numerocorrentehome../indice../risorse%20web

I musei: servizi e risorse / Dibattito

Le risorse per la cultura: lo stato delle "cose" [*]

di Antonio Paolucci

Come molti di voi sanno, faccio questo mestiere da almeno 40 anni. Ho fatto il soprintendente a Venezia, a Verona, a Mantova, naturalmente a Firenze. Sono stato Direttore generale dei Beni cultuali per la Toscana e, per un certo periodo, anche ministro dei Beni culturali. Ebbene in tutta la mia carriera quarantennale io sono andato alla ricerca di un numero, di una cifra - come la ricerca del Santo Graal - e mai mi è capitato di incontrarla. Ormai sono persuaso che chiuderò gli occhi senza conoscere il numero. E qual è questo numero magico che io ricerco da una vita? Il numero magico che io ricerco da una vita e non trovo scritto da nessuna parte - anche oggi ho sfogliato la relazione del Prof. Segre, così come faccio sempre in altri convegni analoghi - il numero magico che io cerco è questo: quanti quattrini in un anno il sistema bancario italiano mette a disposizione della cultura? Intendo il valore complessivo.

Il sistema bancario italiano nel suo insieme, dall'Unicredito di Profumo alla Banca di Credito Cooperativo di Lama dei Peligni, che ha cinque sportelli all'ombra della Maiella dove ci sono gli ultimi lupi dell'Appennino (fra l'altro una banchetta floridissima, mi dicono, come spesso sono queste banche rurali o di Credito Cooperativo) quanti soldi, mediamente in un anno, destina alla cultura? Questo numero è incognito, non lo conosce nessuno, però chi fa il mio mestiere - la mia collega Filieri lo sa bene, come lo so io - per approssimazione, per induzione, per esperienza diretta, per accumulazione di dati, sa che questa cifra è molto, molto importante, molto ingente. E questo perché lo dico? Perché sarebbe l'ora, una volta per tutte, di fare saltare uno stereotipo che di continuo viene ripetuto, cioé il fatto che l'Italia spende una cifra ridicolmente bassa per la cultura. Questo è vero, se noi valutiamo la percentuale del Pil, ma se poi noi aggiungiamo a questo ridicolo qualcosa per cento, tutti i soldi che vengono dal micromecenatismo privato e dal sistema bancario, noi vediamo - sono sicuro di non sbagliare - che la somma che ogni anno il nostro paese consuma per la cultura è di tutto rispetto, probabilmente superiore a quella della Francia o della Germania. Perché è ben vero che c'é una quota ridicolmente bassa del Pil nazionale destinato alla cultura, ma ci sono i tanti soldi che vengono dal mecenatismo privato e bancario. Vedete, l'Italia non ha mai avuto un grande capitalismo privato. Ha avuto un grande capitalismo di tipo pubblico, di tipo statale, di tipo para-sovietico. La Spezia e Genova sembravano, fino a ieri, città della Ddr, dopo la caduta del Muro. L'unico esempio in controtendenza è stato quello della famiglia Agnelli, l'esempio cioé di un capitalismo privato che finanziava la cultura. Ma voi conoscete bene la storia di Palazzo Grassi; fiorito per qualche anno e poi finito com'é finito.

Invece è fiorentissimo e vitalissimo nel nostro paese - e nessuno lo sa meglio di voi - il microcapitalismo di settore, di distretto, di cespuglio, chiamatelo come vi pare, il microcapitalismo famiglistico. E' questo che fa la ricchezza del nostro paese. Ci sono biblioteche intere - dal De Rita in poi - che hanno studiato il fenomeno. Chi ha fatto e fa il mestiere di soprintendente sa benissimo che capita continuamente che l'industrialetto di Belforte sul Chienti si improvvisi mecenate. Nessuno di voi conosce Belforte sul Chienti? la mia amica Teresa Filieri lo sa per via che l'ha studiato sui libri, però sono sicuro che non c'é mai stata neanche lei. E' un delizioso paese della Marca di Macerata dove, sull'altare della chiesa parrocchiale, c'é un meraviglioso polittico di Carlo Crivelli.

