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Consiglio di Stato, sezione VI

Decisione 5 ottobre 2004, n. 6483



IL CONSIGLIO DI STATO

in sede giurisdizionale (sezione sesta) ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso in appello proposto da provincia di Vicenza, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Pierluigi Piselli del foro di Roma ed elettivamente domiciliata nel suo studio in Roma via Giuseppe Mercalli n. 13;

contro

Finozzi Giorgio, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaella Rampazzo, Angelo di Lorenzo del foro di Padova ed Andrea Manzi del foro di Roma, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma via Confalonieri n. 5;

e nei confronti di

ministero per i Beni e le Attività culturali, in persona del ministro pro tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e domiciliato per legge in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

Pontificio Istituto per missioni estere, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto sezione I - n. 3617 del 9/7/2003;

visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio dell'appellato;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

alla camera di consiglio del 21 maggio 2004 relatore il consigliere Giancarlo Montedoro.

uditi l'avv. Piselli, l'avv. dello Stato Tortora e l'avv. Manzi;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Il ricorrente in primo grado, Finozzi Giorgio, ha premesso in fatto che, nel 1994, entrava in rapporto con il Pontificio Istituto per le missioni estere (Pime) per l'acquisto del complesso di villa Zabeo, al fine di adibirlo ad attività di ricerca e restauro della pittura vicentina, cultura ed architettura antica e moderna, biblioteca, pubblicazione di testi e ricerche.

Stipulato il rogito d'acquisto, notificato alla soprintendenza di Verona in data 9/12/1999 ed al ministero in data 11/12/1999, ha narrato del risveglio di un improvviso e straordinario interesse di tutte le amministrazioni che per acquisire il complesso immobiliare hanno emanato i seguenti atti:

1) deliberazione del 5/1/2000, n. 4 della giunta della provincia di Vicenza, contenente la proposta al consiglio di valutare l'opportunità di chiedere allo Stato di trasferire il diritto di prelazione alla provincia, per destinare l'immobile ad un uso pubblico consono alla storia della villa ed al suo valore artistico; nella parte motiva si precisa che la destinazione sarà a museo dell'emigrazione vicentina e del Fogazzaro e ad eventuale uso scolastico nella parte di immobile non soggetta a vincolo;

2) nota n. 625 del 5/1/2000, con al quale la provincia chiede al ministero per i Beni e le Attività culturali l'applicazione a suo favore del disposto dell'art. 149 comma 5 del d.lg. 31/3/1998, n. 112, sul trasferimento del diritto di prelazione dallo Stato agli enti locali;

3) declaratoria n. 21159 in data 19/1/2000 con la quale la soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Verona, estende il vincoli di cui al d.m. 23/7/1948 a tutto il parco, alla chiesetta ed all'antica pescheria;

4) deliberazione n. 6 del 20/1/2000 con la quale il consiglio provinciale, in sede di approvazione del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2000 e pluriennale 2001-2002, dispone di esercitare il diritto di prelazione finalizzato all'acquisto del complesso immobiliare, subordinatamente al mancato esercizio da parte dello Stato;

5) nota del 25/1/2000, prot. nr. 2682, in risposta alla nota della provincia, con cui il ministero, stante l'entrata in vigore del d.lg. 490/1999 e considerato che lo Stato non intende esercitare il diritto di prelazione, invita la provincia a dichiarare l'eventuale irrevocabile intento di acquistare il bene e di corrispondere il prezzo all'alienante per l'importo indicato nel rogito, al fine dell'emanazione del decreto di prelazione a suo favore;

6) nota prot. 4289 del 26/1/2000 con la quale il presidente della provincia chiede al ministero di esercitare il diritto di prelazione e dichiara in conformità ed in esecuzione della volontà espressa dal consiglio provinciale, con la deliberazione n. 6 del 20/1/2000, l'irrevocabile intento di esercitare il diritto relativamente alla compravendita del 10/11/1999, e la decisione di acquistare il bene per il prezzo di lit. 1.800.000.000;

7) provvedimento del direttore generale del 28/1/2000, emesso sul richiamo dei precedenti atti, il ministero decreta di esercitare il diritto di prelazione sull'immobile a favore della provincia di Vicenza, ai sensi dell'art. 61 del d.lg. 490/1999 mediante l'apposita corresponsione del prezzo all'alienante.

