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Spunti in tema di utilizzo di lavoratori socialmente utili in progetti interregionali per il ministero per i Beni e le Attività culturali [1]

di Donata Gottardi



Sommario: 1. Cenni introduttivi. - 2. Le convenzioni tra il ministero per i Beni e le Attività culturali e la Gepi (e Italia Lavoro). - 3. I lavoratori utilizzati in Lsu. - 4. L'evoluzione dell'ultimo periodo.


1. Cenni introduttivi

Lavori socialmente utili e ministero per i Beni e le Attività culturali. Una delle prime esperienze attivate su larga scala di impegno in lavori socialmente utili (da ora in poi: Lsu) di persone con rapporto di lavoro subordinato sospeso o interrotto o disoccupate e variamente "assistite" mediante ammortizzatori sociali. Uno dei binomi migliori di quella mutazione genetica del sistema di welfare in workfare, proposta con grande enfasi, ma già in via di abbandono, a causa soprattutto del permanere di alcune resistenze che l'impianto normativo non è riuscito a rimuovere: creazione di aspettative da desiderio di stabilità del posto.

L'analisi che si intende qui proporre supera la ricognizione del dato legislativo e della sua difficile, quasi tumultuosa, evoluzione nel corso dell'ultimo decennio, per privilegiare l'attuazione mediante atti amministrativi e intese tra i soggetti direttamente interessati. Questa prospettiva consente, almeno in parte, di superare lo scarto tra prescrizioni e realtà e di comprendere meglio le motivazioni che stanno portando il legislatore ad attuare l'ennesima, e forse definitiva, inversione di rotta, almeno dell'esperienza nella forma giuridica attuale. E', infatti, sempre da tenere a mente che il tema dei Lsu è "tutt'altro che nuovo, se si pensa che la prima produzione legislativa in materia … risale al 1949" [2].

Per cogliere la distanza che ci separa dal momento dell'impulso dell'esperienza attuale dei Lsu può essere sufficiente richiamare i contenuti di alcune circolari del ministero del Lavoro del 1995.

La prima circolare (la n. 30 del 1 marzo 1995) è collocabile nel periodo che potremmo definire della "gestione coinvolta" ed è quindi già successiva a quella che possiamo considerare la genesi della disciplina vigente sui Lsu. Vi si legge che "la politica dei Lsu costituisce una delle priorità" degli uffici del lavoro, soprattutto nelle aree dove la disoccupazione è l'esito finale di ammortizzatori sociali giunti a conclusione (Cigs, mobilità, disoccupazione speciale). Vi si richiama l'intesa della fine del 1994 intervenuta tra il governo e le parti sociali, in cui "si è convenuto sull'opportunità di porre termine alla politica delle mere proroghe" di trattamenti assistenziali di pura erogazione "e di sostituire ad essa una politica di … impegno in lavori socialmente utili". Nel contempo, come aggiunge la circolare integrativa n. 1360 del 15 maggio, le procedure devono essere finalizzate a "coinvolgere il maggior numero di lavoratori nell'esecuzione dei Lsu", anzi "il massimo numero possibile dei beneficiari".

E' quindi spiegato, proprio sulla base di questa prospettiva, il passaggio subitaneo ad una nuova regolamentazione, disattivando, in decretazione d'urgenza, buona parte di quella che solo pochi mesi prima aveva visto la luce come organica riforma dell'istituto (art. 14 l. 451 del luglio 1994).

Una delle modifiche considerate esemplari riguarda il superamento della necessità che i progetti prevedano lo svolgimento di attività di natura straordinaria. Sempre secondo la circolare, "ciò consente di recuperare il più flessibile concetto di temporaneità dell'utilizzo al fine di promuovere progetti anche nei settori in cui le attività, pur risultando ordinarie, tendono a migliorare la qualità dei servizi e a consentirne una maggiore fruibilità".

Ai nostri fini, va ricordato come la promozione dei progetti si prevedeva dovesse avvenire "in particolare nei settori dei beni culturali ed ambientali, manutenzione e recupero ambientale, servizi socio-assistenziali, protezione civile, turismo".

Nella circolare n. 1897 del 7 luglio 1995, particolare attenzione era previsto andasse rivolta ai lavoratori già impegnati in progetti di Lsu, per i quali "viene confermata la possibilità di proseguire i progetti in corso al 31 dicembre 1994 … sino al termine dei progetti e comunque non oltre il 31 luglio 1995".

