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Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici

a cura di Giancarlo Montedoro

Sommario: 1. Beni culturali. - 2. Beni paesaggistici.

1. Beni culturali

Cons. Stato, VI, 17 marzo 2010, n. 1553, Pres. Varrone, Est. Montedoro. Sul carattere conformativo e non espropriativo del vincolo storico artistico e sulla necessità di individuare con esattezza il bene sottoposto a vincolo.

Il vincolo archeologico di norma ha carattere conformativo della proprietà e che le limitazioni che ne conseguono, dunque, non costituiscono manifestazione della potestà espropriativa, bensì, di quella conformativa della proprietà privata ammessa senza indennizzo dall'art. 42, comma 2 cost. (in senso analogo cfr. altresì T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 03 settembre 2002, n. 3815).

Analoga qualificazione merita il vincolo storico artistico anche indiretto.

Il provvedimento di imposizione di un vincolo storico - artistico indiretto deve indicare con precisione il bene oggetto del vincolo, gli elementi in funzione dei quali il vincolo indiretto è imposto, il rapporto di complementarietà fra le misure limitative e il fine pubblico perseguito, le ragioni di adozione della misura limitativa. (Consiglio Stato, sez. VI, 19 gennaio 2007, n. 111).

La giurisprudenza amministrativa - quanto all'oggetto del vincolo storico artistico indiretto - è concorde nel ritenere che il provvedimento di imposizione di un vincolo storico - artistico - archeologico debba indicare con precisione il bene oggetto del vincolo e, se indiretto, le cose in funzione delle quali il vincolo è imposto, il rapporto di complementarietà fra le misure limitative e il fine pubblico perseguito nonché le ragioni di adozione della misura limitativa (in tal senso oltre alla già ricordata Cons. Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2007, n. 111; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 8 febbraio 2007, n. 370); tanto al fine di evitare che la compressione del diritto di proprietà che ne deriva si traduca in un'inutile limitazione dello stesso (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 24 marzo 2003, n. 374).

Cons. Stato, VI, 2 marzo 2010, n. 1201, Pres. Varrone, Est. Cafini. Sulla necessità di tener conto nel procedimento di dichiarazione dell'interesse culturale di un bene, dello "snaturamento sopravvenuto" per effetto di una ristrutturazione edilizia.

L'Amministrazione preposta alla tutela dell'interesse culturale, nell'imporre il vincolo su un bene avente pregio culturale ma fatto oggetto di pesanti interventi di ristrutturazione, deve descrivere il bene dando puntualmente atto di tutte le modifiche realizzate, e non può limitarsi a soffermarsi solo su alcuni residui elementi di pregio culturale, persistenti anche dopo l'avvio della ristrutturazione snaturante il bene.

L'amministrazione, peraltro, deve indicare le ragioni per cui i detti residuali elementi avrebbero potuto indurre ad imporre il vincolo di cui trattasi su un immobile che nel frattempo si era del tutto "snaturato", specialmente sotto il profilo architettonico da tutelare, per effetto dei "rimaneggiamenti subiti nel corso di oltre un mezzo secolo"; né può ritenersi sufficiente il generico riferimento a lavori di ristrutturazione in corso al momento dell'avvio del procedimento, specialmente se si tiene conto che nella specie si trattava di lavori autorizzati, svolti, da vari mesi, nel rispetto delle previsioni urbanistiche vigenti, da parte della società interessata.

2. Beni paesaggistici

Cons. Stato, IV, 23 marzo 2010, n. 1695, Pres. Trotta, Est. Zaccardi. Sul potere del Comune di introdurre prescrizioni urbanistiche a fini di protezione ambientale.

Il Comune può introdurre prescrizioni urbanistiche ai fini di protezione ambientale, anche indipendentemente e oltre le specifiche normative di settore, rientrando siffatto potere nell'attività di pianificazione generale di sua competenza; la tutela dei valori paesistico-ambientali si realizza, infatti, anche con la pianificazione urbanistica e il Com., pure ai fini di tutela ambientale, può prendere in considerazione interessi pubblici pertinenti ad altre autorità o enti, comunque connessi alla tutela del paesaggio, ma tutti incidenti sul suo territorio.

Cons. Stato, IV, 19 febbraio 2010, n. 1004, Pres. Cossu, Est. Zaccardi. Sul dovere della Regione, in sede di approvazione di uno strumento urbanistico generale, di valutare gli interessi paesaggistici e culturali.

Il provvedimento finale di approvazione di uno strumento urbanistico generale costituisce un atto complesso alla cui formazione concorrono sia la volontà comunale che quella regionale; la partecipazione al procedimento della Reg. è giustificata dalla necessità di tutelare gli interessi pubblici affidati dall'ordinamento alla Reg. stessa e, in particolare, il paesaggio ed i complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici, come recita l'art. 10, comma 2, lett. c), legge 17 agosto 1942, n. 1150, norma che individua gli interessi che possono legittimamente giustificare prescrizioni regionali integrative dei piani urbanistici comunali, e ciò senza alcuna necessità della preesistenza di vincoli specifici.