E siccome a Belforte sul Chienti c'é anche un distretto specialistico calzaturiero, allora ecco che c'é l'industrialetto locale che dice: io voglio restaurare il polittico di Crivelli. E perché lo faccio? Non per le belle arti di cui non mi frega niente, non per Carlo Crivelli perché non so neanche chi è , ma perché io sono di questo paese, in quella chiesa lì ci andavo con la mia povera mamma, mi portava per mano ai vespri, ed ecco l'assegno. Questo succede in tutta Italia. Siccome non c'é paese d'Italia che non sia al tempo stesso orgoglioso per la sua fabbrica di calzature o di mobili o di sellini di bicicletta o di materiali para medici ecc... e contemporaneamente orgoglioso del suo Lotto o del suo Crivelli, del suo Guido Reni, del suo Annibale Carracci, perché questa è la caratteristica del patrimonio culturale italiano, ecco che allora, se noi mettessimo insieme tutte queste goccioline che chi fa il mio mestiere ha sperimentato giorno dopo giorno, si accorgeremmo che un grande fiume di cose positive, di contribuzioni reali e di risultati concreti hanno attraversato e attraversano l'Italia. E questo è un punto.

L'altro è quello delle fondazioni bancarie. L'Italia è il paese che ha una banca ad ogni campanile, come sapete bene. E' un dato strutturale, è la conseguenza di una storia lunga secoli. Io vi posso assicurare che i miei colleghi storici dell'arte tedeschi o francesi ci invidiano. Invidiano me, invidiano Teresa Filieri. Perché? Perché noi, a differenza di loro, abbiamo la possibilità di pubblicare tutto quello che ci pare. Restauriamo un ciclo di affreschi magari modesto, ripariamo le vetrate policrome di una chiesa, mettiamo in ordine una sala di museo, e c'é subito la banca, il piccolo istituto di credito locale che ci paga il libro strenna. Magari scritto malissimo perché ormai non c'é quasi più nessuno che sa scrivere. Sarà un libro che nessuno leggerà ma intanto quel restauro è documentato, quell'opera d'arte è valorizzata, quello studioso ha avuto la sua soddisfazione. Naturalmente uso il gioco del paradosso, è una figura retorica efficace, però quello che dico è vero. Lo dico perché? Per fare una prima constatazione. Stiamo attenti a quelli che il grande Ruggero Bacone chiamava gli idola fori.

Cosa sono gli idola fori? Sono le cose non vere alle quali tutti credono semplicemente perché tutti le dicono. Come quando si dice - chissà quante volte l'avete sentito - che l'Italia possiede il 50-60% del patrimonio culturale mondiale. Una stupidaggine perché, per affermare una cosa del genere, bisognerebbe conoscere prima la consistenza del patrimonio culturale italiano, e questo nessuna la conosce perché il catalogo è ben lungi dall'essere terminato, e poi conoscere la consistenza del patrimonio culturale del resto del mondo. Chi lo sa quanti sono i beni culturali del Cile o dell'Argentina o dell'Algeria o della Russia o della Birmania? Nessuno. Quindi confrontare con obiettivi statistici due quantità incognite, è semplicemente stupido. Eppure non c'é politico, non c'é assessore, non c'é giornalista che non ripeta la storiella del 50-60%. Non è questa la cosa vera; è vera un'altra cosa, il fatto cioé che da noi il patrimonio è minuziosamente diffuso, distribuito dappertutto, con una visibilità e con una consistenza ignota anche alla vecchia Europa. Per tante ragioni storiche che non starò qui a riassumere. Per cui il Pontormo più bello del mondo non sta agli Uffizi, ma sta in una chiesa vicina agli Uffizi che si chiama Santa Felicità. Se volete trovare il Tiziano in assoluto più bello che esista non dovete andare né agli Uffizi, né all'Accademia di Venezia, ma dovete andare a Santa Maria Gloriosa dei Frari. Andate lì, guardate l'Assunta di Tiziano, stateci di fronte tre ore, tre ore e mezzo, perché meno non si può di fronte a un capolavoro come quello. Dopo avrete capito tutto. Per capire tutto bisogna andare a Santa Maria Gloriosa dei Frari. Ecco, questa è la caratteristica del nostro patrimonio, quello che io chiamo il museo diffuso. Tutto ciò è scientificamente dimostrabile. E' dimostrabile e verificabile il privilegio che ci fa unici ed invidiati nel mondo. Le fondazioni che voi rappresentate queste cose le sanno molto bene. Io ho seguito con molta attenzione gli interventi di oggi e una cosa mi ha colpito. Mi ha colpito la grande prensilità, la grande intelligenza delle fondazioni bancarie da voi rappresentate nel capire i fenomeni in atto nel loro specifico territorio. Mi ha colpito la loro straordinaria capacità di adeguarsi alle attese del loro territorio con flessibilità e con sagacia. Ecco questo è il punto. Voi avete capito, voi sapete benissimo che non esiste l'Italia. L'Italia non è mai esistita. Esistono le Italie e ci sarà pure una ragione. Io sfogliavo questo foglio qui. Come mai le fondazioni delle Casse di Risparmio finiscono a Rieti? A Rieti finiscono, ce n'é una della Puglia, non so se qui è rappresentata, ma poi basta, il deserto dei Tartari a Sud del Tevere. Come mai? Perché ci sono state storie diverse. Non mi si venga a parlare del Banco di Napoli o del Banco di Sicilia.