Avverso tutti gli indicati atti, ritenuti illegittimi vengono dedotti i seguenti motivi:

1) violazione di legge (art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241; art. 7 del d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490).

L'avvio del procedimento di estensione del vincolo doveva essere comunicato ai destinatari del provvedimento, fra cui il ricorrente, che, avendo acquistato il compendio con rogito del 10 novembre 1999, noto e notificato alla soprintendenza, deve ritenersi soggetto nei confronti del quale l'atto è suscettibile di produrre i propri effetti, all'avverarsi della condizione legale di efficacia dell'acquisto.

2) Eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento.

L'atto di estensione del vincolo deve ritenersi in contraddizione con il d.m. del 1948 che impose il vincolo, dato che il valore storico artistico del complesso, fu già allora valutato dall'amministrazione, e riconosciuto alla villa e a una parte del parco.

Per converso l'atto di cessione del vincolo, e, in via derivata, l'atto di esercizio della prelazione sono viziati anche da sviamento, poiché l'amministrazione ha esteso il vincolo alla parte del complesso che ne era escluso, non tanto per la finalità sua propria di tutelarne il valore storico od artistico, bensì all'evidente fine di consentire l'esercizio del diritto di prelazione sull'intero complesso, quale compravenduto dai privati.

Sarebbe evidente per il ricorrente che l'amministrazione, essendo a conoscenza che non tutto il compendio compravenduto era sottoposto al vincolo, l'ha deliberatamente esteso a posteriori al fine di far rientrare nella prelazione anche ciò che non ne faceva oggetto.

3) Violazione di legge (art. 31 l. 1/6/1939, n. 1089; artt. 59 e 60 del d.lg. 29/10/1999, n. 490); eccesso di potere per difetto ed erroneità di presupposto; illogicità manifesta; perplessità; indeterminatezza.

Per la natura stessa dell'istituto della prelazione, che comporta la sostituzione del prelazionante al compratore nell'acquisto della proprietà alienata, il diritto ha ad oggetto il bene nello status quo del momento dell'alienazione, restando irrilevanti i successivi mutamenti della sua situazione di fatto e di diritto.

Nel caso di specie, quindi, posto che la compravendita ha ad oggetto beni vincolati solo per un parte del compendio, doveva trovare applicazione l'art. 31, commi 2, 3, 4, della legge n. 1089/1939, che prevede, appunto, che, in caso di alienazione di beni vincolati con altri, il ministero possa acquistare solo quello oggetto della prelazione previa determinazione di ufficio del loro prezzo, mentre i restanti beni rimangono all'acquirente, salva la sua facoltà di recedere dal contratto, nel qual caso ritornano al venditore.

4) Violazione di legge (art. 31 della legge 8/6/1990, n. 142).

Il consiglio ha deliberato su un oggetto (l'acquisto dell'immobile) che non era compreso all'ordine del giorno per il quale era stato convocato (l'approvazione del bilancio di previsione).

In sede di approvazione del bilancio, l'organo non può deliberare su un diverso atto fondamentale di contenuto autonomo, quale un acquisto immobiliare, se questo non sia stato preventivamente compreso nell'oggetto della deliberazione e nell'ordine del giorno comunicato ai consiglieri.

5) Violazione di legge (art. 53 della legge 8/6/1990, n. 142).

Ai sensi dell'art. 53 comma 1 della legge 142/1990, su ogni proposta di deliberazione che non sia mero atto di indirizzo, deve essere richiesto il parere di regolarità tecnica del responsabile del servizio, e, qualora comporti impegno di spesa, il parere di regolarità del responsabile di ragioneria.

Nella specie detti pareri sono stati dati, ma sulla proposta di bilancio nel suo complesso, come portata in convocazione del consiglio.

6) Violazione di legge (art. 55 della legge 8/6/1990, n. 142).

La deliberazione di approvazione del bilancio nel suo insieme è illegittima per violazione dell'art. 55 citato, a norma del quale il bilancio di previsione del 2000 doveva essere provato entro il 31/12/1999, termine differibile solo, in presenza di motivate esigenze, da un decreto del ministero dell'Interno.

7) Violazione di legge (art. 61 del d.lg. 29/10/1999, n. 490).

Nella specie la compravendita è stata notificata alla soprintendenza di Verona il 9/12/1999 e, dunque, la provincia poteva esercitare la prelazione (formulando l'irrevocabile intento all'acquisto) entro il 18/1/2000. Invece tale atto è stato emesso dalla provincia solo in data 26/1/2000, con la nota prot. n. 4289 a termine già scaduto.

