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Questioni in materia di tutela

Sentieri e percorsi escursionistici: note a margine dell'analisi di Salvatore Guarino

di Marco Cammelli

Pathways and routes: about Salvatore Guarino essay
Tracks and excursion routes situated around towns and in the neighbourhood of them are mostly used by people. Many problems are arising; these difficulties are connected to the juridical regime of the lands, that can by private or public real estate or, moreover, subjected to limitations or duties arising by obligations. So, it's necessary to proceed to make a general recognition of these goods and a clarification of the connected discipline. Also the Regions, in Italy, are intervened on this topic to provide the discipline of excursion routes. The present essay identifies the main elements to understand this current issue and includes a first analysis of the legislation and the jurisprudence on this theme.

Occuparsi di macro problemi istituzionali non esclude l'attenzione a profili più limitati, il cui approfondimento tra l'altro mette spesso in evidenza la stretta connessione con temi più generali. E' il caso dei sentieri e più in generale dei percorsi a fini escursionistici che in misura crescente vengono tracciati, o spesso anche semplicemente riscoperti, nei nostri territori sopratutto nei dintorni delle città e nell'Appennino, cioè in luoghi al di fuori della tradizionale e consolidata rete di sentieri nelle zone alpine o di alta montagna.

Nel caso che ci interessa, si registrano due fenomeni in qualche modo opposti.

Per un verso, infatti, la fruizione dei percorsi incontra difficoltà legate alle lunghe stagioni di mancata utilizzazione e di vero e proprio abbandono, con le immaginabili conseguenze materiali sullo stato di conservazione cui non di rado si aggiungono impedimenti specifici dovuti alla parziale "privatizzazione" del bene o della relativa fruizione da parte di singoli proprietari confinanti o comunque interessati. Non minore, poi, è il caso della cancellazione o interruzione di sentieri dovuto negli ultimi decenni alla disordinata espansione degli insediamenti abitativi o produttivi, e relative infrastrutture, che si sono sovrapposti al precedente reticolo viario senza consapevolezza né rispetto.

Il problema dunque, per questo aspetto, consiste nel recupero attuale dei vecchi percorsi e rientrerebbe a pieno titolo nella categoria della rivendicazione di proprietà pubbliche. Problema antico, visto che tra i precedenti troviamo la c.d. "restitutio limitum", cioè il recupero di aree pubbliche abusivamente occupate da privati operato sotto l'imperatore Vespasiano a partire dal 70 d.C. Il che è tuttora visibile grazie ai cippi che Tito Suedio Clemente, commissario imperiale, fece collocare a Pompei in vari luoghi per recuperare la fascia di terreno intorno alle mura urbane, che era pubblica fino a 100 piedi.

Ma c'è anche il fenomeno opposto, quello della espansione incontrollata di sentieri per opera di amministrazioni pubbliche solerti, v. i percorsi "vita" di qualche anno fa, di gruppi o associazioni turistico/ambientaliste o, anche, di qualche intraprendente titolare di luogo di ristoro o di vendita interessato ad attirare una potenziale clientela aggiuntiva al proprio locale.

Per evitare questi inconvenienti, è dunque necessario che il problema venga innanzitutto percepito come rilevante e poi affrontato in modo adeguato, cominciando dalle premesse come la identificazione dell'oggetto, del bene tutelato, dei profili interesse pubblico e di tutela privata, dei profili (necessari o eventuali) del relativo regime. Intendendo per tali le modalità procedurali (come si attiva o si dismette un percorso); i contenuti, vale a dire che cosa è tutelato (il passaggio, la sosta, l'esclusione di impedimenti quali barriere, animali da guardia, ecc.), che cosa è tollerato e che cosa invece è escluso (dal transito di biciclette o veicoli a motore); le forme di comunicazione (avvisi, cartelli, ecc.); le garanzie, dal possibile ruolo di regolatore e di garanzia del comune (v. l'azione possessoria in autotutela, riconosciuta in giurisprudenza) [1], alla azione di vigilanza delle associazioni ambientaliste e del volontariato specificamente operante in materia (v. Club alpino italiano, Cai). Non dimenticando, come spesso si tende a fare, la clausola generale che riconosce a ciascun elettore la possibilità di far valere in giudizio (come azione popolare) le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia (art. 9 del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali).

