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L'"istituzione" per la gestione dei musei

 

Un profilo di analisi economico-aziendale

di Paola Cella e Giovanni Valotti


Sommario: 1. I vantaggi potenziali dell'istituzione e gli elementi emergenti dal quadro delle esperienze in atto. - 2. L'evoluzione recente del quadro giuridico di riferimento, le trasformazioni in corso negli enti locali e l'attualità dell'istituzione. - 3. Il nodo della responsabilizzazione sul piano economico-finanziario. - 4. Conclusioni

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1. I vantaggi potenziali dell'istituzione e gli elementi emergenti dal quadro delle esperienze in atto

La forma giuridica dell'istituzione, dapprima accolta con una certa diffidenza nel mondo degli enti locali, ha conosciuto negli ultimi anni una sempre maggiore diffusione [1]. Alle indubbie difficoltà di molte aree di intervento di adattarsi efficacemente al quadro delle regole generali di sistema e dei vincoli operativi di funzionamento propri del settore pubblico, si è a lungo contrapposta un'illusoria identificazione di un possibile modello di gestione altamente destrutturato (una sorta di "zona franca" rispetto alle caratteristiche del contesto istituzionale-normativo-contrattuale generale). L'istituzione sembra rappresentare un primo tentativo concreto di mediazione tra esigenze di flessibilità/autonomia e mantenimento di alcuni principi e regole propri di aree di servizio fortemente caratterizzate da una valenza di interesse e rilievo collettivo.

La prospettiva di analisi della questione dal punto di vista economico-aziendale tende, in particolare, a focalizzare l'attenzione su due aspetti qualificanti:

Ciò non deve essere confuso con l'ipotesi di ricorso a forme spinte di "privatizzazione" dei servizi (le quali presupporrebbero la sostituzione piena del mercato ai meccanismi di intervento e regolazione pubblica), né deve far perdere di vista la natura comunque strumentale degli aspetti di miglioramento delle forme e delle modalità di gestione rispetto al perseguimento delle finalità istituzionali degli organismi considerati (non si tratta, in altri termini, di perseguire un ideale astratto di efficienza fine a se stessa, quanto piuttosto di creare le condizioni organizzative idonee al miglioramento della qualità finale degli interventi).

La scelta dell'istituzione potrebbe, in effetti, sui piani considerati garantire alcuni possibili vantaggi in termini di:

Il quadro delle esperienze finora maturate a livello nazionale dimostra nei fatti come in diversi casi molti di questi vantaggi siano effettivamente conseguibili. Al tempo stesso, tuttavia, si riscontrano varie situazioni in cui l'attivazione di istituzioni non ha garantito un effettivo salto di qualità, generando un valore aggiunto relativo rispetto alle più tradizionali gestioni in economia, fino a portare a prendere in considerazione forme più spinte di "aziendalizzazione" dei servizi (attraverso, ad esempio, il ricorso alla soluzione dell'azienda speciale o a società di capitali).

Il discrimine tra le esperienze di successo e di insuccesso, oltre ovviamente all'influenza di specifiche condizioni di contesto, sembra essere riconducibile alle diverse scelte relative a:

In estrema sintesi si potrebbe affermare che condizione generale che ha sinora garantito il buon esito di alcune sperimentazioni è risultata essere la combinazione di:

In altri termini, solo dalla combinazione tra un'istituzione "forte e legittimata" e di un ente locale altrettanto "forte e riqualificato" può derivare un effettivo salto di qualità. La debolezza relativa di uno dei due soggetti in gioco pone di regola in discussione l'efficacia complessiva delle modalità di presidio delle funzioni e di gestione dei servizi.

 

2. L'evoluzione recente del quadro giuridico di riferimento, le trasformazioni in corso negli enti locali e l'attualità dell'istituzione

Non c'è dubbio che dal momento dell'introduzione dell'istituzione nell'ordinamento delle autonomie locali ( artt. 22 e 23 della l. 142/1990) il quadro di riferimento normativo generale sia profondamente evoluto e modificato ( d.lg. 29/1993, d.lg. 77/1995 e successive modifiche, "Pacchetti Bassanini", d.lg. 80/1998, rinnovo dei contratti di lavoro, nuovo ordinamento professionale, ecc.). Non è oggetto di questo contributo passare in rassegna le principali novità che caratterizzano oggi il contesto di riferimento dell'ente locale, ma vale quanto meno la pena sottolineare ai nostri fini:

Non c'è dubbio che l'insieme delle condizioni sinteticamente richiamate mutano radicalmente, almeno sul piano potenziale, le caratteristiche di norma assunte dalle tradizionali gestioni in economia dei servizi.

