numerocorrentehome../indice../risorse%20web

Recensione

Patrimonio culturale di interesse religioso in Italia.
La tutela dopo l'intesa del 26 gennaio 2005
,
a cura di M. Madonna

(Venezia, Marcianum Press, 2007, pp. 279)

di Barbara Accettura

1. Il 26 gennaio 2005 veniva sottoscritta dal ministro per i Beni e le Attività culturali e dal Presidente della Conferenza episcopale italiana una nuova Intesa tra Stato e Chiesa cattolica, in attuazione dell'art. 12 dell'Accordo di modificazione del Concordato del 1929 (legge 25 marzo 1985, n. 121).

Una disposizione, quest'ultima, cui si deve l'introduzione del principio di collaborazione tra i due ordinamenti "per la tutela del patrimonio storico e artistico". A tale enunciazione hanno fatto seguito, in sede di prima attuazione, l'Intesa del 1996, concernente in generale le forme di collaborazione tra Stato e Chiesa, e quella del 2000, concernente esclusivamente archivi e biblioteche, introdotte nell'ordinamento italiano rispettivamente con d.p.r. 26 settembre 1996 e con d.p.r. 16 maggio 2000, n. 189.

Con l'Intesa del 2005, recepita dall'ordinamento italiano con il d.p.r. 4 febbraio 2005, n. 78, si è inteso rivedere i contenuti della precedente Intesa del 1996, adeguandoli per un verso al nuovo assetto delle competenze tra livelli di governo venutosi a delineare in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione, per altro verso agli interventi legislativi che negli ultimi anni hanno interessato, più in generale, la disciplina dei beni culturali.

Questo il quadro generale di riferimento nel quale si inscrive il volume a cura di Michele Madonna che raccoglie i risultati di una ricerca promossa dall'Istituto di diritto canonico San Pio X e dal Cesen (Centro studi sugli enti ecclesiastici) dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e si propone di verificare i riflessi dell'Intesa del 2005 sulle politiche in tema di tutela dei beni culturali di interesse religioso.

Dall'approvazione dell'Accordo di modifica del Concordato, i numerosi studi dedicati al tema dei beni culturali di interesse religioso hanno avuto ad oggetto l'analisi delle disposizioni di tale accordo e di quelle delle intese che allo stesso hanno fatto seguito.

Ne è emersa una ricostruzione degli aspetti essenziali della disciplina della materia che muove dal presupposto incontrovertibile della separazione dei due ordinamenti.

E' altrettanto noto che in seguito all'introduzione, per effetto del medesimo accordo, del principio di collaborazione in tema di tutela dei beni culturali di interesse religioso, il filo conduttore di queste analisi è diventato soprattutto quello delle forme e modalità di realizzazione di tale collaborazione.

Il nuovo sistema delle competenze normative e amministrative nell'ordinamento statale, le modifiche che hanno riguardato la struttura e l'organizzazione del ministero dei Beni culturali, hanno offerto nuove ragioni o, comunque, occasioni per riflettere sulle possibili conformazioni ed evoluzioni di questa categoria di beni.

Sotto i profili evidenziati, l'Intesa del 2005 si pone in linea di continuità con quella del 1996, caratterizzandosi per il forte contributo "allo sviluppo della cultura della collaborazione" tanto da segnare "il passaggio da una concezione aridamente procedurale (della collaborazione) ad un'altra più ampiamente programmatoria".

L'interesse e l'ipotesi di lavoro del volume è che si sta affermando una nuova cultura della collaborazione tra Stato e Chiesa per il conseguimento del comune obiettivo di tutela dei beni culturali.

Il tema centrale nell'esame della disciplina di tali beni, al di là della ricostruzione della stessa nozione di bene culturale religioso, va quindi individuato ancora una volta nella verifica degli strumenti cui è affidato il raccordo tra le esigenze di tutela dei beni culturali e le istanze riconducibili alle esigenze di culto.

2. Passando ai contenuti dell'opera, il volume analizza il tema sviluppandosi attorno a quattro punti di analisi: l'esame dell'Intesa, la disciplina di tutela dei beni culturali di interesse religioso, le esperienze di formazione in materia e il patrimonio culturale religioso della città di Venezia.

Come si evince dall'indice, queste categorie valgono ad individuare l'insieme dei settori che, nella valutazione del curatore, diventano gli ambiti sensibili dell'attuale sistema di tutela dei beni culturali di interesse religioso e che diventano, anche, i criteri di sistemazione della ricerca.

Il volume, dopo l'introduzione di Giorgio Feliciani, si compone, infatti, di quattro parti, di differente estensione e diversamente articolate. La prima, "L'Intesa del 26 gennaio 2005", assolve ad una funzione essenzialmente introduttiva. In particolare, i contributi in essa raccolti si propongono di illustrare, nei termini che si diranno, contenuti e finalità dell'accordo, esplicitandone l'impostazione e identificandone le previsioni più innovative. Il che rende subito evidente che l'analisi dell'Intesa non è tanto l'oggetto della ricerca, ma ne costituisce una sorta di presupposto

A questo proposito, occorre riconoscere la puntualità di queste analisi ricostruttive, nel proporre le quali il curatore mette sistematicamente a confronto due punti di osservazione, quello del diritto canonico e quello pubblicistico, affidati, in questa prima parte, rispettivamente a qualificati esperti della Cei e del ministero.

