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Resoconti

III Conferenza nazionale dei musei d'Italia
Professionisti e volontari per un nuovo modello
di gestione dei beni culturali in Italia


(Verona, 4 dicembre 2007)

di Cristina Da Milano e Valentina Galloni

Il volontariato si manifesta nel mondo occidentale secondo diversi approcci e tradizioni ma, in senso generale, può essere definito come un'attività non retribuita svolta per libera scelta, di solito in un contesto istituzionalizzato (organizzazioni non governative, centri per il volontariato, associazioni, ecc.).

I volontari operano in tutti i settori della società e il loro numero è in costante aumento in tutti i Paesi europei. Il loro ruolo non è da considerarsi come semplice sostitutivo di figure professionali retribuite, ma per molteplici motivi assume una connotazione socialmente assai più rilevante. Il volontariato è, infatti, considerato un importante strumento per la crescita professionale e personale dell'individuo, un mezzo fondamentale di inclusione e integrazione sociale e un potente stimolo per una cittadinanza attiva e responsabile [1]. Nel settore dei beni culturali, e in particolare nei musei, i volontari occupano una posizione di assoluto rilievo.

La situazione italiana, seppure non ancora studiata in modo esaustivo, appare articolata e complessa sia per l'estensione del fenomeno [2], sia per il problematico rapporto tra professionisti e volontari.

La III conferenza nazionale dei musei d'Italia [3], organizzata da ICOM Italia in collaborazione con la regione Veneto, il comune di Verona, l'Associazione Amici di Castelvecchio e dei Civici musei d'arte e la Fondazione Mazzotti, ha inteso affrontare questo tema con l'obiettivo di proporre un nuovo modello di gestione partecipata del patrimonio culturale. Assai stimolante si è rivelata la scelta degli organizzatori di mettere a confronto i due attori principali del volontariato nel settore dei beni culturali: da una parte le associazioni di volontariato attive ormai da anni in questo campo - Centro Nazionale per il Volontariato, FIDAM, FAI, Italia Nostra, Legambiente e AUSER - e dall'altra le istituzioni culturali, in particolar modo i musei, in cui i volontari operano. Il confronto ha riguardato aspetti quali il rapporto tra professionisti e volontari all'interno delle istituzioni culturali, il riconoscimento dei diritti e dei doveri dei volontari e delle istituzioni che li accolgono, il riconoscimento della professionalità dei volontari e della loro formazione.

Partendo dal dato di fatto dell'aumento del numero di volontari operanti nel settore, che è passato da 500 associazioni nel 1996 a circa 2000 nel 2005, nel corso della conferenza si è posto l'accento anche sulle diverse tipologie di volontari, soffermandosi in particolare sulle differenze di status: è stata più volte sottolineata la necessità di distinguere tra volontari che operano individualmente (il cui numero è in costante aumento) e volontari che operano all'interno di associazioni, le quali a loro volta sono molto diverse tra loro, sia in termini dimensionali sia in termini organizzativi. E' infatti emerso che, se da una parte è innegabile il fatto che i volontari apportano alle istituzioni culturali, oltre al tempo e alla passione, anche competenze professionali (non solo relative a professioni museali) e "competenze d'uso", derivanti dall'utilizzo in prima persona del luogo e del servizio culturale, dall'altra parte è altrettanto vero che la selezione dei volontari in base alle competenze necessarie viene svolta con maggiori garanzie dalle associazioni/organizzazioni di volontariato. Troppo spesso però, mancando una cabina di regia, i volontari si rapportano personalmente alle istituzioni, accentuando così i problemi di relazione fra il mondo dei volontari e quello dei professionisti, problemi in parte dovuti anche a una carenza di professionalità dei volontari e a una scarsa chiarezza istituzionale nel definire i ruoli e le competenze richieste. Se è vero, infatti, che all'interno delle istituzioni culturali italiane il volontariato svolge una funzione ormai insostituibile, operando su più livelli, da quello strettamente esecutivo (apertura, guardiania, ecc.) a quello propositivo (progettuale, di programmazione, di supporto ai professionisti), è altrettanto vero che nessuna di queste attività può prescindere da un'adeguata formazione. Il tema della formazione è stato affrontato da più interventi che, oltre a metterne in luce le indubbie potenzialità, hanno evidenziato anche la difficoltà di svolgere un'attività di preparazione continuativa su risorse umane che, per loro natura, sono variabili: si tratta di un numero cospicuo di persone che però, in molti casi, dedicano poche ore al volontariato e spesso per periodi limitati.

La conferenza ha, inoltre, ribadito la necessità di istituire un sistema di riconoscimento delle competenze dei volontari (in termini di crediti, punteggio o altro), derivanti da una formazione già acquisita in passato o effettuata ad hoc dall'associazione di volontariato o dall'istituzione culturale, e al tempo stesso di regolamentare il rapporto tra volontari e istituzioni culturali (in termini di diritti e di doveri reciproci) attraverso l'adozione di Codici deontologici, sul modello di quello promulgato dalla Federazione mondiale degli amici dei musei nel 1996 [4] e dello stesso codice ICOM [5]. In tale direzione va anche l'esigenza, sottolineata con forza da diversi relatori, di prevedere forme contrattuali in grado di definire esattamente il rapporto tra volontari e istituzioni.