È da chiedersi allora: l'istituzione, che originariamente presentava - almeno sul piano concettuale - caratteristiche peculiari rispetto alle modalità di gestione diretta dei servizi, mantiene ancora un significativo differenziale? Oppure, in altri termini, una gestione in economia condotta in ottemperanza ai principi ispiratori, alle logiche e alle regole operative del nuovo quadro normativo di riferimento può essere sufficiente a garantire quei requisiti di flessibilità, autonomia e velocità decisionale necessari al presidio e allo sviluppo di ambiti di attività non di natura prevalente burocratico-amministrativa?

Dare una risposta a questi interrogativi comporta lo svolgimento di almeno due ordini di considerazioni.

Innanzitutto appare importante distinguere il disegno "teorico" definito dalla nuova cornice normativa dalla situazione effettiva riscontrabile nell'operatività quotidiana e nelle prassi consolidate all'interno degli enti. Sia pure all'interno di un panorama quanto mai variegato a livello nazionale (a seconda delle dimensioni degli enti, della collocazione geografica, degli specifici percorsi di sviluppo, dello stato di avanzamento dei processi di cambiamento organizzativo in essere, ecc.) è ragionevolmente possibile sostenere che, nella maggior parte dei casi, la traduzione operativa del nuovo modello di amministrazione è ancora un problema in larga parte da risolvere. Ostacoli di varia natura (in larga parte legati a fattori culturali, deficit di competenze, carenza degli strumenti di gestione, forme di inerzia e resistenze interne) rendono quanto mai lento e contraddittorio il passaggio dall'enunciazione dei principi alla traduzione degli stessi in nuove modalità di funzionamento. Non si intende affermare che nulla sia operativamente cambiato, quanto piuttosto sottolineare il fatto che i benefici indotti sul piano sostanziale (in termini di effettiva snellezza, velocità di decisione, orientamento all'innovazione, ecc.) appaiono ancora limitati. Ciò significa che mentre la distanza tra una "ideale" gestione in economia e la gestione tramite istituzione è divenuta probabilmente più sfumata, il divario tra il livello di efficienza ed efficacia realisticamente conseguibile oggi nella gestione diretta ed una "ideale" istituzione può essere ancora fortemente significativo.

Un secondo piano di ragionamento non può in ogni caso ignorare il fatto che la tendenza di fondo di trasformazione del ruolo degli enti locali - a livello nazionale ed europeo - appare sostanzialmente riconducibile all'idea di progressivo spostamento su funzioni di indirizzo e controllo piuttosto che di gestione operativa di servizi e attività. Diviene allora probabilmente più significativo in prospettiva interrogarsi sull'attualità della forma giuridica dell'istituzione più che in confronto ad ipotesi di gestione diretta, rispetto ad altre soluzioni giuridico-istituzionali di gestione indiretta (aziende speciali, società, accordi, convenzioni, ecc.), soprattutto nell'ambito di settori quali la cultura, l'istruzione, lo sport, ecc.

È nel settore cultura, in particolare, che accanto all'ente pubblico da alcuni anni coesistono ed interagiscono soggetti del privato profit e di quello non profit, attraverso la gestione diretta di attività e di istituti artistici e culturali, la realizzazione di joint-venture e partnership o la costituzione di nuovi soggetti giuridici (associazioni, fondazioni, fondazioni di partecipazione o società).

Entrambi gli ordini di considerazioni svolte mettono in luce il fatto che, probabilmente, l'istituzione può mantenere un suo ruolo e soprattutto conoscere ulteriori sviluppi in prospettiva a condizione che la stessa si caratterizzi - più che in passato - per una forte autonomia "imprenditoriale" (libertà nelle scelte tecniche di sviluppo dei servizi e nella gestione delle relazioni con gli interlocutori esterni ed il "mercato") e gestionale (libertà nelle scelte di acquisizione ed impiego delle risorse finanziarie, strumentali ed umane).