La chiarezza su questi punti, tra l'altro, probabilmente agevolerebbe anche la soluzione degli aspetti più operativi legati alla gestione e alle risorse.

L'analisi, che segue, condotta da Salvatore Guarino, costituisce una prima rilevazione dello stato dell'arte del problema e permette di individuarne alcune direttrici principali.

Quanto all'oggetto, va segnalata la diversità non solo semantica tra sentiero (per certi aspetti assimilato alla strada vicinale e al relativo regime); viabilità, a sua volta qualificata storica (nella legge Emilia Romagna 32/1995), pubblica, o ad uso privato (ove è consentito l'accesso a fini escursionistici, legge Toscana, 17/1998 art. 3.4); percorsi escursionistici (legge statale 776/1985), dove l'accento si sposta sull'insieme degli oggetti e sulla loro reciproca funzionalizzazione.

Quanto all'interesse tutelato, merita sottolineare la eventuale connessione con la tutela paesaggistica e dell'ambiente, per la possibilità di valutare anche della sussistenza del notevole interesse pubblico a fini paesaggistici ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Si tratta in ogni caso di un elemento ripreso dalla legge Marche, 2/2010 art. 5, e di recente valorizzato anche dalla Corte di giustizia CE 16 luglio 2009, 428/07, peraltro nella prospettiva che è la tutela dei sentieri legislativamente stabilita (caso del Regno Unito) che ha (anche) benefici riflessi sul paesaggio, non viceversa.

Una considerazione a parte va poi riservata al momento iniziale, e più esattamente al modo con cui emerge e si rappresenta l'interesse connesso alla fruizione pubblica.

Se il bene è pubblico, la questione come si è visto si riduce alle ipotesi in cui sia necessario procedere recupero del bene medesimo nella sua integrità.

Se il bene è privato, l'apposizione di limitazioni funzionali alla pubblica utilità (fini escursionistici) può derivare da modalità diverse: per costituzione di servitù pubbliche (in via amministrativa o per usucapione: v. Cassazione, sez. II civ. n. 3024 del 15 febbraio 2005) o per accordo in via negoziale tra amministrazione locale e privato.

Resta in ogni caso cruciale, anche a fini di ricognizione dello stato dell'arte e di comunicazione pubblica delle disponibilità escursionistiche in atto in un determinato territorio, un apposito procedimento di identificazione dei sentieri e dei percorsi basato sull'inserimento in specifici elenchi o catasti, peraltro previsto da numerose leggi regionali.

Il più completo è il procedimento della citata legge Toscana 17/1998, basato su proposta regionale di inserimento dei percorsi, comunicazione ai proprietari o altri titolari di dr. reali (nel caso di viabilità su beni privati), possibilità per i medesimi di opposizione, decisione in via definitiva della Giunta. Si può discutere se i provvedimenti regionali abbiano natura costitutiva o meramente dichiarativa, e probabilmente è questione da affrontare di volta in volta: è certo in ogni caso che dopo l'inserimento nell'elenco regionale la sussistenza dell'interesse alla pubblica fruizione è da considerare acquisita e dunque applicabili le disposizioni, generali e specifiche, dettate in materia dalla normativa statale e regionale.

 

Note

[1] La responsabilità di tutela ambientale generale che incombe sul comune, abilita quest'ultimo a prescrizione urbanistiche a fini di protezione ambientale indipendentemente e oltre specifiche normative di settore (CdS, sez. VI, 11 ottobre 2007, n. 5329; Tar Toscana, Firenze, sez. 3, 3 giugno 2009, n. 948).

 


Sentieri escursionistici: analisi degli aspetti giuridici

di Salvatore Guarino

Sommario: 1. Aspetti pubblicistici dei sentieri per escursioni (analogie con le vie vicinali). - 2. Assetto normativo attuale; modelli altre regioni. - 3. Interventi giurisprudenziali. - 4. Normativa nazionale; studio singoli casi; azioni amministrative e giudiziarie; proposte di convenzioni.

1. Aspetti pubblicistici dei sentieri per escursioni (analogie con le vie vicinali)

La definizione di sentiero si trova nel vigente Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, art. 3 n. 48): "strada a fondo naturale formatasi per effetto del passaggio di pedoni o di animali".

