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Osservatorio sulla giurisprudenza del Consiglio di Stato
in materia di beni culturali e paesaggistici

a cura di Roberto Chieppa

Sommario: 1. Beni culturali. - 2. Beni paesaggistici.

1. Beni culturali

Cons. Stato, VI, 4 aprile 2008, n. 1419, Pres. Barbagallo, Est. Chieppa. Sul riparto di giurisdizione in ordine all'esercizio del diritto di prelazione su immobili vincolati e sul termine per l'esercizio del diritto.

Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto la contestazione dell'atto, con cui il ministero per i Beni e le Attività culturali esercita il diritto di prelazione in ordine ad un terreno assoggettato a vincolo storico artistico ed oggetto di atto di permuta, in quanto, ai fini della sussistenza del presupposto legittimante l'esercizio del potere ablatorio, consistente nella prelazione su cose di interesse storico, artistico ed archeologico di proprietà privata, ove si lamenti la tardività dell'esercizio della prelazione (sul presupposto del carattere recettizio del provvedimento ablatorio e della notificazione dello stesso a taluna delle parti oltre lo spirare del termine previsto dalla legge), si contesta non già la carenza di potere in capo all'amministrazione, bensì l'illegittimità sotto il profilo temporale dell'esercizio del potere medesimo, con conseguente devoluzione alla giurisdizione amministrativa della relativa controversia.

Gli artt. 59 e ss. del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (poi abrogati) disciplinano in modo unitario l'esercizio del diritto di prelazione sui beni culturali oggetto di trasferimento, prevedendo un termine perentorio per l'esercizio del diritto; anche in ipotesi di rinuncia all'acquisto da parte del ministero e di esercizio del diritto in favore di regioni, province o comuni tale termine è fissato in due mesi dalla data di ricezione della denuncia e, trattandosi di atto recettizio, il termine è riferito non alla mera adozione dell'atto, ma alla sua notificazione all'alienante ed all'acquirente.

Cons. Stato, VI, 22 maggio 2008, n. 2430, Pres. Varrone, Est. Cafini. Sulla sindacabilità dell'atto di imposizione di vincolo storico artistico e sui presupposti per l'imposizione con riferimento all'elemento della testimonianza storica e del degrado.

La dichiarazione del valore storico artistico di un bene e il giudizio relativo all'interesse particolarmente importante presuppongono un giudizio di discrezionalità tecnica, non sindacabile in sede di giudizio di legittimità se non per vizi di eccesso di potere per errore nei presupposti e per manifesta illogicità.

Sono sottoposti a vincolo "le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico", sempre che il loro interesse sia particolarmente importante ed è inoltre consentito sottoporre a vincolo, con apposito provvedimento, ulteriori immobili, che, pur non avendo in sé valore storico-artistico, siano ciò nondimeno di interesse particolarmente importante quale "testimonianza storica", per il loro riferimento alla storia politica, alla storia militare, alla storia della letteratura, dell'arte, e della cultura in genere, e, dunque, ad un'epoca e alle manifestazioni storiche e culturali (il procedimento che dà luogo all'emanazione del decreto di vincolo di tali beni deve accertare il collegamento dei beni e della loro utilizzazione con gli accadimenti della storia e della cultura, individuando l'interesse "particolarmente importante" del bene che può dipendere o dalla qualità dell'accadimento che col bene appare collegato o dalla particolare rilevanza che il bene ha rivestito per la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura).

Il degrado di un immobile non è di ostacolo all'imposizione del vincolo storico artistico, essendo il relativo provvedimento volto in definitiva ad impedire l'ulteriore degrado del bene e a garantire quanto meno la conservazione del valore residuo; in particolare, lo stato di cattiva manutenzione o di parziale distruzione di un bene non ne impedisce l'assoggettamento al vincolo, restando rimessa alla valutazione discrezionale dell'amministrazione l'accertamento dell'idoneità di quanto rimane dell'opera ad esprimere il valore artistico e storico che si vuole tutelare.

Cons. Stato, VI, 18 giugno 2008, n. 3002, Pres. Barbagallo, Est. Chieppa. Sulla comunicazione di avvio del procedimento imposizione di vincolo storico artistico, sull'assorbimento dei motivi e sulla motivazione necessaria per imporre un vincolo su un compendio composto da più parti distinte.

