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Giornata di studio su "L'istituzione del ministero per i Beni e le Attività culturali" nel quadro delle riforme amministrative

 

Organi di consulenza, strutture tecniche autonome e scuole

di Girolamo Sciullo



Sommario: 1. Premessa. - 2. Gli organi consultivi. - 3. Le strutture tecniche autonome. - 4. Le scuole. - 5. Valutazioni conclusive.



1. Premessa

Gli organi consultivi, le strutture tecniche autonome e le scuole rappresentano un’area di sicuro interesse per valutare l’assetto del ministero e in particolare le novità che esso presenta rispetto a quello che l’ha preceduto.

Un’area senza dubbio segnata da aspetti e temi distinti - è fin troppo ovvio che, ad esempio, un organo consultivo sia altro rispetto ad una scuola - ma pur sempre percorsa da un filo in larga misura comune e caratterizzante: la sottolineatura cioè di quella tecnicità, intesa, secondo un ordine concettuale proprio dei giuristi dell’amministrazione, come espressione di saperi specialistici, che connota tradizionalmente le funzioni e i compiti di strutture preposte alla cura di beni e attività culturali. Ciò in piena aderenza alla direttiva del "Ministero forte" ricordata da Paolo Leon.

Di tale area si considereranno anzitutto i profili specifici propri di ciascun ambito che la compone, per formulare poi alcune valutazioni complessive su questa parte della riforma in rapporto ai principi della delega contenuta nella l. 59/1997, di cui il d.lg. 368/1998, come richiamato in apertura da Marco Cammelli costituisce la prima applicazione.

 

2. Gli organi consultivi

Se nel dpr 3 dicembre 1975, n. 805, l’organizzazione del ministero trovava la sua prima scansione negli organi consultivi (Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali e Comitati di settore), sicché risultava quasi enfaticamente rimarcata l’importanza che ad essi si annetteva ai fini dello svolgimento delle funzioni del dicastero appena istituito, situazione pressoché analoga parrebbe mantenuta dal d.lg. 368/1998, che dopo un sobrio accenno alle funzioni del ministro (art. 3, comma 1), fa immediato riferimento agli organi appunto di consulenza (artt. 3, comma 2, e 4). In realtà se l’invarianza del dato per così dire topografico testimonia il ruolo che si intende continuare ad annettere agli organi consultivi, non mancano novità in termini strutturali e funzionali.

Ai due tipi di organi normati nel dpr 805 (come ricordato, il Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali e i Comitati di settore) subentrano rispettivamente il Consiglio per i beni culturali e ambientali e i Comitati tecnico-scientifici (art. 4, comma 4). In più il decreto 368 menziona la Conferenza dei presidenti delle commissioni di cui all’art. 154 del d.lg. 31 marzo 1998, n. 112, e, come diretta conseguenza dell’ampliamento delle funzioni del nuovo ministero, il Comitato per i problemi dello spettacolo, già previsto dall’art. 1, comma 67, d.l. 23 ottobre 1996, n. 545 conv. nella l. 23 dicembre 1996, n. 650. Dunque, due variazioni, una novità in assoluto e una conferma.

Al Comitato per i problemi dello spettacolo sono state conservate la struttura e le funzioni attualmente in essere. Esso risulta costituito da cinque sezioni, rispettivamente competenti per la musica, la danza, la prosa, il cinema, le attività circensi e lo spettacolo viaggiante, ciascuna delle quali composta da non meno di cinque e da non più di undici membri, in rappresentanza di organizzazioni sindacali e di categoria, e dal capo del dipartimento dello spettacolo. L’organo svolge funzioni di consulenza e di verifica in ordine all’elaborazione delle politiche di settore e in ordine alla predisposizione di indirizzi e criteri relativi alla destinazione delle risorse pubbliche per il sostegno delle attività dello spettacolo. Il criterio della generalità ed interdisciplinarietà delle funzioni esercitate funge da elemento cardine per il riparto delle competenze fra plenum e sezioni (art. 5, comma 1, d.lg. 368/1998, art. 1, comma 67, d.l. 545 cit., art. 1 d.lg. 8 gennaio 1998, n. 3 e artt. 1 ss. d.m. 10 giugno 1998, n. 273).