Un canale privilegiato riguardava, inoltre, i lavoratori provenienti dalla Gepi e dall'Insar, società cui erano stati assegnati dalla legislazione compiti diretti di politica attiva nei confronti dei propri ex-dipendenti e non solo (a partire dall'articolo 3 del d.l. n. 366 del 1987, convertito con modificazioni nella l. 3 novembre 1987, n. 452 e dall'articolo 23, ultimo comma, della l. 23 luglio 1991, n.223).

 

2. Le convenzioni tra il ministero per i Beni e le Attività culturali e la Gepi (e Italia Lavoro)

E' la Gepi il soggetto (inizialmente) stipulante una serie di convenzioni con il ministero per i Beni e le Attività culturali: in data 8 agosto 1991, 26 aprile 1993, 1 agosto 1994 e 7 luglio 1995.

Quest'ultima convenzione, che sarà la base di partenza di questa analisi, anche perché costituisce il riferimento forte e pressoché invariato (salve le modificazioni che verranno successivamente segnalate) di tutte le reiterazioni successive, prevede la utilizzazione in lavori socialmente utili di 1.700 lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) o iscritti nelle liste di mobilità, ex - dipendenti della Gepi stessa.

I servizi individuati sono quelli: di manutenzione degli edifici, "compresi i beni mobili e immobili soggetti alla tutela e vigilanza da parte" dell'Amministrazione; "di diserbo, manutenzione e pulizia" dei giardini e/o delle zone archeologiche; di amministrazione e contabilità; di "sistemazione, etichettatura, imbustamento, numerazione e movimentazione del materiale amministrativo, storico-artistico, archivistico e librario"; di "spolveratura" di buona parte di tale materiale; di passaggio a reti telematiche; di "attività museali, espositive e di valorizzazione dei beni culturali, compresa la vigilanza"; di vigilanza finalizzata al prolungamento dell'apertura al pubblico; di "supporto all'inventariazione e catalogazione dei beni artistici, storici, archeologici, archivistici e bibliotecari".

A questi servizi si aggiungerà, nelle convenzioni più recenti, il riferimento a "interventi finalizzati all'attuazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242", e quindi agli interventi sulla garanzia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il richiamo è alquanto generico, ma è prevista l'assegnazione di priorità nell'attuazione di questa area di progetti.

Nel complesso si tratta di una serie estremamente ampia di attività, tendenzialmente orientate a fornire supporto al patrimonio del nostro Paese, senza caratteri di straordinarietà, ma piuttosto di intensificazione destinata a promuovere un rinnovato intervento in ambito culturale.

L'elenco delle "figure professionali richieste" è articolato in 19 profili, partendo dai manovali per arrivare ai diplomati, passando per una serie di mansioni a forte contenuto manuale: elettricista, falegname, idraulico, muratore, pittore. Altre figure variano dal tecnico specializzato di laboratorio al disegnatore, all'informatico, al fotografo.

Sono presenti, quindi, solo alcuni segmenti di quella che sembra costituire l'area di sviluppo nei servizi culturali, mancando la maggior parte di quelle professionalità, legate alle tecnologie audiovisive, informatiche e telematiche che, nelle analisi più recenti, sono considerate emergenti nell'area dei beni culturali [3].

In larga parte le condizioni di utilizzazione dei lavoratori sono precisate all'interno della convenzione del 1995, riprendendo quelle che sono le linee di una legislazione in quel momento in via di aggiustamento.

Sono pertanto regolati i rapporti tra le parti e insieme precisate le condizioni di impiego dei lavoratori: a tempo determinato, per una durata al massimo di 12 mesi, senza instaurazione di rapporto di lavoro. I lavoratori sono scelti secondo il criterio prioritario "della minore distanza tra il luogo di residenza del lavoratore e la località di svolgimento delle attività", nonché dell'adeguato livello professionale e della pertinenza del titolo di studio.