Il sentiero escursionistico si caratterizza per la sua utilità pubblica, essendo, per definizione, destinato al transito anche occasionale di persone non necessariamente legato al territorio, ma volto alla realizzazione di un apprezzabile interesse generale di conoscenza paesaggistica, di esplorazione dei luoghi od anche solo finalizzato a consentire il più rapido congiungimento di distanti località con non trascurabili salutari benefici effetti personali, che non escludono quelli significativamente connessi alla vita di relazione.

L'accertata esistenza del percorso sentieristico - suffragata da riferimenti storico-geografici e spesso consacrata anche da documentazione privata o pubblica o da carte topografiche - configura una concreta limitazione legale della possibile proprietà privata del bene su cui insiste in funzione del suo uso pubblico, come avviene pacificamente per la strada vicinale, definita dallo stesso art. 3 prima citato del CdS al punto n. 52 quale "strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico".

La legge regionale dell'Emilia-Romagna 10 aprile 1995, n. 32 si propone la tutela e valorizzazione degli itinerari storici della regione, intendendosi con detta locuzione quei percorsi che conducono da una località all'altra in un unico ambito territoriale e che si sviluppano secondo direttrici di rilevanza anche solo interpoderale e locale (art. 1).

L'art. 2 della stessa legge indica fra gli interventi prioritari la tutela ed il recupero delle sedi della viabilità storica, anche mediante il ripristino di tratti privatizzati o comunque dismessi, nonché lo sviluppo di sistemi di fruizione alternativa alla percorrenza automobilistica e motorizzata.

La deliberazione della Giunta della regione Emilia-Romagna n. 1841 del 16 novembre 2009, avente ad oggetto le "linee guida per cartografia, segnaletica, manutenzione, ripristino, sicurezza e divulgazione della rete escursionistica emiliano-romagnola", individua, tra l'altro, tre obbiettivi: conoscenza, gestione della rete (escursionistica) sia a livello cartografico digitale che manutentivo sul territorio e divulgazione dell'informazione; obbiettivi "finalizzati ad una efficace, consapevole e sicura fruizione dei percorsi escursionistici", con evidenti "positive conseguenze sia su conoscenza e gestione del territorio nonché sullo sviluppo turistico regionale", quale "significativo presupposto per un suo sviluppo a basso impatto ambientale".

La stessa deliberazione non manca di indicare l'ulteriore fine di individuare soluzioni efficaci e collaudate a contrastare i fenomeni di proliferazione dei percorsi e del loro degrado.

E' stata prevista la costituzione del Coordinamento tecnico per i Percorsi escursionistici (CTPE) presso il Servizio geologico sismico e dei suoli proprio per la verifica del raggiungimento degli obbiettivi prima indicati. Tra i compiti del predetto Coordinamento viene poi espressamente indicato "quello di delineare un quadro giuridico-normativo attinente al tema della viabilità minore, con particolare riferimento ai sentieri ed ai percorsi escursionistici segnalati, al fine di progettare un adeguato supporto di riferimento istituzionale che ne consenta la reale tutela e valorizzazione da parte della regione Emilia-Romagna."

A detta deliberazione si richiama espressamente l'Accordo regione - C.A.I. del 15 gennaio 2010, che costituisce il "Protocollo d'intesa per la rete escursionistica regionale", nel quale vengono, tra l'altro, ribaditi i compiti istituzionali del C.A.I. e gli interventi effettuati circa l'aggiornamento della base dati Sentieri (il cui primo impianto è stato realizzato dalla regione nel 2001) e la regolare manutenzione soprattutto nell'ottica di migliorare la sicurezza dei camminatori. Il C.A.I. si è assunto poi il compito, sulla base dei dati di Sentieri ricevuti dalla regione di sviluppare l'indagine sulle modifiche intercorse a livello regionale con particolare riferimento a: nuovi percorsi, dismissioni, cambiamenti di numerazione, risoluzione di problemi di percorribilità o generazione di nuove situazioni critiche.