Ai fini dell'imposizione di un vincolo storico non è necessario che la comunicazione di avvio del procedimento debba essere inviata con le modalità prescritte per le notificazioni degli atti giudiziari (caso in cui l'avviso di ricevimento della raccomandata è stato ritenuto idoneo a dimostrare che il destinatario ha ricevuto l'atto, anche in assenza dell'indicazione della qualità della persona che lo ha ricevuto).

L'ordine del giudice di esaminare le censure non può prescindere dal principio dispositivo, che regola anche il processo amministrativo e comporta la necessità di esaminare prima quelle censure, da cui deriva un effetto pienamente satisfattivo della pretesa del ricorrente e che, quale sia l'ordine di esame dei motivi, il giudice è tenuto a proseguire tale esame finché è certo che dall'accoglimento di un ulteriore motivo non deriva più alcuna utilità al ricorrente; deve essere riconsiderata la prassi del giudice amministrativo di assorbire alcuni motivi del ricorso, in quanto, per assorbire un motivo, deve essere evidente che dall'eventuale accoglimento della censura assorbita non possa derivare alcun vantaggio al ricorrente, neanche sotto il profilo risarcitorio (nella specie, il ricorrente aveva interesse non solo all'esame della censura procedimentale, ma soprattutto alla censura, peraltro proposta per prima, relativa all'illegittima estensione del vincolo a tutto il compendio immobiliare).

E' illegittimo il vincolo imposto su un intero compendio immobiliare, attraverso la descrizione di una sola parte di esso e senza alcun cenno ad un separato corpo di fabbrica (ricostruito ex novo e soprelevato nel 1900 senza alcun legame con la prima costruzione che risale al 1700).

Cons. Stato, VI, 19 giugno 2008, n. 3066, Pres. Varrone, Est. Atzeni. Sulla legittimazione al ricorso in materia di beni culturali di un ente locale e sul trasferimento di un bene ad altro comune.

L'ente locale, in quanto esponenziale degli interessi della popolazione locale, è legittimato ad insorgere contro il provvedimento ministeriale che destini al museo di altro comune beni archeologici già esposti in musei del proprio territorio.

L'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 non ammette la stipula degli accordi esclusivamente fra amministrazioni competenti ad intervenire in una determinata materia, ma ammette invece che le amministrazioni dotate di specifiche competenze si accordino con altre comunque interessate a quel settore d'attività perché forniscano la loro collaborazione al riguardo.

E' legittimo il provvedimento con il quale un soprintendente per i beni archeologici ha disposto che l'attuale deposito presso un museo di un bene culturale (gruppo scultoreo noto come "bronzi dorati di Cartoceto di Pergola") dovesse intendersi a tempo indeterminato, in quanto il trasferimento dei bronzi potrebbe pregiudicare la loro corretta conservazione, trattandosi di scelta palesemente rientrante nell'ambito della discrezionalità attribuita all'amministrazione statale.

2. Beni paesaggistici

Cons. Stato, IV, 10 aprile 2008, n. 1551, Pres. Trotta, Est. Maruotti. Sulle sanzioni irrogate per abusi edilizi realizzati in zona demaniale, sottoposta a vincolo paesistico.

In presenza di un abuso edilizio realizzato in zona demaniale, sottoposta a vincolo paesistico, è legittima l'irrogazione di una sanzione pecuniaria nei confronti dell'autore della violazione, disposta con deliberazione della giunta municipale, e non già con un provvedimento dirigenziale, qualora la giunta si sia in concreto limitata a determinare i criteri da applicare per la irrogazione delle sanzioni.

Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 11 aprile 2008, n. 295, Pres. Virgilio, Est. Falcone. Sull'autorizzazione paesaggistica a regime e in via transitoria e sul procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.

L'art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 disciplina l'autorizzazione paesaggistica a regime e non trova applicazione fino alla scadenza del termine previsto dall'articolo 156 (1° maggio 2008, poi prorogato) ovvero, se anteriore, all'approvazione o all'adeguamento dei piani paesaggistici, di cui al precedente art. 143; per il periodo precedente si applica l'articolo 159, recante il procedimento di autorizzazione in via transitoria.

Ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, applicabile anche alla regione Sicilia, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate mediante conferenza dei servizi. Nell'ambito di tale procedimento le determinazioni delle amministrazione interessate devono essere espresse solo in sede di conferenza di servizi, così da assicurare l'unicità del procedimento, mediante il coordinamento dei vari interessi pubblici, rilevanti per l'autorizzazione unica finale. Di conseguenza, anche la soprintendenza deve esprimersi esclusivamente in sede di conferenza di servizi.