L'assenza di instaurazione di rapporto di lavoro non impedisce però di applicare il regime di orario dell'ufficio, né di riconoscere il diritto alle ferie. Il testo base analizzato non è ancora stato toccato dall'importazione di tutele successivamente introdotte, come, ad esempio, il riconoscimento della malattia e della maternità. Questo avverrà solo a partire dalla circolare n. 1 del 19 gennaio 1996 del ministero del Lavoro, in cui è previsto il diritto al sussidio, in analogia a quanto previsto per le "lavoratrici titolari dell'indennità di mobilità", nei periodi di astensione obbligatoria per maternità; nonché il diritto al sussidio nei casi di astensione dalle attività del progetto per motivi indipendenti dalla volontà del soggetto, "come è nel caso della malattia debitamente certificata".

E' anche da ricordare che, negli ultimi testi e sia pure in relazione a necessità organizzative "improcrastinabili e urgenti", è consentita l'adozione di "turnazioni, prefestive e festive, di lavoratori utilizzati in progetti socialmente utili aventi la qualificazione di ‘addetti ai servizi di vigilanza' allo scopo di raggiungere gli obiettivi di apertura di nuovi spazi museali, nuove aree archeologiche, manifestazioni espositive di particolare rilievo, ovvero di prolungamento di orario di apertura al pubblico dei predetti spazi ed aree espositive". A questi lavoratori verrà riconosciuta una indennità di Lit. 10.00 o 20.000 a seconda che il prolungamento avvenga in giornata prefestiva (anche serale) o festiva (solo antimeridiana).

Quanto all'impegno diretto delle parti stipulanti, spetta alla Gepi provvedere alla formazione ed eventualmente sostenere le spese per le attrezzature necessarie allo svolgimento dei progetti e consegnate in ‘prestito d'uso'.

E' pertanto prevista una fase formativa propedeutica, per i nuovi ingressi in Lsu, di 120 ore, da destinare alla conoscenza sia della normativa e della organizzazione dei Lsu, sia della organizzazione ministeriale, sia, più in particolare, del lavoro da svolgere, anche mediante modalità di formazione in affiancamento.

Spetta al ministero: corrispondere, per le giornate di effettiva esecuzione delle prestazioni, la differenza tra il trattamento previdenziale (di Cigs o di mobilità) e l'equivalente in retribuzione ‘iniziale' per il personale di pari qualifica funzionale dell'Amministrazione; versare l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, nonché l'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi; erogare l'eventuale indennità di vigilanza o di rischio.

 

3. I lavoratori utilizzati in Lsu

Dal punto di vista dei lavoratori impegnati nei Lsu, come si è già visto, inizialmente era esclusa l'attivazione per l'ulteriore possibile categoria dei disoccupati di lunga durata. Questa esclusione si può immaginare dovuta soprattutto al legame intessuto tra ministero e Gepi e quindi tra un soggetto utilizzatore e un soggetto ricollocatore, ricollocatore della propria ex - manodopera o di quella di società convenzionate. In questo senso Gepi ha assunto un doppio ruolo, interno ed esterno, che si è spinto fino allo svolgimento di attività di formazione e di attività di mediazione sul mercato del lavoro.

Solo nei testi datati 1996, pertanto, iniziano a comparire, tra i soggetti che possono essere utilizzati in Lsu per il ministero per i Beni e le Attività culturali, i disoccupati di lunga durata, cui è riconosciuto il diritto al sussidio che nel frattempo la normativa stava inserendo, a mezzo di modifiche alle clausole contenute nella bimestrale decretazione d'urgenza.

E' inoltre da sottolineare che, nelle convenzioni successive a quella del 1995, è introdotta la clausola in base alla quale "i progetti … prevedono l'impegno di personale che ha acquisito una particolare professionalità nell'attuazione di precedenti progetti con lo stesso Ministero". Si conferma qui la preferenza accordata non solo alla reiterazione dello stesso progetto, ma altresì all'utilizzazione, sia pure di volta in volta a termine, dei lavoratori precedentemente coinvolti.

Si può considerare questa una deviazione funzionale rispetto alla lettera e allo spirito della disciplina dei Lsu, causa del loro attuale blocco, ma nel contempo una applicazione di quei tentativi di reiterare l'impegno lavorativo in favore di alcune tipologie di soggetti impiegati a termine, già effettuato con riferimento ad altre tipologie contrattuali, come ad esempio gli stagionali.

