numerocorrentehome../indice../risorse%20web

Il diritto di seguito tra esclusiva ed equo compenso

di Luca Nivarra

Sommario: 1. I precedenti. - 2. La direttiva 2001/84, il d.lg. 118/2006 di attuazione della direttiva e la nuova formulazione degli artt. 144-155 legge 633/1941: il contenuto del diritto. - 2.1. L'ambito di applicazione del diritto. - 2.2. Le regole deputate a garantire l'effettività del diritto.

1. I precedenti

Il diritto di seguito (d'ora in poi: dds) rappresenta una delle possibili tecniche di tutela degli interessi degli autori delle opere dell'ingegno, insieme con il diritto di esclusiva e l'equo compenso. Esso spetta, in particolare, agli autori delle opere delle arti figurative - pittura, scultura ed oggi anche fotografia - ed il suo fondamento pratico risiede nella impossibilità, per questo tipo di creazioni, di essere sfruttate attraverso le due forme archetipiche di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno, ossia il diritto di riproduzione ed il diritto di rappresentazione in pubblico. Infatti, nel caso delle opere delle arti figurative, il grado di immedesimazione dell'opera - intesa come creazione - con l'esemplare nel quale essa prende forma è tale da escludere che quest'ultimo possa essere riprodotto (e, a maggior ragion, rappresentato) senza che da ciò non derivi una irrimediabile lesione della identità dell'opera medesima. Lo stesso concetto può essere formulato richiamando la circostanza che, nel caso delle opere dell'arte figurativa, a differenza di quanto accade per le opere letterarie, musicali ed audiovisive, il supporto è parte integrante della forma espressiva, di talché la sua riproduzione, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, vulnera irreparabilmente l'originalità della creazione (si veda al riguardo il considerando 2 della dir. 2001/1984) [1].

Il dds venne introdotto, per primo, dalla legge francese del 1920 (droit de suite) la quale prevedeva un sistema a percentuale fissa. La legge italiana in materia di diritto d'autore, legge 22 aprile 1941, n. 633, invece, aveva accolto un sistema misto che prevedeva il pagamento di una percentuale sull'intero prezzo della prima vendita pubblica (art. 144, comma 1) e di una percentuale sulla eventuale plusvalenza per le vendite successive (art. 145) [2].

Questo modo di congegnare il compenso per l'autore - collegandolo all'aumento di valore dell'opera nel succedersi delle transazioni - rispecchia la visione tradizionale del dds, secondo la quale esso, fondamentalmente, doveva porre rimedio all'ingiustizia rappresentata dal fatto che l'opera avrebbe potuto sperimentare, nel corso della sua circolazione commerciale, e in dipendenza delle dinamiche proprie del mercato dell'arte, incrementi di valore anche cospicui dei quali l'autore non avrebbe potuto partecipare. Corollario di questo modo di intendere il dds era l'idea che a fondamento di quest'ultimo stesse, in ultima analisi, un ingiustificato arricchimento di tutti i venditori successivi al primo, e quella che il dds fosse un diritto sentimentale, ossia, appunto, un diritto la cui ratio doveva essere ritrovata in una elementare esigenza di giustizia commutativa.

2. La direttiva 2001/84, il d.lg. 118/2006 di attuazione della direttiva e la nuova formulazione degli artt. 144-155 legge 633/1941: il contenuto del diritto

Il quadro tracciato in precedenza ha subito una profonda revisione a seguito dell'entrata in vigore della dir. 2001/84 relativa al diritto dell'autore di un'opera d'arte sulle successive vendite dell'originale, poi recepita dal legislatore italiano con il decreto legislativo 13 febbraio 2006, n. 118 che ha sostanzialmente riscritto gli artt. 144-155 della l.d.a. a cominciare dal titolo della Sez. VI della medesima legge che non recita più "Diritti dell'autore sull'aumento di valore delle opere delle arti figurative" ma "Diritti dell'autore sulle vendite successive di opere d'arte e manoscritte".

Questa nuova formulazione letterale del titolo della sezione esprime la novità più significativa introdotta dalla nuova disciplina, ossia la generalizzazione di un sistema che prevede un diritto al compenso sul prezzo (e non semplicemente sulla plusvalenza) di ogni vendita dell'opera successiva alla prima cessione dell'opera da parte dell'autore (art. 144, comma 1; art. 1, comma 1 dir.). La spiegazione di questo nuovo e diverso modo di congegnare il contenuto del dds la offre il considerando 3 della dir. per il quale "Il diritto sulle successive vendite mira ad assicurare agli autori d'opere d'arte figurativa la partecipazione economica al successo delle loro opere. Detto diritto tende a ristabilire l'equilibrio tra la situazione economica degli autori d'opere d'arte figurative e quella degli altri creatori che traggono profitto dalle successive utilizzazioni delle loro opere".