I progetti d'impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento sono assoggettati alla procedura di valutazione d'impatto ambientale, ai sensi dell'allegato B), del d.p.r. 12 aprile 1996, punto 2, lett. e), aggiunta dall'art. 2 d.p.c.m. 3 settembre 1999. Tutte le amministrazioni - e quindi anche la soprintendenza - tenute ad adottare le proprie determinazioni, ai fini della valutazione d'impatto ambientale per la costruzione e l'esercizio degli impianti eolici, devono esprimere il proprio avviso in sede di conferenza dei servizi. Da ciò consegue che la soprintendenza per i beni archeologici non ha l'obbligo di pronunciarsi sull'istanza della società interessata, al di fuori della conferenza di servizi.

Cons. Stato, VI, 22 aprile 2008, n. 1844, Pres. Varrone, Est. Taormina. Sulle comunicazione di avvio del procedimento di annullamento di autorizzazioni paesaggistiche e sul termine di conclusione del procedimento.

Sulla base delle disposizioni temporalmente applicabili nel 2001, anche in applicazione del d.m. 13 giugno 1994, n 495, l'amministrazione statale è obbligata a comunicare al privato l'avvio del procedimento di annullamento di una autorizzazione paesaggistica allo scopo di consentire all'interessato di avvalersi degli strumenti di partecipazione e di accesso, previsti dalla legge 241/1990.

L'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento previsto dall'art. 7 cit. non può essere applicato meccanicamente e formalisticamente, essendo volto non soltanto ad assolvere ad una funzione difensiva in favore del destinatario dell'atto conclusivo, ma anche a formare nell'Amministrazione procedente una più completa e meditata volontà e dovendosi, comunque, ritenere che il vizio derivante dall'omissione di comunicazione non sussiste nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o manchi l'utilità della comunicazione all'azione amministrativa. Dal che consegue che non può ritenersi sussistente la violazione di tale obbligo di comunicazione nel caso in cui il soggetto inciso sfavorevolmente da un provvedimento non dimostri che, ove fosse stato reso edotto dall'avvio del procedimento, sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da far determinare in modo diverso le scelte dell'Amministrazione procedente (violazione esclusa nel caso di specie, in cui il ricorrente non aveva censurato con dati concreti la coerenza, logicità, completezza, adeguatezza e ponderazione dell'azione amministrativa, né aveva dimostrato che sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e giudizio tali, secondo un giudizio a posteriori, da conformare diversamente le scelte dell'Amministrazione).

Ai sensi dell'art. 82, comma 9, d.p.r. 616/1977, il termine perentorio di sessanta giorni per il potere ministeriale di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche decorre dal momento in cui la documentazione perviene completa all'organo competente a decidere. Detto termine può essere sospeso a seguito di richieste di integrazioni istruttorie provenienti dall'amministrazione, purché non si tratti di ingiustificati aggravamenti del procedimento dati da richieste di documentazione pretestuose, dilatorie o tardive.

Le valutazioni che l'amministrazione statale è chiamata a compiere, pertanto ex art. 82 del d.p.r. 616/1977 afferiscono unicamente al paradigma della legittimità, con esclusione di ogni profilo di merito.

Cons. Stato, VI, 6 giugno 2008, n. 2744, Pres. Varrone, Est. Giovagnoli. Sul termine per l'esercizio del potere di annullamento di autorizzazioni paesaggistiche, anche con riferimento all'art. 21-bis legge 241/1990.

Ai fini del rispetto del termine di cui all'art. 159 d.lg. 42/2004 non è necessaria la comunicazione all'interessato del decreto di annullamento dell'autorizzazione paesistica da parte della soprintendenza, essendo sufficiente l'emanazione del provvedimento; tale conclusione deve essere confermata anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 21-bis legge 241/1990 perché tale norma, facendo riferimento agli atti che incidono negativamente nella sfera giuridica del privato, non è applicabile al decreto di annullamento dell'autorizzazione paesistica, che interviene prima che l'autorizzazione paesaggistica rilasciata dal comune produca i suoi effetti favorevoli in capo all'interessato e, dunque, non elimina alcuna situazione giuridica già nata.

 



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