Autorità competenti, Osservatorio Centrale per i beni culturali di interesse religioso di proprietà ecclesiastica, programmazione degli interventi, sicurezza, inventariazione e catalogazione costituiscono il terreno su cui si confrontano i diversi contributi.

Si è , dunque, di fronte ad analisi caratterizzate da un'elevata attenzione alle dinamiche ed alle problematiche interne a ciascuno dei due ordinamenti. Questo offre un indubbio ed utile ausilio a chi intenda conoscere l'insieme delle vicende che hanno riguardato i diversi ambiti.

Un costante raffronto che lungi dal produrre il rischio di allontanare il lettore dal percorso della ricerca, ne diviene il vero filo conduttore. L'approccio prescelto consente infatti di mettere in luce come possano in prospettiva trovare applicazione le logiche collaborative che connotano le politiche culturali.

Il medesimo schema è seguito anche per la seconda parte del volume, questa volta all'interno di un'esposizione più estesa. In questa parte, che rappresenta il nucleo centrale del volume, i contributi ricostruiscono la disciplina di tutela dei beni culturali di interesse religioso mettendo a confronto ancora una volta i due ordinamenti, civile e canonico. Ma non solo.

Dare conto delle risultanze di queste analisi non è , ovviamente, possibile. Tuttavia, a documentare l'ampiezza e, occorre aggiungere, l'eterogeneità dei temi trattati, basti ricordare che nella seconda parte si rinvengono dapprima due contributi sulla nozione di "tutela" dei beni culturali che offrono un quadro chiaro e completo dell'evoluzione legislativa in materia e ciò rispettivamente con riferimento all'ordinamento civile e quello canonico.

Della funzione-attività di tutela si ricostruisce dunque il percorso legislativo ed interpretativo che ne ha determinato la trasformazione da "attività puntuale di disciplina provvedimentale" ad "azione di conservazione programmata"; si rappresenta il quadro della disciplina di tutela dei beni culturali di interesse religioso nel diritto canonico universale, nei codici latino e orientale evidenziando come in questo settore il ripensamento del significato di patrimonio culturale della Chiesa abbia determinato un'evoluzione delle politiche culturali.

L'accuratezza dell'indagine emerge, soprattutto, con riferimento ai saggi dedicati alle "intese regionali" in cui si è concretizzata la collaborazione tra i due ordinamenti, anch'esse analizzate secondo lo schema che connota l'intera ricerca.

Con riferimento a questo tema gli autori di entrambi i contributi proposti offrono dati e informazioni e si misurano, fra le altre, con le complesse questioni connesse ai livelli di collaborazione e alla natura ed al ruolo di regioni e autonomie funzionali nell'assetto risultante dalla riforma costituzionale.

L'approccio prescelto dal curatore offre un confronto tra la disciplina civile e quella canonica anche con riferimento al contributo che ha ad oggetto i "musei ecclesiastici". La rinnovata attenzione al tema è dovuta all'espresso richiamo nell'Intesa ai musei ecclesiastici, quali luoghi in cui preferibilmente collocare beni culturali di interesse religioso di proprietà di enti e istituzioni ecclesiastiche che non possono essere mantenuti nei luoghi di loro originaria collocazione.

In sostanza, muovendo dall'analisi delle due diverse connotazioni sottese alla nozione di museo - quella propria delle disposizioni canoniche che esalta la "funzione pastorale" dei musei ecclesiastici e quella rinvenibile nella legislazione civile, che annovera i musei tra gli strumenti della valorizzazione del patrimonio culturale - si riflette sul modo in cui riannodare le due posizioni mostrando come proprio l'Intesa del 2005 sembri muoversi nel senso di "rendere sempre più certo il contemperamento delle esigenze di tutela dei beni culturali con le istanze derivanti dalle esigenze di culto".

La "tutela dei beni culturali di interesse religioso nel diritto internazionale" e "il patrimonio religioso nel Patrimonio Mondiale dell'Unesco" sono oggetto di un'analisi, che chiude la seconda parte del volume, in cui ci si prefigge di ricostruire, dando conto attraverso un'analisi diffusa, articolata e documentata, l'evoluzione storica della disciplina di protezione dei beni culturali di interesse religioso sotto il profilo del diritto internazionale, sia in caso di conflitto armato che in tempo di pace.

La terza parte del volume, di minore estensione delle precedenti, è dedicata alle "Esperienze di formazione".

Sin dalle pagine introduttive, si rileva l'importanza che per l'effettiva realizzazione del principio di collaborazione viene riconosciuta alla formazione di operatori qualificati, soprattutto all'interno della componente ecclesiastica.

