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Il regime giuridico delle sponsorizzazioni culturali tra diritto pubblico e privato

La sponsorizzazione come contratto commerciale

di Alberto Musso

Sommario: 1. La sponsorizzazione quale contratto per la comunicazione d'impresa ed il suo carattere tendenzialmente sinallagmatico. - 2. Le sotto-tipologie della sponsorizzazione (cinematografica od audiovisiva, sportiva, culturale).

The sponsorship as a commercial contract
This essay inquiries the nature and the function of the sponsorship agreements as commercial agreements. During the last decades, the function of gift has progressively decreased because of economic advantages granted to the sponsor, too. Indeed, by the sponsorship, the firm may increase not only its moral prestige, but also its economic goodwill and (indirectly) the sale of its goods or the supply for its services: ultimately, sponsorship must therefore be construed as a bilateral agreement for advertising function with an economic consideration, although the trademark of the sponsor is associated to an event or to the whole sponsee's activity not for meaning a co-production (such as in co-branding) or a license (such as in merchandising or franchising) to the public, but as a distinct relationship. In the Author's opinion, this construction is valid both for sport and cultural sponsorship (museums, concerts etc.), as well as for product placement in cinematographic or audiovisual works (which is a special kind of sponsorship for this domain and not a different kind of contract). Accordingly, remedies for bilateral contracts - e.g. hardship or termination for breach - must be admitted; the duration of the agreement, when not expressed, must moreover follow the economic rationale of the consideration, especially if the sponsored activity by the sponsee is potentially endless (e.g. sponsorship of an archeological site).

1. La sponsorizzazione quale contratto per la comunicazione d'impresa ed il suo carattere tendenzialmente sinallagmatico

Nell'evoluzione delle tecniche di pubblicità commerciale da parte delle imprese - e, in particolare, oltre a tutte le varie modalità di pubblicità diretta all'acquisto di prodotti o di servizi - la "sponsorizzazione" si caratterizza come forma di pubblicità "indiretta", operando tipicamente non già come una induzione unilaterale ed esplicita all'acquisto dei beni nei confronti del consumatore finale, bensì quale abbinamento dell'impresa sponsor ad un evento organizzato o ad un'attività effettuata da un terzo soggetto, fisico o giuridico, ad essa non collegato da ulteriori rapporti economici o giuridici (e, a sua volta, impresa ovvero ente pubblico, associazione culturale, squadra sportiva o perfino singolo atleta od altro testimonial) [1]; questo abbinamento si attua - di regola - attraverso l'apposizione dei segni distintivi dell'impresa sponsor (ditta o nome commerciale, marchio denominativo o figurativo, a volte realizzato ad hoc per l'evento o l'attività sponsorizzati, ecc.), così differenziandosi siffatto rapporto dai contratti di licenza di marchio o, più latamente, di merchandising, nei quali l'uso del segno distintivo, da parte del licenziatario, è sempre ascrivibile all'attività sia produttivamente sia giuridicamente imputabile al licenziante medesimo e non al soggetto terzo, quand'anche avvenga in settori merceologici relativamente distanti rispetto all'attività di core business del titolare del segno concesso in licenza: inoltre, come si osserverà in seguito, tipico di un rapporto di merchandising o di ogni altra forma di licenza di marchio è il versamento di un corrispettivo in denaro da parte del licenziatario (royalty o fee per la licenza, diritti d'ingresso per l'affiliato nei rapporti di franchising, ecc.) [2], mentre, nei contratti di sponsorizzazione, è il titolare del proprio nome commerciale o di ogni altro proprio segno distintivo a versare una somma od a fornire altre utilità economiche (beni o servizi) per l'apposizione di questi ultimi, consistendo invece l'obbligazione corrispettiva del soggetto sponsee unicamente in una prestazione di facere, se non di pati (secondo lo schema "do ut facias") [3], avente ad oggetto il consentire (e non necessariamente il promuovere attivamente) la visibilità dei segni dell'impresa sponsor, apposti nei propri eventi o nella propria intera attività (in passato, d'altronde, confondendosi spesso siffatta obbligazione pressoché passiva con un mero rapporto unilaterale di "mecenatismo", ovverosia con un contratto di donazione con finalità esclusivamente liberale da parte dell'impresa sponsor) [4].