Sono banche di emissione, sono i retrobottega della politica. Io parlo delle Casse di Risparmio, questo fenomeno straordinario che caratterizza solo una parte d'Italia, il Centro-Nord. Per cui esiste una parte d'Italia che riposa - letteralmente, non in senso metaforico ma reale - che riposa su un vero e proprio strato geologico di fogli da cento - Dalla via Emilia, da Rimini fino a Piacenza e poi da Ferrara a Ravenna e poi fra il Veneto e la Lombardia, nel Friuli, nelle Marche, in Umbria, non sanno più dove mettere i soldi. Un'accumulazione di capitale che dura da secoli, che è il risultato del risparmio, del rischio d'impresa, tutte queste cose che sapete benissimo. Sono soldi che esistono da secoli e che non hanno fatto altro che moltiplicarsi. Questa è un'altra cosa importante e sulla quale bisogna riflettere. La fioritura artistica dell'Italia centro-settentrionale non si sarebbe verificata nel Duecento, nel Trecento, nel Quattrocento, senza un'immensa circolazione monetaria, quattrini che giravano in grande quantità e con grande velocità, cambiando di mano continuamente. Per questo ci sono Giotto, Simone Martini ecc..., e i palazzi di Venezia, la Ca' d'Oro e quant'altro. Per questo, perché c'era la circolazione monetaria. Ebbene, quel denaro che ha prodotto quelle opere d'arte, quello stesso denaro (perché il denaro non muore mai come voi m'insegnate, il denaro può passare di mano, cambiare padrone, ma è per sempre) quel denaro è rimasto lì. Voi siete i testimoni della sua moltiplicazione e oggi quello stesso denaro, che è servito ai padri a produrre Duccio Di Buoninsegna e Giotto, voi lo usate, insieme a noi delle soprintendenze, per conservare, per promuovere ecc...

E' un circolo virtuoso, le cose sono andate esattamente così, storicamente così. In quella parte d'Italia che sta dal Tevere in giù questo non è successo. C'era il feudalesimo, c'erano i baroni, c'era la miseria, non c'era la circolazione monetaria che è il sangue del mondo. Se non ci sono i soldi che girano, non c'é nulla, non c'é arte, non c'é civiltà, non c'é pensiero, non c'é filosofia, non c'é niente. Questo è il problema. Ci sono molte Italie, questo foglietto lo dimostra, però anche all'interno di queste Italie ci sono micro-Italie diverse. Come si fa a confondere Rimini con Forlì? Non esiste comparazione possibile. Eppure sono due città divise da 50 chilometri. Come si fa a confondere Reggio Emilia e Modena, Bergamo e Brescia, Verona e Vicenza? Questa è la specificità dell'Italia, quello che è il nostro limite in fondo, lo si dice spesso. Gli italiani non hanno il senso dello Stato. E' vero non l'abbiamo affatto il senso dello Stato, abbiamo fortissimo però il senso della piazza, del campanile, e sappiamo di essere diversi fra italiani percorrendo la stessa strada, la via Flaminia o la via Emilia, sapendo bene che da Rimini a Forlì, da Cesena a Faenza, da Imola a Bologna, da Bologna a Modena cambia tutto, cambia il carattere degli uomini, cambia il temperamento delle donne, cambia l'arte, cambia la tradizione artistica, cambia la gastronomia, cambia la lingua. Questo è un limite, direte, perché è grave non avere il senso dello Stato. Sì, è vero, però questo secondo me è anche un formidabile atout, è il moltiplicatore delle energie italiane. Le differenze, le diversità sono cose sempre più rare e quindi sempre più importanti. Io mi chiedo spesso fino a quando durerà questo? Fino a quando in Italia ci sarà una banca all'ombra di ogni campanile? Sarà ancora in essere la situazione attuale, non dico fra 20 anni ma prima, forse fra 5, forse 10, con tutti gli accorpamenti, i fidanzamenti, i rassemblamenti dei cartelli bancari fra di loro? Il giorno in cui la Cassa di Risparmio passasse sotto il controllo del San Paolo, sarà ancora possibile fare quella meravigliosa politica che stamattina avete descritto? La specificità della Provincia di Firenze è l'artisticità diffusa, questo mix straordinario fra arte, cultura, paesaggio e gastronomia. Gli ulivi della Lucchesia e i boschi del Mugello, le abbazie, i castelli, gli Uffizi e le torri di San Gimignano e le piante della Versilia, tutte queste cose insieme fanno la diversità mirabile della Toscana. Questa diversità mirabile bisogna tenerla insieme, bisogna farla emergere, darle visibilità.