Nella Convenzione del 1995, anche in relazione a scelte precedentemente effettuate, l'inserimento dei primi 1.700 lavoratori era previsto avvenisse secondo la seguente suddivisione territoriale:

 

Abruzzo 35
Basilicata 80
Calabria 40
Campania 640
Lazio 700
Molise 25
Puglia 80
Sardegna 100

Al 20 maggio 1996, le unità avviate sono state 1.902, a fronte di un contingente previsto che nel frattempo era salito a 2.050 e selezionato di 2.040, suddivise territorialmente nel seguente modo:

Abruzzo 45
Basilicata 110
Calabria 40
Campania 800
Lazio 600
Molise 45
Puglia 110
Sardegna 140

 

cui si aggiunge:

Lombardia 42

Ed è proprio sulle 1.900 unità che si stabilizza il numero di addetti, anche negli anni successivi, con scarse variazioni quantitative territoriali di rinnovo in rinnovo.

La V convenzione è datata 24 maggio 1996; la VI convenzione di rinnovo, datata 28 gennaio 1997, prevede un progetto della durata di soli quattro mesi. E' il 3 luglio 1997 che si stipula la integrazione a valere per gli ulteriori 8 mesi. Segue la convenzione (VII) stipulata in data 23 dicembre 1997.

Quest'ultima convenzione vede la seguente suddivisione che corrisponde ai "sottopiani territoriali":

 

Abruzzo 50
Basilicata 110
Calabria 40
Campania 710
Lazio 710
Lombardia 11
Molise 25
Puglia 104
Sardegna 140

 

Da notare che quest'ultima intesa intercorre non più con la Gepi, ma con Italia Lavoro Spa, che a questa è succeduta.

Il riepilogo generale dei lavoratori utilizzati al 30 giugno 1998 (1 semestre) consente di fotografare la situazione esistente.

 

Si aggiungono inoltre nel riepilogo due regioni:

 

4. L'evoluzione dell'ultimo periodo

Prima di dedicare qualche osservazione alle prospettive attuali, va ricordato, ancora una volta che, come già anticipato, si può ripercorrere l'evoluzione legislativa anche attraverso la lettura, vieppiù corposa, della disciplina citata nelle convenzioni, le ultime delle quali portano le ulteriori indicazioni della normativa introdotta dalla legge 28 novembre 1996, n. 698 - legge che ha convertito il canale di decretazione d'urgenza apertosi immediatamente dopo l'approvazione della legge n. 451 del luglio 1994 - e che conferma i compiti di reimpiego della Gepi; nonché della normativa del d.lg. 1 dicembre 1997, n. 468 attuale fonte regolativa dell'istituto, nonché dei lavori di pubblica utilità, introdotti dalla medesima legge (la l. 196/1997, cosiddetto "pacchetto Treu"'), in cui era contenuta la delega (art. 22) per la revisione dell'intera disciplina dei cosiddetti "lavori sociali".

E' a partire dalla reiterazione della convenzione datata luglio 1997 che, in conformità agli orientamenti nel frattempo assunti, si inserisce la previsione della costituzione di "società miste ‘pilota' entro la fine" dell'anno, "per migliorare la gestione funzionale dei servizi finora forniti in Lsu".

La soluzione, per i lavoratori che hanno finito per costituire un ‘bacino' di impiego che si ritiene debba trovare sbocco diverso dalla costante riproposizione a termine dell'utilizzo in Lsu, potrebbe, infatti, venire dalla creazione di società miste.

A quanto risulta, una è stata istituita nell'ottobre del 1998 tra il ministero per i Beni e le Attività culturali e Italia Lavoro Spa.

Il progetto prevede la creazione di una società mista tra ministero, Italia Investimenti Spa e un partner privato, ancora indeterminato, società "alla quale affidare la gestione di alcune attività di interesse degli Istituti centrali e periferici dello stesso Ministero (Soprintendenze e Musei, Uffici e/o laboratori da esse dipendenti, siti archeologici, Biblioteche e Archivi) anche nei settori dei servizi elencati all'articolo 4 della legge n. 4 del 14 gennaio 1993 (legge Ronchey)".

In particolare, l'oggetto della società dovrà riguardare "attività uguali, analoghe o connesse a quelle previste dal progetto di LSU in attuazione presso il Ministero stesso". La maggioranza azionaria inizialmente è previsto sia del ministero.

Certo, si tratta di una società mista, con prevalenza di capitali pubblici o ex-pubblici, tale da far dubitare della sua reale potenzialità ad un transito effettivo verso il "mercato del lavoro".