Viceversa, della Conferenza dei presidenti risulta precisata solo la composizione (che annovera in qualità di presidente il segretario generale del Ministero), mentre la determinazione delle sue funzioni viene implicitamente rimessa alla normazione secondaria di attuazione (è da pensare a quella prevista dall’art. 17, comma 4-bis, l. 23 agosto 1988, n. 400)

L’interesse maggiore si appunta, peraltro, sulla riforma del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali (e dei Comitati di settore in cui si articolava), configurandosi esso nello schema organizzatorio del dpr 805 come un “vero parlamento della cultura” [1] .

Il nuovo Consiglio vede drasticamente ridotto il numero dei membri [2], da poco meno di cento a circa una ventina [3]. In realtà il dato numerico, pur importante, non è il più significativo. Concorrevano a formare il precedente Consiglio, a parte il Ministro, varie componenti: ministeriale (8), regionale (21), universitaria (18), scientifico-professionale (18), burocratico-sindacale (6), comunale-provinciale (13), degli esperti (6) e degli enti culturali (8) (art. 4 dpr 805). Nel nuovo Consiglio permangono la componente burocratico-sindacale, ma ridotta (3), e quella degli esperti, che assume un peso preponderante, costituita da personalità della cultura nominate dal Ministro (8) - per metà su designazione della Conferenza unificata - e dai Presidenti dei Comitati tecnico -scientifici (art. 4, commi 1 e 4 d.lg. 368/1998). In breve, il Consiglio perde l’originaria caratterizzazione di “arena” ampia e politica, che l’aggettivazione “nazionale” presente nella denominazione ben esprimeva, per assumere il profilo di un più snello organismo a carattere prevalentemente tecnico.

Ai Comitati di settore, poi, composti da membri (8) scelti tra diverse componenti del Consiglio [4], subentrano i Comitati tecnico-scientifici, di pari consistenza, ma costituiti solo da "esperti", il cui numero e estrazione sono rimessi al regolamento governativo ex art. 17, comma 4-bis, l. 400/1988 (art. 4, comma 3, d.lg. 368). Anche in questo caso, dunque, il profilo tecnico acquista spessore e diventa anzi il solo caratterizzante.

Ancora, sempre sul piano strutturale, sembra chiaramente mutare il rapporto fra gli organi in esame. Se i Comitati di settore, in ragione della loro composizione, erano da considerarsi mere articolazioni del Consiglio nazionale [5], i Comitati tecnico-scientifici, che trovano nei rispettivi Presidenti gli unici membri comuni con il Consiglio, vanno ormai valutati come strutture distinte, con ovvie ricadute in termini di vizio di incompetenza nel caso di esercizio di funzioni non proprie [6]. Del resto questa distinzione sul piano organizzativo si lega con quella relativa agli organi di riferimento: il Consiglio rapportandosi al Ministro, "per l’esercizio delle funzioni di indirizzo", i Comitati agli uffici dirigenziali generali (artt. 3, comma 2, e 4, comma 3, d.lg. 368).

Comune, peraltro, ai componenti del Consiglio e dei Comitati è la disciplina della durata in carica e dell’incompatibilità (art. 4, commi 2 e 3, d.lg. 368).

Sul piano funzionale il Consiglio e i Comitati, in attesa di un'eventuale rideterminazione affidata a regolamenti ministeriali, raccolgono le competenze degli organi cui subentrano (art. 4, commi 4 e 6, d.lg. 368) [7], sicché essi sono chiamati ad esprimere pareri (in termini sintetici, nel primo caso, sugli atti in tema di beni culturali e ambientali e di attività culturali quando ricorra il carattere della generalità e della intersettorialità, nel secondo, sugli atti con carattere settoriale [8]), ma anche ad esercitare compiti propriamente ascrivibili alla amministrazione attiva e a quella di controllo (proposte, concorso alla formazione di atti, valutazioni di efficienza ecc.) (artt. 3 e 8 dpr 805) [9].