Un prima conclusione, sulla base della normativa esaminata in ambito regionale, è che la finalità pubblica dell'uso dei sentieri escursionistici consente di fare riferimento, anche solo per evidente analogia, alla normativa riguardante le strade vicinali ed, in particolare, a quella volta alla tutela dell'uso pubblico ove interdetto o solo ostacolato dalla proprietà su cui insistono detti sentieri. Si consideri che le strade vicinali trovano radici addirittura nel diritto romano (Ulpiano), che li distingueva espressamente dalle strade pubbliche e da quelle esclusivamente private.

2. Assetto normativo attuale; modelli altre regioni

Già la legge provinciale di Trento sui rifugi e sui sentieri alpini 15 marzo 1993, n. 8 e succ. modif. prestava ampia attenzione ai tracciati alpini, comprendenti anche i percorsi escursionistici appositamente segnalati (art. 8), con previsione degli opportuni divieti e delle funzioni di vigilanza (artt. 22, 31 e 32).

La regione Toscana ha istituito con la legge regionale 20 marzo 1998, n. 17 il catasto della Rete escursionistica toscana (RET), suddiviso in sezioni provinciali tenute dalle province. Spetta alla Giunta regionale provvedere alla prima costituzione del catasto della Rete e ad approvare in via preliminare l'elenco della viabilità da inserire nel catasto stesso dopo avere acquisito le proposte dei vari enti locali e vari pareri, tra i quali anche quello del C.A.I.

La legge prevede che il provvedimento di approvazione di detto elenco, oltre ad essere reso noto ai comuni interessati, sia formalmente comunicato, nel caso si tratti di viabilità di uso privato, ai proprietari ed ai titolari di diritti reali, che possono proporre opposizione alla Giunta regionale. Quest'ultima decide quindi in ordine alle opposizioni ed approva in via definitiva l'inserimento della viabilità nelle rispettive sezioni provinciali del Catasto della RET, disponendone il trasferimento alle rispettive Province.

E' da sottolineare che la viabilità ricompresa nella RET è considerata di interesse pubblico (art. 3, comma 4) e che, per quanto attiene alla viabilità di uso privato, nei relativi tratti è consentito l'accesso ed il transito a fini escursionistici, oltre che per gli interventi di manutenzione ed apposizione della segnaletica (art. 5).

Il regolamento di attuazione della predetta legge n. 17 del 1998 (DPGR 14 dicembre 2006, n. 61/R) specifica, tra l'altro, le informazioni comprese nel Catasto della RET e le notizie relative all'attraversamento di terreni demaniali o privati. Un comitato tecnico provvede a proporre alle province, sulla base delle informazioni da esse fornite, l'eventuale realizzazione di nuovi itinerari e la dismissione di quelli esistenti (art. 7).

La legge regionale del Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (T.U. delle leggi regionali in materia di turismo) si occupa, tra l'altro, dei "sentieri alpini" [percorsi pedonali che consentono un agevole e sicuro movimento di alpinisti e d escursionisti in zone di montagna al d fuori dei centri abitati, per l'accesso a rifugi alpini, rifugi escursionistici, bivacchi fissi di alta quota o luoghi di particolare interesse alpinistico, turistico, storico, naturalistico e ambientale: v. art. 111], affidandone al C.A.I. il tracciamento, la realizzazione e la manutenzione (art. 112, comma 1), ferme restando in capo ai comuni le funzioni amministrative relative alla realizzazione e gestione delle opere e degli eventuali impianti fissi miranti a rendere i sentieri alpini (oggetto di catasto regionale) più facili e più sicuri.

I criteri per l'esame dei progetti di sentieri alpini sono oggetto della delibera della Giunta regionale n. 1838 del 15 luglio 2008.

Della individuazione di itinerari di particolare interesse turistico e della cartellonistica e segnaletica tematica nell'ambito della Rete Escursionistica Veneta (REV) si occupa la deliberazione della Giunta del 19 maggio 2009.