Se l'ascrizione della sponsorizzazione ai contratti di pubblicità rende assoggettabile tale rapporto a tutte le norme che regolano siffatto fenomeno - dalla disciplina contro la pubblicità ingannevole tanto verso altri imprenditori o "professionisti" (d.lgs. 2 agosto 2007, n. 145) al divieto di pratiche commerciali scorrette verso i consumatori o le micro-imprese (artt. 20 ss. del Codice del consumo, approvato con d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e succ. mod.) [5] - essa ne comporta anche l'ascrizione, di regola, ai contratti d'impresa, in quanto, sebbene il soggetto sponsee possa non rivestire tale qualifica (ciò, in particolare, nelle sponsorizzazioni culturali), il soggetto sponsor effettua, attraverso questo rapporto, una tipica forma di comunicazione d'impresa attraverso l'abbinamento dei propri marchi o di altri propri segni distintivi all'attività del primo soggetto sopra indicato: ne discende che, altrettanto di regola, risulta applicabile al rapporto di sponsorizzazione l'art. 2558 cod. civ., poiché la natura inequivocabilmente fiduciaria del negozio in esame - analogamente all'agenzia, all'affiliazione commerciale o al contratto di merchandising - non assurge, tuttavia, ad un rapporto "personalissimo" che ne precluda la successione nelle ipotesi di trasferimento d'azienda, salvi casi eccezionali che devono essere peraltro motivati in base a circostanze peculiari [6].

Il credito commerciale ed il maggiore avviamento che l'impresa sponsor acquisisce mediante il predetto abbinamento all'attività od a singoli eventi del soggetto sponsorizzato, dunque, costituisce un'indubbia utilità di valore economico, spesso, del resto, alquanto rilevante anche ai sensi e per gli effetti degli artt. 1321 e 1322, comma 2°, cod. civ.: di qui, da un lato, la sempre minore configurazione del rapporto quale forma di puro mecenatismo liberale e, pertanto, di donazione - e la sua ormai prevalente ascrizione ai contratti sinallagmatici o, quanto meno, alle donazioni remuneratorie; dall'altro, la natura di vero e proprio corrispettivo che tanto la prestazione dell'impresa sponsor (emolumenti in danaro ovvero forniture di beni o di servizi per l'abbinamento del proprio segno distintivo all'attività od al singolo evento del soggetto sponsorizzato), quanto la prestazione di quest'ultimo (obbligo di visibilità del segno nelle modalità convenute, senza lederne il prestigio mediante eventuali atti pregiudizievoli), hanno acquisito nella disciplina sia civilistica sia tributaria [7].

Sebbene, infatti, per la sua sempre maggiore diffusione, la sponsorizzazione permanga tuttora un contratto socialmente, ma non ancora normativamente, tipico - non essendo essa disciplinata che sporadicamente da alcune norme pubblicistiche o fiscali in determinati settori specifici (come, per esempio, l'art. 26 del Codice degli appalti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, o l'art. 120 del Codice dei beni culturali, di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) [8] - devono riconoscersi a tale rapporto tutti i rimedi tipici per la fisiologia, nonché per la patologia, dei rapporti sinallagmatici, dall'obbligo di esecuzione secondo buona fede, per tutto quanto non sia contemplato espressamente dal contratto, fino alle cause di risoluzione per eccessiva onerosità, per impossibilità sopravvenuta o per inadempimento [9]: d'altronde, nella prassi risulta assai frequentemente pattuita la clausola di recesso anticipato al verificarsi di determinate condizioni negative del soggetto sponsee o, viceversa, un maggiore corrispettivo in denaro ovvero in beni o forniture a favore di quest'ultimo, in ipotesi di promozioni più attive o di condizioni più favorevoli alla maggiorazione della visibilità e dell'avviamento dei segni distintivi dell'impresa sponsor, come, per esempio, nella sponsorizzazione in ambito sportivo, una sconfitta o una retrocessione o - al contrario - una vittoria od altro posizionamento di successo, in una determinata competizione, da parte della squadra ovvero dell'atleta che vengono sponsorizzati [10].