In sintesi, gli organi consultivi previsti dal d.lg. 368/1998 [archivio/1999/1/min.htm] si differenziano in rapporto agli ambiti tematici di riferimento (spettacolo, per il Comitato omologo, beni e attività culturali, per gli altri), all’autorità referente (Uffici dirigenziali generali, per i Comitati, Ministro, per i restanti organi), oltre che in ragione della composizione numerica e tipologica. Quest’ultimo dato si riflette sul carattere della funzione svolta: da un’attività consultiva esercitata da un unico organo e di carattere “misto” (tecnico, “politico” ecc.), si è passati ad attività distinte ma specifiche: per il Consiglio e i Comitati, di natura prevalentemente o soltanto tecnica, per il Comitato per i problemi dello spettacolo, di rappresentanza di interessi settoriali, per la Conferenza, tenuto conto della composizione delle Commissione ex art. 154 d.lg. 112/98, di rappresentanza di interessi politico-locali.

Se è prevedibile che la nuova composizione numerica e tipologica del Consiglio e dei Comitati accresca l’incisività e la valenza tecnica dei compiti svolti, resta indefinito il ruolo che potrà svolgere la Conferenza, in considerazione della circostanza che la sede della concertazione fra Stato e sistema delle autonomie è costituita dalla Conferenza Stato-regioni e da quella unificata. In ogni caso si profilano problemi di armonizzazione fra i due livelli [10].

 

3. Le strutture tecniche autonome

Per strutture tecniche autonome possono essere intese, in via convenzionale, quelle articolazioni del ministero svolgenti solo o prevalentemente compiti di studio, ricerca, sperimentazione, consulenza, oppure di elaborazione di standard o di criteri metodologici e che in quanto tali godono di una condizione di autonomia amministrativa e/o contabile nel quadro dell’organizzazione ministeriale. Di esse il decreto legislativo si occupa sotto tre profili: per tenere ferma la disciplina di alcune, per prevedere la possibile costituzione di altre, per istituirne una direttamente.

Sono mantenute nella disciplina vigente, pur se viene affidato alla fonte regolamentare l’eventuale riordino (art. 6, comma 4), le strutture tecniche (tra le altre) richiamate dall’art. 6, comma 3.

Si tratta anzitutto degli Istituti centrali (per il catalogo e la documentazione, per il restauro, per la patologia del libro e per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche) disciplinati dagli artt. 12-16 e 18 dpr 805 e dal dpr 13 maggio 1980, n. 501 [11] .

Ad essi vanno aggiunti i c.d. Istituti autonomi (il Centro di fotoriproduzione, legatoria e restauro degli archivi di Stato, l’Opificio delle pietre dure e laboratorio di restauro e l’Istituto nazionale per la grafica), normati dagli artt. 17, 23 e 29 dpr 805 e da disposizioni specifiche [12].

In particolare è da ricordare che gli Istituti centrali - retti ciascuno da un Comitato di gestione (art. 19 dpr 805) - godono di autonomia contabile e amministrativa in ordine alle spese relative all’attività svolta e alle spese di funzionamento, incontrando un limite solo nelle determinazioni programmatiche dell’Amministrazione (artt. 11, comma 2, e 1, comma 1, dpr 805) [13].

Più significative, nel senso di palesare apertamente l’intendimento di ampliare gli apparati tecnici del Ministero, sono le altre due previsioni (art. 6, comma 4, d.lg. 368): con la prima, si affida ai regolamenti ex art. 17, comma 4-bis, l. 400/88 la possibile costituzione di “Istituti speciali” per lo svolgimento dei compiti indicati in precedenza come propri delle strutture tecniche autonome; con la seconda, il decreto legislativo provvede esso stesso alla costituzione di un istituto speciale [14], ossia l’Istituto centrale per gli archivi, con compiti di definizione di standard, di ricerca e studio e di applicazione di nuove tecnologie nel settore. Anche in questo caso la disciplina relativa è rimessa alla fonte regolamentare, la quale potrà in particolare precisare le condizioni di autonomia di tali strutture.