E' innegabile, del resto, che la componente che finora ha funzionato meno nell'esperienza è quella relativa ad un reimpiego che non sia quello dell'impossibile assorbimento all'interno della pubblica amministrazione interessata.

Per quanto riguarda i progetti interregionali, è dato acquisito che si sia proceduto, in sede di approvazione, ad accordare privilegio ai "rinnovi" rispetto ai ‘nuovi progetti', privilegio che è consistito in una sorta di automatica approvazione nel corso degli anni dei progetti presentati in precedenza. Questo ha comportato il blocco di nuove iniziative, anche per evitare la curva esponenziale costituita dall'inserimento di ulteriori ambiti di intervento, in aggiunta e mai in sostituzione di quelli precedenti, destinati a essere reiterati.

Anche i progetti del ministero per i Beni e le Attività culturali, di volta in volta ripresentati, sono stati costantemente approvati dalla sottocommissione per i Lsu della commissione centrale per l'impiego. A quanto risulta, solo nella riunione del 17 luglio 1997 - a fronte del chiarimento relativo allo stanziamento previsto per il pagamento degli importi integrativi al sussidio da parte del ministero, valutato in 26 miliardi, cui andavano aggiunti 45 miliardi per la costituzione delle società miste, previste alla conclusione del progetto - iniziano a manifestarsi segnali di perplessità e richieste, da parte di alcuni componenti, di procedere ad "un monitoraggio sull'esito dello svolgimento delle attività" e di ottenere una relazione approfondita da parte del soggetto utilizzatore.

L'esito finale dell'esperienza è ancora incerto e in larga parte nuovamente consegnato a modifiche legislative. Oltre che mediante costituzione di società miste, lo sbocco sembra consistere nella creazione di un ‘bacino' regolamentato, con forti incentivi al passaggio al lavoro autonomo, anche per il tramite del prestito d'onore, o alle assunzioni da parte di soggetti privati. Su questo è già intervenuto il decreto interministeriale del 21 maggio 1998, corredato dalle istruzioni operative della circolare n. 138 del 21 dicembre 1998 da parte del ministero del Lavoro.

L'opzione verso le assunzioni da parte di datori di lavoro si presenta come particolarmente appetibile, prevedendo un incentivo economico pari a 18 milioni di lire per ogni contratto stipulato a tempo pieno e indeterminato, e la possibilità di utilizzare i nuovi ingressi ai fini del rispetto dell'obbligo di riserva del 12% dei posti ai lavoratori svantaggiati, ai sensi dell'articolo 25 della legge n. 223 del 1991. Questa strada probabilmente verrà ulteriormente ampliata nel "collegato ordinamentale" alla legge finanziaria per il 1999, attualmente tornato per l'approvazione definitiva al senato [4], mediante l'estensione della platea dei datori di lavoro che possono godere degli incentivi per l'assunzione di Lsu, tra cui gli enti locali (sic!), a fronte del definitivo blocco alla approvazione di progetti.

Al momento in cui si chiude questo lavoro non è dato conoscere quando né come avverrà l'operazione definita di ‘svuotamento' del bacino. Complessivamente le persone impegnate attualmente in Lsu sono all'incirca 140.000. Alcune decisioni, nel frattempo assunte dalla commissione centrale per l'impiego, presentano punti oscuri. La creazione di una lista, ordinata territorialmente secondo una graduatoria a valere per l'avviamento a selezione, si scontra infatti con altri percorsi nel frattempo intrapresi ma, purtroppo, non ancora conclusi, come quello del decentramento dei servizi per l'impiego e l'attivazione di nuove politiche attive del lavoro.

 



Note

[1] (NdR) Si utilizza la dizione attuale di ministero per i Beni e le Attività culturali anche quando nel testo si operano riferimenti ad atti, iniziative ed accordi intervenuti prima dell'emanazione del d.lg. 368/1998.

[2] Vergari, Presente e futuro dei lavori socialmente utili, in LD, n. 4, 1996, 687.

[3] Si vedano le analisi di Galliani, Nuove imprese e nuove professioni nell'organizzazione della cultura, Milano 1993.

[4] Il Progetto di legge alla Camera portava il numero 5809, "Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'Inail e l'Enpals, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali".



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