La nuova disciplina del dds si inserisce all'interno di una più generale tendenza dell'odierno diritto d'autore comunitario alla introduzione di meccanismi finalizzati ad assicurare all'autore - e alle figure ad esso equiparate, come gli artisti, gli esecutori, gli interpreti, i produttori di fonogrammi, ecc. - la partecipazione agli utili prodottisi a seguito della circolazione commerciale dell'opera. Sotto questo profilo il dds si avvicina sensibilmente ad una delle tecniche tradizionali di tutela degli interessi dell'autore, ossia l'equo compenso, in quanto tecnica di remunerazione assimilabile al prelievo e finalizzata al controllo di quelle forme di fruizione dell'opera che sfuggono al controllo dell'autore. L'equo compenso, in genere, presuppone un atto tipico di esercizio dell'esclusiva - il trasferimento dei diritti di utilizzazione (paragonabile alla vendita dell'opera d'arte da parte dell'autore nel caso del dds) - integrando ex lege l'atto di cessione medesimo, allorché la natura dei diritti trasferiti all'impresa, in combinato disposto con la particolare natura dell'opera coperta dall'esclusiva, lasci presumere che dallo sfruttamento di quei diritti il produttore ricaverà profitti ingenti. Qui - v., ad es., l'art. 18-bis, comma 5 [3] o l'art. 80, comma 2, lett. f) [4] - in altri termini, l'equo compenso è una tecnica intesa a garantire effettività sotto il profilo reddituale all'esclusiva assolvendo al compito di ridurre quanto più è possibile la forbice tra stima iniziale del valore dell'opera (affidata al corrispettivo) e la sua reale capacità di profitto.

Più in generale si può osservare che l'equo compenso - tecnica di tutela degli interessi dell'autore talora complementare ma talora anche alternativa all'esclusiva - pone rimedio a due fondamentali inconvenienti del mercato delle opere dell'ingegno:

a) strutturale opacità del valore dell'opera;

b) impossibilità di negoziare, a causa della presenza di elevatissimi costi di transazione, ogni possibile atto di utilizzazione economica dell'opera dell'ingegno.

La "strutturale opacità del valore commerciale dell'opera dell'ingegno" origina dalla circostanza che su di esso incide in misura determinante il modo in cui l'opera viene presentata sul mercato - promossa, si dice oggi - dal cessionario del diritto, ossia l'editore, nel caso dell'opera letteraria, o dal produttore, nel caso dell'opera cinematografica o musicale. L'impianto tradizionale del diritto d'autore prevede, infatti, una sorta di divisione dei compiti tra l'autore e l'impresa culturale, il primo artefice della creazione, la seconda artefice del supporto adeguato alla sua commercializzazione (libro cd ecc.) e poi, appunto, della commercializzazione. Il problema è che quando questi due soggetti si incontrano e concludono l'affare, non è possibile prevedere esattamente quanto successo l'opera riscuoterà presso il pubblico (lettori, spettatori, ascoltatori) e, dunque, a maggior ragione, non è neppure possibile prevedere quanto interesse l'opera susciterà presso i mercati, diciamo così, collaterali rispetto a quello di elezione dell'opera dell'ingegno: ad es., nel caso di un film, il mercato d'elezione è quello della distribuzione nelle sale cinematografiche, ma poi bisogna tener conto anche del circuito televisivo e della vendita/noleggio di dvd. E' evidente, poi, quindi, che l'incertezza sul valore commerciale dell'opera dell'ingegno è destinata ad accrescersi in proporzione geometrica al moltiplicarsi delle forme di sfruttamento commerciale dell'opera offerte dalle nuove tecnologie della riproduzione.

L'ipotesi di cui alla lett. b) si ha quando, a causa di elevati costi di transazione, all'autore è preclusa la possibilità di licenziare tutti gli atti di utilizzazione economica dell'opera dell'ingegno successivi al primo (v. ad es., l'art. 46-bis, comma 1 il quale attribuisce agli autori di un'opera cinematografica il diritto ad un equo compenso a carico degli organismi di emissione allorquando essi abbiano ceduto al produttore il diritto di diffusione; l'art. 46-bis, comma 2 il quale assegna agli autori di un'opera cinematografica un equo compenso a carico di coloro che esercitano i diritti di sfruttamento per ogni distinta utilizzazione economica diversa da quelle di cui, rispettivamente, al comma 1 e all'art. 18-bis, comma 5).