Rispetto alla situazione in essere, almeno tre sembrano essere i piani fondamentali sui quali operare:

Rispetto ad altre ipotesi di affidamento a terzi soggetti della gestione dei servizi, un'istituzione così configurata potrebbe probabilmente garantire un più efficace esercizio della funzione di indirizzo da parte dell'ente pubblico, senza per questo risultare troppo penalizzata sul piano della snellezza ed efficienza gestionale nel confronto con soluzioni più "privatistiche".

Non è detto, tra l'altro, che la scelta dell'istituzione debba essere considerata irreversibile. Al contrario, la stessa potrebbe anche costituire una fase intermedia, di crescita e verifica della fattibilità e dell'utilità del perseguimento della strada di ipotesi più spinte di gestione imprenditoriale dei servizi.

Rispetto al caso specifico dei musei, stante la validità su di un piano generale delle considerazioni sinora svolte, vale probabilmente la pena di svolgere qualche ulteriore breve riflessione.

Va innanzitutto ricordato che le esperienze in atto relative alla costituzione di istituzioni sembrano concentrarsi (almeno dal punto di vista squisitamente numerico) in prevalenza sulle aree dei servizi socio-assistenziali ed educativi.

In secondo luogo appare evidente che il riassetto in corso nell'area dei beni culturali (d.lg. 112/1998) porrà in prospettiva nuove problematiche di governo delle relazioni tra i diversi livelli istituzionali competenti in materia (amministrazione centrale, regioni ed enti locali) e ciò comporterà il chiarimento del ruolo e dei poteri di un eventuale "istituzione - museo" all'interno del nuovo quadro.

Infine non va dimenticato che nel caso dei musei si pone con forza il problema della valutazione di convenienza stretegica-organizzativa ed economica rispetto alla soglia dimensionale minima accettabile per la costituzione di un'istituzione. Ad eccezione, infatti, di alcune grandi città e di alcune importanti sedi museali, non è probabilmente auspicabile la proliferazione di piccoli organismi indipendenti. Ciò pone per i centri più significativi la questione di ricondurre ad unità nell'ambito di un'unica istituzione la gestione integrata delle sedi museali sul territorio e per i centri minori l'ipotesi di promozione di forme associative.

 

3. Il nodo della responsabilizzazione sul piano economico-finanziario

Come in precedenza accennato, laddove si valuti l'opportunità di costituire un'istituzione è fondamentale (al fine di esaltarne le caratteristiche di potenziale autonomia e imprenditorialità) investire decisamente sul piano della piena responsabilizzazione economico-finanziaria della stessa.

Il problema, in realtà, presenta diverse angolature (o condizioni per l'effettiva responsabilizzazione dell'istituzione), che sono strettamente correlate alla normativa di riferimento.

Quest'ultima prevede infatti che l'istituzione, in quanto organismo strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale, sia disciplinata da un regolamento approvato dall'organo consiliare, al quale è riservata, inoltre, l'assunzione di alcuni atti fondamentali dell'istituzione stessa.

L'istituzione viene, quindi, a trovarsi in una posizione subordinata, o meglio, "strumentale" rispetto ai fini dell'ente locale. Si tratta, tuttavia, di una posizione che va correttamente definita in tutti i suoi aspetti, al fine di attribuire all'istituzione la giusta identità.

È noto infatti che le decisioni di carattere strategico, quali per esempio la definizione dell'ambito di attività e la fissazione delle tariffe, vengono assunte dall'ente pubblico, che conferisce il capitale di dotazione (di entità tale da garantire, almeno in sede di costituzione, l'esistenza delle condizioni necessarie al conseguimento delle finalità istituzionali dell'ente), determina le finalità e gli indirizzi, approva gli atti fondamentali (in particolare il bilancio di previsione e quello consuntivo, il programma di attività annuale e pluriennale dell'istituzione), esercita la vigilanza ed il controllo dell'attività svolta attraverso il proprio collegio dei revisori dei conti, verifica i risultati della gestione e provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.