A questo tema il curatore dedica quattro contributi. Di questi i primi due si prefiggono di evidenziare come la formazione sia assurta a cardine dell'attività di promozione svolta dalla Chiesa e per essa dalla Pontificia Commissione per i beni culturali. Del pari, la formazione in materia viene descritta dall'A. del secondo contributo come un importante veicolo per "l'acquisizione di una sensibilità generale e di una capacità pastorale onde educare i fedeli avvalendosi del patrimonio storico e artistico" piuttosto che "per la preparazione di specialisti i ogni ambito del settore".

Gli altri due contributi che completano questa parte descrivono due diverse esperienze formative in materia di beni culturali religiosi. In sostanza, quello che può essere letto come un dato che accomuna i due ordinamenti, viene poi nelle esperienze descritte a declinarsi in modo differente. Così lo studio dei beni culturali della Chiesa diviene nel corso di studi della facoltà di storia e dei beni culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana una prospettiva dalla quale affrontare lo studio della storia della Chiesa, mentre nel caso del master i beni cultural ecclesiastici dell'Università di Bologna l'obiettivo è quello di formare "operatori che coniughino esperienze giuridiche e strumenti culturali adeguati in grado di affrontare il campo della conoscenza, conservazione, gestione e valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici esistenti in Italia".

Il volume si chiude con una quarta parte, che è anche quella di minore estensione, articolata in tre saggi, "Venezia Sacra", "Il patrimonio culturale dell'Istituto Ellenico di Venezia" e "La Comunità ebraica a Venezia tra società e cultura", alla quale il curatore assegna come titolo "Venezia, un bene culturale di interesse religioso".

La sezione offre quale esempio di bene culturale religioso la città di Venezia, raccogliendo contributi che propongono un'attenta descrizione, anche sotto un profilo più prettamente storico, del patrimonio culturale religioso della città, sia esso cattolico che riconducibile alle culture greco-bizantina ed ebraica. Con essa, anche attraverso il richiamo di alcuni interventi di tutela e valorizzazione ivi realizzati, si vuol dimostrare che la logica dell'Intesa del 2005 e delle nuove tendenze delle politiche statali e confessionali in materia è quella giusta.

3. Il volume offre una preziosa ricostruzione degli assetti nel settore dei beni culturali di interesse religioso, fornendo una chiara rappresentazione dello stato dell'arte in ciascuno dei due ordinamenti considerati.

Un approccio che si spiega con la necessità, che costituisce l'obiettivo della ricerca, di ricostruire il complesso quadro normativo, amministrativo e a più livelli pattizio, disciplinante il settore, mostrando come, ferma restando la "legittima distinzione degli ordini", la ricomposizione delle diverse istanze, sia affidata alla effettiva realizzazione del coordinamento degli interventi.

Ciò sul presupposto, che emerge sin dalle considerazioni introduttive e che costituisce la chiave di lettura dell'analisi, che la materia sia oggetto per ciascuna delle due parti di diversa percezione, sebbene comune sia poi la finalità di tutela e salvaguardia dei beni e di promozione della cultura che ciascuna di esse si propone.

Un obiettivo, quello del coordinamento degli interventi, che si ritiene possa essere raggiunto affidandosi alla piena operatività di quelle che sono, per gran parte, le direttrici indicate dall'Intesa del 2005.

E' evidente la valutazione positiva che l'impostazione accolta nel volume rivela, sin dalle pagine iniziali, in merito alle soluzioni proposte e alle "prospettive aperte da quest'intesa [...] suscettibili di ulteriori significativi sviluppi".

Che, in effetti, quello tracciato dall'Intesa sia un percorso da seguire nell'ottica del principio di collaborazione fra Stato e Chiesa, non pare discutibile. In definitiva, emerge dal complesso degli interventi raccolti nel volume il superamento di politiche di tutela dei beni culturali "eterodeterminate" dalla parte statale ed il passaggio a politiche fondate sulla promozione di sistemi in grado di far emergere e dialogare le esigenze di tutela con quelle di culto, proprie dei beni culturali di interesse religioso.

Senonché, proprio la considerazione degli strumenti operativi cui l'Intesa affida l'attuazione dei principi di collaborazione e programmazione (reciproca informazione in relazione all'attuazione dei programmi annuali e pluriennali e dei piani di spesa nonché allo svolgimento e alla conclusione degli interventi), ripropone le medesime criticità, circa la mancata previsione di sedi organizzative capaci di assicurare un efficace raccordo tra le parti, sollevate dal sistema proposto dal codice nell'ordinamento pubblicistico.

Criticità che si aggiungono, quanto all'Intesa, alla mancata previsione di forme di integrazione degli interventi, nel duplice senso che essi possono riguardare contestualmente beni culturali "civili" e beni culturali appartenenti a soggetti ecclesiastici, non necessariamente di interesse religioso, e che le politiche di tutela devono tendere a saldarsi con le politiche di valorizzazione e ciò anche a livello territoriale.

Si tratta di argomenti che sembrano, in effetti, suffragare ancor più l'impressione, ben evidenziata dagli autori dei contributi, che l'Intesa rappresenti al momento "uno strumento flessibile e di passaggio per ulteriori accordi".

 

 

 



copyright 2008 by Società editrice il Mulino


inizio pagina