Sempre in tema di percorsi escursionistici, di particolare interesse risulta la legge regionale della Liguria 16 giugno 2009, n 24 intitolata alla Rete di fruizione escursionistica di detta regione (REL), che, tra l'altro, richiama la legge 24 dicembre 1985, n. 776 (nuove disposizioni sul Club Alpino Italiano) circa la individuazione dei percorsi escursionistici da inserire in detta Rete: percorsi costituiti prevalentemente da strade pubbliche o vicinali o interpoderali di uso pubblico (art. 3), integrabili da strade private, previo inserimento nella Carta inventario dei percorsi escursionistici (art. 4) con relativa dichiarazione di pubblico interesse (art. 5), con formalizzazione di accordi d'uso a sensi dell'art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, in mancanza, con la previsione dell'imposizione, secondo la normativa vigente, della servitù di uso pubblico avente ad oggetto il transito a fini escursionistici.

Detta legge regionale inserisce specificamente nei percorsi escursionistici, destinati all'attività turistica, ricreativa ed alle pratiche sportive e del tempo libero anche i sentieri riservati alla percorrenza senza mezzi motorizzati e dotati di adeguata segnaletica (art. 2). La normativa in questione è molto dettagliata e merita particolare attenzione anche per la previsione di azioni di tutela e valorizzazione delle Rete, di norme di comportamento, sanzioni e vigilanza e di indicazione delle province quali enti destinati alla vigilanza ed all'esercizio della funzione sanzionatrice in caso di violazione delle norme di comportamento minutamene elencate (art. 13).

Con la legge regionale 18 gennaio 2010, n. 2 la regione Marche ha istituito la rete escursionistica delle Marche (RESM). La viabilità (nella quale sono considerati anche i sentieri) ricompresa nella Rete è considerata di interesse pubblico (art. 3).

Presso la Giunta regionale è istituito il catasto della RESM, articolato in sezioni provinciali gestite dalla rispettive province. La Giunta, sulla base delle proposte degli enti locali, delle associazioni di guide ambientali escursionistiche presenti nel territorio regionale, nonché del gruppo regionale Marche del Club alpino italiano, approva l'elenco della viabilità (indicandone la proprietà) da inserire nel catasto. L'atto di approvazione del catasto comporta anche la dichiarazione di pubblico interesse (art. 4).

L'art. 5 prevede espressamente che per i sentieri di particolare interesse storico (individuati in quelli presenti nel territorio da almeno cinquant'anni), su iniziativa degli enti territoriali interessati, può essere valutata la sussistenza del notevole interesse pubblico ai fini paesaggistici a sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Anche la regione Piemonte ha previsto la creazione di un Catasto regionale di percorsi escursionistici (deliberazione della Giunta regionale n. 37 - 11086 del 23 marzo 2009) previa definizione della Rete escursionistica regionale.

Con la legge regionale 18 febbraio 2010, n. 12 (Recupero e valorizzazione del patrimonio escursionistico del Piemonte) detta regione si propone, tra l'altro, di "attivare il catasto regionale del patrimonio escursionistico per rilevare lo stato e la consistenza delle infrastrutture e individuarne soggetti e sistema di gestione, anche al fine di garantirne un'adeguata fruizione in sicurezza" (art. 2). Tale catasto è istituito presso l'assessorato regionale competente in materia di economia montana e foreste (art. 7).

I percorsi escursionistici sono considerati di interesse pubblico: v. art. 6, che rinvia al regolamento attuativo della legge la definizione delle forme di pubblicità idonee a garantire il rispetto dei diritti nel caso di inclusione nella rete regionale di tratti di viabilità di uso privato.

3. Interventi giurisprudenziali

Come si è già anticipato, la giurisprudenza, sia dell'autorità giudiziaria ordinaria che di quella amministrativa, non ha avuto modo - a quanto consta - di occuparsi direttamente dei sentieri escursionistici e, in quanto tali, ove incidenti su aree private gravati da uso e passaggio pubblici, delle relative problematiche. Gli interventi giurisprudenziali hanno riguardato principalmente le strade vicinali, il cui percorso sia stato alterato o impedito nella sua fruizione da parte della collettività.

Si segnalano a tale proposito alcune importanti decisioni.

Il Consiglio di Stato con la sentenza della Sez. IV 10 gennaio 1997, n. 29 si è così espresso:

"Le strade vicinali sono utilizzabili non solo dai proprietari confinanti, ma anche dalla collettività e, per essa, dal comune chela rappresenta. Pertanto è legittimo il provvedimento con cui il comune esercita il potere di autotutela possessoria ex art. 378, legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F e artt. 15 e 17 decreto legge luogotenenziale 1 settembre 1918, n. 1446, ordinando la rimozione delle opere che impediscono il transito attraverso una strada vicinale."