La gestione dell'istituzione è perciò il risultato di decisioni assunte a due differenti livelli, e più precisamente:

Un efficace funzionamento dell'istituzione richiede un consono equilibrio tra queste due sfere decisionali. È necessario, in particolare, che la prima non si traduca in una puntuale definizione di compiti e di azioni richieste all'istituzione, restringendo così l'effettivo spazio di autonomia e di discrezionalità riconosciuto al direttore dell'istituzione, né, d'altra parte l'intervento dell'ente pubblico deve essere eccessivamente generico, così da rendere praticamente indeterminata e scarsamente orientata l'azione dell'istituzione e priva di qualsiasi significato l'attività di verifica dei risultati.

Il momento di congiunzione tra dimensione strategica e dimensione gestionale si concretizza attraverso il bilancio di previsione, annuale e pluriennale, dell'istituzione, che deve essere accompagnato da una relazione illustrativa del programma di attività e degli obiettivi che si intende perseguire.

È attraverso la negoziazione di obiettivi, risorse ed attività tra l'ente locale e l'istituzione che deve trovare espressione la funzione di indirizzo, programmazione e controllo riservata all'ente locale, e la potestà di autonomia gestionale riconosciuta all'istituzione.

Una chiara, oggettiva e condivisa individuazione degli obiettivi da raggiungere e delle risorse economiche necessarie al raggiungimento degli stessi costituiscono, quindi, una condizione preliminare ed indispensabile per garantire un corretto funzionamento dell'istituzione, che deve impostare la propria gestione secondo criteri di efficacia e di efficienza.

La conoscenza a priori e la condivisione degli obiettivi e dell'entità delle risorse a disposizione del direttore rappresentano un punto essenziale per il successo dell'istituzione rispetto alla gestione in economia, soprattutto se essa opera nel settore artistico-culturale. Un settore che viene spesso sacrificato a favore di altri ambiti di intervento pubblico, e dove l'attribuzione di risorse finanziarie è spesso sottoposta a indiscriminati "tagli" e riduzioni nel corso dell'esercizio.

Gli elementi qualificanti dell'istituzione sono quindi la certezza di poter contare su un budget predefinito di risorse (finanziarie, strumentali, umane, ecc.) e la possibilità di essere sufficientemente autonomi nell'acquisizione di nuove risorse da destinare al finanziamento delle attività dell'istituzione.

In tale ambito deve trovare piena espressione l'autonomia gestionale dell'istituzione, che dovrebbe orientarsi verso una graduale indipendenza finanziaria dall'ente locale, cercando nuove ed alternative fonti di entrata (sponsorizzazioni, contributi e donazioni) e sviluppando attività complementari e collaterali a quelle istituzionali.

Per dare piena attuazione al principio dell'autonomia gestionale è, infatti, necessario che l'istituzione goda di autonomia finanziaria (intesa come collegamento tra risorse disponibili e attività svolte, e capacità di acquisizione autonoma delle risorse) e di autonomia organizzativo-funzionale (che si traduce nella definizione qualitativa e quantitativa dei servizi prodotti ed erogati, nella gestione autonoma ed indipendente del personale, nella scelta delle soluzioni tecniche ed organizzative da adottare, ecc.).

Il successo dell'istituzione dipende inoltre dalla capacità di affiancare al principio dell'autonomia gestionale il principio della responsabilizzazione sui risultati, che non va inteso solo come onere a carico del Consiglio di Amministrazione, del presidente e del direttore di rispondere e di rendere conto dell'attività svolta attraverso la presentazione del bilancio consuntivo, bensì come capacità di dare attuazione agli obiettivi assegnati dall'ente locale, e di rispettare i principi di efficienza, efficacia ed economicità.

La verifica compiuta dall'ente locale non deve quindi limitarsi ad un controllo di correttezza formale, di corrispondenza tra la contabilità dell'istituzione e il bilancio dello stesso.

L'intervento dell'ente pubblico deve essere, viceversa, rivolto alla verifica della capacità gestionale dimostrata dagli organi direttivi dell'istituzione e deve quindi cercare di apprezzare la reale capacità di risposta ad un bisogno espresso dalla collettività e l'effettiva modalità di impiego delle risorse secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicità.