 

4. Le scuole

Quanto alle scuole, il d.lg. 368/1998 non introduce innovazioni né nella disciplina sostanziale né nel novero di quelle previste. Nondimeno la menzione che ne fa concorre “a livello di immagine” a sottolineare la caratura tecnica del nuovo Ministero e al contempo consente la “delegificazione” del loro ordinamento anche a fini di riordino.

L’art. 9 del decreto accenna a differenti tipi di scuole, anzitutto a quelle "di alta formazione e di studio" istituite presso l’Opificio delle pietre dure e gli Istituti centrali del restauro e per la patologia del libro, oggetto di disciplina anche nel recente passato [15]. In particolare, nel caso delle prime due, si tratta di scuole di livello universitario, di durata quadriennale, rilascianti il titolo di restauratore di beni culturali (artt. 7 s. e 14 dpr 294 e 399 del 1997). Per esse si prevede la possibilità di stringere rapporti di collaborazione per iniziative formative con Università e altre istituzioni italiane e straniere, mentre si affida a regolamenti ministeriali (seppure da adottarsi d’intesa con altre autorità di governo) - e non più a regolamenti governativi [16] - la disciplina del loro ordinamento (art. 9, commi 1-3, d.lg. 368).

Alla medesima fonte viene affidato il compito di provvedere al riordino delle altre scuole menzionate, ossia quelle di archivistica, paleografia e diplomatica, di cui l’art. 14 dpr 30 settembre 1963, n. 1409, fissò il numero e le sedi presso taluni archivi di Stato [17] (art. 9, comma 4, d.lg. 368). Anche in questo caso si tratta di scuole di livello universitario, ma di durata biennale e rivolte alla formazione di personale idoneo alla carriera archivistica presso l’amministrazione non solo statale [18].

 

5. Valutazioni conclusive

L’esame condotto dovrebbe aver dato conferma della nota caratterizzante indicata all’inizio, e cioè che la disciplina dettata dal decreto 368 sugli organi consultivi, le strutture tecniche autonome e le scuole nel complesso sottolinea il profilo scientifico del Ministero.

Occorre ora interrogarsi sul grado di coerenza presentato da tale disciplina in relazione ai principi della delega da cui il decreto trae origine, come è noto menzionati dall’art. 12 della l. 59/1997. Il che consentirà di valutare altresì il rispetto dell'altra direttrice di cui parlava Paolo Leon, cioè quella del "Ministero snello".

La risposta pare dover essere articolata.

Anzitutto, circa gli organi consultivi, è sicuramente da ritenere rispondente al principio di efficienza [19] la drastica riduzione numerica dei componenti il Consiglio, così come la sua senz’altro maggiore omogeneità va incontro al principio di responsabilità - identificabilità [20] dell’amministrazione, giacché detta omogeneità si ripercuote positivamente sulla focalizzazione dei caratteri della funzione consultiva svolta. E l’aver scorporato per affidarli ad apposito organo, la Conferenza, gli aspetti “politico-locali” della funzione va, per il medesimo motivo, salutato favorevolmente.

D’altra parte, però, la permanenza di rappresentanti del personale come pure la conservazione in capo allo stesso Consiglio e ai Comitati di compiti non solo consultivi, ma anche di amministrazione attiva e di controllo, fa dubitare del pieno rispetto del principio appena ricordato, per la commistione di ruoli funzionali che esse possono generare.