La fondazione della Cassa di Risparmio fino ad ora lo ha fatto.

Il Dr. Melley della fondazione di La Spezia ha dovuto fare un ragionamento diverso. Si trovava in una città ex Ddr, di industria di Stato, para-sovietica. E che deve fare la fondazione di La Spezia se non puntare sul golfo, sul museo messo insieme dall'Ing. Lia? Quindi politiche diverse a seconda delle storie, delle realtà territoriali diverse. Oppure Livorno che significa i Macchiaioli, il mare, la Maremma. Occorre puntare su questo. E come riuscirci? Creando fidanzamenti virtuosi, collegamenti efficaci e produttivi per esempio con Firenze, con la Galleria d'arte moderna ecc.

L'assessore Matteoni lo ha fatto con successo. Tutte persone, situazioni che io conosco non per meriti speciali, ma perché in mezzo a queste cose ci vivo. Ho fatto - ripeto - il soprintendente in mezza Italia.

Prima è intervenuto il mio amico Marco Gualtieri del Monte dei Paschi. Io so benissimo le cose che la fondazione del Monte fa, con quanta giusta visibilità e successo. Ecco ma adesso che il Monte dei Paschi, caro Marco Gualtieri, è il padrone dell'Agricola Mantovana (e io che sono stato soprintendente a Mantova e andavo da Soprintendente dal direttore della Banca Agricola Mantovana e gli diceva: guarda ho bisogno di questo restauro, e lui mi faceva l'assegno) credi che sia ancora così adesso? No, non è più così, perché il padrone è un altro. C'é un bellissimo modo di dire toscano che recita "chi vende non è più suo". Succederà da noi fra 5 anni, probabilmente anche prima, quello che in Francia e in Germania è successo ormai da decenni: l'accorpamento degli istituti bancari. Tre, quattro, cinque cartelli che fanno la politica culturale un po' dappertutto, distinguendo e finanziando con criteri strategici di politica nazionale. Ma io vado a Mantova e i miei amici di Mantova mi dicono: eh! non sono più i bei tempi di una volta quando a comandare eravamo noi, adesso c'é il Monte dei Paschi. Questo è quello che succede sotto il cielo. Per esempio, mi è piaciuto molto l'intervento di Carlo Tatta perché lui, con una prensilità intelligentissima, ha detto: "Noi siamo a Orvieto, abbiamo il Duomo più bello del mondo".

E' vero. Bisogna esserci stati al Duomo di Orvieto o avere visitato il Museo dell'Opera che la fondazione della Cassa di Orvieto ha finanziato. Ha detto Carlo Tatta: "Noi possiamo giocare la carta dell'arte religiosa". E dove meglio che Orvieto e in Umbria dove c'é Assisi, dove ci sono San Francesco e Santa Chiara? Giustamente quindi il Presidente della fondazione orvietana ha molto insistito sull'importanza dell'arte sacra, sulla necessità di finanziare i micro-musei di arte sacra ecc.

E' una flessibilità intelligente, un modo di aderire alle attese, alle caratteristiche storiche del territorio. Pensate, l'Umbria tutta intera come regione, ha tanti abitanti quanto un paio di quartieri periferici di Roma. Ha gli abitanti di due quartieri di Roma, però è una regione frammentata in numerosissimi comuni. In certe parti dell'Umbria c'é una densità per chilometro quadrato pari a quella della Mongolia interna. Se andate nella zona di Norcia, di Castelluccio, di Castel Sant'Angelo ecc..., trovate una densità demografica paragonabile a quella degli estremi deserti del mondo. Vedete quante Italie ci sono e come bisogna saper aderire alle tante Italie.

