alle amministrazioni periferiche; oppure alla confusione che sembra regnare nella prassi in ordine alla partecipazione alla v.i.a., alla v.a.s. o alla conferenza di servizi del soprintendente di settore piuttosto che del Segretario regionale).

Sebbene il d.p.c.m. affidi al segretario regionale il compito di "riferire trimestralmente al segretario generale e ai direttori generali centrali di settore in merito all'andamento delle attività degli uffici periferici del ministero operanti nel territorio della Regione, sulla base dei dati forniti dagli uffici medesimi", sembra che la ricognizione dei bisogni, anche e soprattutto nell'ottica di una corretta gestione delle risorse umane, rimanga lettera morta e nei fatti sia resa problematica anche dal disallineamento dei protocolli di entrata ed uscita degli atti tra le diverse soprintendenze di settore della stessa regione.

Se a ciò si aggiunge la difficile gestione della riassegnazione del personale a seguito delle procedure di mobilità interna gestite o forse sarebbe più corretto dire "autogestite" a livello decentrato lo scenario che si delinea è quello:

- di una struttura amministrativa (il segretariato regionale) "senza territorio", il cui ruolo di coordinamento è reso vacillante dall'assenza di una leva in grado in grado di forzarne l'esercizio (come quella rappresentata, nel modello previgente, dalla rapporto gerarchico tra direzioni regionali e soprintendenti) e che non può fare affidamento al momento su una forte regia centrale;

- e più in generale di un sistema periferico nel quale i soprintendenti sono abituati a rapportarsi tra loro bypassando il Segretario regionale che tende a non essere "riconosciuto" come centro di coordinamento delle strutture periferiche ministeriali (anzi il rapporto gerarchico che lega soprintendenze di settore e direzioni generali fa si che più facilmente siano le direzioni generali ad occuparsi del coordinamento tra i soggetti presenti nel territorio). Con l'inevitabile conseguenza di "schiacciare" tutto verso il basso, sovraccaricando i soprintendenti di responsabilità importanti nell'esercizio delle quali gli stessi sentono con preoccupazione l'assenza di una strategia, di un indirizzo generale che ne guidi l'azione.

La riduzione delle soprintendenze (passate dal 2009 al 2016 da 79 a 41) ed il dimezzamento del personale delle soprintendenze per effetto della più generale ridistribuzione del personale conseguente alla riforma del 2014; l'espansione della struttura amministrativa centrale del ministero (tra direzioni generali centrali e sue articolazioni) sembra restituire l'immagine di un ministero burocratizzato e centralizzato ma meno presente sul territorio con capacità direttive e di un modello sul piano funzionale molto frammentato.

Dalla discussione risulta evidente che il ruolo di "cerniera" affidato dall'art. 32 del d.p.c.m. n. 171/2014 al Segretariato regionale cede:

• per problemi di gestione del personale e delle strutture (la pianta organica del d.m. 6 agosto 2015 non corrisponderebbe peraltro alle effettive esigenze dei nuovi uffici);

• per ragioni organizzative: come già detto la circostanza che il segretariato regionale sia un ufficio di livello dirigenziale non generale appare un ostacolo determinante all'esercizio della funzione di coordinamento delle strutture periferiche ministeriali presenti a livello regionale tanto più se si considera che nel territorio ci sono Musei autonomi - uffici di livello dirigenziale generale - che dialogano direttamente con il centro se non con il vertice politico-amministrativo del ministero; a complicare il quadro si aggiunge la disomogeneità delle linee di comando verticali data l'esistenza di relazioni gerarchiche tra soprintendenze di settore (che il segretario regionale dovrebbe coordinare) e direzioni generali di settore;

• perché viene completamente bypassato in presenza di distinti e (consistenti) canali di finanziamento che, pur riguardando il territorio regionale, vengono gestiti al cento (v. progetti PON gestiti dal Segretariato generale e dalle Regioni).