Dopo la scadenza di tale termine entro il quale la legge consente all'ente locale di chiedere al ministero di esercitare il diritto di prelazione a proprio favore il diritto resta esercitabile solo dallo Stato, nel restante lasso di tempo previsto dall'art. 60 del d.lg. n. 490/1999.

8) Violazione di legge (art. 60 d.lg. 29/10/1999, n. 490; art. 10 l. 3/8/1999, n. 265).

Il decreto che ha esercitato la prelazione a favore della provincia di Vicenza è viziato dalla mancata notificazione che l'art. 60 d.lg. 490/1999 prescrive sia fatta all'alienante ed all'acquirente entro due mesi dalla denuncia dell'alienazione.

Al ricorrente è stata consegnata entro il 3/2/2000 una copia del decreto emesso dalla provincia di Vicenza, ma tanto è stato fatto dal messo della provincia che non ha alcun potere di notificazione di atti, tanto più se emanati dall'amministrazione dello Stato.

L'art. 10 della legge 265/1999 consente infatti alle amministrazioni di avvalersi per le notificazioni dei propri atti, dei messi comunali, qualora non sia possibile eseguire le notificazioni col servizio postale o dagli ufficiali giudiziari.

Pertanto, a norma del citato art. 10, che ha modificato anche l'art. 12 della legge 20/11/1982, n. 890, la notificazione del decreto di esercizio della prelazione doveva essere eseguita o col mezzo del servizio postale, dall'ufficio che ha adottato l'atto stesso (l'ufficio centrale del ministero) ovvero dall'ufficiale giudiziario o dal messo comunale.

Si sono costituiti in primo grado il ministero e la provincia contestando nel merito la fondatezza del ricorso.

Il Tar ha accolto il ricorso ritenendo fondati il primo, il quarto ed il quinto motivo.

L'appello - concentrandosi soprattutto sulla questione dell'omessa comunicazione di avvio del procedimento di estensione del vincolo - sostiene che l'atto della soprintendenza di pretesa estensione del vincolo, era solo un atto di chiarimento dell'errore contenuto nel d.m. 27 luglio 1948 che omise di ricomprendere, fra le particelle elencate come sottoposte a vincolo, le particelle su cui insistono la chiesetta di pertinenza della villa, una parte del parco e l'antica peschiera, come parte integrante del complesso di villa Zabeo.

Trattandosi di atto ricognitivo secondo l'appellante, la comunicazione di avvio del procedimento non sarebbe dovuta, anche perché l'atto di compravendita fa riferimento all'esistenza di un vincolo su tutti beni oggetto della vendita, richiamando un decreto della soprintendenza del 17 ottobre 1950 confermativo del vincolo posto dal d.m. 27 luglio 1948, con l'elencazione dettagliata delle particelle relative.

Il confronto delle planimetrie che evidenziano i mappali sottoposti a vincolo, differenziati in relazione al provvedimento, nonché il confronto tra la descrizione catastale del rogito e quella del vincolo del 1950, evidenziano che lo scarto fra il vincolo originario ed il rogito era ormai coperto dall'atto confermativo del 1950 considerato posto sull'intero complesso immobiliare, come non revocato in dubbio dai vari passaggi di proprietà verificatisi nel tempo.

L'atto di compravendita poi è stato notificato al ministero nella consapevolezza dell'esistenza del vincolo sull'intero complesso, senza alcun distinguo, inoltre le porzioni menzionate nell'atto del 2000 sono mere pertinenze il cui destino segue la cosa principale.

Il vincolo poi sui beni appartenenti ad enti legalmente riconosciuti è un vincolo ex lege, sicché la soprintendenza si limita ad acclarare la natura vincolata dei beni compravenduti in questione, erroneamente non compresi nell'originario decreto di vincolo.

La villa ed il complesso immobiliare sono vincolati ex lege, sicché la prelazione può essere esercitata unitariamente anche senza alcuna precisazione al riguardo.

L'atto di comunicazione inoltre si appaleserebbe inutile non potendo condurre ad un diverso esito il procedimento, avendo il provvedimento natura meramente dichiarativa ed essendo pacifici i fatti da valutare dall'amministrazione.

L'atto di vincolo del 2000 inoltre sarebbe stato adottato nel corso di un procedimento attivato su iniziativa dell'interessato, come tale già a conoscenza del procedimento.