Corrispondente alla dedotta natura sinallagmatica del contratto di sponsorizzazione, è anche la durata del rapporto e, in particolare, dell'abbinamento tra i segni distintivi dell'impresa sponsor ed il soggetto sponsorizzato: trattandosi di un evento singolo od isolato, in mancanza di una durata predeterminata dal contratto, questa deve di norma presumersi limitata a tale evento (compresi eventi in ipotesi complessi, come un intero torneo o un campionato), mentre, qualora la sponsorizzazione riguardi un'attività continuata senza un particolare termine determinabile dalla natura dell'attività stessa (come, per esempio, la sponsorizzazione di un museo o di un sito archeologico), in assenza di pattuizione ad hoc, si potrà ritenere il rapporto a tempo indeterminato, salvo recesso per giusta causa o, in ogni caso, a seguito di un ragionevole preavviso ex art. 1569 cod. civ. (tenendosi conto, in quest'ultima ipotesi, tanto delle legittime aspettative del soggetto sponsorizzato, quanto dell'interesse anche patrimoniale dell'impresa sponsor, per valutare la congruità del relativo termine) [11].

2. Le sotto-tipologie della sponsorizzazione (cinematografica od audiovisiva, sportiva, culturale)

Se l'abbinamento fra i segni distintivi dell'impresa sponsor e l'attività o singoli eventi del soggetto sponsorizzato costituisce, dunque, la causa caratterizzante dei contratti di sponsorizzazione - nel senso tecnico-giuridico della propria funzione economico-sociale ex art. 1325, n. 2), cod.civ. - rispetto agli altri contratti di pubblicità, tale abbinamento può verificarsi in molteplici aspetti o settori, caratterizzando in questo modo altrettante sotto-tipologie del rapporto in questione: l'abbinamento con opere cinematografiche e, poi, audiovisive, integra forse - a tale proposito - la prima forma di "sponsorizzazione" definita come tale [12], sia attraverso l'abbinamento dei segni distintivi dell'impresa sponsor alla realizzazione esterna di un'opera siffatta, sia mediante la stessa inclusione dei prodotti o dei servizi con il relativo marchio all'interno dell'opera medesima (product placement o "inserimento del prodotto", come recita la rubrica dell'art. 40-bis del d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177, nel testo introdotto dall'art. 15 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 44).

La fornitura di questi prodotti o servizi da parte dell'impresa sponsor, all'interno dell'opera cinematografica od audiovisiva, si è talmente diffusa da costituire oggi un elemento pressoché imprescindibile per ricoprire un'ampia quota dei costi di produzione, ma con il rischio che la visibile e persistente inclusione dei beni di marca all'interno dell'opera non soltanto interferisca con il normale svolgimento della relativa trama, ma leda altresì l'autonomia artistica del regista, nonché degli ulteriori collaboratori creativi: di qui, la specifica disciplina europea, tesa ad ammettere oggi, più frequentemente che in passato, siffatta modalità pubblicitaria per i sopra indicati motivi economici, determinandone tuttavia i limiti volti ad evitare o, quanto meno, a limitare gli inconvenienti sopra descritti (art. 40-bis, 2° comma, d.lgs. n. 177/2005) [13].

