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Il diritto delle attività teatrali: profili civilistici e fiscali
(Convegno nazionale di studi, Modena 21 maggio 2002)

 

La legislazione sulle attività teatrali:
stato attuale e prospettive di riforma

di Caterina Criscuolo



Streheler fu il primo che considerò lo spettacolo, oltre che come un fenomeno, anzi un insieme di fenomeni, che nasce storicamente, come "rito o gioco"; si pone poi come "strumento di educazione e veicolo di cultura", come "servizio pubblico", e cioè come servizio che, pur formalmente privato, è oggetto di una politica pubblica d'intervento e quindi a regolamentazione pubblica e può beneficiare di trasferimenti da parte dello Stato.

Si tratta ovviamente di un particolare tipo di servizio pubblico:

a) può essere fornito su richiesta esplicita dell'utente che può fruirne in modo saltuario e al quale, quindi, può essere applicato un prezzo differenziato a secondo del tipo di prestazione che viene richiesta ed offerta (ad es. politica dei prezzi a favore degli anziani, degli studenti ecc.);

b) esiste una pluralità di offerte di tale servizio, nell'ambito delle quali l'utente ha un grosso potere discrezionale di consumo, potendo scegliere quella da lui ritenuta più opportuna;

c) è un servizio pubblico al quale ben si applica la strategia di marketing quale strumento per meglio raggiungere gli obiettivi di medio e lungo termine attraverso la soddisfazione del consumatore;

d) è infine un dato positivo per l'economia nazionale sia in forma diretta che per l'indotto che stimola nonché per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione diretti ad affermare non solo il c.d. "teatro evento" espressione di una cultura di massa, ma anche quelle iniziative, maggiormente esposte sotto il profilo finanziario, che si rivolgono al pubblico tradizionale per conservare e trasmettere una cultura tradizionale.

Si tratta quindi di un fenomeno particolare e composito che investe tanti aspetti diversi del Paese, culturali, sociali, economici con la necessità, nel frattempo, che riesca a seguire l'evolversi della stessa società, spesso anticipando espressamente la richiesta di bisogni collettivi.

Da ciò la necessità di "mediare" tra una regolamentazione pubblica, certa nella sua rigidità, che la stessa natura di "servizio pubblico" riconosciuta allo spettacolo richiedeva, e la possibilità di utilizzare strumenti più agili ed idonei a seguire l'evolversi della stessa società.

Un primo passo fu compiuto con la legge 31 aprile 1985, n. 163, che ha istituito il Fondo unico per lo spettacolo quale strumento finanziario con il quale è stato possibile, finora, attuare una politica pubblica d'intervento da parte dello Stato caratterizzata dalla pluriennalità della spesa (triennalità) e dalla natura programmatica dell'intervento.

L'istituzione di tale Fondo ha rappresentato un momento di progresso nella legislazione dello spettacolo che agiva prima sulla base di una miriade di interventi finanziari non collegati tra loro.

Il Fus, il cui ammontare è stabilito annualmente con legge finanziaria, è poi destinato dal ministro, secondo il parere del Comitato dei problemi dello spettacolo, ai vari settori di attività dello spettacolo ed è assegnato alla direzione generale per la sua gestione.

Questa consiste nella concessione di sovvenzioni a favore di soggetti che ne facciano apposita richiesta, che siano in possesso dei requisiti prescritti e il cui progetto di attività sia riconosciuto meritevole dalla Commissione consultiva di settore (prosa).

Strutturalmente la sovvenzione si caratterizza per avere un preciso presupposto economico di riferimento collegato alla realizzazione da parte di un soggetto determinato di un'attività di spettacolo ritenuta attività di interesse pubblico.

L'attribuzione patrimoniale che ne deriva consiste sempre in una somma di denaro che non ha carattere di corrispettivo di una prestazione; ma non ha neppure il carattere di liberalità in quanto è concessa in relazione a un interesse pubblico specifico da curare riconosciuto come tale dall'amministrazione.

Le modalità di intervento finanziario a favore delle attività teatrali di prosa e soprattutto i criteri di tali interventi non hanno ancora trovato, in una propria legge, l'individuazione di obiettivi di lunga durata, preferendo l'amministrazione adeguare lo strumento normativo alle diverse esigenze di un settore che, come si è detto, è in continua evoluzione.

Per tali motivi, negli anni 1980-1990, si è fatto ricorso a regolamentazioni quali le famose "circolari amministrative" che pur avendo valore ed efficacia normativa erga omnes, potevano essere emanate annualmente in conformità agli obiettivi specifici di breve e medio periodo.

Solo nel 1999, è stato emanato un apposito regolamento, il decreto ministeriale 4 novembre 1999, n. 470 (ancora in vigore), sulla base del parere espresso dal Consiglio di Stato, che ha fissato il procedimento amministrativo per la determinazione delle sovvenzioni da assegnare per lo svolgimento di un progetto triennale

I criteri per la quantificazione della sovvenzione da assegnare, sono predeterminati con decreto del ministro e resi pubblici con gli ordinari mezzi di informazione (Gazzetta Ufficiale, Internet, ecc.).

Essi normalmente si basano su una cd. "valutazione quantitativa" riferita all'ammontare dell'investimento finanziario preso a riferimento dall'amministrazione e preventivamente reso noto nella sua qualificazione, e una "valutazione qualitativa" del progetto data dalla Commissione consultiva per la prosa quale organo tecnico di giudizio.

La liquidazione della sovvenzione concessa avviene, in via ordinaria e salvo siano previste anticipazioni, dopo che sia stata svolta l'attività e siano stati dimostrati i costi sostenuti.

Questa, a grosse linee, la situazione della legislazione nel settore del teatro di prosa, in attesa che venga risolta la questione fondamentale sulla effettiva ripartizione delle competenze in materia tra Stato e regione.

 



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