Né rileverebbe l'art. 7 del T.U. 490/1999 che riguarda l'ipotesi in cui per la prima volta occorre dichiarare l'interesse particolarmente importante o eccezionale o notevole del bene, mentre nel caso di specie, ci si troverebbe in presenza di un mero atto ricognitivo e chiarificatorio.

Il secondo ed il terzo motivo d'appello censurano la sentenza per avere ritenuto violato l'art. 31 e 53 della legge n. 142/1990 senza tener conto che la deliberazione dell'esercizio della prelazione era stata oggetto di una proposta di emendamento ritualmente presentata, unitamente alla delibera di approvazione del prestito obbligazionario necessario per l'esercizio della prelazione, mentre irrilevante sarebbe la mancata inserzione della proposta nel bilancio redatto quando ancora non era sorta la possibilità di esercitare la prelazione e per non avere considerato che i pareri erano stati resi e non dovevano essere rinnovati sugli emendamenti.

Si rileva inoltre che la legittimazione a far valere eventuali illegittimità della convocazione spetta ai soli consiglieri assenti, che, per prova di resistenza, nella specie, non sarebbero neanche determinanti e che i pareri non sarebbero requisiti di legittimità delle delibere svolgendo solo la funzione di individuare, sul piano formale, i funzionari responsabili delle stesse.

Si è costituita l'amministrazione ministeriale e resiste il Finozzi.

Le parti hanno depositato memorie.

DIRITTO

L'appello è infondato.

Ritiene il collegio che sia evidente la necessità, al fine di definire un bene di interesse particolarmente importante, di un decreto di dichiarazione dello stesso, qualora lo stesso appartenga a privati (art. 6 del d.lg. n. 490/1999), o di una inserzione dello stesso nell'apposito elenco di cui all'art. 5 del d.lg. n. 490/1999 qualora appartenga a regioni, province, comuni, altri enti pubblici o persone giuridiche private senza scopo di lucro.

Nella specie, in punto di fatto, va rilevato che il bene, originariamente appartenuto a privati, è stato dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi del d.m. 27 luglio 1948 notificato a Fiser o Fischer Carlo fu Enrico (doc. 1 dell'appellante), poi fu venduto a don Pietro Bonaldo fu Giovanni (atto 21 luglio 1950: doc. 19 dell'appellante), nei confronti del quale la soprintendenza adottava l'atto confermativo e parzialmente ampliativo del vincolo del 17 ottobre 1950 (doc. 3 del fascicolo dell'appellante).

In ultimo, dopo la donazione fatta dal Rev. Pietro Bonaldo al Pontificio Istituto missioni estere, la soprintendenza rendeva nota all'ente ecclesiastico la preesistenza di detto vincolo richiamando l'atto del 17 ottobre 1950 (nota del 2 ottobre 1951 doc. 3 del fascicolo dell'appellante).

Poi l'immobile è pervenuto al Finozzi che lo acquistava dal Pontificio Istituto missioni estere con atto del 10 novembre 1999 (doc. 4 del fascicolo della provincia di Vicenza) mentre, successivamente, in data 19 gennaio 2000, la soprintendenza di Verona, proponeva la rettifica del decreto di vincolo, chiarendo che esso comprendeva anche particelle non indicate in precedenza (neanche nell'atto del 17 ottobre 1950), corrispondenti alla chiesetta di pertinenza della villa, ad una parte del parco ed all'antica peschiera.

L'atto non veniva comunicato al Finozzi, essendo indirizzato agli uffici centrali del ministero per i Beni e le Attività culturali.

Non vi sono in atti evidenze di un'iscrizione del complesso immobiliare negli elenchi di cui all'art. 5 del d.lg. n. 490/1999 (artt. 4 e 58 della legge 1 giugno 1989, n. 1039; d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 3 art. 9 comma 1 lett. a)), sicché, nella specie, deve ritenersi che l'amministrazione si sia sempre mossa nell'alveo ed abbia usato sempre il potere di cui all'art. 7 del d.lg. n. 490/1999 (disciplinato dagli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241) e, precedentemente, il potere di cui all'art. 3 della legge 1 giugno 1939, n. 1089 (e non il potere di cui all'art. 4 della stessa legge che è di carattere ricognitivo e tutela il bene ex lege).