Altrettanto frequenti sono divenute, inoltre, le sponsorizzazioni d'impresa in ambito sportivo, le quali evidenziano, da un lato, l'interesse del soggetto sponsor a rendere visibili i propri marchi o i propri nomi commerciali grazie alla sempre maggiore diffusione mediatica di questi eventi (come, significativamente, dimostra l'assai minore sponsorizzazione delle discipline sportive, a loro volta, meno "popolari"); e, dall'altro, l'interesse della squadra sponsorizzata a coprire parzialmente (come si è considerato per la produzione cinematografica) i sempre più alti costi di organizzazione e d'ingaggio [14].

Nonostante la maggiore persistenza di uno scopo prevalentemente o perfino esclusivamente liberale, al limite con clausola modale, anche la sponsorizzazione in ambito culturale acquisisce oramai - e sempre più - le caratteristiche di una donazione remuneratoria, se non di un vero e proprio contratto sinallagmatico in funzione pubblicitaria, secondo la connotazione causale socialmente tipica del rapporto sopra considerata [15]: a fronte del corrispettivo in denaro, ovvero dei beni o servizi che l'impresa sponsor fornisce ad un ente culturale pure non caratterizzato da attività commerciale, infatti, i vantaggi forniti, da un lato, nei benefici fiscali di cui alla legislazione tributaria per questo tipo di rapporto (per esempio, deduzioni) [16], nonché, dall'altro, la sempre maggiore visibilità della medesima impresa sponsor e della correlativa valorizzazione dei propri segni distintivi o del proprio avviamento attraverso la progressivamente proporzionale diffusione mediatica di eventi anche puramente "culturali", rendono assai difficile il mantenimento di fini unicamente o prevalentemente liberali nell'erogazione [17], che possono ancora ravvisarsi - forse - a fini morali in circostanze più eccezionali che normali (come, per esempio, possono tuttora ravvisarsi le sponsorizzazioni effettuate da persone fisiche al di fuori dai casi di esercizio di attività d'impresa) [18].

Ma il rapporto di sponsorizzazione quale contratto d'impresa - nel settore culturale - si può addirittura invertire, essendo l'ente culturale ad assumere la veste di soggetto sponsor attraverso l'abbinamento dei propri simboli o delle proprie denominazioni ad eventi che possono essere, a loro volta, di natura culturale o commerciale [19]: una fattispecie assai frequente è il "patrocinio" di un soggetto pubblico o di un'associazione culturale non avente natura d'impresa, normalmente effettuato a titolo gratuito per veicolare l'immagine dell'ente o dell'associazione attraverso l'evento del terzo, aumentandosi così il prestigio non tanto economico, quanto prevalentemente morale, di entrambe le parti, e permanendo allora il rapporto al di fuori dello schema causale di una sponsorizzazione vera e propria (se non, perfino, al di fuori di un rapporto giuridico "patrimoniale" in senso stretto) [20].

Viceversa, la sponsorizzazione caratterizzata da un corrispettivo monetario, da parte di un ente culturale, pubblico o privato - pur ammissibile in linea di principio, soprattutto dopo che l'armonizzazione comunitaria della disciplina sui marchi ne ha consentito la registrazione o l'uso esclusivo anche ad associazioni, nonché ad enti non aventi finalità economiche, per quanto concerne le proprie denominazioni od i propri emblemi notori, quali sigle di manifestazioni ovvero altri segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo (art. 8, 3° comma, del d.lgs., 10 febbraio 2005, n. 30, recante il Codice della proprietà industriale, come modificato dall'art. 6, 2° comma, del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 131) - dovrà essere sempre compatibile con le finalità statutarie ed i limiti legali dell'ente stesso: in particolare, per gli enti pubblici, un limite finanziario alla stipulazione di sponsorizzazioni è stato recentemente imposto ex art. 6, 9° comma, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in l. 30 luglio 2010, n. 122 [21].