Oggi poi l'equo compenso viene messo al servizio di un'ulteriore finalità che è quella di assicurare standard accettabili di redditività dell'opera in presenza di una utilizzazione della medesima che, pur non rivestendo i caratteri dello sfruttamento commerciale, tuttavia rischia egualmente di erodere significativamente le aspettative di guadagno dell'autore: mi riferisco all'ipotesi della copia privata "tecnologica" (v. l'art. 71-septies il quale attribuisce il diritto ad un equo compenso agli autori ed ai produttori di fonogrammi, ai produttori originari di opere audiovisive, agli artisti interpreti ed esecutori per la riproduzione privata, ex art. 71-sexies, di videogrammi e fonogrammi. Il compenso è dovuto, ai sensi del comma 3 dello stesso art. 71, da chi fabbrica o importa nel territorio dello Stato, allo scopo di trarne profitto, apparecchi, "destinati" o polifunzionali, o anche supporti, idonei alla registrazione (analogica o digitale) di fonogrammi o videogrammi) [5].

Nel caso del dds mi pare che, tenuto conto anche delle caratteristiche dell'opera dell'ingegno, l'esigenza che sta alla base di esso sia fondamentalmente quella di rimediare a quella che ho chiamato la strutturale opacità dell'opera dell'ingegno.

2.1. L'ambito di applicazione del diritto

Il secondo importante elemento di novità introdotto dalla dir. 2001/84 e recepito dal legislatore italiano è rappresentato dalla limitazione dell'ambito di operatività del dds alle sole vendite commerciali, ossia alle sole vendite che comportino l'intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di soggetti che operino professionalmente nel mercato dell'arte, come le case d'asta, le gallerie d'arte e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d'arte (art. 144, comma 2).

Il carattere di necessaria commercialità delle vendite successive alla prima è stato oggetto di un conflitto abbastanza aspro tra la Commissione ed il Parlamento, un conflitto che ha notevolmente ritardato l'approvazione della direttiva. Nella sua proposta di direttiva, che risale al 25 aprile del 1996, la Commissione, infatti, aveva voluto estendere l'applicazione del dds a tutte le vendite successive, tranne quella in cui il venditore figurasse come un privato; mentre, viceversa, il Parlamento era favorevole ad una applicazione del dds alle sole vendite pubbliche, in esercizio commerciale o con l'intervento di un commerciante o agente. Il Consiglio ha sostanzialmente aderito a questa prospettiva, anche nel presupposto che non fosse altrimenti possibile effettuare un controllo su tutte le vendite successive nelle quali non figurasse un professionista (una preoccupazione che, come vedremo, si collega alla terza grande novità introdotta dalla nuova disciplina di fonte comunitaria, ovvero un sistema di regole inteso a garantire l'effettività del dds).

2.2. Le regole deputate a garantire l'effettività del diritto

Il terzo, fondamentale elemento di novità introdotto dalla nuova disciplina di fonte comunitaria, insieme con quelli esaminati in precedenza - contenuto del diritto ed ambito di applicazione - è rappresentato da un insieme di regole intese a garantire l'effettività del dds. Storicamente, infatti, è accaduto che il dds, per quanto riconosciuto dalla normativa internazionalistica e da numerose leggi nazionali, non abbia trovato nessun riscontro nella pratica (ad es., i precedenti giurisprudenziali sono presso che inesistenti, ma il fenomeno ha una portata generale).

La ragione di questo deve rinvenirsi nel fatto che la disciplina previgente del dds sostanzialmente non contemplasse alcun meccanismo a rendere effettivo il diritto stesso, cioè appunto ad assicurarne la concreta attuazione [6]. Ad aggravare ulteriormente il deficit di effettività contribuiva poi la circostanza, già richiamata, che il dds si applicasse a tutte le vendite pubbliche, ciò che, come ovvio, rendeva la possibilità di esercitare un controllo sulla circolazione commerciale dell'opera del tutto virtuale.

Il legislatore comunitario e quello indigeno hanno agito su tre fronti:

a) limitazione del dds alle sole vendite commerciali;

b) esatta individuazione dei soggetti tenuti a corrispondere il compenso e a denunziare la vendita; obblighi tutti presidiati da pesanti sanzioni;

c) esatta definizione dei compiti spettanti alla Siae.