In merito al Polo Museale Regionale, sono state evidenziate le seguenti criticità:

a) ampiezza delle funzioni attribuite al Polo museale regionale: ai sensi dell'art. 34 del d.p.c.m. n. 171/2014 i Poli "provvedono a definire strategie e obiettivi comuni di valorizzazione, in rapporto all'ambito territoriale di competenza, e promuovono l'integrazione dei percorsi culturali di fruizione e, in raccordo con il segretario regionale, dei conseguenti itinerari turistico-culturali", ovvero sono titolari di una funzione di valorizzazione che non riguarda soltanto gli istituti museali afferenti al Polo ma investe l'intero ambito territoriale di competenza del Polo (come le aree archeologiche, riguardando altresì i progetti di valorizzazione connessi alle procedure del federalismo demaniale culturale);

b) estrema eterogeneità dei Poli museali regionali individuati in ultimo dal d.m. di riorganizzazione del Mibact del 23 gennaio 2016: i poli museali regionali sono estremamente eterogenei per la dimensione del relativo ambito territoriale e per il numero/tipologia degli istituti e dei luoghi di cultura ad esso assegnati;

c) rapporto tra Polo museale regionale e Musei autonomi: l'autonomia dei musei era una scelta assolutamente necessaria ma nella prassi questa autonomia finisce per penalizzare, nella gestione complessiva delle strutture afferenti al polo museale, i piccoli musei. Alcuni esempi:

– l'autonomia organizzativa dei Musei c.d. autonomi penalizza la gestione degli altri musei del Polo che nel sistema previgente veniva "sussidiata" dai primi, tradizionalmente dotati di una più solida e strutturata organizzazione (ante-riforma, ad esempio, i musei minori potevano sempre contare sul "prestito" del personale dei musei - oggi autonomi - per supplire alle proprie carenze organizzative);

– l'autonomia finanziaria e contabile dei Musei c.d. autonomi crea un sensibile squilibrio tra questi e gli altri musei del Polo (si pensi alla gestione diretta delle erogazioni liberali da parte dei musei autonomi e alla complessa procedura di riassegnazione prevista per gli altri)

– musei autonomi procedono in autonomia nella modifica/aumento delle tariffe

– musei autonomi procedono in autonomia nella definizione degli orari di apertura e chiusura;

d) assenza di relazioni strutturate tra i Poli Museali Regionali;

e) assenza di supporto da parte della Direzione Generale Musei nell'espletamento delle funzioni spettanti al Polo museale regionale;

f) ingerenza del centro nella nomina da parte del direttore del Polo Museale dei Direttori dei musei non costituenti uffici dirigenziali.

2. Ulteriori problematiche di natura "trasversale"

Nella discussione sono emerse ulteriori criticità che incidono in modo del tutto trasversale sull'organizzazione ministeriale, a partire dalla gestione delle c.d. strutture di staff delle singole articolazioni periferiche (quali, a titolo esemplificativo, le sezioni didattiche, i laboratori di restauro, gli uffici del catalogo di musei, archivi, biblioteche, soprintendenze) il cui problema è stato "provvisoriamente" risolto scegliendo di affidarne la relativa gestione all'articolazione periferica nella quale sono "fisicamente" situate.

A ciò si aggiungono problemi oramai "cronici" del ministero dei beni culturali riconducibili alla scarsa circolazione delle informazioni tra strutture centrali e periferiche e più in generale alla debolezza dei raccordi verticali tra centro-periferia come anche di quelli orizzontali (si pensi, ancora una volta, alle divergenti indicazioni arrivate dal centro sulla gestione del personale e all'empasse che ne è conseguita a livello periferico).

3. Parti della riforma ancora in fase di "rodaggio"

Rimangono ovviamente alcuni "pezzi" della riforma organizzativa del Mibact "non ancora messi alla prova dei fatti" (come nel caso del procedimento di riesame della Commissione regionale per il patrimonio culturale di cui all'art. 39 del d.p.c.m. n. 171/2014) oppure "in fase di riallineamento" dopo una prima applicazione.

Si pensi, a tale ultimo proposito, alla scelta del d.m. di riorganizzazione del Mibact del 23 gennaio 2016 di affidare alcune funzioni di tutela ai poli museali regionali (cfr. art. 7, comma 1) quasi a voler porre rimedio all'indebolimento, sul piano organizzativo e strutturale, delle strutture periferiche deputate alla tutela e a voler compiere un deciso (resta ancora da vedere, quanto consapevole) passo in avanti nella direzione di una tutela integrata con la valorizzazione.

 

Note

[*] Tale nota riporta l'esito dell'incontro di studi organizzato dalla Direzione della Rivista il 4 aprile 2016 al quale hanno partecipato Stefano Casciu (Direttore del Polo museale della regione Toscana), Marco Minoja (Segretario regionale del Mibact per la regione Lombardia) e Carlo Birrozzi (Soprintendente della Soprintendenza della Puglia per le province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia).

 



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