Ancora una volta, peraltro, tanto la vera e propria sponsorizzazione, quanto il mero patrocinio, si limitano - per così dire - ad abbinare il segno distintivo dell'ente, pubblico o privato, di natura culturale (denominazione, immagine, simbolo, ecc.), alla distinta attività di un terzo, così sempre distinguendosi da un contratto di merchandising attuato da un ente pubblico - ora espressamente previsto anche per gli enti territoriali dall'art. 19, 3° comma, del Codice della proprietà industriale [22], nel testo modificato dall'art. 12, 1° comma, del d.lgs. n. 131/2010 - nel quale, infatti, è il terzo produttore o distributore dei beni o servizi, contraddistinti dal marchio dell'ente, a versare un corrispettivo in denaro per l'apposizione del segno dell'ente medesimo (royalty o fee, conformemente allo schema di un rapporto di licenza) e non viceversa: si considerino a questo proposito - per esempio - le distinte tipologie della licenza d'uso del marchio (compreso il rapporto di co-marketing) [23] e della sponsorizzazione nelle linee-guida dell'Università di Bologna sull'uso della denominazione o dell'immagine d'ateneo in funzione distintivo-pubblicitaria [24].

 

Note

[1] Da ultima, v. V. Falce, I contratti di sponsorizzazione, in I contratti di pubblicità e di sponsorizzazione, (a cura di) A. Gambino, in Tratt. di dir. comm., fondato da V. Buonocore e diretto da R. Costi, sez. II, t. 3.VII, Torino, 2012, pag. 47 ss., con ampi riferimenti.

[2] Cfr. L. Delli Priscoli, Il merchandising tra franchising e sponsorizzazione, in Giur. comm., 2004, I, pag. 1103 ss.; I. Magni, Merchandising e sponsorizzazione. Nuovi contratti per lo sfruttamento e la promozione dell'immagine, Padova, 2002, pag. 57 ss.

[3] V. Falce, I contratti di sponsorizzazione, cit., pag. 54 ss.; A.C. Nazzaro, L'oggetto del contratto di sponsorizzazione, in Rass. dir. economia sport, 2008, pag. 492 ss.; cfr. T.a.r. Lazio, sez. II, 25 luglio 2012, n. 6921, in Rep. Foro it., 2012, Beni culturali, paesaggistici e ambientali, n. 164, secondo cui, qualora il contratto di sponsorizzazione - ex art. 120 d.lgs. n. 42/2004 - si realizzi attraverso un facere, ovvero un'offerta di servizi ed attività materiali per la progettazione e l'attuazione di iniziative nel campo della tutela e valorizzazione (digitalizzazione dell'archivio fotografico), anziché in un mero dare (contributo in denaro), esso conterrebbe in sé anche il profilo della gestione indiretta delle attività di valorizzazione ai sensi dell'art. 115 dello stesso Codice dei beni culturali; in sostanza, mentre nella forma ordinaria di sponsorizzazione, lo sponsor si propone solo di ottenere un vantaggio nella pubblicizzazione della propria immagine o del proprio marchio in cambio del sostegno economico all'attività di valorizzazione culturale intrapresa dall'amministrazione, assolutamente diverso sarebbe il caso in cui il contributo dello sponsor consista nella prestazione di servizi inerenti ad un'attività di valorizzazione del patrimonio culturale.

[4] Per le prime emersioni di una differenza funzionale, anche in relazione alla sponsorizzazione nel settore culturale, v. già M.V. De Giorgi, Sponsorizzazione e mecenatismo, Padova, 1988, pag. 53 ss.; contra, nel senso della persistente liberalità della sponsorizzazione in ambito culturale, v. C. Verde, Il contratto di sponsorizzazione, Napoli, 1989, pag. 67 ss.

[5] Nell'attività sanitaria, v. M. Cardia, Il d.lgs. 231/2001 e le case farmaceutiche. Alcuni spunti sull'attività di sponsorizzazione e sulla gestione del rapporto con gli informatori scientifici, in Resp. amm. società e enti, 2009, n. 3, pag. 87 ss.; G. Villani, Sponsorizzazione e conflitto di interessi in materia di formazione continua degli operatori sanitari, in Ragiusan, 2007, n. 281, pag. 308 ss.