Cons. Stato, VI, 15 aprile 2010, n. 2144, Pres. Ruoppolo, Est. Polito. Il piano degli insediamenti turistici non equivale a piano particolareggiato di recupero o convenzione di lottizzazione ai sensi della legge regionale Puglia n. 56 del 1980 e quindi non giustifica l'edificazione in zona di pregio paesistico ed ambientale.

La previsione dell'art. 18 della legge reg. Puglia n. 56 del 1980, nell'introdurre un regime che fa eccezione alla generale regola di inedificabilità, esprime la "ratio" di bilanciare la prevalente esigenza di salvaguardia delle porzioni del territorio di maggior pregio paesistico ed ambientale con le concorrenti esigenze di utilizzo del territorio nei settori industriale, turistico ed artigianale, nei riflessi che ciò comporta sullo sviluppo dell'economia regionale, facendo salve quelle iniziative edificatorie che già trovano compiuta e dettagliata disciplina in strumenti di pianificazione secondari, quali sono il piano particolareggiato ed il piano di lottizzazione ad iniziativa privata. A tale proposito, lo strumento che persegue scopi afferenti all'offerta ricettiva turistica sul territorio, con specifico riferimento alla ricezione all'aperto, non assolve affatto quella funzione pianificatoria di dettaglio peculiare al piano particolareggiato ed al piano di lottizzazione e, di conseguenza, non può essere ritenuto omologo ai piani particolareggiati, di recupero e di lottizzazione, che l'art. 18 legge reg. Puglia n. 56/1980 individua quali strumenti esecutivi del piano regolatore.

Cons. Stato, IV, 14 aprile 2010, n. 2083, Pres. FF Lodi, Est. Poli. L'indennità per danno paesistico prevista dall'art. 15 della legge n. 1497 del 1939 (a tenor del quale "Indipendentemente dalle sanzioni comminate dal codice penale, chi non ottempera agli obblighi e agli ordini di cui alla presente legge è tenuto, secondo che il Ministero dell'educazione nazionale ritenga più opportuno, nell'interesse della protezione delle bellezze naturali e panoramiche, alla demolizione a proprie spese delle opere abusivamente eseguite o al pagamento di una indennità equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione") è una sanzione amministrativa e non una forma di risarcimento danni.

L'indennità prevista dall'art. 15, legge 29 giugno 1939, n. 1497 è una sanzione amministrativa, e non una forma di risarcimento del danno e, come tale, si concreta in un atto dovuto, che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale il quale, unitamente al profitto conseguito, rileva solo come parametro alternativo per la commisurazione del quantum della sanzione, che deve avvenire in via sostanzialmente equitativa ed essere ricollegata ad una stima tecnica di carattere generale, insuscettibile di una dimostrazione articolata ed analitica, sfuggendo il danno paesistico, per la sua intrinseca natura, ad una indagine dettagliata e minuta.

Cons. Stato, VI, 23 febbraio 2010, n. 1070, Pres. Varrone, Est. Castriota Scandenberg. Anche se il Comune, nel rilascio di un nulla osta paesaggistico, impone al privato prescrizioni dirette a rendere maggiormente compatibile l'intervento con i tratti paesaggistici del contorno, la Soprintendenza può legittimamente annullare tale atto nel caso non rispetti i limiti delle volumetrie assentibili a norma del piano paesistico.

E' legittimo l'annullamento del nulla osta assentito dal Comune, da parte della Soprintendenza, perché le eventuali prescrizioni funzionali a rendere l'intervento maggiormente compatibile con i tratti paesaggistici del contorno nulla hanno a vedere con la legittimità dell'intervento sotto il profilo della sua conformità rispetto alle previsioni del piano paesistico in tema di volumetrie assentibili e di destinazione delle stesse.

Cons. Stato, VI, 1 febbraio 2010, n. 392, Pres. Barbagallo, Est. Garofoli. Sull'obbligo, da parte dell'autorità statale, di comunicazione dell'avvio del procedimento preordinato all'annullamento del nulla osta paesaggistico e sulla mancanza di rilievo di comunicazioni equipollenti da parte di diverse autorità.

Nel sistema normativo antecedente alla modifica regolamentare introdotta con il d.m. n. 165 del 19 giugno 2002, che ha modificato la previsione contenuta nell'art. 4 del d.m. 13 giugno 1994 - la quale richiedeva espressamente la comunicazione dell'avvio del procedimento da parte dell'autorità statale - sussiste l'obbligo dell'autorità statale di dare notizia all'interessato dell'avvio del procedimento preordinato all'eventuale annullamento del nulla-osta paesaggistico. L'obbligo in parola, derivante dall'applicazione dell'art. 7, comma 1, legge n. 241 del 1990, viene soddisfatto soltanto dalla formale comunicazione ad opera dell'autorità statale competente a pronunciare l'eventuale annullamento dell'autorizzazione paesaggistica.

 



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