A sua volta la distinzione degli organi consultivi in termini di soggetti (e quindi di funzioni) referenti, (Uffici dirigenziali generali, per i Comitati, il Ministro, per gli altri organi) è coerente con il criterio cardine organizzativo che vuole distinto l’indirizzo/controllo dalla gestione. Ma, proprio per la collocazione nell’area dell’indirizzo, la Conferenza dei presidenti, ove la disciplina attuativa non venisse calibrata in rapporto all’esistenza della Conferenza Stato - regioni e della Conferenza unificata, susciterebbe dubbi circa la coerenza della sua previsione con il principio di non duplicazione funzionale [21].

Come accennato, inoltre, per il compiuto assetto delle strutture prese in esame il decreto fa ampio rinvio alla fonte regolamentare. Ciò risulta in armonia con la scansione fra fonti prevista dalla delega, ma non sempre il tipo di regolamento prescelto dal decreto è quello da essa indicato [22].

Peraltro i temi in ordine ai quali la questione della coerenza si pone con maggiore incertezza sono rappresentati dalla disciplina delle strutture tecniche autonome e delle scuole.

Per le une, le indicazioni emergenti dai criteri della delega vanno nel senso dell’istituzione di agenzie, intese come organismi dotati di accentuata autonomia, sganciati dalla organizzazione ministeriale [23]; per le altre, le indicazioni desumibili dal contesto complessivo della l. 59 [24] tracciano la direttrice dell’autonomia sul piano organizzativo e didattico.

Ora queste indicazioni sembrano essere state raccolte dal decreto solo in parte e mediatamente.

Le strutture tecniche sono mantenute nell’area dell’organizzazione ministeriale e la loro autonomia continua a scontare questa condizione, in particolare per la disciplina ordinamentale e la gestione finanziaria [25], e anche la normativa, a seconda dei casi, di riordino, di organizzazione e di costituzione demandata alla fonte regolamentare non potrà non esserne condizionata.

D’altro canto le scuole vedono anch’esse affidata la loro organizzazione o il loro riordino a scelte del ministero, nelle quali, però, anche di recente, sembra prevalere la logica della “determinazione puntuale” [26] .

Certamente nulla impedisce di pensare che la normazione secondaria possa ridurre, come dire, la “prudenza” del decreto, ma ciò non è di ostacolo all’auspicio che dello strumento delle “disposizioni correttive e integrative” (art. 11, comma 3, l. 59/1997), possibile anche in questo caso, possa farsi un uso non di maniera.

 



Note

[1] M. Cantucci, voce Beni culturali e ambientali, in Nov.mo Dig. It., Appendice, vol. I, Torino 1980, 726. In senso analogo G. Ponticelli, voce Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, in Nov.mo Dig. It., Appendice, vol. II, Torino 1981, 431 e 441, che parlava di «rilievo latamente politico» dell’organo.

[2] Il dato è sottolineato da L. Bobbio, Sua autonomia la Sopraintendenza, in Il Giornale dell’arte 1998, n. 170, 1.

[3] Per l’esattezza, i componenti del Consiglio nazionale erano 98, quelli del nuovo Consiglio, ipotizzando che i Comitati tecnico-scientifici (i cui Presidenti vengono chiamati a farne parte) siano in numero pari ai Comitati di settore, scendono a 17, Ministro escluso.

[4] Ossia le componenti regionale, universitaria, scientifico-professionale, comunale-provinciale e degli esperti (art. 7 dpr 805).

[5] In tal senso ad es. M. Malo, voce Ministero per i beni culturali e ambientali, in Dig. IV (Disc.pubbl.), vol. IX, Torino 1994, 527, T. Alibrandi e P. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano 1995, 3 ed., 120, anche per riferimenti giurisprudenziali.

[6] Costituendo i Comitati di settore articolazioni del Consiglio nazionale, si riteneva che la distribuzione delle competenze fosse inderogabile quando si trattasse di questioni spettanti al plenum, cfr. T. Alibrandi e P. Ferri, I beni, cit., e G. Ponticelli, voce Consiglio, cit., 440.