[6] Più ampiamente, sugli aspetti descritti nel testo, v. ancora V. Falce, I contratti di sponsorizzazione, cit., pag. 57 ss.; C. Srubek Tomassy, Il contratto di sponsorizzazione (nota a Trib. Treviso-Montebelluna, 12 marzo 2010), in Corr. merito, 2010, pag. 716 ss.

[7] V. Amato, Sponsorizzazione (aggiornamento), in Enc. Giur. Treccani, Roma, 2008, vol. XVII.

[8] R. Tomei e V.D. Sciancalepore, Sponsorizzazione (contratto di), Aggiornamento, in Dig. Disc. Pubbl., Torino, 2008, t. II, pag. 827 ss.; E. Mastrodomenico, Il contratto di sponsorizzazione nel sistema degli appalti pubblici concorrenziali, in Nuova rass., 2007, pag. 680 ss.; M. Greco, La realizzazione di lavori su beni culturali mediante sponsorizzazione, in Appalti & Contratti, 2007, n. 4, pag. 44 ss.; Veronelli, Le sponsorizzazioni dei beni culturali, in Giorn. dir. amm., 2005, pag. 887 ss.

[9] Cfr. Cass., 28 marzo 2006, n. 7083, in Rass. dir. economia sport, 2007, pag. 106, con nota di L. Colantuoni, Contratto di sponsorizzazione ed inadempimento dello sponsee, secondo la quale "il contratto di sponsorizzazione - figura non specificatamente disciplinata dalla legge - comprende una serie di ipotesi nelle quali un soggetto - il quale viene detto 'sponsorizzato' (ovvero, secondo la terminologia anglosassone, sponsee) - si obbliga, dietro corrispettivo, a consentire ad altri l'uso della propria immagine e del proprio nome per promuovere presso il pubblico un marchio o un prodotto: tale uso dell'immagine pubblica può anche prevedere che lo sponsee tenga determinati comportamenti di testimonianza in favore del marchio o del prodotto oggetto di commercializzazione. L'obbligazione assunta dallo sponsorizzato ha natura patrimoniale, ai sensi dell'art. 1174 cod. civ., e corrisponde all'affermarsi, nel costume sociale, della commercializzazione del nome e dell'immagine personale e viene accompagnata, di regola, da un diritto di esclusiva (da tali caratteristiche non discende, peraltro, che il contratto di sponsorizzazione debba necessariamente essere concluso dallo sponsorizzato, potendo l'obbligazione relativa all'adempimento della sua prestazione essere assunta anche da un terzo, il quale in tal caso risponde, nei confronti dell'utilizzatore, ex art. 1381 cod. civ.). Cfr. inoltre R. Filosto, Contratto di sponsorizzazione, sanzioni sportive e responsabilità contrattuale, in Danno e resp., 2007, pag. 817 ss.; L. Felleti, Un leading case della Cassazione in materia di sponsorizzazione: l'importanza della correttezza dello sponsee (nota a Cass., 29 maggio 2006, n. 12801), in Resp. civ., 2007, pag. 558 ss.

[10] V. Falce, I contratti di sponsorizzazione, cit., pagg. 64 ss.

[11] Cfr. Cass., 29 maggio 2006, n. 12801, in Rep. Foro it., 2006, Contratto in genere, n. 354.

[12] M.V. De Giorgi, Sponsorizzazione, cit., pag. 1 s.: da ultimo, v. l'art. 4, 1° comma, lett. hh), d.lgs. 15 marzo 2010, n. 44, recante "attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive", ai sensi del quale la sponsorizzazione in materia audiovisiva è definita come "ogni contributo di un'impresa pubblica o privata o di una persona fisica, non impegnata nella fornitura di servizi di media audiovisivi o nella produzione di opere audiovisive, al finanziamento di servizi o programmi di media audiovisivi al fine di promuovere il proprio nome, il proprio marchio, la propria immagine, le proprie attività o i propri prodotti".