Rinviando al § 2.1 per quanto attiene al punto sub a), per quanto attiene, viceversa, al punto sub b), l'art. 152, comma 1 individua nel venditore il soggetto tenuto a corrispondere il compenso. Tuttavia, ai sensi del medesimo art. 152, comma 3, l'acquirente o l'intermediario sono obbligati in solido con il venditore (trattasi di disposizione pensata proprio con riferimento alle ipotesi di vendita su commissione nelle quali è impossibile o, comunque, molto difficile individuare il venditore (art. 1, comma 4 dir.). Su questi soggetti grava poi anche l'obbligo di prelevare il compenso, trattenerlo e, infine, riversarlo alla Siae (art. 152, comma 2; in base all'art. 153 v.t., questo stesso obbligo era posto a carico di colui che presiedeva alla vendita pubblica).

Oltre all'obbligo di corrispondere il compenso è previsto, a carico del professionista intervenuto nella vendita, un obbligo di denunzia alla Siae della vendita medesima (art. 153, comma 1) ed un obbligo di fornire alla Siae, per i tre anni successivi e su richiesta di quest'ultima, tutte le informazioni idonee ad assicurare il pagamento del compenso (art. 153, comma 2).

E' molto importante sottolineare che, in ossequio ad un a chiara indicazione ricavabile dalla dir. 2001/84 (v. i considerando 28 e 30, nonché l'art. 9), la legge italiana adesso prevede, per il caso di mancata osservanza degli obblighi di cui all'art. 152, comma 2 e all'art. 153, gravi sanzioni amministrative come la sospensione dall'attività professionale da 6 mesi ad un anno ed il pagamento di una multa da euro 1.034, 00 ad euro 5.165,00 (art. 172).

Per quanto riguarda i compiti della Siae, ai sensi dell'art. 154, comma 1, quest'ultima è tenuta ad informare gli avvenuti dell'avvenuta percezione del compenso e, successivamente, a corrispondere quest'ultimo, al netto della provvigione dovuta (v. supra, § 2, a proposito della soglia minima a partire dalla quale si perfeziona il diritto al compenso), mentre in base all'art. 154, comma 2, essa è obbligata a tenere disposizione degli interessati le somme percepite: trascorsi cinque anni, tali somme saranno devolute all'Enap.

 

Note

[1] Naturalmente, questo non significa che le opere figurative non possano essere riprodotte e che la loro riproduzione non debba essere licenziata dal titolare del diritto (ad es., è possibile usare un quadro per la trama di un film: si pensi a La maledizione di Mr. Bean tutto costruito intorno a La madre di James Abbott McNeil Whistler, il più famoso dipinto americano): ma è evidente che siamo in presenza di una utilizzazione secondaria dell'opera, che nulla ha a che vedere con la sua modalità normale di fruizione che, viceversa, consiste nella osservazione dell'originale.

[2] Il dds ottenne poi un riconoscimento a livello internazionale con l'art. 14-ter Cub che prevedeva il pagamento di una cointeressenza su tutte le vendite successive alla prima (l'art. 14-ter Cub, adesso, è richiamato dall'art. 9 Trip's - Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights - Agreement).

[3] Il quale prevede che l'"autore, anche in caso di cessione del diritto al noleggio ad un produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, conserva il diritto ad ottenere un'equa remunerazione per il noleggio da questi a sua volta concluso con i terzi...". Questa disposizione ha il suo antecedente nella dir. 92/100 concernente i diritti di noleggio e prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore).

[4] A mente del quale "...l'artista interprete o esecutore, anche in caso di cessione del diritto di noleggio ad un produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, conserva il diritto di ottenere un'equa remunerazione per il noleggio concluso dal produttore con i terzi". Questa disposizione ha il suo antecedente nella dir. 93/83 relativa al coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo.

[5] Su tutto questo rinvio a L. Nivarra, L'equo compenso degli autori, in AIDA 2005, Milano, 2006, 114-132.

[6] Tutto si esauriva nell'obbligo posto a carico di chi presiedeva alla vendita di denunciare quest'ultima alla Siae, ove il prezzo avesse raggiunto la soglia minima di cui all'art. 146 v.t. La Siae, dal canto suo, avrebbe dovuto registrare l'avvenuta vendita nelle forme previste dal regolamento (art. 154 v.t.). Questo registro, però, non è mai stato istituito.

 



copyright 2006 by Società editrice il Mulino


inizio pagina