E che dire degli acquisti di opere d'arte finanziati dalle fondazioni? Prendete esempio dalla fondazione della Cassa di Risparmio di Rimini.

La fondazione della Cassa di Risparmio di Rimini, su mio consiglio, ha comprato sul mercato una tavola di Baronzio, pittore riminese del Trecento (io l'ho anche pubblicata sul Sole 24 Ore di qualche domenica fa) pagandola 750.000 euro. Hanno comprato questa tavola (documento prezioso della civiltà pittorica riminese) e hanno deciso di consegnarla in deposito nel locale museo civico. Come hanno già fatto, alcuni anni or sono, con lo splendido Trittico di Giuliano da Rimini, acquistato sul mercato londinese.

E poi Forlì, non vedo il presidente Dolcini, ma quello che ha detto lo condivido e in parte anche mi preoccupa, perché lui ha in mano questa cosa bellissima del San Domenico che è lo spazio espositivo in questo momento più bello, più efficiente, più moderno della Val Padana, perché altri simili non ne conosco. Però il San Domenico è sovradimensionato rispetto a Forlì e rispetto alle dimensioni stesse della pur ricca fondazione della Cassa di Risparmio di Forlì. E stamattina il mio amico Pier Giuseppe Dolcini ci ha detto le sue preoccupazioni. Può capitare di fare il passo più lungo della gamba, ma di avere ambizioni più grandi di quanto il territorio non consenta di realizzare, e allora forse bisognerebbe pensare a un'alleanza fra i vari campanili romagnoli per utilizzare quello spazio per mostre condivise. Ma, l'ho detto prima, l'Italia è il paese delle tante Italie, dei tanti campanili. Tutto si può fare in Italia, ma la cosa più difficile resta stabilire un'alleanza fra due comuni confinanti, lo sappiamo bene.

In sostanza se dovessi dare una conclusione a quello che ho sentito, c'é una cosa - mi pare chiaro - che le fondazioni non vogliono più fare.

Non vogliono essere lo sponsor passivo di iniziative pensate da altri, non vogliono più essere il docile bancomat degli Assessorati e delle Soprintendenze. Questo non lo vogliono più fare ed è giusto. Vogliono essere corresponsabili della politica culturale in una certa città, in un certo territorio. E qui però viene fuori il sub problema, al quale io stesso non saprei rispondere. Conviene comportarsi come ha fatto Gualtieri del Monte dei Paschi? costruire una società strumentale, un braccio operativo, come la loro "Vernice", oppure fare come hanno fatto a Venezia, entrando in "Ingegneria per la cultura", società fornitrice di servizi museali, in quota minoritaria? Un'idea del genere era frullata per la testa anche ai nostri amici della Cassa di Risparmio di Firenze quando si è impostata la gara per la gestione dei servizi museali nel 1997. Però in quel caso la fondazione, dopo attenta riflessione, si è sfilata. Perché, ripeto, le realtà sono diverse. Firenze è lontanissima ed è diversissima rispetto a Venezia. A Firenze l'ente Cassa di Risparmio vuole essere promotore e protagonista. Cezanne a Firenze, che sta riscotendo molto successo, è una mostra voluta dalla Cassa di Risparmio e promossa dalla Cassa di Risparmio che non solo paga ma sceglie quello che intende fare e mette becco in quello che si deve fare. Non lo so, io sinceramente sospendo il giudizio sulla opportunità o meno di costituire una società al servizio delle attività culturali della fondazione. Io credo molto nel pragmatismo e nell'opportunismo, che sono due grandi virtù. Più invecchio e più mi rendo conto che le virtù più importanti sono il pragmatismo e l'opportunismo. Il pragmatismo, cioé saper essere concreti nell'ascoltare e nel realizzare le attese giuste al momento giusto, l'opportunismo cioé saper cogliere le opportunità quando e come si presentano. A ben guardare sono le virtù - il pragmatismo e l'opportunismo - che hanno fatto grandi le Casse di Risparmio italiane e le loro fondazioni.

 

 

Note

[*] Testo della relazione discussa nel seminario Acri sulle Attività museali, tenutosi a Roma il 21 marzo 2007.

 



copyright 2008 by Società editrice il Mulino


inizio pagina