[13] G. Bonomo, La sponsorizzazione di servizi di media audiovisivi, in Dir. ind., 2011, pag. 286 ss.; R. Razzante, Il product placement, in La nuova televisione europea. Commento al "Decreto Romani", (a cura di) V. Zeno-Zencovich, Santarcangelo di Romagna, 2010, pag. 79 ss.

[14] V. Falce, I contratti di sponsorizzazione, cit., pagg. 70 ss.; G. Facci, La sponsorizzazione tecnica e lo sfruttamento commerciale del marchio sportivo, in Nuova giur. civ., 2010, II, pag. 644 ss.

[15] AA.VV., La cultura dei privati. Il partenariato pubblico privato (sponsorizzazioni e project financing) ed altre iniziative, (a cura di) T.S. Musumeci, Padova, 2012; V. Falce, I contratti di sponsorizzazione, cit., pag. 96 s.

[16] Cass., sez. trib., 27 aprile 2012, n. 6548, in Rep. Foro it., 2012, Redditi (imposte), n. 447, secondo la quale l'art. 109, 5° comma, del Testo Unico delle imposte sui redditi, consente la deducibilità delle spese relative ad un contratto di sponsorizzazione anche quando il medesimo viene stipulato a favore di un terzo, se vengono dimostrate le potenziali utilità che si possono ricavare per la propria attività commerciale o i futuri vantaggi conseguibili attraverso la pubblicità svolta dall'impresa in favore del terzo; infatti, dal complesso delle caratteristiche concernenti il contrato di sponsorizzazione non può desumersi che tale contratto debba necessariamente essere concluso da uno sponsor che sia egli stesso il produttore industriale di una determinata merce, ovvero il titolare dei diritti sul marchio. Cfr. inoltre M. Saccaro, Integralmente deducibili le spese degli sponsor per lo sport dilettantistico, in Enti non profit, 2010, n. 8, pag. 5 ss.

[17] Ne consegue che - al fine di verificare se la SIAE sia legittimata a percepire i diritti sui contributi erogati da enti pubblici per lo svolgimento delle manifestazioni in cui avviene lo sfruttamento dell'opera dell'ingegno protetta - occorre verificare se su tali contributi l'autore e l'interprete possano vantare diritti: secondo Cass., 13 gennaio 2004, n. 267, in Dir. ind., 2004, pag. 491, pertanto, ciò che rileva non è la differenza che intercorre tra sponsorizzazione (che avviene in una logica privatistica regolata da un contratto di scambio) e finanziamento pubblico (che è espressione di una determinazione unilaterale dell'ente che nel finanziare la fondazione senza fine di lucro persegue fini pubblici e non interessi suoi particolari) ma è il collegamento del finanziamento con l'utilizzazione dell'opera protetta il quale sussiste se il finanziamento è erogato con lo specifico ed espresso scopo di rendere possibile la manifestazione nella quale saranno eseguite le opere protette che l'organizzatore intende utilizzare. In applicazione di questo principio, la Suprema corte ha confermato la sentenza con la quale il giudice di merito ha accertato il collegamento tra il finanziamento e l'esecuzione delle opere protette così assoggettando i proventi della sponsorizzazione all'esazione della SIAE.

[18] Per esempio, nella fattispecie descritta da S. Ungaro, La sponsorizzazione non è pubblicità se mancano maggiori ricavi, in Fisco 2, 2012, pag. 2185 ss.

[19] Per la distinzione tra pubblica amministrazione come sponsor ovvero come sponsee, v. D. Bezzi e G.. Sanviti, Accordi di collaborazione e contratti di sponsorizzazione, Milano, 1998, pag. 23 ss.; cfr. inoltre G.. Ferrari, I contratti di sponsorizzazione e la pubblica amministrazione, in Giur. merito, 2011, pag. 6 ss.; A. Attanasio, La clausola di sponsorizzazione nei contratti pubblici (nota a T.a.r. Veneto, sez. I, 10 luglio 2006, n. 2006), in Merito, 2006, n. 12, pag. 83 ss.