"L'ordine di apertura al pubblico transito di una strada vicinale è legittimo anche se la strada non sia iscritta nell'elenco di quelle vicinali, poiché tale iscrizione ha funzione non costitutiva, ma meramente dichiarativa".

La Cassazione con la sentenza della Sez. II civile n. 3024 del 15 febbraio 2005, in un caso di rivendica di un privato della totale assenza di vincoli pubblici su una piazzetta asservita ad una casa privata, una volta accertata l'esistenza di una servitù di uso e passaggio pubblico su detta piazzetta ed ordinato la rimozione della recinzione apposta con la riduzione in pristino, ha confermato il principio secondo cui "le servitù di uso pubblico possono essere acquisite mediante possesso protrattosi per il tempo necessario alla usucapione anche se manchino opere visibili e permanenti destinate a loro esercizio, poiché il requisito dell'apparenza, di cui all'art. 1061 c.c., riguarda solo le servitù prediali", aggiungendo che la utilizzazione del sito da parte (anche) di turisti non escludeva la permanenza e gli effetti di quella da parte dei residenti e precisando che "poiché la servitù di uso pubblico si acquista per usucapione in capo all'Ente e non ai singoli cittadini considerati uti cives né alla collettività che usa il bene, questa non diventa indistinta per il fatto di comprendere in una località turistica, i turisti residenti altrove, essendo evidente che costoro, quando sono presenti, si comportano uti cives ed assumono rispetto ai beni di uso pubblico una posizione qualificata analoga a quella dei residenti."

Ancora il Consiglio di Stato con la sentenza della Sez. VI 11 ottobre 2007, n. 5329 conferma che al comune è consentito introdurre prescrizioni urbanistiche ai fini di protezione ambientale, anche indipendentemente e oltre le specifiche normative di settore. Anche il Tribunale Amministrativo Regionale Toscana - Firenze Sez. 3 con la sentenza 3 giugno 2009, n. 948 ripropone e conferma esplicitamente detto indirizzo.

Di particolare interesse risulta, infine, la decisione della Corte di Giustizia delle comunità europee (sentenza 16 luglio 2009, n. 428/07) nella quale, incidentalmente, in un contesto relativo, tra l'altro, alla manutenzione di sentieri gravati di servitù di passaggio, si osserva: "Non vi sono difficoltà a qualificare sentieri gravati da servitù di passaggio pubblico, come quelli di cui alle disposizioni controverse, elementi caratteristici del paesaggio", aggiungendo: "La distruzione temporanea di elementi caratteristici del paesaggio, quale appare possibile, in date circostanze, nel caso di sentieri come quello oggetto del procedimento principale, non compromette di per sé il loro carattere permanente. Gli elementi naturali, infatti, come la vegetazione o le distese d'acqua, possono subire mutamenti stagionali, ma non per questo cessano di essere considerati parte di un paesaggio. Questa constatazione vale a maggior ragione per i sentieri di cui trattasi nella fattispecie, in quanto risulta dall'art. 28, punto 1, dell'allegato al regolamento di attuazione inglese che un agricoltore che abbia alterato, ne limiti consentiti, la superficie di un sentiero o di una pista equestre visibile è tenuto a ripristinarla nei termini previsti dalla normativa nazionale pertinente." Ancora: "sentieri come quelli oggetto delle disposizioni controverse possono aiutare a preservare gli habitat. In tal caso, i requisiti di manutenzione di tali sentieri devono contribuire ad evitare il deterioramento degli habitat. A quanto risulta, gli obblighi che discendono dall'obiettivo enunciato nelle disposizioni controverse, ovverosia garantire l'esercizio del diritto di passaggio pubblico, sono idonei a tale scopo."