[7] L’art. 3, comma 3 d.lg. 368 menziona, inoltre, relativamente al Consiglio il parere sul programma triennale degli interventi nel settore dei beni culturali. Va precisato che fino alla costituzione del nuovo Consiglio e dei Comitati tecnico-scientifici continuano ad operare il Consiglio nazionale e i Comitati di settore.

[8] In senso diverso G. Ponticelli, voce Consiglio, cit., 439 e nt. 35, e T. Alibrandi e P.Ferri, I beni, cit., 119, per i quali al Consiglio nazionale spettava di dare pareri sugli “indirizzi … sia relativi a tutti i beni culturali e ambientali sia concernenti un intero settore dei beni medesimi”, salvo il caso di questioni di carattere prevalentemente tecnico. Il criterio indicato nel testo sembra però meglio riflettere la lettera degli artt. 3 e 8 dpr 805 e trova supporto nel criterio del riparto, sopra menzionato, delle competenze fra Comitato per i problemi dello spettacolo e sue Sezioni. Nello schema di Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, oggetto della preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri assunta il 15 gennaio 1999, viene affermato all’art. 14 di massima il principio della facoltatività della funzione consultiva svolta dai Comitati tecnico-scientifici.

[9] Sul punto si rinvia per indicazioni più specifiche a G. Ponticelli, voce Consiglio, cit., 437 s., e T. Alibrandi e P. Ferri, I beni, cit., 118 s.

[10] In tal senso anche un’osservazione formulata dalla Commissione parlamentare consultiva di cui all’art. 5 l. 59/1997 in sede di emanazione del parere sullo schema del decreto 368 (seduta del 7 ottobre 1998, punto 5).

[11] Per l’Istituto centrale per il catalogo unico cfr. anche il d.m. 31 dicembre 1982.

[12] Cfr. art. 15 dpr 30 settembre 1963, n. 1409, e art. 11 l. primo marzo 1975, n. 44.

[13] Cfr. T. Alibrandi e P. Ferri, I beni, cit.,111 s.

[14] Per l’assimilazione dell’Istituto centrale per gli archivi agli istituti speciali cfr. la presentazione del Ministero allo schema del d.lg. 368.

[15] Cfr., per la prima, l’art. 11, comma 2, l. primo marzo 1975, n. 44, artt. 1-5 l. 20 gennaio 1992, n. 57 e il dpr 17 luglio 1997, n. 294; per la seconda, l’art. 16 dpr 805, l’art. 6 l. 57/92 e il dpr 17 luglio 1997, n. 399; per la terza l’art. 18 dpr 805.

[16] Gli artt. 4 e 6 l. 57/92 parlavano infatti di regolamenti da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 1, l. 400/88.

[17] Quelli cioè menzionati nella tabella B annessa al dpr.

[18]Cfr. E. Lodolini, voce Archivi di Stato italiani, in Nov.mo Dig. It., Appendice: vol. I, Torino 1980, 398.

[19] Cfr. art. 4, comma 3, lett. c) l. 59.

[20] Cfr. art. 4, comma 3, lett. e) l. 59.

[21] Cfr. art. 12, comma 1, lett. g).

[22] Il regolamento indicato dall’art. 13 l. 59 è quello governativo ex art. 17, comma 4-bis, l. 400. In taluni casi è previsto dal decreto il regolamento governativo, ma ex comma 2, e quello ministeriale ex comma 3 del medesimo articolo (cfr. art. 4, comma 6, e art. 9, comma 3 e 4).

[23] Cfr. art. 12, lett. g).

[24] Cfr. art. 1, comma 3, lett.q), e comma 4, lett. d), e art. 21.

[25]Cfr. artt.12, 20 e 21 dpr 805 mantenuti fermi dall’art. 6, comma 3, del decreto.

[26] Ad es. nel dpr 399/1997, Allegato A, relativo alla Scuola presso l’Istituto centrale per il restauro, sono determinate anche le date di inizio e di conclusione delle esercitazioni pratiche, estive e no.



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