[20] Cfr. Cass., 21 maggio 1998, n. 5086, in Giust. civ., 1998, I, pag. 1833, secondo cui il contratto di sponsorizzazione comprende una serie d'ipotesi, nelle quali un soggetto, detto sponsorizzato, si obbliga a consentire ad altri l'uso della propria immagine e del proprio nome, per promuovere un marchio o un prodotto specificamente marcato, dietro corrispettivo; tale contratto non ha ad oggetto lo svolgimento di un'attività in comune e, dunque, non assume le caratteristiche di un contratto associativo, ma ha ad oggetto lo scambio di prestazioni. Rispetto alla sponsorizzazione, l'accordo di patrocinio si distingue per il fatto che il soggetto, pubblico o privato, il quale consente che l'attività di altri si svolga sotto il suo patrocinio, non è un imprenditore commerciale, cosicché quand'anche egli si impegni a finanziare in qualche misura l'attività, tale obbligazione non trova corrispettivo nel vantaggio atteso dalla pubblicizzazione della sua figura di patrocinatore; il contratto, dunque, si atteggia piuttosto come una donazione modale, che come un contratto a prestazioni corrispettive. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha pertanto concluso che il contratto stipulato da un'associazione pro loco in occasione di una manifestazione sportiva fosse riferibile al quadro generale della sponsorizzazione, potendosi ravvisare il rapporto di corrispettività, avuto riguardo alla circostanza che fine di tali associazioni era la promozione del turismo e che la manifestazione risultava idonea a determinare un più ampio movimento turistico. Per la distinzione tra le due affini figure contrattuali, v. inoltre I. Magni, Merchandising e sponsorizzazione, cit., pag. 59 ss.

[21] F. Laudante, Divieto per le pubbliche amministrazioni di effettuare spese per sponsorizzazioni - Brevi note sull'ambito di applicazione dell'art. 6, 9° comma, d.l. 78/2010, conv. dalla l. 122/2010, in Nuova rass., 2011, pag. 705 ss.

[22] Ai sensi del quale, "anche le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni possono ottenere registrazioni di marchio, anche aventi ad oggetto elementi grafici distintivi tratti dal patrimonio culturale, storico, architettonico o ambientale del relativo territorio; in quest'ultimo caso, i proventi derivanti dallo sfruttamento del marchio a fini commerciali, compreso quello effettuato mediante la concessione di licenze e per attività di merchandising, dovranno essere destinati al finanziamento delle attività istituzionali o alla copertura degli eventuali disavanzi pregressi dell'ente": v. A. Musso, Ditta e insegna. Marchio. Brevetti. Disegni e modelli. Concorrenza, in Comm. Cod. civ. Scialoja-Branca-Galgano, diretto da G.. De Nova, Bologna-Roma, 2012, pag. 234 s., anche per alcune perplessità sulla legittimità costituzionale della disposizione.

[23] Sulla distinzione tra il rapporto di co-marketing o di co-branding - che implica una fase di produzione in comune tra le parti, ancorché una parte si limiti a fasi meramente progettuali o perfino preindustriali (ricerca o studio) - e la sponsorizzazione, dove l'impresa sponsor non assume alcuna caratteristica di co-produttore dei beni o dei servizi offerti dal soggetto sponsee, nonostante l'abbinamento del proprio segno distintivo, v. ancora A. Musso, Ditta e insegna. Marchio, cit., pag. 458.

[24] Linee-guida sull'uso del marchio di ateneo e sulla gestione delle sponsorizzazioni, nell'ambito del Sistema d'Identità, Immagine e Marchio dell'Università di Bologna.

 

 



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