4. Normativa nazionale; studio singoli casi; azioni amministrative e giudiziarie; proposte di convenzioni

Oltre alle disposizioni del codice civile in tema di servitù pubbliche (art. 825), la normativa nazionale, che viene spesso in considerazione nelle controversie che attengono all'uso pubblico delle strade vicinali, riguarda l'art. 378 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F (c.d. dei lavori pubblici), gli artt. 15-19 del decreto legge luogotenenziale 1 settembre 1918, n. 1446 convertito in legge 17 aprile 1925, n. 473 (Facoltà agli utenti delle strade vicinali di costituirsi in consorzio per la manutenzione e ricostruzione di esse), l'art. 14 della legge 12 febbraio 1958, n. 126 (Disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico), il solo sopravvissuto all'abrogazione della stessa legge ad opera del nuovo codice della strada del 1992 ed infine questo stesso codice.

Tutte le citate norme fanno riferimento ai poteri di intervento dei sindaci in caso di difficoltà riguardanti la viabilità pubblica anche nelle ipotesi di strade o percorsi incidenti su aree private.

Va ricordato, in particolare, che il codice della strada del 1992 assimila espressamente le strade vicinali a quelle comunali (art. 2, comma 6, lett. D) e stabilisce che per le strade vicinali i poteri dell'ente proprietario previsti dal codice sono esercitati dal comune (art. 14, comma 4). Inoltre il citato art. 14 della legge n. 126 del 1958 rende obbligatoria la costituzione dei consorzi previsti dal decreto legge luogotenenziale 1 settembre 1918, n. 1446 per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali di uso pubblico.

L'art. 378 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F prevede l'ordine della riduzione al primitivo stato ove sia stato alterato lo stato delle cose con l'immediata esecuzione d'ufficio dei lavori da parte del sindaco quando le contravvenzioni abbiano riguardato opere pubbliche dei comuni.

In particolare l'art. 15 del decreto legge luogotenenziale 1 settembre 1918, n. 1446 convertito in legge 17 aprile 1925, n. 473 prevede che "Le funzioni di vigilanza e polizia sulle strade vicinali sono esercitate dal sindaco, a cui spetta di ordinare che siano rimossi gli impedimenti all'uso delle strade e all'esecuzione delle opere definitivamente approvate e che siano ridotte nel pristino stato le cose abusivamente alterate.

Per le strade soggette ad uso pubblico, il sindaco dispone l'esecuzione dei lavori occorrenti a spese degli interessati, quando vi sia urgenza o non si adempia entro il termine prefisso agli ordini ricevuti...".

Pare utile, infine, riportare il testo dell'art. 18 dello stesso decreto luogotenenziale del 1918, secondo cui:

"Quando nel procedimento di costituzione del Consorzio [per la manutenzione e la ricostruzione delle strade vicinali] di cui all'art. 2, o con le stesse forme, si dichiari che la strada vicinale è soggetta ad uso pubblico, l'azione giudiziaria per negare l'esistenza di questa servitù si prescrive, per i proprietari cui fu notificata la deliberazione del Consiglio comunale, nel temine utile per il ricorso al tribunale amministrativo regionale. L'azione giudiziaria non ha effetto sospensivo."

Orbene, al di là dei poteri officiosi dell'autorità competente e delle conseguenti azioni amministrative, pare opportuno, in vista di una più puntuale normativa della regione Emilia-Romagna alla stregua, se del caso, di quella adottata utilmente da altre regioni (v. Toscana, Liguria, Marche, Piemonte):

censire gli itinerari dei sentieri escursionistici per i quali sia accertato con ogni congruo mezzo esplorativo l'uso pubblico del percorso da almeno un ventennio;

dichiararne l'interesse pubblico attraverso l'approvazione della specifica inclusione nel catasto regionale, al fine dell'imposizione, secondo la normativa vigente, della servitù di uso pubblico avente ad il transito a fini escursionistici (v. legge regionale Liguria n. 24 del 2009, art. 5).

Sul piano concreto, effettuati i necessari approfondimenti anche storici in ordine ai singoli percorsi onde valutare le strategie da seguire per superare i punti critici costituiti dalle prevedibili resistenze dei proprietari del suolo, sembra assai più utile privilegiare accordi con le singole proprietà mediante quelle convenzioni con più parti (comune; CAI; privati) di fatto già sperimentate per contemperare le diverse esigenze (pubbliche e private), sì da rendere inutile il ricorso a procedimenti d'autorità spesso fonte di contenziosi defatiganti ed incerti.

 

 



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