Un altro tema critico affrontato nel corso della giornata è stato quello della retribuzione dei volontari. Anche se il volontariato è comunemente riconosciuto come un'attività non retribuita, alcune associazioni operanti nel settore, in particolare AUSER e Italia Nostra, hanno sottolineato la necessità di fornire ai volontari un riconoscimento economico del loro lavoro - sotto forma di rimborso spese, come avviene ad esempio nel Regno Unito, o di defiscalizzazione - per evitare discriminazioni tra chi ha maggiori possibilità di donare il proprio tempo e le proprie capacità e chi è invece limitato da motivi economici. Dai lavori della conferenza, è emerso anche che il rapporto tra volontariato e popolazione giovanile appare in Italia molto conflittuale: se, da una parte, per i giovani il volontariato è un'importantissima occasione di crescita professionale e di educazione al patrimonio culturale e alla cittadinanza attiva, dall'altra, data la carenza di opportunità di lavoro in questo settore, può essere visto come una sorta di "professionismo negato", antitetico all'esperienza lavorativa, se non addirittura, come del caso del servizio civile, una forma di concorrenza fuori mercato.

Dai temi affrontati nel convegno, qui rapidamente illustrati, appaiono dunque evidenti la complessità del fenomeno a livello italiano e le molte criticità da superare. Il parere dei giuristi intervenuti alla conferenza è che, per una reale gestione partecipata dei beni culturali, si debba necessariamente passare attraverso tre snodi fondamentali: la definizione dei profili professionali da parte delle regioni; una migliore precisazione dei vari livelli di valorizzazione indicati nell'art. 114 del Codice Urbani; la nuova regolamentazione dei servizi aggiuntivi.

Sarebbe dunque auspicabile un forte impegno da parte delle amministrazioni competenti, le stesse amministrazioni a cui fa riferimento anche la Carta di Verona [6], il documento sottoscritto dalle associazioni professionali aderenti alla "Conferenza permanente delle associazioni museali italiane" e dalle associazioni di volontariato attive nel campo dei beni culturali che hanno partecipato alla Conferenza e presentato al termine dei lavori dal presidente di ICOM Italia Daniele Jalla. Nel documento, che elenca in dieci punti le risoluzioni finali del convegno, si sottolinea la necessità di intraprendere azioni in grado di favorire una proficua sinergia tra professionisti e volontari: in particolare, si chiede alle amministrazioni competenti di promuovere una evoluzione del modello gestionale del sistema museale nazionale, favorendo l'azione congiunta di professionisti e volontari in un quadro di maggiore autonomia istituzionale.

Come dimostra l'esempio anglosassone del National Trust, presentato al convegno, in futuro nuovi stimoli e prospettive potranno anche scaturire dal confronto con la situazione europea, sebbene la specificità italiana richieda particolare cautela. Proprio al fine di meglio comprendere e analizzare la situazione del volontariato nel settore culturale a livello europeo tenendo conto delle specificità nazionali, è nato il progetto VoCH-Volunteers on Cultural Heritage [7], finanziato all'interno del Programma europeo Lifelong Learning Grundtvig. Il progetto vede alcune istituzioni europee - tra cui, in ambito italiano, l'Istituto per i beni culturali della regione Emilia-Romagna, ECCOM e il Museo del tessuto di Prato - impegnate in uno studio del volontariato nei beni culturali in ambito europeo e nell'identificazione delle strategie più efficaci per gestirlo. A livello italiano verrà condotta una indagine più specifica, mirante a individuare le diverse tipologie di volontari per studiarne le adeguate modalità di reclutamento, motivazione, gestione e riconoscimento/accreditamento. I risultati saranno tradotti in strumenti e opportunità formative rivolte ai volontari e a chi si occupa del loro coordinamento, affinché il valore e la posizione del volontario possano essere valorizzati, ottimizzati e possano divenire parte integrante della politica e dell'organizzazione dell'istituzione.

 

 

Note

[1] Manifesto for Volunteering in Europe 2006.

[2] In Italia i volontari operanti nell'ambito delle associazioni di volontariato iscritte ai registri regionali sono poco più di 800.000: quelli impegnati nel settore "Ricreazione e cultura" sono l'11,7% del totale (Fonte: Osservatorio Nazionale per il Volontariato-Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Rapporto biennale sul volontariato in Italia 2005).

[3] Per il programma dettagliato degli interventi si rimanda al sito di Icom Italia.

[4] http://www.museumsfriends.com/codeofethics.asp.

[5] http://icom.museum/ethics.html#intro.

[6] Per il testo completo della Carta di Verona si rimanda al sito di Icom Italia.

[7] Per ulteriori informazione su questo progetto, si veda la sezione dedicata ai progetti europei all'interno del sito internet dell'Istituto Beni Culturali.

 



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