Vi era poi obiettiva incertezza sulla estensione del vincolo, atteso che la deliberazione della giunta provinciale che ha iniziato il procedimento per l'esercizio del diritto di prelazione (atto di G.M. del 5 gennaio 2000 prevedeva (punto 3 del doc. 5 del fascicolo dell'appellante) l'eventuale destinazione ad uso scolastico della parte di immobile non soggetta a vincolo.

Non vi era dubbio invece sulla necessità, anche a fini meramente confermativi, della notifica dell'interesse particolarmente importante al nuovo proprietario privato, atteso che sin dal 24 ottobre 1997, autorizzando l'alienazione del complesso immobiliare a favore del Finozzi, il ministero per i Beni culturali ed ambientali (con atto allegato C alla compravendita dell'immobile del 10 novembre 1999 doc. 4 fascicolo citato) aveva ritenuto che il vincolo attualmente gravante sull'immobile dovesse essere confermato al nuovo proprietario, "secondo le procedure in atto", onde garantire, tra l'altro, la compatibilità della futura destinazione d'uso e degli eventuali progetti d'interventi con i caratteri monumentali e con le esigenze di salvaguardia dell'intero complesso.

L'inciso "secondo le procedure in atto" intende evidentemente chiarire che si tratta di un potere di conferma dell'esistenza del vincolo che avrebbe dovuto inserirsi, come è normale, a fini di certezza, nel procedimento di autorizzazione all'alienazione, tuttavia ormai concluso nel momento in cui la soprintendenza adottava la proposta di rettifica del decreto di vincolo poi intesa quale atto ricognitivo dell'estensione del vincolo precedente, con la conseguente necessità di adottare ogni diverso e nuovo atto incidente sulla posizione del nuovo proprietario privato nel rispetto dell'art. 7 del d.lg. n. 490/1999.

E' vero che - nella giurisprudenza del Consiglio di Stato - è ius receptum che i beni immobili di interesse storico ed artistico appartenenti alle persone giuridiche restano assoggettati alle disposizioni contenute nella legislazione dettata a tutela delle cose d'arte, anche se non compresi negli elenchi prescritti dalla legislazione medesima (CdS VI 17 maggio 1993, n. 365; CdS IV 28 luglio 1971, n. 761; CdS IV 4 giungo 1971, n. 612; CdS VI 17 marzo 1970, n. 211) ma va considerato che il bene in questione - originariamente appartenuto a privati e medio tempore appartenuto ad ente ecclesiastico per poi pervenire nuovamente a privati - era stato fatto oggetto di vincolo, confermato sempre ai successivi proprietari; va rilevato altresì che solo dalla identificazione e concreta delimitazione del bene può derivare, anche se con effetto dichiarativo e ricognitivo, l'estensione effettiva del vincolo derivante ex lege se il bene è di spettanza delle persone giuridiche; che tale attività nei confronti delle persone giuridiche può svolgersi anche con caratteri di ampia informalità; che, tuttavia, una volta che il bene sia pervenuto in possesso di privati senza che tale definizione sia stata effettuata precedentemente in modo completo, poiché l'amministrazione ha sempre fatto riferimento a decreti di vincolo non comprensivi di una parte del bene, non può più esercitarsi tale potere dichiarativo nei confronti del nuovo proprietario ai sensi della disciplina riguardante i beni di spettanza delle persone giuridiche, o, comunque, non può esercitarsi retrospettivamente, con efficacia ora per allora, tale potere accertativo, senza la partecipazione del privato acquirente.

Merita pertanto conferma la sentenza che ha ritenuto che in ogni caso, anche se l'atto si configurasse come meramente ricognitivo, non per questo al ricorrente avrebbe potuto omettersi la comunicazione di avvio del procedimento, avendo egli evidentemente interesse ad interloquire nel procedimento teso a verificare che nel vincolo sono compresi beni non indicati nel provvedimento trascritto (d.m. del 1948).

Il rapporto pertinenziale poi non spiega alcun automatismo, ma deve essere oggetto di apprezzamento in sede di rettifica del vincolo, in relazione al quale ogni singolo bene deve essere specificamente valutato nel suo interesse culturale in relazione al complesso immobiliare (tanto si ricava dall'art. 3 comma 2 della legge 1 giugno 1939, n. 1089 che imponendo la trascrizione nei pubblici registri immobiliari di immobili e pertinenze, richiedeva l'individuazione anche delle singole pertinenze vincolate).

Va assorbita ogni altra questione.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, respinge il ricorso in appello indicati in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

 



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