A tale fine l'istituzione oltre a redigere il bilancio d'esercizio, conformemente allo schema ministeriale previsto per le aziende speciali (D.M. del 26 aprile 1995), nel quale devono trovare espressione i risultati economico-finanziari della gestione, deve fornire all'organo consiliare dell'ente locale tutti gli elementi necessari a valutare l'operato degli organi amministrativi dell'istituzione, provvedendo così alla loro riconferma o all'eventuale sostituzione.

Appare evidente che la scelta del Direttore e dei componenti del Consiglio di Amministrazione deve essere fatta tenendo in considerazione sia le specificità tecniche dell'attività dell'istituzione sia le competenze richieste ad un organo gestionale.

La figura del direttore deve, quindi, ricomprendere in sé sia competenze specialistiche, relative al settore dei beni culturali, sia organizzativo-gestionali, dovendo far fronte, sia pure con il sostegno del Consiglio di amministrazione e della struttura dell'istituzione, a tutte le incombenze poste dalla gestione di una "azienda-museo".

Essenziale diviene quindi la necessità di disporre di adeguati strumenti di rilevazione e di supporto alle decisioni. Non sembra quindi sufficiente per una istituzione mantenere la sola contabilità generale e predisporre il bilancio d'esercizio (stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa, da redigersi secondo lo schema previsto dal provvedimento ministeriale), ma si rende necessario disporre di un sistema di rilevazione più articolato che consenta:

Occorre, in tale senso, ricordare l'esistenza di alcune difficoltà connesse allo sviluppo del sistema di rilevazione dell'istituzione, in quanto:

Da ciò deriva quindi che l'istituzione deve, altresì, fare confluire i risultati finanziari della gestione nel conto del bilancio dell'ente locale, con un evidente aggravio di tempo e risorse.

 

4. Conclusioni

La scelta del modello organizzativo-istituzionale per la gestione di un museo non è certo una decisione semplice, né di scarso rilievo, in quanto da essa discendono conseguenze rilevanti sotto il profilo giuridico, organizzativo, gestionale, amministrativo e fiscale.

Al fine di orientare la scelta si può tenere conto dei seguenti criteri-guida:

Tenuto conto di tali criteri e delle osservazioni in precedenza sviluppate si può, quindi, concludere che l'istituzione può ancora rappresentare una valida formula istituzionale per la gestione dei musei, sebbene l'astratta e teorica possibilità non sia di per sé garanzia del successo del modello prospettato.

In un contesto dove la gestione dei musei si caratterizza per un generale superamento delle tradizionali logiche di assistenzialismo pubblico, che possono sfociare in una spinta privatizzazione delle strutture museali perché giudicate "più efficienti", si ritiene ancora proponibile la gestione dei musei a mezzo di istituzione a condizione che si sfruttino tutte le opportunità offerte dalla normativa e che il management dei musei incominci a cogliere la necessità di affiancare alle tradizionali preoccupazioni di conservazione, restauro ed acquisizione di nuove opere, anche nuove competenze di carattere manageriale.

Il management dei musei deve, per esempio, preoccuparsi di sviluppare in modo imprenditoriale nuovi servizi ricercando un equilibrio armonioso con nuovi partner pubblici o privati, interessati alla tutela ed alla valorizzazione dei beni culturali e disposti a sostenere anche finanziariamente le iniziative culturali.

Restano, comunque, ancora alcuni problemi aperti a cui il legislatore dovrà dare soluzione, quali per esempio l'impossibilità che l'istituzione disponga autonomamente del patrimonio ad essa destinato, o che possa provvedere alla selezione ed all'assunzione di personale dipendente secondo principi e modalità diverse da quelle previste per il comparto pubblico.

 


Note

[1] Lo scritto è frutto del lavoro congiunto dei due autori. In sede di stesura operativa sono stati redatti da P. Cella i paragrafi 3 e 4 e da G. Valotti i restanti paragrafi.

[2] L'art. 4 del d.lg. 25 febbraio 1995 stabilisce che il bilancio dell'ente locale deve essere redatto osservando i principi di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il principio dell'universalità, già presente nel precedente ordinamento finanziario e contabile degli enti locali (art. 2 dpr 421/1979), prevede che la gestione finanziaria dell'ente locale è unica, così come il relativo bilancio, il che equivale ad affermare che:


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